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Le deleghe di funzione, le deleghe gestorie e le carenze strutturali

Le deleghe di funzione, le deleghe gestorie e le carenze strutturali
Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Sentenze commentate

18/12/2024

La sentenza della Cassazione n. 40682 del 6 novembre 2024 stabilisce che, in presenza di carenze organizzative gravi e strutturali, la responsabilità per l'infortunio ricade sui vertici aziendali, anche in presenza di deleghe di funzioni o gestorie.

La sentenza della Cassazione Penale n. 40682 del 6 novembre 2024 affronta un caso di omicidio colposo legato alla violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, in cui un lavoratore è deceduto a seguito del ribaltamento di una lastra prefabbricata. La responsabilità è stata attribuita al consiglio di amministrazione della P. C. S.p.A., nonostante fossero state formalmente conferite deleghe interne in materia di sicurezza e delega gestoria. La Corte ha stabilito che, in presenza di carenze strutturali nella gestione della sicurezza e di una politica aziendale orientata al profitto a scapito delle misure antinfortunistiche, i membri del C.d.A. non possono sottrarsi alla responsabilità penale, anche in presenza di deleghe. Questa sentenza ribadisce l'importanza della distinzione tra delega di funzioni e delega gestoria, chiarendo che entrambe mantengono in capo ai vertici societari un dovere di vigilanza e controllo sull’adeguatezza complessiva delle misure di sicurezza.

 

Fatto

La vicenda nasce da un tragico infortunio sul lavoro, che ha visto la morte del lavoratore D.D., dipendente della società appaltatrice Pav. S.p.A. L’incidente è avvenuto durante le operazioni di getto di calcestruzzo per la costruzione di una vasca di raccolta di acqua del torrente Lura. La vittima è stata travolta da una lastra prefabbricata che, a causa di errori nelle fasi di produzione e installazione, si è rovesciata provocando il decesso. La P. C. S.p.A., subappaltatrice e produttrice della lastra, era incaricata della fabbricazione e dell’installazione dei prefabbricati per conto di Pav.

 

In particolare la sentenza riferisce che “l'evento si è verificato nel mentre D.D. era intento, insieme ad altri lavoratori alle dipendenze di PAV., nell'esecuzione del "getto" di calcestruzzo tra la vasca di contenimento delle acque e le (nove) lastre prefabbricate e precedentemente installate da P.C., essendo stato travolto da una di esse improvvisamente rovesciatasi a causa di gravissimi errori nelle fasi di produzione e installazione da parte della società da ultimo citata. Il rovesciamento del prefabbricato è stato causato dal cedimento dei vincoli superiori di ancoraggio, perché non eseguiti in fase di costruzione, e, quindi, non inglobati nella lastra, come invece previsto dal progetto. Essi erano stati realizzati a posteriori, mediante inserti apposti previa trapanatura del manufatto da H.H., dipendente di P.C. addetto anche al controllo dei manufatti prima del loro trasporto, accortosi del difetto di costruzione in sede di consegna a PAV. A ciò si è aggiunta, sempre per i giudici di merito, l'errata posa, da parte dei dipendenti di P.C., dello stesso prefabbricato presso la vasca di contenimento. Esso, in particolare, è stato ritenuto non correttamente ancorato tramite idonei bulloni di fissaggio e destinatario di un intervento, non previsto dal progetto, di sostituzione di uno dei due ancoraggi monoblocco della lastra al muro perimetrale della vasca di contenimento con un ancoraggio composto da due pezzi uniti da un bullone”.

 

I giudici di merito hanno attribuito la responsabilità del sinistro ai vertici di P.C., evidenziando gravi carenze strutturali nelle procedure di sicurezza, tra cui:

  • Mancanza di ancoraggi sicuri nella lastra prefabbricata;
  • Modifiche improvvisate alle lastre da parte dei dipendenti di P.C., causate da difetti progettuali (“la totale assenza di programmazione è stata accertata con particolare riferimento alle procedure di controllo della qualità in termini non di mera conformità necessaria per la marcatura "CE", pur formalmente presente, ma di effettiva idoneità tecnica del prefabbricato nell'ottica della gestione dello specifico rischio”);
  • Inadeguatezza del Piano Operativo di Sicurezza (POS), che non prevedeva misure sufficienti per prevenire il rischio di ribaltamento durante il montaggio.

