Sulla necessità di provare che una prassi scorretta sia tollerata
1. La sentenza
La sentenza della Cassazione Penale, Sez. 4, 04 settembre 2019, n. 37002 affronta in modo approfondito il tema della necessità di provare in modo rigoroso che la prassi lavorativa scorretta, e pericolosa, che dà luogo ad un infortunio sul lavoro debba essere rigorosamente provata, e a tal fine non è necessariamente sufficiente la sola testimonianza dell’infortunato, e anche di altri suoi colleghi di lavoro, qualora l’attrezzatura sia a norma e non presenti alcun difetto tale da renderla inidonea all’uso lavorativo in sicurezza, e sia la valutazione dei rischi che la procedura di lavoro siano adeguate e sufficienti.
L’essenza della sentenza è contenuta nel seguente estratto.
“In tema di prevenzione infortuni sul lavoro il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli; ne consegue che, qualora nell'esercizio dell'attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche (Sez. 4, n. 26294 del 14/03/2018, Fassero Gamba, Rv. 272960, in un caso di omicidio colposo; in conformità, in un'ipotesi di lesioni colpose, Sez. 4, n. 18638 del 16/01/2004, Policarpo, Rv. 228344; principio risalente a Sez. 4, n. 17941 del 16/11/1989, Raho, Rv. 182857).
Tuttavia “la presente vicenda concerne l'infortunio sul lavoro occorso all'operaio specializzato S.A., dipendente di una cartiera, che strappava manualmente la carta con la guida in movimento senza fermare preventivamente il macchinario corre da procedura prescritta e, conseguentemente, inciampava, finendo col braccio sotto la pressa, procurandosi lesioni personali.
Dalle risultanze processuali emerge incontestabilmente che il Documento di Valutazione dei Rischi contemplava le modalità di intervento in caso di rottura del foglio e che le stesse erano rese note mediante appositi cartelli segnaletici, per evitare ogni rischio. Il DVR, infatti, prevedeva che, in caso di rottura accidentale del foglio in formazione, occorreva ripetere dall'inizio l'operazione di passaggio coda, utilizzando un apposito dispositivo, comandato da un pulsante sul pulpito presse; presso la postazione di manovra era affisso l'avviso ‘se è necessario interrompere il foglio di carta in formazione si raccomanda l'utilizzo dell'apposito pulsante di rottura carta sul pulpito di comando presse o agendo sul volantino di allargamento/restringimento sulla tavola piana’.
Con sentenza del 13 dicembre 2016 il Tribunale di Genova ha assolto G.D. per il reato di cui agli artt. 590, commi primo, secondo e terzo, cod. pen.
Imputazione: per aver cagionato - in qualità di datore di lavoro della Cartiera G.D. s.a.s. - a S.A., operaio specializzato dipendente della cartiera con mansioni di conduttore di macchina continua, lesioni personali consistite in trauma da spappolamento ad arto superiore sinistro con frattura della glena e della scapola sinistra, per colpa generica e per violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e, in particolare, nel non avere richiesto l'osservanza da parte dei lavoratori addetti alla macchina continua dell'istruzione operativa per il passaggio "coda" di carta nella macchina continua non impedendo il diffondersi di pratiche di lavoro rapide ed efficaci dal punto di vista operativo (strappo manuale della carta nella zona tra due cilindri - art. 18, punto f, D. Lgs. n. 81 del 2008; il 15 marzo 2013, S.A. si accorgeva che, prima dell'arrotolatore, la coda era fuoriuscita dalle funi guida carta; dopo aver tentato invano di ripristinare il percorso corretto della coda tra le funi, decideva di interromperla strappandola manualmente prima dell'entrata nella sezione monolucido, ma il suo arto superiore sinistro era trascinato tra il rullo guida carta e il sottostante rullo guida tela, restando incastrato e schiacciato fino alla spalla.
La Corte di appello di Genova, in riforma della sentenza del Tribunale, ha condannato G.D. alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi uno di reclusione per il reato ascrittogli, avendo riconosciuto la sussistenza di una prassi aziendale di intervenire in modo anomalo, allorché si verificava l'inconveniente del non corretto scorrimento della carta (blocco, arrotolamento e simili) nell'imminenza del passaggio della stessa attraverso i rulli.
L'operaio era esperto e anche il collega Gh. presente con lui riferiva di aver sempre effettuato tale manovra, ritenendo difficile che potesse procurare conseguenze lesive. Evidentemente, la stessa persona offesa si era assunta la responsabilità dell'accaduto, per non fermare quella sezione di linea e il processo di lavorazione.
Secondo la Corte di merito, il datore di lavoro avrebbe dovuto fornire strumenti e procedure di sicurezza, comunicarle ai dipendenti ed esigerne il rispetto attraverso costanti verifiche. L'imputato non aveva fornito e dimostrato l'esistenza di deleghe certe ed efficaci in punto di prevenzione sotto il profilo dei controlli e degli interventi volti ad eliminare prassi pericolose.
