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Torna la Corte di Cassazione in questa sentenza ad esprimersi in merito alla individuazione delle responsabilità nel caso di un infortunio occorso ad un lavoratore distaccato. Lo aveva già fatto in occasione della sentenza della Sezione IV penale n. 30483 del 10/7/2014 nella quale la stessa Corte aveva avuto modo di precisare che, secondo quanto indicato nelle disposizioni previste dal D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, nel caso in cui un datore di lavoro distacchi un proprio dipendente perché svolga la propria attività per conto di un altro datore di lavoro, tutti gli obblighi di prevenzione e protezione sono a carico del distaccatario fatta eccezione degli obblighi di formazione e informazione che restano a carico del distaccante. Il caso sottoposto all’esame della Corte di Cassazione in questa occasione riguarda in particolare l’infortunio occorso al dipendente di una società mandato a svolgere la propria attività presso un’altra società, il cui amministratore unico, coimputato, è stato anche giudicato e riconosciuto colpevole (ma comunque non ricorrente), senza che il suo datore di lavoro avesse proceduto preventivamente ad una adeguata valutazione dei rischi connessi all’attività stessa.
Gerardo Porreca
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Sulla responsabilità per un infortunio occorso a un lavoratore distaccato
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Il fatto, il ricorso in Cassazione e le motivazioni
L’amministratore e legale responsabile di una società ha fatto ricorso avverso la sentenza della Corte di Appello che, confermando quella di primo grado, lo aveva riconosciuto colpevole del reato di cui all'articolo 589 c.p., commesso in violazione della normativa antinfortunistica in danno di un suo lavoratore dipendente. La Corte di merito, ripercorrendo gli argomenti già sviluppati in primo grado, aveva individuato i profili di colpa del datore di lavoro distaccante per avere questi, nell'ambito di un rapporto di appalto intercorrente con una società distaccataria, consentito al proprio dipendente di svolgere la propria attività presso la stessa senza avere proceduto ad una preventiva ed adeguata valutazione dei rischi connessi a tale attività. Anzi, era risultato che il datore di lavoro distaccante non si era neppure curato di conoscere in anticipo le mansioni che il proprio dipendente era chiamato a svolgere presso la sede dell'altra società.
In particolare l'operaio infortunato era stato chiamato a svolgere un'operazione di "rabbocco" di olio in condizioni di precario equilibrio e senza le dovute misure di sicurezza per evitare la caduta dall'alto per cui, nel corso dell'operazione, aveva perso l'equilibrio ed era caduto a terra, riportando le lesioni che lo avevano condotto alla morte. Tale situazione, vuoi sotto il profilo della ricostruzione dell'incidente, vuoi con riferimento all'addebito di colpa, era stata ricostruita valorizzando, tra l'altro, la deposizione di un lavoratore della società committente, che spesso svolgeva personalmente quel lavoro, ma anche gli esiti degli accertamenti svolti dal personale dell’ispettorato intervenuto ad effettuare le indagini ed a determinare la dinamica dell'incidente.
Nessun apporto decisivo, inoltre, era stato attribuito alle dichiarazioni rese da un altro testimone, collega di lavoro dell'infortunato, che si era limitato a illustrare una diversa, possibile modalità di effettuazione dell'operazione ed anzi ciò ha rafforzata la convinzione del giudice in merito alla carenza di una preventiva attività prevenzionale, formativa e informativa nei confronti del lavoratore distaccato.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto manifestamente infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. Il ricorrente, secondo la suprema Corte, ha proposto una ricostruzione del fatto non risultante dal testo della sentenza e come tale preclusa alla cognizione del giudice di legittimità limitandosi ad una censura sulla valutazione dei fatti come ricostruiti dal giudice di merito, pur in presenza di una motivazione logicamente argomentata. La censura, infatti, ha precisato la Sez. IV, si è limitata a richiamare il contenuto di una deposizione testimoniale, su cui i giudici si erano ampiamente soffermati e la stessa ha sottolineato che, se anche l'operazione si fosse potuta compiere in modo diverso, l'individuazione d'una modalità alternativa era rimessa, di fatto, alla fantasia ed all'iniziativa della persona chiamata ad eseguire l'operazione di rabbocco. La doglianza del ricorrente è stata ritenuta senz'altro generica e comunque inammissibile perché mirava a proporre una rinnovazione dell'apprezzamento del compendio probatorio concordemente sviluppato nei due gradi di giudizio.
“In caso di distacco di un lavoratore da un'impresa ad un'altra”, ha sostenuto la suprema Corte, “per effetto della modifica normativa introdotta dall'art. 3, comma sesto, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, sono a carico del distaccatario tutti gli obblighi di prevenzione e protezione, fatta eccezione per l'obbligo di informare e formare il lavoratore sui rischi tipici generalmente connessi allo svolgimento delle mansioni per le quali questo viene distaccato, che restano a carico del datore di lavoro distaccante”. Il datore di lavoro, infatti, ha così proseguito la Sez. IV, in termini generali è corresponsabile qualora l'evento si colleghi casualmente anche alla sua colposa omissione e ciò avviene, ad esempio, quando abbia consentito l'inizio dei lavori in presenza di situazioni di fatto pericolose, come si è verificato nel caso in esame in cui non erano presenti nel luogo di lavoro attrezzature idonee per l'esecuzione dei lavori, e l'omessa adozione delle misure di prevenzione prescritte sia immediatamente percepibile.
In tal senso, secondo la Sez. IV, i giudici di merito avevano evidenziato che l'imputato era venuto meno all'obbligo di valutazione del rischio specifico connesso all' opera di manutenzione ordinaria da eseguirsi presso l’impresa distaccataria, aggiuntiva rispetto ad altri lavori che erano stati oggetto di uno specifico contratto di appalto ed erano già stati conclusi, consistente nel rabbocco dell'olio di un motoriduttore installato presso l’impresa stessa. L’imputato, ha sostenuto ancora la Sez. IV, “aveva violato i propri doveri di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori, inviando gli operai presso l’impresa distaccataria senza fornire loro dettagliate informazioni sui rischi specifici e senza collaborare nell'attuazione delle misure di prevenzione e protezione del lavoratore dal rischio di incidenti connessi alla esecuzione della nuova e diversa prestazione”.
Né nel caso in esame potrebbe essere invocato, ha così concluso la Corte di Cassazione, il cosiddetto principio di "affidamento" in tema di infortuni sul lavoro, in virtù del quale ciascun consociato può confidare che ciascuno si comporti secondo le regole precauzionali normalmente riferibili all’attività che svolge, dato che detto principio non opera allorché il mancato rispetto da parte di terzi delle norme precauzionali di prudenza abbia la sua prima causa nell'inosservanza di tali norme da parte di colui che invoca il suddetto principio, così come è accaduto nel caso in esame. Tale principio non potrebbe, infatti, essere utilmente richiamato dall'imputato né con riferimento all'operato dei suoi dipendenti, da lui non istruiti sulle corrette modalità di esecuzione dell'operazione di manutenzione ordinaria, nel corso della quale si è verificato l'incidente, né con riferimento alla condotta del coimputato legale rappresentante della ditta distaccataria (non ricorrente), considerata proprio la pregressa violazione rimproverata al datore di lavoro distaccante.
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