I membri del consiglio di amministrazione di P.C. (A.A., presidente, e i consiglieri B.B. e C.C., ciascuno con deleghe specifiche) sono stati condannati dalla Corte d’Appello di Milano per omicidio colposo. Gli imputati hanno proposto ricorso alla Cassazione, sostenendo che la responsabilità fosse stata impropriamente attribuita per "posizione", nonostante avessero delegato le funzioni di sicurezza a specifiche figure aziendali.



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Gli imputati che hanno presentato ricorso per Cassazione

Nella sentenza n. 40682 del 6 novembre 2024, la Cassazione ha esaminato le posizioni dei membri del consiglio di amministrazione della P.C. S.p.A., imputati per omicidio colposo in relazione all’infortunio mortale del lavoratore D.D. Gli imputati, A.A., B.B., e C.C., erano rispettivamente presidente e consiglieri con deleghe specifiche. La responsabilità attribuita a ciascuno di loro è stata analizzata sulla base del ruolo, delle deleghe conferite e delle omissioni rilevate nell’ambito della gestione della sicurezza in azienda.

 

A.A. - Presidente del Consiglio di Amministrazione

A.A. ricopriva il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione di P.C. SpA, con responsabilità generali sull’organizzazione della società e sull’adozione delle politiche aziendali. Nonostante la difesa abbiano sostenuto che A.A. svolgesse principalmente compiti di rappresentanza legale e definizione di strategie generali, i giudici hanno rilevato che, nella sua posizione, egli avesse la responsabilità ultima di garantire che la struttura organizzativa aziendale rispettasse le normative di sicurezza sul lavoro.

 

Inoltre, A.A. aveva attestato a Pav., appaltatrice principale, l'idoneità dei lavoratori di P.C. a operare nel cantiere, assicurando la loro comprensione della lingua italiana e la loro capacità di seguire le istruzioni. Questa dichiarazione ha rafforzato la posizione di garanzia di A.A., collegandolo direttamente alle condizioni di lavoro che hanno poi portato all’incidente. La Corte ha ritenuto che il presidente fosse consapevole delle carenze strutturali della sicurezza aziendale e che, con una gestione più attenta, avrebbe potuto evitare le prassi aziendali che subordinavano la sicurezza al rispetto delle tempistiche di produzione.

 

B.B. - Consigliere Delegato alla Gestione del Ciclo Produttivo e Controllo Qualità

B.B., membro del consiglio di amministrazione, deteneva deleghe operative sulla gestione dell'intero ciclo produttivo e sul controllo della qualità dei manufatti prodotti da P.C.. Secondo le indagini, B.B. era incaricato di verificare la rispondenza dei prodotti alle specifiche tecniche e di assicurare che i prefabbricati fossero idonei e sicuri per l’utilizzo previsto.

 

La responsabilità di B.B. si è estesa anche alla supervisione del Piano Operativo di Sicurezza (POS), che si è rivelato inadeguato per la gestione del rischio di ribaltamento. Il POS, da lui sottoscritto, non includeva procedure di ancoraggio e sicurezza durante il montaggio delle lastre, fase in cui si è verificato l’incidente. La Corte ha quindi ritenuto che B.B. avesse omesso di garantire che le fasi di produzione e installazione rispettassero le normative di sicurezza, contribuendo alla mancata prevenzione del rischio che ha poi portato alla morte del lavoratore.

 

C.C. - Consigliere Delegato alla Sicurezza con Potere di Spesa

C.C., anch’egli consigliere di amministrazione, era titolare della delega specifica alla sicurezza sul lavoro, con poteri illimitati di spesa per l’attuazione delle misure antinfortunistiche. La sua posizione lo rendeva il garante primario della conformità dell’azienda alle normative di sicurezza, responsabile dell’adozione di misure idonee a tutelare l’incolumità dei lavoratori.

