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Sull’autonoma posizione di responsabilità di DDL e coordinatore

 Sull’autonoma posizione di responsabilità di DDL e coordinatore
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Sentenze commentate

03/03/2014

Ciascuna figura interessata alla sicurezza sul lavoro risponde autonomamente della propria posizione di garanzia assegnatagli dalla legge indipendentemente dal comportamento non corretto delle altre figure che operano contestualmente. Di G.Porreca.

 
 
Commento a cura di G. Porreca.
 
Una sentenza questa della Corte di Cassazione che ben si inquadra in quel principio  più volte ribadito dalla stessa Corte in base al quale nella organizzazione della sicurezza sul lavoro in una azienda ciascuna delle figure interessate risponde autonomamente della posizione di garanzia alla stessa assegnata dalle disposizioni di legge  indipendentemente dal comportamento non corretto e non rispettoso dei propri obblighi delle altre figure che vengono a trovarsi ad operare contestualmente nello stesso ambiente. Nel caso particolare della sentenza in esame le due figure professionali sono il datore di lavoro dell’impresa esecutrice ed il coordinatore per la sicurezza nei cantieri temporanei o mobili ed in merito la suprema Corte si è espressa sostenendo che la concorrente responsabilità del coordinatore della sicurezza non fa appunto venir meno la colpa del datore di lavoro. La figura del coordinatore, infatti, ha ribadito la stessa Corte, non si sovrappone a quella degli altri soggetti responsabili nel campo della sicurezza ma ad esse si affianca per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia della incolumità dei lavoratori. Sul datore di lavoro gravano comunque gli obblighi di vigilanza nella fase operativa che certamente non vengono meno per effetto della nomina del coordinatore.
 

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Il fatto e il ricorso in Cassazione.
Il Tribunale ha dichiarato il socio accomandatario di una società, con delega per la sicurezza del lavoro, responsabile, in cooperazione con altro soggetto separatamente giudicato, del reato di lesioni colpose, con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni, ai danni di un lavoratore condannandolo, previa concessione delle attenuanti generiche, alla pena di mesi 2 di reclusione, con il beneficio della sospensione condizionale.
 
L’infortunio si era verificato nel corso dei lavori di ristrutturazione di un capannone in relazione ai quali la ditta appaltatrice aveva subappaltato alla ditta alle cui dipendenze lavorava il lavoratore infortunato la sostituzione dei vecchi pannelli prefabbricati posti a copertura dell'immobile. In particolare il giorno dell’accaduto, essendo stato già montato un primo pannello, l’infortunato vi saliva sopra, spostandosi dal ponteggio allestito sul perimetro esterno del capannone, mentre era in corso la movimentazione del secondo pannello agganciato alla gru, per guidarne la fase di appoggio allorquando il secondo pannello, che già si trovava a circa un metro e mezzo dagli appoggi definitivi, è collassato andando a sfondare il pannello già posto in opera, causando così la caduta del lavoratore che, precipitato da un'altezza di circa 6 metri nella parte interna del capannone, riportava gravi lesioni.
 
Il Tribunale ha ritenuto che la movimentazione dei pannelli non fosse avvenuta in condizioni di sicurezza. Secondo quanto emerso dall'istruttoria, infatti, questa non poteva essere garantita solamente dal ponteggio allestito sul perimetro del capannone, posto che l’infortunato, una volta salito in quota, non avrebbe potuto, rimanendo sul ponteggio (che arrivava ad un livello inferiore a quello del muro perimetrale dell'edificio), provvedere utilmente al disimpegno degli ancoranti di sollevamento e dirigere i movimenti della gru in vista del corretto posizionamento dei pannelli. Dovendosi pertanto necessariamente portare a livello dell'erigenda copertura, il rischio di una sua caduta verso il basso, secondo il Tribunale, avrebbe dovuto essere prevenuto mediante l'impiego di una imbracatura vincolata con gancio dorsale ad un cavo di tesata salvavita installato tra due punti fissi del fabbricato. La mancata adozione di tale dispositivo ha costituito secondo il primo giudice una violazione dell'art. 10 D.P.R. 7/1/1956 n. 164, di cui doveva rispondere, a titolo di colpa specifica, l'imputato, quale legale rappresentante della società con delega per la sicurezza.  Il Tribunale ha altresì escluso che la concorrente responsabilità del coordinatore della sicurezza per la progettazione ed esecuzione dei lavori di ristrutturazione del capannone potesse far venir meno la colpa del datore di lavoro, titolare della posizione di garanzia e diretto destinatario delle norme in materia di prevenzione infortuni.
 
La Corte d'Appello, rigettando le censure proposte dall’imputato ed in accoglimento delle richieste dallo stesso formulate relative al trattamento sanzionatorio, ha successivamente ridotta la pena inflitta rideterminandola in € 200 di multa confermando nel resto la sentenza impugnata.
 
Avverso la sentenza della Corte di Appello l’imputato, per mezzo del proprio difensore, ha proposto ricorso alla Cassazione sulla base di alcune motivazioni. Lo stesso ha posto innanzitutto in evidenza che diversamente da quanto indicato in sentenza, la condotta del lavoratore, improvvisa, non dovuta e imprevedibile, aveva assunto il carattere della abnormità tale da configurare evento idoneo a interrompere il nesso causale con la contestata omissione. Lo stesso ha individuato inoltre nella sentenza un vizio di motivazione per quanto riguarda la ripartizione delle competenze di sicurezza all'interno del cantiere sostenendo che il compito di sorvegliare sul rispetto delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro all’interno del cantiere spettava esclusivamente al coordinatore per la sicurezza e che quindi non si poteva a lui rimproverare di non aver provveduto a dotare i propri dipendenti di attrezzature e indumenti salvavita in quanto doveva essere il committente, su indicazione del coordinatore della sicurezza, a doverli fornire. La Corte di Appello, inoltre, secondo il ricorrente, in merito all’attribuzione della competenza di predisporre il piano di sicurezza e coordinamento era incorsa in contraddizione per aver dapprima riconosciuto tale competenza in capo al coordinatore incaricato dal committente affermando invece successivamente la sua responsabilità.
 