Il Tribunale ha escluso la possibilità di rinvenire dagli elementi probatori acquisiti la presenza di una prassi lavorativa scorretta, come quella concretamente attuata, idonea a porre a rischio la salute dell'operaio.
Al contrario, la Corte di appello ha riconosciuto apoditticamente l'esistenza di una prassi contra legem osservata in caso di scorrimento anomalo della carta, senza tuttavia indicare da quali risultanze processuali potesse ricavarsi la prova della medesima. Né la dimostrazione dell'esistenza di tale prassi (e della sua conoscibilità da parte dei vertici aziendali) poteva essere desunta dall'ammissione della persona offesa e di un altro lavoratore di aver effettuato in precedenza la medesima manovra pericolosa.
Ebbene, alla luce di quanto esposto, la Corte territoriale avrebbe dovuto verificare puntualmente l'eventuale instaurazione o meno, nella concreta situazione data (connotata da un certo tipo di organizzazione aziendale, da una pluralità di dipendenti e dalla nomina di un preposto), di una prassi aziendale contra legem di tolleranza di condotte pericolose, accertamento necessario nella fattispecie, in ossequio al consolidato principio giurisprudenziale [da principio esposto].
Non è emerso che la procedura impropria seguita dal lavoratore determinasse un'accelerazione del processo di lavorazione e che rientrasse in una logica di profitto aziendale.
Tenuto conto della totale assenza di indicazioni da parte della Corte di merito circa i dati processuali dai quali ha ricavato l'affermazione dell'esistenza di una prassi non corretta, deve ritenersi irrilevante un eventuale ulteriore approfondimento probatorio.
Discende, in accoglimento del primo motivo di ricorso, la decisione di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato, restando assorbito ogni ulteriore motivo di ricorso”.
2. Individuare, registrare, analizzare, valutare comportamenti pericolosi e near miss
2.1 L'obbligo fondamentale
Individuare, segnalare, registrare, analizzare e valutare tutti i pericoli, di cui i comportamenti pericolosi, i near miss, sono uno degli aspetti fondamentali, è un elemento fondamentale e imprescidibile per quanto attiene la valutazione di tutti i rischi lavorativi, ai sensi degli articoli 17-28-29 del D.Lgs. n. 81/2008, quale obbligo inderogabile e indelegabile del Datore di Lavoro.
Se non si mettono al centro della valutazione i comportamenti pericolosi, posto che in molti settori di attività fino al 90% degli infortuni dipende dai tali comportamenti, non si riuscirà mai ad effettuare una valutazione dei rischi lavorativi quanto più possibile, tendenzialmente, completa ed esauriente.
E a ciò conseguiranno eventualmente le sanzioni penali derivanti dal reato di pericolo di aver elaborato un documento di valutazione dei rischi parziale, incompleto, non esauriente e, in caso di incidente, a ben più gravi sanzioni penali per le lesioni derivanti dall'imprudenza incolpevole del lavoratore la cui prassi pericolosa sia nota e tollerata (che qualora abbia avvantaggiato l’azienda porterà ad ulteriori pesanti responsabilità ex dlgs. n. 231/2001).
Tuttavia va notato che secondo la Cassazione non basta di per se “la dimostrazione dell'esistenza di tale prassi (e della sua conoscibilità da parte dei vertici aziendali)” ne “essere desunta dall'ammissione della persona offesa e di un altro lavoratore di aver effettuato in precedenza la medesima manovra pericolosa”, ma occorre “verificare puntualmente l'eventuale instaurazione o meno, nella concreta situazione data (connotata da un certo tipo di organizzazione aziendale, da una pluralità di dipendenti e dalla nomina di un preposto), di una prassi aziendale contra legem di tolleranza di condotte pericolose, accertamento necessario ... in ossequio al consolidato principio giurisprudenziale, secondo cui in tema di prevenzione infortuni sul lavoro il datore di lavoro deve controllare che il preposto, nell'esercizio dei compiti di vigilanza affidatigli, si attenga alle disposizioni di legge e a quelle, eventualmente in aggiunta, impartitegli; ne consegue che, qualora nell'esercizio dell'attività lavorativa si instauri, con il consenso del preposto, una prassi contra legem, foriera di pericoli per gli addetti, in caso di infortunio del dipendente, la condotta del datore di lavoro che sia venuto meno ai doveri di formazione e informazione del lavoratore e che abbia omesso ogni forma di sorveglianza circa la pericolosa prassi operativa instauratasi, integra il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche (Sez. 4, n. 26294 del 14/03/2018, Fassero Gamba, Rv. 272960, in un caso di omicidio colposo; in conformità, in un'ipotesi di lesioni colpose, Sez. 4, n. 18638 del 16/01/2004, Policarpo, Rv. 228344; principio risalente a Sez. 4, n. 17941 del 16/11/1989, Raho, Rv. 182857)”.