 

C.C. avrebbe dovuto assicurare che tutte le fasi lavorative, dalla produzione alla posa dei prefabbricati, rispettassero le prescrizioni tecniche e i requisiti di sicurezza richiesti per evitare incidenti. Tuttavia, i giudici hanno rilevato che non aveva adempiuto pienamente ai suoi compiti, trascurando di garantire che i controlli sulla qualità e sulla sicurezza fossero effettivi e non meramente formali. Nonostante fosse delegato alla sicurezza, C.C. non aveva predisposto le verifiche necessarie per evitare che le lastre venissero prodotte e montate senza adeguati sistemi di fissaggio, lasciando così spazio a prassi di lavoro che hanno ignorato il rischio di ribaltamento.

 

Diritto

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, stabilendo che, in presenza di carenze organizzative gravi e strutturali, la responsabilità per l'infortunio ricade sui vertici aziendali, indipendentemente dalla presenza di deleghe di funzioni o gestorie.

 

1. Differenza tra Delega di Funzioni e Delega Gestoria

La Corte, ai sensi di legge, ha distinto tra delega di funzioni (art. 16 D. Lgs. 81/2008) e delega gestoria (art. 2381 c.c.), due istituti fondamentali che implicano differenze significative in termini di responsabilità e di residui obblighi del delegante.

 

1.1 Delega di Funzioni: L’art. 16 D.Lgs. 81/2008 consente al datore di lavoro di trasferire alcune responsabilità in materia di sicurezza a un soggetto specifico, purché ciò avvenga tramite un atto formale scritto, accettato dal delegato e corredato del potere di spesa per le funzioni delegate. Tuttavia, tale trasferimento non esonera completamente il datore di lavoro delegante da ogni compito e responsabilità, il quale conserva un dovere di vigilanza sull’operato del delegato e la responsabilità di nominare una persona competente. In caso di inadempimento di questi doveri, il delegante può essere chiamato a rispondere per culpa in eligendo (scelta inadeguata del delegato) o culpa in vigilando (mancata supervisione): “permane in capo al datore di lavoro delegante grava l'obbligo di vigilanza in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e tale obbligo si intende assolto in caso di adozione e attuazione efficace del modello di verifica e controllo di cui all'art. 30, comma 4, TUSL (art. 16, comma 3, del medesimo Testo Unico). …  Peraltro, nell'individuazione della responsabilità del datore di lavoro delegante, al fine di non incorrere nel rischio di configurare responsabilità di posizione del datore di lavoro che sarebbe in contrasto, fra l'altro, con la stessa previsione dell'istituto della delega, si è sostenuto nella giurisprudenza di legittimità che la vigilanza deve riguardare non il merito delle singole scelte bensì il complessivo adempimento del debito di protezione e controllo affidato al delegato (Sez. 4, n. 10702 del 1/02/2012, Mangone; Sez. 4 n. 22837 del 21/04/2016, Visconti,).”, precisa la sentenza.

 

In tal senso Cass. Pen., Sez. Un., n. 38343 del 24 aprile 2014, Espenhahn ha stabilito che la delega non esonera il datore di lavoro da responsabilità se vi è un mancato controllo sull’attività del delegato. Questa sentenza è un punto di riferimento per chiarire che, anche con la delega, il datore conserva doveri di vigilanza.

 

1.2 Delega Gestoria: Ai sensi dell’art. 2381 del Codice Civile (c.c.), la delega gestoria è un istituto che consente di ripartire le attribuzioni all'interno del consiglio di amministrazione, consentendo una gestione più efficiente. Tuttavia, non si tratta di un vero trasferimento di poteri datoriali, bensì di una distribuzione interna delle responsabilità. Il C.d.A. mantiene l’obbligo di controllare l’operato dei delegati e può sempre intervenire in caso di criticità. Questa tipologia di delega non richiede espressamente il potere di spesa, poiché i delegati gestionali già possiedono i poteri decisionali tipici della posizione datoriale.

 

In tal senso Cass.Pen., Sez. 4, n. 5505 del 10 novembre 2017, Pesenti ha chiarito che la delega gestoria in ambito societario richiede che i deleganti mantengano un dovere di supervisione. Solo se il C.d.A. dimostra di aver messo in atto un adeguato sistema di controllo, può eventualmente evitare di rispondere direttamente: la sentenza che si sta commentando evidenzia “un dovere di verifica sulla base del flusso informativo, dell'assetto organizzativo generale e un vero e proprio potere di intervento anche con riferimento all'adozione di singole misure specifiche nel caso in cui vengano a conoscenza di fatti pregiudizievoli, id est di situazioni di rischio non adeguatamente governate. In conseguenza della violazione di tali obblighi, i membri del consiglio d'amministrazione potranno essere ritenuti responsabili di violazione alla normativa antinfortunistica e degli eventi causalmente collegati”.

