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La Cassazione sulla continuità normativa

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Approfondimento

15/11/2010

Vi è mera successione di leggi nel tempo e continuità normativa tra il Dlgs 81/08 e la precedente disciplina di prevenzione degli infortuni sul lavoro. La Suprema Corte cita numerose corrispondenze fra vecchie e nuove disposizioni. A cura di G.Porreca.

 
 
Commento a cura di G. Porreca.
 
Si ripetono le sentenze della Corte di Cassazione finalizzate a chiarire il rapporto fra le disposizioni di legge di cui al D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro entrato in vigore il 15/5/2008, e quelle corrispondenti contenute nei precedenti decreti presidenziali e legislativi che lo stesso D. Lgs. ha abrogato. In questa sentenza, infatti, la suprema Corte ha avuto modo di ribadire quanto dalla stessa già affermato in alcune precedenti espressioni sull’argomento e cioè che esiste una continuità normativa fra le vecchie e le nuove disposizioni in materia di salute e di sicurezza sul lavoro.
 

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Il caso posto questa volta all’attenzione della Corte di Cassazione ha riguardato la contestazione effettuata ad un datore di lavoro al quale sono state contestate, nel corso di una ispezione effettuata dall’organo di vigilanza in un cantiere edile dove era in corso la ristrutturazione di una palazzina, le violazioni di cui :
a)  all’articolo 27 del D.P.R. 27/4/1955 n. 547 perché  le solette degli ultimi piani erano risultate prive sui lati prospicienti il vuoto di idonei parapetti normali e di tavole fermapiede atti ad impedire la caduta di persone non essendo gli stessi risultati conformi a quanto previsto dall’articolo 26 comma 1 dello stesso decreto presidenziale;
b) all’articolo 68 comma 1 del D.P.R. 7/1/1956 n. 164 perché le aperture lasciate sulle varie solette del cantiere erano prive del normale parapetto e tavola fermapiede e non erano coperte con tavolato solidamente fissato e di resistenza non inferiore a quella di calpestio dei ponti di servizio atti ad impedire la caduta di persone nel vuoto;
c) all’articolo 69 comma 1 del citato D.P.R. n. 164/1956 perché le aperture nei muri prospicienti il vuoto dei pianerottoli e delle rampe delle scale fisse in cemento armato che servivano da collegamento ai piani della palazzina non erano in alcuni punti munite di parapetti normali con tavole fermapiede fissate rigidamente ovvero sbarrate convenientemente in modo da impedire la caduta di persone verso il vuoto;
d) all’articolo 28 comma 4 del D.P.R. n. 164/1956 perché in corrispondenza dei luoghi di transito o di stazionamento (zona cortile interno dell'edificio adiacente alla palazzina in costruzione e lato strada in prossimità delle testate del ponteggio e zona di ingresso alla palazzina in costruzione) non erano stati sistemati, all'altezza del solaio di copertura del piano terreno, impalcati di sicurezza (mantovane) a protezione contro la caduta di materiali dall'alto;
e) all’articolo 267 del D.P.R. n. 547/1955 perché si era riscontrata la presenza di quadri elettrici e conduttori elettrici flessibili, utilizzati per l'alimentazione di attrezzature portatili, che non erano stati installati e mantenuti in modo da prevenire i pericoli derivanti da contatti accidentali con elementi sotto tensione.
 
Non essendo risultato nel corso di un successivo sopralluogo da parte dell’organo di vigilanza che le situazioni di rischio fossero state rimosse né che il contravventore avesse attivato la procedura di estinzione delle infrazioni mediante il pagamento in sede amministrativa delle sanzioni ridotte, così come previsto dal D. Lgs. n. 758/1994, è stato chiamato a rispondere delle suddette violazioni della normativa antinfortunistica il legale rappresentante dell’impresa edile impegnata nella ristrutturazione del fabbricato. Successivamente il Tribunale, avendolo ritenuto colpevole dei reati ascrittigli, lo ha condannato alla pena di euro duemilaquattrocento di ammenda, oltre al pagamento delle spese processuali concedendogli il beneficio della sospensione condizionale della pena. Il Tribunale, in riferimento all'osservazione difensiva fatta dall’imputato relativa alla “abrogatio legis” delle disposizioni contestategli a seguito dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 81/2008, aveva avuto modo di osservare che si era in presenza di una mera successione di leggi nel tempo in materia di sicurezza sul lavoro con piena applicazione del disposto dell'articolo 2 c.p., comma 4.
 