In caso di “totale assenza di indicazioni da parte della Corte di merito circa i dati processuali dai quali ha ricavato l'affermazione dell'esistenza di una prassi non corretta” e qualora “dalle risultanze processuali emerga incontestabilmente che il Documento di Valutazione dei Rischi contemplava le modalità di intervento”, la Cassazione così conclude: “annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato” [Cassazione Penale, Sez. 4, 04 settembre 2019, n. 37002].
In tal senso è del tutto evidente che un sistema aziendale di rilevamento, analisi e valutazione dei near miss, delle prassi pericolose aziendali informali, facilità la dimostrazione da parte azziendale di aver fatto tutto il possibile per tutelare i lavoratori e le lavoratrici, evitando gravose conseguenze penali e di responsabilità aziendale 231.
Le sanzioni più gravi, giova sempre sottolinearlo, non sono tanto quelle del D.Lgs.n. 81/2008, modeste anche perchè nel 99% dei casi sanate in sede amministrativa, ma quelle degli articoli 589 e 590 del codice penale e del D.Lgs. n. 231/2001, che senza analisi dei comportamenti pericolosi inevitabilmente potrebbero moltiplicare la possibilità di ricevere una imputazione penale, e possono pure determinare la possibile contestazione della colpa con l'aggravante della previsione dell'evento, nel caso appunto di prassi pericolose note e tollerate.
Gli organismi di vigilanza 231 dovrebbero segnalare senza indugio alle funzioni aziendali sensibili la mancata registrazione dei comportamenti pericolosi e degli infortuni mancati, come grave carenza del Modello 231.
La mancata gestione dei comportamenti e prassi pericolose, ovvero la mancata gestione della individuazione, segnalazione, registrazione, analisi, valutazione e adozione delle necessarie contromisure preventive e protettive espone il lavoratore ad un evidente e maggiorato rischio più incontrollato di subire infortuni e malattie professionali, e il datore di lavoro ad un reato contravvenzionale, quale mancata definizione di adeguati criteri di valutazione dei rischi e conseguente mancata/insufficiente/carente analisi e valutazione dei rischi effettivamente presenti, artt. 28 comma 2 lettera a del d.lgs. n. 81/2008.
2.2 L'obbligo del datore di lavoro di valutare tutti i rischi lavorativi
L'articolo 2 comma 1 lett. q) D.Lgs. n. 81 definisce la «valutazione dei rischi»: “valutazione globale e documentata di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell’ambito dell’organizzazione in cui essi prestano la propria attività, finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza”.
Lo stesso articolo definisce due concetti a tal fine essenziali:
“r) «pericolo»: proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni;
s) «rischio»: probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione”;
L’art. 17 del D.Lgs. n. 81/2008 (“Obblighi del datore di lavoro non delegabili”) individua gli obblighi assolutamente prioritari e fondanti la prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro e del tutto indelegabili da parte del datore di lavoro - stabilendo che “il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:
a) la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28;
b) la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi”.
2.3 Contenuti del DVR
Ai sensi dell’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 9 aprile 2008, il datore di lavoro [che esercita le attività regolate dal D.Lgs. n. 81 9 aprile 2008, ovvero quelle alle quali sono addetti “lavoratori e lavoratrici, subordinati, nonché i soggetti ad essi equiparati” ai sensi dell’art. 2 c. 1 lett. a) del D.Lgs. citato] deve valutare, “anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o dei preparati chimici impiegati, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro” “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato, secondo i contenuti dell’accordo europeo dell’8 ottobre 2004, e quelli riguardanti le lavoratrici in stato di gravidanza, secondo quanto previsto dal decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, nonché quelli connessi alle differenze di genere, all’età, alla provenienza da altri paesi, e quelli connessi alla specifica tipologia contrattuale attraverso cui viene resa la prestazione di lavoro” (art. 28 c. 1 D.Lgs. n. 81/2008), ed elaborare un documento. “munito anche tramite le procedure applicabili ai supporti informatici di cui all’articolo 53, di data certa o attestata dalla sottoscrizione del documento medesimo da parte del datore di lavoro, nonché, ai soli fini della prova della data, dalla sottoscrizione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale e del medico competente, ove nominato” (art. 28 c. 2 D.Lgs. n. 81/2008).
L'art. 28 c. 2 D.Lgs. n. 81/2008, come integrato dal D.Lgs. n. 106/2009, prevede che “la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione”. Da notare che il criterio della semplicità resta in ogni caso subordinato a quelli della completezza ed idoneità. Va sottolineato l'aspetto di pianificazione della sicurezza che deve avere il DVR: che deve essere un vero piano di sicurezza.
