Alcuni aggiornamenti sull’esplosione dei cercapersone
La proposta di vendita di questi apparati è stata fatta da una dirigente commerciale, che godeva della fiducia dei dirigenti di Hezbollah. Questa dirigente commerciale, una donna la cui identità non è stata rivelata, è stata per lungo tempo rappresentante in Medioriente dell’azienda di Taiwan, che produceva i cercapersone, contrassegnati dal marchio di fabbrica Apollo.
Questa dirigente commerciale aveva fondato una propria azienda di intermediazione commerciale e, nel 2023, ha offerto ad Hezbollah un attraente contratto per la fornitura di un particolare apparato, il modello AR 924. In particolare, la dirigente commerciale aveva sottolineato il fatto che il gran vantaggio di questo nuovo ricevitore stava nel fatto che la batteria poteva essere ricaricata ed aveva una dimensione maggiore, garantendo una più lunga autonomia. Questo aspetto era importante, nelle zone operative di Hezbollah, in quanto le batterie alcaline di tipo convenzionale, non ricaricabili, potevano essere difficili da reperire.
La produzione di questi apparati è stata affidata ad una azienda terza; questi apparati sono stati fabbricati in Israele, con la supervisione del Mossad, a completa insaputa della dirigente commerciale.
Approfondimento della normativa ISO 11064 e altre norme per la progettazione delle sale di controllo, a cura di di Adalberto Biasiotti. |
Questi cercapersone, di peso contenuto, avevano una caratteristica unica: all’interno del pacco batterie era nascosta una piccola quantità di potente esplosivo. Grazie ad una tecnica costruttiva particolarmente sofisticata, la componente esplosiva era così accuratamente nascosta all’interno della batteria, da risultare non individuabile, anche se il ricevitore fosse stato aperto. I responsabili israeliani di questo progetto hanno affermato che gli Hezbollah avevano smontato alcuni ricevitori e li avevano perfino analizzati ai raggi X, proprio per essere sicuri della loro integrità.
Parimenti non individuabile era il sistema di accesso remoto all’apparato, messo a punto dal Mossad. Un segnale elettronico, spedito dai servizi segreti, poteva far esplodere migliaia di dispositivi contemporaneamente. Inoltre, per garantire il massimo livello di danno fisico al possessore dell’apparato, l’invio del messaggio era preceduto da una allerta, che chiedeva di pigiare contemporaneamente due pulsanti, per garantire il massimo livello di protezione da intercettazioni abusive. È evidente che l’esplosione di un dispositivo, tenuto immediatamente davanti al volto, avrebbe creato danni fisici assai più gravi.
Gli esperti di sicurezza stanno adesso studiando come possa essere possibile evitare che possa ripetersi un evento similare, alla luce del fatto che la realizzazione di batterie, contenenti esplosivi, sembra assai più semplice di quanto si ritenesse in passato.
Parimenti, il fatto che sia possibile trasformare un oggetto di uso comune in una granata a frammentazione dovrebbe essere classificato, in tutto il mondo, come un crimine, perché sfiora i confini fra tecnologie di uso civile e tecnologie militari.
Se non si provvede con urgenza ad attuare questa disposizione, vi è rischio che si possa dichiarare legittima una tecnologia militare, che portare sulla linea del fronte di una qualsiasi battaglia ciò che si trova all’interno della tasca o della borsetta o dell’abitazione di qualunque cittadino.
Adalberto Biasiotti
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Rispondi Autore: raffaele scakese - likes: 0 | 25/11/2024 (09:18:23) |
Assolutamente d'accordo. Le azioni militari devono essere confinate fra i militari, difefrentemente si chiama terrorismo...e non ne abbiamo bisogno anche perchè (nostra esperienza italiana) "abbiamo già dato" e ne siamo usciti con tempo e fatica oltre che con tanto sangue versato |