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Informazione in rete: accetta la pubblicità o paga

Informazione in rete: accetta la pubblicità o paga
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Privacy

10/05/2024

Sempre più spesso i siti internet, per esempio i giornali quotidiani, impongono l’accettazione di messaggi pubblicitario o in alternativa l’obbligo di abbonamento, per consentire la lettura dei testi presenti. Fino a che punto è legittima questa pratica?

Certamente i lettori hanno cominciato a trovare, con frequenza crescente, questa proposta, che consente loro di accedere ai contenuti di molti siti, in particolare giornali quotidiani. In lingua inglese questa situazione viene chiamata “consent or pay”, vale a dire “o ci autorizzi ad inondarti di pubblicità, oppure devi pagare per accedere al sito”.

 

I difensori a oltranza della protezione dati personali chiamano questo approccio con un’espressione cruda, ma certamente efficace: il ricatto.

 

D’altro canto, è anche comprensibile che il gestore del sito desideri recuperare i suoi investimenti, in vario modo. Quello di esigere l’abbonamento al quotidiano, da cui le informazioni vengono estratte, rappresenta uno strumento decisamente efficace, anche se molti stanno avanzando dei dubbi su questo approccio. L’autorità garante britannica, in particolare, ha appena lanciato un questionario, indirizzato sia a gestori dei siti, sia ad utenti, per meglio capire sino a che punto questo approccio possa essere consentito, almeno nell’ambito di una libera espressione di consenso all’utilizzo dei propri dati personali.


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Tanto per cominciare, le evidenti disparità di potere tra il gestore del sito e l’utente fanno sì che il consenso espresso dal navigatore sia ben lungi dall’essere libero. A questo proposito, ricordo che la corte di Cassazione italiana negò che l’autorizzazione all’installazione di impianti di videosorveglianza, all’interno dell’agenzia bancaria, per la quale tutti i dipendenti avevano dato la propria approvazione, fosse una autorizzazione legittimamente conseguita. Il timore, infatti, era che i dipendenti avessero dato la propria approvazione, a fronte di possibili pressioni da parte del datore di lavoro.

 

Un problema che merita approfondimenti riguarda l’importo eventualmente da pagare. Ad esempio, molti quotidiani italiani consentono l’accesso alle proprie pagine solamente a chi autorizza l’invio di messaggi promozionali, condivisi con centinaia di altri titolari, oppure si abbona al quotidiano. Ci si domanda se il costo dell’abbonamento al quotidiano sia proporzionato al fatto che un utente potrebbe avere interesse ad esaminare le notizie sul giornale soltanto una volta ogni tanto, e non quotidianamente.

 

Si pone poi un altro problema legato al ritiro del consenso. Se l’utente decide ritirare il suo consenso, da quel momento in avanti il gestore del sito dovrebbe restituire i soldi dell’abbonamento per la parte non goduta. Al momento, almeno in Italia, alcun gestore del sito si guarda bene di affrontare questa situazione.

 

Questo è motivo per cui l’autorità garante britannica ha pensato bene di avviare una pubblica indagine su questo tema, i cui risultati saranno indubbiamente interessanti per tutte le autorità garanti dei paesi europei, in quanto, come accennato in precedenza, questo approccio, da parte di molti titolari, sta crescendo a vista d’occhio, per evidenti motivi, tutti certamente a favore del titolare del trattamento, molti meno a favore del povero navigatore da spennare!

 

Adalberto Biasiotti



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Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 1
10/05/2024 (08:06:32)
Io non vedo il problema: il giornale in edizione cartacea si paga e quindi è giusto pagare anche quello in forma digitale.
Se lo vuoi gratis, accetti la pubblicità etc.
Il mercato è libero: se mi piace, accetto; altrimenti, non lo accetto e fine del problema.
Sarebbe ora di considerare che non si può avere tutto gratis, le notizie come qualsiasi altro servizio: la Sanità, ad esempio, si paga con le tasse e quindi non è gratuita !
Rispondi Autore: Sandro Filippi - likes: 0
10/05/2024 (10:02:31)
Eugenio ha ragionissima.

Io trovo molto peggio invece la pratica del "cookie wall": o ti becchi questo migliaio di cookie e ti fai tracciare, o paghi, o non entri.
Questo è molto più subdolo che vedere due(cento) banner.

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