Detto documento (DVR) deve contenere (art. 28 D.Lgs. n. 81/2008):
- una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa;
- l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, a seguito della valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a);
- il programma delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza;
- l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
- l’indicazione del nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o di quello territoriale e del medico competente che ha partecipato alla valutazione del rischio;
- l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento” (art. 28 c. 2 d. lgs. 9 aprile 2008).
I punti b), d) ed f) mirano a conferire al documento una maggiore effettività ed efficacia prevenzionistica, e contrastano una diffusa concezione formalistica, ininfluente e inefficace della prevenzione basata sulla confezione di documenti astratti e dunque inapplicati nelle aziende.
In ogni caso la valutazione dei rischi lavorativi non può mai essere parziale e inadeguata, ma deve comprendere tutti i rischi effettivamente esistenti durante l'attività lavorativa aziendale, siano o non siano normati legislativamente.
La valutazione del rischio ex artt. 17 e 28 (e 29) del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81 (che ha sostituito l'analoga prescrizione dell'art. 4 D.Lgs. n. 626/94) è finalizzata alla “individuazione di tutti i fattori di rischio esistenti in azienda e delle loro reciproche interazioni, nonché la valutazione della loro entità, effettuata, ove necessario, mediante metodi analitici o strumentali” (Circolare Min. Lav. prot. n. 102/95 del 7 agosto 1995).
Articolo 29 - Modalità di effettuazione della valutazione dei rischi
1. Il datore di lavoro effettua la valutazione ed elabora il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), in collaborazione con il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e il medico competente, nei casi di cui all’articolo 41.
2. Le attività di cui al comma 1 sono realizzate previa consultazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza.
3. La valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica, della prevenzione o della protezione o a seguito di infortuni significativi o quando i risultati della sorveglianza sanitaria ne evidenzino la necessità. A seguito di tale rielaborazione, le misure di prevenzione debbono essere aggiornate. Nelle ipotesi di cui ai periodi che precedono il documento di valutazione dei rischi deve essere rielaborato, nel rispetto delle modalità di cui ai commi 1 e 2, nel termine di trenta giorni dalle rispettive causali.
La Cassazione penale, sez. IV, 3 marzo 2010, n. 8622 ribadisce che la valutazione dei rischi e la elaborazione di apposito documento costituisce senza dubbio alcuno un passaggio fondamentale per la prevenzione degli infortuni e la tutela della salute dei lavoratori, ma il rapporto di causalità tra omessa previsione del rischio e infortunio o il rapporto di causalità tra omesso inserimento del rischio nel documento di valutazione dei rischi e infortunio, deve essere accertato in concreto rapportando gli effetti indagati e accertati della omissione, all’evento che si è concretizzato, e non può essere affermata una causalità di principio.
Infatti la valutazione dei rischi “non è di per sé uno strumento prevenzionistico”. Diventa strumento prevenzionistico “(un passaggio fondamentale per la prevenzione degli infortuni) solamente se è in grado di individuare gli elementi che concorrono alla maturazione dello ‘scenario pre-infortunio’”.
La sentenza della Cassazione Penale n. 34063/2007 afferma che “in tema di prevenzione infortuni sul lavoro, integra la violazione del dato normativo non soltanto l’omessa redazione del documento di valutazione, ma anche il suo mancato, insufficiente o inadeguato aggiornamento od adeguamento e l’omessa valutazione ed individuazione degli specifici pericoli cui i lavoratori sono sottoposti in relazione alle diverse mansioni svolte e la specificazione delle necessarie misure di prevenzione da adottarsi”.
Dunque la valutazione del rischi serve a prevenire gli infortuni “se le misure di prevenzione sono integrate nel processo lavorativo” e “se il processo lavorativo è vincolato/ancorato alle misure di prevenzione”.
Ed infatti l’articolo 15 (Misure generali di tutela) del Decreto legislativo 81/2008 recita che le misure generali di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro sono: (…) b) la programmazione della prevenzione, mirata ad un complesso che integri in modo coerente nella prevenzione le condizioni tecniche produttive dell’azienda nonché l’influenza dei fattori dell’ambiente e dell’organizzazione del lavoro.
Secondo le Linee Guida per l’applicazione del D. Lgs. 626/94 (a cura del Coordinamento delle Regioni e delle Province autonome: “gli studi del fenomeno infortunistico che utilizzano un approccio solo "deterministico", mirato ad identificare cause di infortunio solo in errori umani o in inconvenienti tecnici o in deficienze strutturali, presentano limiti importanti ed insolubili se non affrontano anche le interconnessioni con il tessuto organizzativo della produzione”. Quindi va valutata l'organizzazione del lavoro e i comportamenti umani pericolosi e il rischio tecnico tutti insieme.
Scrive Vito Bruno (u.p.g. della ASL torinese TO3): “la valutazione dei rischi deve essere intesa come “strumento di consapevolezza dei limiti strutturali – organizzativi – procedurali”.