 

La sentenza sottolinea che “Nel caso della delega gestoria il dovere di controllo che permane in capo ai membri del consiglio di amministrazione non delegati deve essere dunque ricondotto agli obblighi civilistici di cui agli artt. 2381, comma 3, cod. civ. e 2932, comma 2, cod. civ. così come modificato dalla riforma del diritto societario attuata con il D.Lgs. n. 6 del 2003 che ha abolito il generale dovere di vigilanza di tutti gli amministratori sul generale andamento della società. Sulla base di tali disposizioni il consiglio di amministrazione nel suo complesso oltre a determinare il contenuto della delega, conserva la facoltà di impartire direttive ed è tenuto sulla base delle informazioni ricevute a valutare l'adeguatezza dell'assetto della società e a valutare sulla base delle relazioni informative dei delegati il generale andamento della gestione (art. 2381, comma 3, cod. civ.). Tutti gli amministratori, inoltre, sono solidalmente responsabili se, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (art. 2932, comma 2, cod. civ.)“.

 

Un altro punto fondamentale è evidenziato dalla sentenza in esame nei termini che seguono: “la delega di funzioni prevista dall'art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 presuppone un trasferimento di poteri e correlati obblighi dal datore di lavoro verso altre figure non qualificabili come tali e che non lo divengono per effetto della delega. La delega di gestione, anche quando abbia a oggetto la sicurezza sul lavoro, invece, nel caso di strutture societarie complesse, consente di concentrare i poteri decisionali e di spesa connessi alla funzione datoriale, che fa capo a una pluralità di soggetti (ovvero i membri del consiglio di amministrazione), su alcuni di essi.

Con la delega ex art. 16 D.Lgs. n. 81 del 2008 si opera il trasferimento di alcune funzioni proprie del ruolo datoriale; i delegati vengono investiti di poteri e di doveri dei quali sono privi a titolo originario. Di contro, fra soggetti che sono a titolo originario titolari della posizione di datore di lavoro non è concepibile il trasferimento della funzione ma solo l'adozione di un modello organizzativo tale per cui taluni poteri decisionali e di spesa - se del caso anche quelli relativi alla sicurezza e alla salute dei lavoratori - vengono affidati alla gestione di alcuni tra i datori.

Il fatto che nel primo caso venga in rilievo il trasferimento di alcune funzioni e nel secondo caso la concentrazione dell'esercizio (rectius: della gestione) della funzione, determina conseguenze in ordine al contenuto della delega, nonché in ordine alla modulazione dei rapporti fra deleganti e delegati. Sotto il primo profilo, ad esempio, mentre nella disciplina dettata dall'art. 16 D.Lgs. n. 81 del 2008, il conferimento del potere di spesa è requisito essenziale della delega di funzioni e deve essere adeguato in relazione alle necessità connesse allo svolgimento delle funzioni delegate, nella disciplina della delega gestoria, che, si ricorda, è rilasciata a un soggetto già investito della funzione datoriale e dei relativi poteri ivi compreso quello di spesa, non vi è analogo riferimento. Mentre non sono delegabili da parte del datore di lavoro ai sensi del citato art. 16 gli obblighi che costituiscono l'essenza della funzione datoriale e della sua preminente posizione di garante, ovvero la valutazione del rischio, preordinata alla pianificazione e predisposizione delle misure necessarie, e la nomina del responsabile del servizio prevenzione e protezione, la delega gestoria permette che tali adempimenti vengano eseguiti dal delegato, mutando il contenuto del dovere prevenzionistico facente capo ai deleganti”.

 

2. Carenze Organizzative e Responsabilità del Consiglio di Amministrazione

La Suprema Corte ha confermato, sulla scia del giudizio di merito, che la responsabilità penale dei componenti del consiglio di amministrazione non deriva esclusivamente dalla loro posizione di vertice, ma dalle gravi carenze strutturali che hanno caratterizzato l’organizzazione aziendale di P.C. SpA. Il consiglio aveva infatti adottato una politica orientata alla produttività a scapito della sicurezza, determinando un controllo solo apparente sui prodotti prefabbricati e sulla loro sicurezza.