Le decisioni della Corte di Cassazione
Il ricorso è stato ritenuto dalla Corte di Cassazione manifestamente infondato. Con riferimento, in particolare, alla condotta del lavoratore, la Corte suprema ha giudicato corretta la decisione della Corte d'Appello la quale aveva richiamato il principio consolidato nella giurisprudenza della stessa Corte di Cassazione secondo il quale «il datore di lavoro, destinatario delle norme antinfortunistiche, è esonerato da responsabilità quando il comportamento del dipendente, rientrante nelle mansioni che gli sono proprie, sia abnorme, dovendo definirsi tale il comportamento imprudente del lavoratore che sia consistito in qualcosa radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro».
 
Secondo la Sez. IV, infatti, lo scavalcamento del ponteggio da parte dell'infortunato ed il suo spostamento sul pannello già collocato sul sito di destinazione, pur essendo stata una manovra sicuramente imprudente, tenuto anche conto della pregressa esperienza professionale del lavoratore stesso, comunque non era stata niente affatto abnorme od esorbitante dal procedimento lavorativo, essendo anzi pienamente funzionale allo scopo prioritario ed essenziale del procedimento in atto consistente nella corretta collocazione dei pannelli o lo sgancio degli stessi dalla gru.
 
Con riferimento poi all’aspetto del ricorso relativo alla responsabilità del coordinatore per la sicurezza del cantiere la Sez. IV ha messo in evidenza che altrettanto coerentemente la Corte di Appello aveva fatto osservare nella sentenza impugnata che “tale responsabilità concorre certamente con quella dell'imputato ma non può valere ad escluderla, gravando su quest'ultimo comunque, quale datore di lavoro del l'infortunato, obblighi di vigilanza e controllo nella fase operativa che certamente non vengono meno per effetto della nomina del suddetto coordinatore”. La sentenza impugnata è risultata, altresì, secondo la Sez. IV, pienamente conforme al principio giurisprudenziale secondo il quale “il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, oltre ai compiti che gli sono affidati dall'art. 5 D. Lgs. n. 494 del 1996, ha una autonoma funzione di alta vigilanza che riguarda la generale configurazione delle lavorazioni, e non anche il puntuale controllo, momento per momento, delle singole attività lavorative, che è demandato ad altre figure operative (datore di lavoro, dirigente, preposto”. Le figure del coordinatore per la progettazione ex art. 4 D. Lgs. n. 494 del 1996 e del coordinatore per l'esecuzione dei lavori, ex art. 5 stesso D. Lgs.”, ha comunque concluso la suprema Corte, “non si sovrappongono a quelle degli altri soggetti responsabili nel campo della sicurezza, ma ad esse si affiancano per realizzare, attraverso la valorizzazione di una figura unitaria con compiti di coordinamento e controllo, la massima garanzia dell'incolumità dei lavoratori”.
 
 




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Rispondi Autore: Raffaele Deli - likes: 0
03/03/2014 (07:05:59)
Buongiorno,
Tutto estremamente chiaro e sicuramente dalla descrizione dei fatti, non si intravede l'abnormità che interrompe il nesso di causalità tra la mancanza di adeguate misure (linea vita) e l'infortunio con lesioni gravissime.
Chiaro anche come l'obbligo di vigilanza in capo al ddl non toglie quest'ultimo dalla posizione di garanzia .
Tuttavia non comprendo il motivo (comunque marginale nel contesto ... È solo una mia curiosità ) per il quale un socio accomandatario già per se stesso e giuridicamente detentore degli obblighi giuridici riferiti alla tutela della salute e sicurezza di eventuali lavoratori della SAS , debba essere investito da delega ai sensi art.16.
Trovo la cosa priva di significato, ma forse mi perdo qualcosa.
Saluti e buon lavoro a tutti.
Rispondi Autore: Alessandro Lorenti - likes: 0
03/03/2014 (10:15:12)
Al di là della legittimità o meno della sentenza trovo veramente troppo limitativo e soggettivo individuare i comportamenti abnormi dei lavoratori caso per caso e soprattutto a seconda della persona chiamata a giudicare.
Praticamente si chiede al Datore di Lavoro di essere un veggente riguardo l'ambito lavorativo e onnipresente sul luogo di lavoro.
Rispondi Autore: Fabio Pianini - likes: 0
03/03/2014 (11:56:50)
Buongiorno, non sono un esperto di diritto societario e quindi potrei sbagliare, ma è possibile che la società avesse più soci accomandatari.
Credo che la "delega" se ben fatta, permetta, come in questo caso, di limitare le responsabilità "sugli aspetti di sicurezza" ad un solo socio. In mancanza di "delega" tutti i soci accomandatari, in funzione delle loro responsabilità, avrebbero dovuto rispondere del reato (quindi sanzioni moltiplicate per X soci).
Rispondi Autore: R.Deli - likes: 0
04/03/2014 (08:28:51)
Ciao Fabio,
è sicuramente come dici te, sicuramente eravamo in presenza di più soci accomandatari ed è stata deliberata una delega per gli obblighi di SSL ad uno solo.

In effetti non vi sarebbe altra spiegazione.

Ciao e grazie

R.Deli

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