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La responsabilità del lavoratore per infortunio ad un altro lavoratore
E’ uno di quei casi quello preso in esame dalla Corte di Cassazione in questa sentenza in cui determinante è stato considerato il comportamento di un operatore di una macchina che, a seguito di un errore dallo stesso commesso e del mancato rispetto delle procedure e delle istruzioni previste per la sua utilizzazione, ha provocato l’infortunio di un lavoratore. Nel caso particolare la macchina era una betonpompa e l’errore dell’operatore era consistito nell’abbassare il braccio dell’attrezzatura che ha colpito l’infortunato venuto a trovarsi nel raggio di azione del braccio medesimo difformemente da quanto specificatamente previsto nel libretto di istruzione della macchina.
L’evento infortunistico, l’iter giudiziario e il ricorso in Cassazione
La Corte di Appello ha confermata la sentenza con la quale il Tribunale aveva condannato un lavoratore alla pena di nove mesi di reclusione in relazione al reato di omicidio colposo commesso ai danni di un altro lavoratore in violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. All'imputato era stata originariamente contestata la violazione dei tradizionali parametri della colpa generica e delle norme di colpa specifica espressamente richiamate nel capo d'imputazione, per effetto della quale, nell'esercizio della propria attività di autista della betonpompa, mentre era intento a una gettata di calcestruzzo, aveva comandato l'abbassamento del braccio dell’attrezzatura in presenza di persone nel raggio di azione di questo, in difformità da quanto previsto dal libretto di istruzioni del mezzo, venendo così a colpire violentemente alla testa il lavoratore infortunato cagionandone il decesso.
Avverso la sentenza della Corte di Appello l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso alla Corte di Cassazione sulla base di diverse motivazioni di impugnazione. Con un primo motivo, il ricorrente ha censurata la sentenza impugnata, avendo la corte territoriale ritenuto inattendibili le dichiarazioni a discarico di un testimone oculare, di cui era stata richiesta la tardiva escussione in appello, sulla base di una motivazione illogica e contraddittoria, con particolare riguardo alla circostanza relativa all'effettiva presenza del testimone stesso sul luogo dei fatti al momento del sinistro. Come atro motivo fondamentale il ricorrente ha censurata la sentenza impugnata per vizio di motivazione e violazione di legge, con particolare riguardo alla ricostruzione dello svolgimento dei fatti e del dinamismo causale che ebbe a condurre al decesso del lavoratore, con particolare riguardo alla valutazione della condotta della vittima, nella specie idonea a costituire di per sé sola una condizione sufficiente alla determinazione dell'evento lesivo oggetto della causa.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto infondato dalla Corte di Cassazione che lo ha pertanto rigettato. Per quanto riguarda la lamentela avanzata dal ricorrente con riguardo alla valutazione operata dalla corte territoriale circa l'inattendibilità del testimone, la suprema Corte ha considerata legittima la decisione assunta dai giudici d'appello avendo gli stessi spiegato in modo coerente e logicamente argomentato le ragioni per le quali fosse del tutto non credibile la circostanza della presenza dello stesso sul luogo del sinistro e quindi irrilevante la sua testimonianza. Al riguardo, la corte territoriale ha evidenziato come ben tre ufficiali di polizia giudiziaria intervenuti presso il cantiere subito dopo l'infortunio (sottoscrittori della comunicazione della notizia di reato) avessero dato atto che nessuno dei soggetti presenti sul luogo al momento dell'infortunio avesse confermato la contestuale presenza del teste, presenza del cui riscontro nessun accenno era emerso nel corso dell'interrogatorio reso dallo stesso imputato dopo l'avviso di conclusione delle indagini. Ciò posto, secondo la suprema Corte, nessuna violazione del principio che impone al giudice l'ammissione di prove decisive richieste dalle parti (ai sensi dell'art. 606, lett. d), c.p.p.) può essere ascritta alla scelte della corte territoriale, avendo quest'ultima analiticamente spiegato, in forza delle richiamate motivazioni, le ragioni della ritenuta radicale inattendibilità delle dichiarazioni del preteso testimone addotto dalla difesa.
Quanto alla ricostruzione del dinamismo causale che aveva condotto al decesso del lavoratore la Sez. IV ha rimarcato come la corte territoriale (sulla scia delle linee argomentative fatte proprie dal giudice di primo grado) “avesse del tutto correttamente escluso il rilievo causale del comportamento del lavoratore deceduto nella produzione dell'evento lesivo, evidenziando invece come l’imputato si fosse reso autore di gravissime violazioni delle norme cautelari riferite al governo del braccio della betonpompa dallo stesso azionato, con particolare riguardo al radicale rigoroso divieto di procedere all'azionamento di detto braccio in caso di presenza di lavoratori nel relativo raggio d'azione; violazioni espressive d'imprudenza tale da porsi, di per sé sola, quale fonte autonoma di gravissimi rischi come quello nella specie puntualmente concretizzatosi”.
Gerardo Porreca
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Rispondi Autore: Riccardo - likes: 0 | 03/08/2015 (11:37:16) |
e bisognava andare in cassazione?? art. 20 comma 2 lett. g) EASY |
Rispondi Autore: Sara - likes: 0 | 07/09/2015 (17:12:28) |
Interessante articolo, però pur nel completo rispetto di chi lo ha scritto non posso evitare di commentare il linguaggio ...capisco che in parte sia dovuto all'argomento, ma credo che articoli di questo genere dovrebbero essere maggiormente accessibili a tutti quindi redatti evitando il "legalese". |
Rispondi Autore: Michele - likes: 0 | 07/09/2015 (17:17:52) |
Concordo con Sara.. Ma pur sempre un ottimo sito di informazione. |