L’imputato ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione che ha però dichiarato lo stesso inammissibile e nel far ciò la Corte stessa ha ribadito che “vi è mera successione di leggi nel tempo tra il Decreto Legislativo n. 81 del 2008 e la precedente disciplina di prevenzione degli infortuni sul lavoro;  vi è quindi continuità normativa ripetutamente affermata da questa Corte in relazione a numerose fattispecie previste dalla normativa di prevenzione degli infortuni sul lavoro”. A proposito la Sez. III ha fatto notare che già in precedenza la Corte di Cassazione aveva posta in evidenza, citando le relative sentenze,  una una chiara corrispondenza:
 
a) tra l'articolo 8 dell'abrogato Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 e la nuova fattispecie prevista dal combinato disposto degli articoli 63 e 64 e articolo 68, lettera b), in relazione all'All. 4, punto 1.4.1, Decreto Legislativo n. 81 del 2008 (Cass., sez. 3, 7 maggio 2009 - 11 giugno 2009 n. 23976);
b) tra l'articolo 7 dell'abrogato Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956 e la nuova fattispecie incriminatrice di cui al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 63 (Cass., sez. 3, 7 maggio 2009 - 17 luglio 2009, n. 29543);
 c) tra il Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 34 e al Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articoli 63 e 64 (Cass., sez. 3, 3 marzo 2009 - 23 aprile 2009, n. 17218);
d) tra l'abrogato il Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, ed il Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, quanto al reato di omessa richiesta ai Vigili del fuoco della visita preventiva di collaudo per un'attività sottoposta a prevenzione incendi (Cass., sez. 3, 25 febbraio 2009 - 17 aprile 2009, n. 16313);
e) tra il Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articolo 12, comma 2 e quella, più gravemente punita, oggi contemplata dall'articolo 118, comma secondo, Decreto Legislativo n. 81 del 2008 in riguardo all'obbligo di provvedere all'armatura ed al consolidamento del terreno (Cass., sez. 3, 28 gennaio 2009 - 27 marzo 2009, n. 13533);
f) tra il Decreto del Presidente della Repubblica n. 303 del 1956, articolo 39, comma 1, e quella, più gravemente punita, oggi contemplata dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 63, comma 1, e articolo 64 (Cass., sez. 3, 28 gennaio 2009 - 27 marzo 2009, n. 13533);
g) tra le fattispecie penali in materia di luoghi di lavoro (prima previste dal Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, articolo 32, comma 1, lettera b), dal Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, articolo 13, comma 10, e dal Decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, articoli 20 e 21) e quelle, più gravemente punite, oggi contemplate per il datore di lavoro dal Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81, articolo 68, comma 1, lettera b) (Cass., sez. 3, 10 ottobre 2008 - 6 novembre 2008, n. 41367).
 
“Analogamente”, ha concluso la suprema Corte, “sussiste continuità normativa tra le fattispecie di cui all'imputazione e quelle previste rispettivamente - per i capi sub a), b) e c) - dal Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 126 che prevede come reato la violazione della prescrizione secondo cui gli impalcati e ponti di servizio, le passerelle, le andatoie, che siano posti ad un'altezza maggiore di 2 metri, devono essere provvisti su tutti i lati verso il vuoto di robusto parapetto e in buono stato di conservazione; per il capo sub d), dal medesimo Decreto Legislativo n. 81 del 2008, articolo 111 che prevede come reato la violazione degli obblighi del datore di lavoro nell'uso di attrezzature per lavori in quota; e per il capo sub c), dall'articolo 80 che prevede come reato la violazione dell'obbligo del datore di lavoro di adottare le misure necessarie affinché i lavoratori siano salvaguardati dai tutti i rischi di natura elettrica connessi all'impiego dei materiali, delle apparecchiature e degli impianti elettrici messi a loro disposizione”.
 
 
 
 
 


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