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La protezione del patrimonio culturale in una prestigiosa istituzione

La protezione del patrimonio culturale in una prestigiosa istituzione
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Security

16/10/2023

La delicata situazione che si è manifestata nel British Museum con la sparizione di innumerevoli preziosi reperti. Le dimissioni di un curatore contribuiscono a rendere ancora più oscura la vicenda, sulla quale le pubbliche autorità stanno indagando.

Certamente i lettori hanno avuto già notizia della delicata situazione, che si è manifestata all’interno del British Museum, a Londra, quando è stata accertata la sparizione di innumerevoli preziosi reperti. Le dimissioni di un curatore hanno, semmai, contribuito a rendere ancora più oscura la vicenda, sulla quale adesso le pubbliche autorità stanno indagando.

 

Le notizie di stampa, ad oggi disponibili, non consentono di esprimere giudizi su quanto accaduto al British Museum, ma offrono invece l’opportunità di esporre alcuni aspetti organizzativi, presenti all’interno di molte istituzioni museali, legate alla tutela dei reperti.

 

Cominciamo ad analizzare il significato della parola “curatore”. È una parola che deriva dal latino e fa riferimento a una persona che si prende in carico qualche cosa. Negli ultimi tempi il significato di questa parola è però cambiato in maniera significativa, almeno all’interno degli istituti museali. Nel 2023, viene nominato un curatore per qualsiasi attività, che può andare dai festival musicali alla pubblicazione di articoli, riviste, cataloghi e simili. La parola ha davvero cambiato significato e, ad esempio, all’interno dell’aeroporto di Heathrow vi è un bar chiamato “the curator”.


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Nel Regno Unito, in particolare, le attività di questi curatori sono state soggette a elevate pressioni, conseguenze dei tagli apportati al bilancio riservato alla gestione delle attività culturali.

 

Oggi come oggi, vi sono sempre meno curatori impegnati all’interno di istituzioni museali, e in particolare al British Museum. Questo ridotto numero di curatori ha evidentemente un sempre più elevato carico di lavoro.

 

Ad esempio, un elemento che può aver contribuito a non mettere tempestivamente in evidenza la sparizione di reperti è legato al fatto che il catalogo generale da diverso tempo non viene aggiornato; fronte di questa considerazione, bisogna tener presente che i curatori dovrebbero aggiornare un catalogo composto da qualcosa come 8 milioni di oggetti e la digitalizzazione di questo catalogo rappresenta un impegno assolutamente straordinario, da parte delle persone e delle istituzioni coinvolte. Ovviamente nessuna di queste situazioni può costituire una scusa per i presunti furti dei beni museali, né per l’apparente “pigrizia”, con cui i dirigenti dell’istituzione hanno reagito alle prime informazioni, che giungevano a questo proposito.

 

D’altro canto, le responsabilità affidate al curatore permettono al curatore stesso di sviluppare attività illecite, con la scarsa probabilità di essere scoperta. Resta famoso il caso di un bibliotecario della biblioteca nazionale svedese, che ha rubato, nel corso degli anni, numerosi pregiati volumi dalla biblioteca stessa.

 

È ben vero che questo comportamento è assolutamente raro, ma è compito della dirigenza dell’istituzione culturale prenderne in considerazione la possibilità, seppur remota, mettendo a punto appropriate tecniche di prevenzione e mitigazione.

 

Anche la retribuzione dei curatori deve essere esaminata attentamente: si pensi che un curatore, specializzato nel periodo romano ed egiziano, riceve uno stipendio annuale di 32.000 £!

 

I quotidiani hanno dato ampio spazio alla notizia che un dirigente del museo, già cancelliere dello scacchiere, e ora un gestore di fondi, riceve uno stipendio multimilionario. Quando egli venne assunto presso una delle maggiori aziende di investimento del Regno Unito, il suo stipendio quotidiano era pari a 13.000 £ al giorno, vale a dire egli era in grado di guadagnare in tre giorni più di ciò, che un curatore del British Museum può guadagnare in un anno.

 

Poiché questo stesso soggetto era quello che aveva spinto per un taglio decisivo degli investimenti nei servizi pubblici e nelle organizzazioni culturali, ci si chiede se davvero tutte le colpe di quanto è accaduto al British Museum, quando verranno debitamente acclarate, siano da imputare alle sole persone coinvolte, e non alla struttura ed al contesto, in cui tali persone operavano.

 

Adalberto Biasiotti

 

 

 




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