Vengono ricordate dall’autore le tre fasi della valutazione dei rischi:
- individuazione dei fattori di rischio (pericoli);
- valutazione dei rischi (finalizzata ad individuare le misure di prevenzione e protezione);
- gestione e controllo dei rischi (finalizzata ad individuare: le procedure per l’attuazione delle misure che si intendono adottare i ruoli dell’organizzazione aziendale)”.
- Senza dimenticare che, come indicato dal D.Lgs. 81/2008 - art. 29 c 3, la valutazione dei rischi deve essere immediatamente rielaborata, … in occasione di [infortuni significativi].
… la valutazione dei rischi “inizia con la determinazione dei limiti della macchina tenendo conto di tutte le fasi del suo ciclo di vita. Questo significa che le caratteristiche e le prestazioni della macchina o di una serie di macchine in un processo integrato e le persone, l'ambiente e i prodotti interessati dovrebbero essere identificati in termini di limiti della macchina”:
- limiti d'uso: uso previsto, uso scorretto, diversi modi di funzionamento, uso da parte di … sesso, età, capacità fisiche, dati antropometrici, informazione, formazione, presenza di altre persone in prossimità della macchina (lavoratori, pubblico, bambini);
- limiti di spazio: raggio di movimento, interazione persone/macchine (operatore, manutentore);
- limiti di tempo: durata della macchina e dei componenti, intervalli di manutenzione;
- limiti ambientali: temperature, uso della macchina al chiuso o all'aperto, con clima asciutto o umido, esposizione alla luce solare diretta, tolleranza a polveri e umidità, ecc.;
- limiti igienici (livello di pulizia richiesto);
- limiti relativi alla proprietà del materiale da lavorare” (Infortuni sul lavoro: l’importanza della valutazione dei rischi”, a cura del Dott. Vito Bruno, intervento al convegno «La centralità della Valutazione dei rischi nella prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali») .
Nel contesto della valutazione dei rischi, obbligo legale del datore di lavoro (art. 17-28 D-Lgs. n. 81/2008), cui deve provvedere il servizio di prevenzione e protezione (art. 33 del D.Lgs. n. 81/2008), viene in luce dal punto di vista giurisprudenziale il seguente caposaldo: “anche il RSPP, che pure è privo dei poteri decisionali e di spesa (e quindi non può direttamente intervenire per rimuovere le situazioni di rischio), può essere ritenuto (cor)responsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qualvolta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l'adozione, da parte del datore di lavoro, delle necessarie iniziative idonee a neutralizzare detta situazione” (Sezione 4, 13 marzo 2008, Reduzzi ed altro; Sezione 4, 15 febbraio 2007, Fusilli; Sezione 4, 20 aprile 2005, Stasi ed altro; di recente, cfr. Sezione 4, 2 febbraio 2010, Proc. Rep. Trib. Gorizia in proc. Visintin ed altro).
Occorre aggiungere: “il fatto, però, che la normativa di settore escluda la sanzionabilità penale o amministrativa di eventuali comportamenti inosservanti dei componenti del servizio di prevenzione e protezione, non significa che questi componenti possano e debbano ritenersi in ogni caso totalmente esonerati da qualsiasi responsabilità penale e civile derivante da attività svolte nell'ambito dell'incarico ricevuto. Infatti, occorre distinguere nettamente il piano delle responsabilità prevenzionali, derivanti dalla violazione di norme di puro pericolo, da quello delle responsabilità per reati colposi di evento, quando, cioè, si siano verificati infortuni sul lavoro o tecnopatie. Ne consegue che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, cosi', il datore di lavoro ad omettere l'adozione di una doverosa misura prevenzionale, risponderà insieme a questi dell'evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche un carattere addirittura esclusivo (Sezione 4, 15 luglio 2010, Scagliarmi).
Di particolare importanza nel contesto del Testo Unico di sicurezza del lavoro, è il COMBINATO DISPOSTO dell'obbligo, sanzionato penalmente e differenziato a seconda dei soggetti, per lavoratori, preposti, dirigenti e datori di lavoro di segnalare, vigilare e gestire i comportamenti pericolosi e di analizzarli ai fini della valutazione dei rischi.
Occorre prendere atto che in Italia ci sono molti consulenti che non registrano ne analizzano i comportamenti pericolosi, perchè secondo loro non è obbligatorio, confondendo gli obblighi in materia del registro infortuni con quelli assai più importanti di valutare “tutti” i rischi, affermazione pericolosissima per i lavoratori, che risulteranno esposti al rischio in modo incontrollato, e per i datori di lavoro che si ritroveranno con documenti recanti incomplete valutazioni dei rischi, a causa della negligenza e imperizia dei “valutatori”. Tutti quelli esposti sono ottimi motivi che ci portano a considerare imprescindibile sia dal punto di vista penale contravvenzionale, sia, e su questo non ci piove, dal punto di vista dei delitti di danno (artt. 40-43-589 e 590 del codice penale, sia, infine, dal punto di vista del buonsenso.