 

La Corte ha ritenuto che l’assenza di una procedura reale di controllo e l’affidamento della sicurezza dei lavoratori a pratiche fittizie evidenziavano una grave politica aziendale di trascuratezza. Questa gestione carente, formalmente giustificata, è stata considerata una causa diretta dell’infortunio.

In tal senso Cass. v, Sez. 4, n. 2157 del 23 novembre 2021, Baccalini ha confermato che la responsabilità degli amministratori permane per carenze di sistema, anche in presenza di deleghe, quando il sistema di sicurezza è inadeguato.

 

3. Obbligo di Vigilanza e Potere di Spesa

La Corte ha distinto  le due tipologie di delega per quanto riguarda il potere di spesa e l’obbligo di vigilanza.

 

3.1 Delega di Funzioni (art. 16 D.Lgs. 81/2008)

La Delega di Funzioni richiede un trasferimento effettivo del potere di spesa e un controllo costante da parte del datore di lavoro. Il delegante deve assicurarsi che il delegato sia competente e abbia risorse sufficienti per adempiere ai propri compiti.

 

3.2 Delega Gestoria (art. 2381 c.c.)

Sebbene la delega gestoria non preveda formalmente il trasferimento di poteri di spesa, mantiene comunque il dovere di controllo del C.d.A. sul complessivo andamento aziendale. Se emergono rischi significativi, i deleganti devono intervenire:  Cass. Pen., Sez. 4, n. 4968 del 6 dicembre 2013, Vascellari ha stabilito che, anche con deleghe gestorie, il consiglio di amministrazione mantiene la responsabilità di assicurare un adeguato flusso informativo e di adottare misure preventive in caso di criticità.

 

4. Nesso Causale e Politica Aziendale

La Corte ha affermato che l’incidente non può essere considerato come una “condotta abnorme” da parte di un singolo lavoratore (nel caso di specie, H.H., dipendente di P.C. che aveva modificato la lastra in fase di montaggio), ma piuttosto come il risultato di una politica aziendale negligente. La mancanza di una procedura strutturata di controllo era tale da rendere l’incidente una conseguenza prevedibile e diretta dell’operato del consiglio: “il controllo era difatti solo astrattamente previsto come bifasico, cioè da svolgersi sia prima che dopo la realizzazione dei PREFABBRICATI, ma preordinatamente omesso. I certificati dì conformità, come peraltro avvenuto nella specie, erano difatti abitualmente predisposti e controfirmati prima della produzione dei manufatti e successivamente apposti sugli stessi in assenza di alcuna effettiva verifica del prodotto, anche in ragione della sistematica violazione delle procedure di controllo, solo formalmente previste dal responsabile I.I., in forza della concreta organizzazione dell'attività lavorativa. Il vizio organizzativo è stato ritenuto tale da investire non solo la produzione dello specifico prefabbricato di fatto ribaltatosi ma l'intero processo produttivo, cosi da impedire, di fatto, il controllo demandato al caporeparto che, peraltro, per forza di cose, non avrebbe potuto coprire turni consecutivi di 16 ore, come invece avrebbe preteso il concreto formale assetto organizzativo. Proprio la totale carenza di procedimentalizzazione dell'attività produttiva, nei termini appena sintetizzati, sempre per quanto chiarito dal giudice di merito, ha nella specie fondato l'intervento di H.H., lavoratore dipendente di P.C., implicante la modifica delle lastre già costruite per PAV., accertato come causalmente collegato al ribaltamento. Trattasi di intervento consistente nell'inserimento di tasselli previa foratura con trapano del prefabbricato, per sopperire all'assenza delle previste e progettate boccole da inglobare in fase di fabbricazione.”

 

Tra le tante Cass. Pen., Sez. Un., n. 38343 del 24 aprile 2014, Espenhahn ha chiarito che il comportamento abnorme può interrompere il nesso causale solo quando è imprevedibile e non connesso alle mancanze strutturali dell’azienda. Quando invece il rischio è creato dall’organizzazione stessa, la responsabilità resta in capo ai vertici.

