La Protezione civile è in grado di fronteggiare attacchi CBRN?
Ricordo ai lettori che l’acronimo sopra menzionato corrisponde ad attacchi perpetrati con sostanze chimiche, batteriologiche, radiogene e nucleari. Negli ultimi tempi la gamma degli attacchi è stata ampliata, includendo anche gli attacchi con esplosivi.
La Unione Europea ha commissionato ad un istituto universitario uno studio approfondito sulle modalità con cui le strutture di Protezione civile, esistenti nei vari paesi, possono rispondere a attacchi, ma anche ad incidenti, connessi alle sostanze sopra illustrate.
La minaccia posta dagli attacchi terroristici, che utilizzano questi nuovi strumenti di attacco, è viva e reale per l’intera unione europea e anche per singoli Stati membri. Da ciò nasce l’importanza di creare, mantenere e utilizzare delle misure preventive e reattive, a tempi brevissimi, in caso si verifichino questi attacchi, come funzione vitale per la protezione dei cittadini europei e il mantenimento della pace e della sicurezza.
Questa analisi è stata sviluppata su richiesta della commissione speciale sul terrorismo del parlamento europeo-TERR, che sta attivandosi in maniera efficiente ed efficace per valutare come l’unione europea può fronteggiare queste situazioni.
Ricordo che in Europa esiste un meccanismo di protezione dell’unione-UCPM, che viene ritenuto il miglior strumento di gestione dell’emergenza. Purtroppo questo strumento opera solo a posteriori ed il livello di preparazione a fronteggiare attacchi terroristici di questo tipo ha bisogno di significativo miglioramento.
Le conclusioni di questo studio indicano che non solo questi scenari di attacco sono realistici, ma che la unione europea, almeno al momento, non riesce utilizzare in modo proattivo le strutture di Protezione civile esistenti.
Inoltre queste strutture sono assai diversificate, da paese a paese, e quindi livello di tempestiva risposta, in caso di emergenza che coinvolga più paesi, può essere assai differenziato.
Ecco la ragione per la quale occorre attivare al più presto un piano di formazione delle strutture di Protezione civile per trasformarle in organismi di prevenzione di questi attacchi, piuttosto che solo in strumenti di intervento a posteriori.
In particolare, praticamente nessuna struttura di Protezione civile in Europa dispone di un piano d’azione efficace contro questi particolari scenari di attacco terroristico. Il fatto che la struttura di Protezione civile sia sempre inquadrata come uno strumento di gestione delle crisi, invece che uno strumento di prevenzione, fa sì che queste strutture non siano quasi mai coinvolte in politiche di analisi e prevenzione del rischio, ma vengano coinvolte solo a posteriori.
Anche il livello di conoscenza di queste tipologie di attacchi, nelle strutture di Protezione civile, è decisamente limitato ed occorre pertanto avviare al più presto dei corsi di formazione per i dirigenti della protezione civile su questi temi specifici.
Occorre anche cominciare a studiare fin da adesso nuovi strumenti di attacco, che potrebbero ad esempio basarsi su un utilizzo terroristico dei droni. Questi strumenti sono facilmente acquistabili sul mercato e potrebbero, anche con un carico trasportabile assai modesto, dell’ordine di 1 kg, creare danni di enormi dimensioni, se ad esempio una sostanza radiogena venisse scaricata in mezzo ad una folla, presente in un grande evento.
Il documento, di cui raccomando caldamente l’attento studio, si chiude raccomandando che tutte le strutture Protezione civile europee si preparino a gestire questi attacchi, addestrando tutto il personale a fronteggiare e prevenire le conseguenze di questi attacchi, portati con strumenti avanzati e letali.
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Adalberto Biasiotti
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