2.4 Gli obblighi di individuare, segnalare, registrare, analizzare, valutare comportamenti pericolosi e near miss
a. Articolo 19 dlgs 81/2008 - Obblighi del preposto
1. In riferimento alle attività indicate all’articolo 3, i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono: (…) f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente (...) ogni (...) condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
Sanzioni Penali per il preposto
- Art. 19, co. 1, lett. f): arresto fino a due mesi o ammenda
Dunque il preposto deve segnalare i pericoli, le condizioni di pericolo, come i comportamenti pericolosi, altrimenti commette un reato penale. Dopo di che cosa dovrebbe fare il datore di lavoro di queste segnalazioni? ignorarle? Oppure registrarle, analizzarle e valutarle in quanto segnali di rischi emergenti? e non deve anche il datore di lavoro e il dirigente, che ai sensi dell'art. 18 comma 3 del dlgs 81/2008 devono vigilare sui preposti, controllare che il preposto queste segnalazioni le faccia regolarmente?
b. Articolo 20 dlgs 81/2008 - Obblighi dei lavoratori
2. I lavoratori devono in particolare: (…) e) segnalare immediatamente al datore di lavoro, al dirigente o al preposto le deficienze dei mezzi e dei dispositivi di cui alle lettere c) e d), nonché qualsiasi eventuale condizione di pericolo di cui vengano a conoscenza, adoperandosi direttamente, in caso di urgenza, nell’ambito delle proprie competenze e possibilità e fatto salvo l’obbligo di cui alla lettera f) per eliminare o ridurre le situazioni di pericolo grave e incombente, dandone notizia al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza;
Sanzioni per i lavoratori
- Art. 20, co. 2, lett. e): arresto fino a un mese o ammenda
I lavoratori devono segnalare qualsiasi situazione di pericolo, e il datore di lavoro che ne deve fare di questa segnalazione penalmente sanzionata? E' concepibile che la situazione di pericolo non segnalata sia un obbligo penale solo dei lavoratori e preposti e non dei dirigenti e dei datori di lavoro, che devono vigilare affinchè i lavoratori segnalino subito i pericoli? E come fanno datori di lavoro e dirigenti a dimostrare di aver vigilato se non registrano le segnalazioni che hanno con forza disposto che siano fatte sistematicamente, e che poi devono essere analizzate e valutate per comprendere i rischi così emergenti e le necessarie e conseguenti misure di prevenzione e protezione??
c. Articolo 18 dlgs 81/2008 - Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
1. Il datore di lavoro, che esercita le attività di cui all’articolo 3, e i dirigenti, che organizzano e dirigono le stesse attività secondo le attribuzioni e competenze ad essi conferite, devono: ...
f) richiedere l’osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro (...);
Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente
- Art. 18, co. 1, lett.f): arresto da due a quattro mesi o ammenda
Il datore di lavoro che non richiede sistematicamente a lavoratori e preposti di segnalare i pericoli (obblighi di cui agli artt. 19 e 20), e dunque near miss, comportamenti pericolosi ecc. è sanzionato penalmente dalla norma di legge in oggetto.
d. Articolo 28 - Oggetto della valutazione dei rischi
2. Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione ..., deve ... contenere: a) una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa. La scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l’idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione;
Sanzioni per il datore di lavoro
- Art. 28, co. 2, lett. a), primo periodo: ammenda da se adotta il documento di cui all’Art. 17, co. 1, lett. a) in assenza degli elementi di cui al predetto comma [Art. 55, co. 4]
Il datore di lavoro deve indicare i criteri di valutazione dei rischi che adotta, che sceglie lui, ma sempre in modo da garantire la completezza della valutazione dei rischi: senza rilevazione analisi e valutazione dei comportamenti pericolosi e near miss la valutazione non è mai completa. Quindi i criteri che non indicano questo sistema di gestione dei comportamenti pericolosi possono essere ritenuti in violazione di legge e sanzionabili per la violazione della lettera in oggetto.
e. Articolo 28 - Oggetto della valutazione dei rischi
2. Il documento di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), redatto a conclusione della valutazione ..., deve ... contenere:
d) l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri;
Sanzioni per il datore di lavoro
- Art. 28, co. 2, lett. d): ammenda
La registrazione, analisi e valutazione dei comportamenti pericolosi, imprescindibile in quanto trattasi di pericoli sempre presenti, poichè il comportamento del lavoratore è in se fonte di pericolo perchè suscettibile di azioni erronee e imprudenti ma prevedibili, deve essere formalizzata in apposita procedura che definisca la gestione appunto dei near miss, legati al fattore umano.
f. Articolo 18 - Obblighi del datore di lavoro e del dirigente
3-bis. Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti.