 

5. Obblighi Residui del Datore di Lavoro e del Consiglio di Amministrazione

La sentenza ha sottolineato che, anche con deleghe valide, permangono obblighi residui dei membri del C.d.A. che devono essere adempiuti con diligenza.

 

5.1 Controllo sull’adeguatezza dell’assetto aziendale

Tramite il flusso informativo periodico, il C.d.A. deve monitorare la sicurezza dell’organizzazione.

 

5.2 Intervento sostitutivo in caso di rischio

Qualora emergano criticità, i deleganti devono avocare a sé i poteri necessari per intervenire e sanare le carenze riscontrate.

 

Decisione

La Cassazione ha rigettato i ricorsi, confermando che, in presenza di carenze organizzative gravi e strutturali, la responsabilità dell’infortunio ricade sui vertici aziendali, a prescindere dall’esistenza di deleghe di funzioni e di deleghe gestorie.

 

Sono state ritenute “inconferenti le doglianze incentrate sull'essere il lavoratore infortunato alle dipendenze di altro datore di lavoro (PAV.) nel mentre operava nel relativo cantiere, trattandosi di cantiere ove era prevista e programmata l'operatività, ancorché in temi diversi, di più imprese, tra cui P. C. che avrebbe dovuto gestire anche lo specifico rischio di ribaltamento cui era esposto anche il citato M. (sul punto si veda, ex plurimis, sez. 4, n. 32899dell'08/01/2021, Castaldo, , nonché la successiva-Sez. 4, n. 31813 del 18/04/2023, Crispo)”.                                   

 

I giudici hanno riconosciuto che, nonostante la presenza di deleghe tra i membri del consiglio di amministrazione, la responsabilità per l’incidente non poteva essere circoscritta a singoli delegati, poiché le carenze riscontrate erano il risultato di una politica aziendale complessiva. L’organizzazione aziendale adottata dal consiglio di amministrazione, tesa a dare priorità alla produttività rispetto alla sicurezza, ha creato un sistema strutturalmente inadeguato e pericoloso. Tale politica ha giustificato l’imputazione di responsabilità penale a tutti i membri del C.d.A., che, pur con compiti differenti, hanno concorso alla formazione e al mantenimento di un ambiente di lavoro insicuro.

 

La sentenza sottolinea che se la sicurezza è sacrificata in favore del profitto per mancanza di adeguate procedure, anche con deleghe di funzioni o gestorie, la responsabilità penale resta in capo ai membri del C.d.A. Tale posizione è coerente con la giurisprudenza costante della Cassazione  che si è menzionata e che enfatizza l’importanza dell’effettività dei controlli e del mantenimento di adeguati standard di sicurezza.

 

Dalla ricostruzione processuale emerge che la società P.C. aveva adottato una politica aziendale orientata principalmente alla puntualità delle consegne, spesso a scapito della qualità del prodotto e della sicurezza dei lavoratori. Tale orientamento aziendale ha generato una prassi consolidata di trascuratezza nelle fasi di controllo e verifica, costringendo il personale a operare in condizioni non sicure per rispettare le scadenze. Gli operai, di fatto, seguivano un’organizzazione operativa che subordinava i protocolli di sicurezza alle esigenze produttive, limitandosi a pratiche di controllo meramente formali, come la redazione anticipata dei certificati di conformità, anche in assenza di una verifica concreta.

 

Il giudizio di responsabilità della Corte si è quindi basato su questa mancanza strutturale di procedimentalizzazione delle operazioni di sicurezza, imputando le carenze non a singoli operatori, ma ai vertici della società, considerati responsabili di aver tollerato e persino favorito una gestione lacunosa e superficiale della sicurezza sul lavoro.

 

 

Rolando Dubini, penalista Foro di Milano, cassazionista

 

 

NB: Per il dettaglio della pronuncia della Corte di Cassazione si rimanda al testo integrale della sentenza inserita in Banca Dati.

 

 

Scarica la sentenza di riferimento:

Corte di Cassazione - Sentenza n. 40682 del 06 novembre 2024 - Infortunio mortale durante il getto di calcestruzzo per l'esecuzione di una vasca di raccolta di acqua del torrente. Carenza di procedimentalizzazione dell'attività produttiva. Delega di funzione.

 



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