In caso di infortunio derivante da comportamenti pericolosi ripetuti nel tempo agli imputati, ad es. datori di lavoro, dirigenti, preposti, verrà inevitabilmente (si veda più oltre il repertorio di sentenze) addebitata la violazione dell'obbligo di vigilanza (art. 18 comma 3 bis D.Lgs. n. 81/2008) sui lavoratori e preposti affinchè segnalassero i pericoli come da artt. 19 e 20 ed in più l'aggravante della previsione dell'evento per non aver gestito le prassi pericolose note e tollerate, conseguenza ad esempio per non aver registrato, analizzato e valutato i pregressi comportamenti pericolosi.
g. Attività a rischio di incidente rilevante
Ai sensi del Decreto Ministeriale 9 Agosto 2000 “Linee guida per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza” previsto dal D.Lgs. n. 334/1999, art. 7 punto 4 e art. 11 punto 2, lettera a), è obbligatorio provvedere all’aggiornamento del sistema di gestione ed il controllo delle sue prestazioni siano da condurre anche con l’utilizzo dell’esperienza derivante dall’analisi dei quasi incidenti.
3. Elementi ulteriori
In merito alla necessità imprescindibile di registrare e valutare gli incidenti, near-miss e comportamenti pericolosi nel D.Lgs. n., 81/2008, si segnala che l'art. 33 del D.Lgs. n. 81/2008 all'articolo 33 - Compiti del servizio di prevenzione e protezione - prevede che:
1. Il servizio di prevenzione e protezione dai rischi professionali provvede: a) all’individuazione dei fattori di rischio, (...)
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e l' Accordo del 21 dicembre 2011 - Accordo tra il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, il Ministro della salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano per la formazione dei lavoratori, ai sensi dell'articolo 37, comma 2, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. (Rep. Atti n. 221/CSR) - prevede quanto segue in materia di formazione obbligatori a dei dirigenti:
“MODULO 3. INDIVIDUAZIONE E VALUTAZIONE DEI RISCHI
criteri e strumenti per l'individuazione e la valutazione dei rischi;
il rischio da stress lavoro-correlato;
il rischio ricollegabile alle differenze di genere, età, alla provenienza da altri paesi e alla tipologia contrattuale;
il rischio interferenziale e la gestione del rischio nello svolgimento di lavori in appalto;
le misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione in base ai fattori di rischio;
la considerazione degli infortuni mancati e delle risultanze delle attività di partecipazione dei lavoratori e dei preposti; “
Dunque con tutta evidenza i fattori di rischio da valutare emergono dalla considerazione dei mancati infortuni. E, inoltre, come si fa a insegnare ai dirigenti anche a considerare, ovvero ad analizzare, i mancati infortuni se l’azienda non li registra e gestisce?
Inoltre occorre considerare anche gli “Indirizzi per la redazione del documento di valutazione del rischio” della Regione Lombardia - Documento approvato dal Comitato Tecnico Scientifico del Progetto Obiettivo Prevenzione e Sicurezza nei luoghi di lavoro nella riunione del 16 luglio 2004; Coordinatori: Susanna Cantoni (Regione Lombardia Direzione Generale Sanità – U.O. Prevenzione - Spsal ASL Città di Milano), Gianni Saretto (Associazione Lombardia Medicina Lavoro ALML – Spsal ASL Pavia) - contengono un ALLEGATO I Linee Guida Regionali cit. [Tratto dalle Linee Guida Cee per effettuare la valutazione dei rischi – Direzione Generale V – III Sezione] recante “Esempi di situazioni e di attività lavorative che richiedono una valutazione dei rischi”. Al punto 8 indicano:
8. INTERAZIONE DEL POSTO DI LAVORO E DEI FATTORI UMANI a) Dipendenza del sistema di sicurezza dalla necessità di ricevere ed elaborare con cura le informazioni. b) Dipendenza dalle conoscenze e dalle capacità del personale. c) Dipendenza dalle norme di comportamento. d) Dipendenza da una soddisfacente comunicazione e da istruzioni corrette per far fronte a condizioni mutevoli. e) Conseguenze di deviazioni ragionevolmente prevedibili dalle procedure di lavoro in condizioni di sicurezza. |
La lettera e) prevede dunque l'obbligo di considerare gli incidenti, che sono quasi sempre “conseguenza” di “deviazioni ragionevolmente prevedibili dalle procedure”, ovvero considerare anche i comportamenti imprudenti e pericolosi prevedibili, e proprio le prassi pericolose tollerate.
Inoltre le procedure standardizzate per la valutazione di tutti i rischi durante il lavoro di cui al Decreto interministeriale del 30 novembre 2012, in vigore dal 4 febbraio 2013, obbligano (chi le applica) ad individuare i possibili incidenti, e dunque a maggior ragione rendono evidente l'obbligo anche metodologico di registrare gli incidenti realmente accaduti, i comportamenti e le prassi pericolose, al fine di poterne evitare la reiterazione.
Se poi qualcuno dice che non vi sono stati incidenti la cosa non è credibile in presenza di infortuni, ma neppure in assenza di infortuni posto che la sproporzione tra incidenti e infortuni è talmente grande che praticamente non esiste attività lavorativa priva di incidenti, solo che assai spesso non si registrano, o non si vuole organizzare la loro registrazione.
Ai sensi dell'articolo 71 - Obblighi del datore di lavoro – del D.Lgs. n. 81/2008 “2. All’atto della scelta delle attrezzature di lavoro, il datore di lavoro prende in considerazione: a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere; b) i rischi presenti nell’ambiente di lavoro; c) i rischi derivanti dall’impiego delle attrezzature stesse; d) i rischi derivanti da interferenze con le altre attrezzature già in uso”.
I comportamenti pericolosi, in particolare le prassi pericolose conosciute e tollerate, sono parte essenziale dei “rischi” derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse, impiego già verificatosi, dimostratosi pericoloso da comportamenti avvenuti n azienda e riconosciuti come tali. Qualora lavoratori presenti informino gli ispettori Asl di comportamenti già pericolosi avvenuti in azienda, ma non gestiti dall'azienda stessa, si potrà agevolmente contestare all'azienda l'incompleta valutazione del rischio derivante dall'impiego delle attrezzature.
La posizione di garanzia del datore di lavoro deve impedire i comportamenti pericolosi prevedibili dei lavoratori
Cassazione Penale, Sez. 4, 05 giugno 2019, n. 24908 e Cassazione Penale, Sez. 4, 28 maggio 2019, n. 23244
“La locuzione "posizione di garanzia" esprime in modo condensato l'obbligo giuridico di impedire l'evento che fonda la responsabilità in ordine ai reati commissivi mediante omissione, ai sensi dell'art. 40, cpv., cod. pen. Il contesto della sicurezza del lavoro fa emergere con particole chiarezza la centralità dell'idea di rischio: tutto il sistema è conformato per governare l'immane rischio, gli indicibili pericoli, connessi al fatto che l'uomo si fa ingranaggio fragile di un apparato gravido di pericoli. Il rischio è categorialmente unico ma, naturalmente, si declina concretamente in diverse guise in relazione alle differenti situazioni lavorative. Esistono, dunque, diverse aree di rischio e, parallelamente, distinte sfere di responsabilità che quel rischio sono chiamate a governare. La Corte di cassazione ha pure affermato il principio che la responsabilità dell'imprenditore deve essere esclusa allorché l'infortunio si sia verificato a causa di una condotta del lavoratore inopinabile ed esorbitante dal procedimento di lavoro cui è addetto. Ai sensi dell'art. 41 capoverso, invero, il nesso eziologico può essere interrotto da una causa sopravvenuta che si presenti come atipica, estranea alle normali e prevedibili linee di sviluppo della serie causale attribuibile all'agente e costituisca, quindi, un fattore eccezionale. È stato ribadito il noto principio che le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine ad incidenti derivati da sua negligenza, imprudenza ed imperizia, sicché la condotta imprudente dell'infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l'evento quando sia comunque riconducibile all'area di rischio inerente all'attività svolta dal lavoratore ed all'omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro; ma si è aggiunto che il datore di lavoro è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente presenti i caratteri dell'eccezionalità, dell'abnormità, dell'esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive organizzative ricevute. Anche qui compare la classica evocazione dell'eccezionalità della condizione sopravvenuta, costituita dalla condotta incongrua del lavoratore. Va, quindi, considerata interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore quando essa si collochi in qualche guisa al di fuori dell'area di rischio definita dalla lavorazione in corso.
Tale comportamento è "interruttivo" (per restare al lessico tradizionale) non perché "eccezionale" ma perché eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare.
il datore di lavoro, o chi per esso, è tenuto ad adottare, persino in mancanza di specifiche indicazioni della legge e, se del caso, oltre le stesse quando vi siano, tutti quegli accorgimenti che meglio e più efficacemente realizzano la sicurezza del lavoratore e che tengano anche conto dell’eventuale distrazione o di atti automatici o involontari dello stesso e dai quali possa derivare pericolo al medesimo; ne deriva che la responsabilità del destinatario delle norme antinfortunistiche trova l’unico limite o nella grave ed intenzionale inosservanza di precisi precetti o istruzioni da parte del lavoratore, oppure in fatti imprevedibili (Sez. 4, n. 22249 del 14/03/2014, Enne e altro Rv. 259227; Sez. 4, n. 4784 del 13/02/1991, Simili ed altro, Rv. 187538; Sez. 4, n. 7672 del 11/07/1983, Minetta, Rv. 160320)”.
Rolando Dubini, avvocato in Milano
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Rispondi Autore: Vittorio Buscaglione - likes: 0 | 11/12/2019 (09:28:02) |
Grazie, il commento è molto completo ed efficace. |