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Rischio vibrazioni: valutazione del rischio e prevenzione
Roma, 14 Lug – Secondo alcuni dati forniti dall’Agenzia europea per la salute la sicurezza sul lavoro ( EU-OSHA), nell’Unione Europea ben il 24% dei lavoratori è esposto a vibrazioni meccaniche. E, se rimaniamo nei nostri confini nazionali, il 21% dei lavoratori italiani è esposto al rischio di questo agente fisico.
Proprio alla luce di questi dati e per evitare le conseguenze sulla salute dei lavoratori dell’ esposizione a vibrazioni è dunque necessario attuare nei luoghi di lavoro un’analisi del rischio e, laddove necessario, adottare adeguate misure di prevenzione.
Per affrontare questi temi presentiamo un intervento ad un seminario tecnico dal titolo “Criteri e strumenti per l’individuazione e l’analisi dei rischi” - organizzato dall’ Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre - che si è tenuto a Roma lo scorso 23 Maggio. Un seminario che ha presentato le tematiche legate ai criteri ed agli strumenti utili alla valutazione dei rischi per i lavoratori, con riferimento alle problematiche dell’illuminazione, delle vibrazioni e delle radiazioni ottiche artificiali coerenti e incoerenti.
Nell’intervento “La valutazione del rischio Vibrazione ed i suoi aspetti applicativi”, a cura dell’Ing. Luigi Carlo Chiarenza, si ricorda innanzitutto che le vibrazioni sono “oscillazioni meccaniche di grande rapidità e piccola ampiezza, generate da onde di pressione che si trasmettono attraverso corpi solidi” e nel mondo lavorativo le vibrazioni vengono classificate in due tipologie:
- “vibrazioni trasmesse al corpo intero (Whole body vibration WBV): oscillazioni generalizzate, a bassa (fra 0 e 2 cicli/sec.) e media frequenza (fra 2 e 20 cicli/sec.);
- vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio (Hand-arm transmitted or segmental): oscillazioni localizzate, ad alta frequenza (oltre 20-30 cicli/sec)”.
E secondo la classificazioni delle vibrazioni in base alle frequenze (Wisner), possiamo avere frequenze:
- basse: ad esempio su mezzi di comunicazione come automobili e navi;
- medie: ad esempio con macchine, impianti industriali e mezzi di trasporto;
- alte: ad esempio con strumenti vibranti.
L’intervento, che vi invitiamo a leggere integralmente e che si sofferma anche sulle patologie da vibrazioni e sulla normativa, introduce il tema della valutazione del rischio.
Per la valutazione del rischio vibrazioni è necessario:
- “identificare le operazioni lavorative comportanti l’esposizione a vibrazioni;
- valutare i tempi di esposizione effettiva a vibrazioni associati a ciascuna operazione;
- individuare la tipologia dei macchinari che espongono a vibrazioni (fisse o mobili);
- identificare le condizioni operative che possono aumentare l’esposizione a vibrazioni e/o incrementarne i potenziali effetti dannosi quali la postura, la vetusta del macchinario, lo stato di manutenzione della macchina, altri fattori di rischio per la colonna vertebrale (es. MMC), ecc”.
Il relatore ricorda poi, con riferimento al D.Lgs. 81/2008, la possibilità di “giustificazione” contenuta nel comma 3 dell’art.181: ‘la valutazione dei rischi è riportata sul documento di valutazione di cui all’articolo 28, essa può includere una giustificazione del datore di lavoro secondo cui la natura e l’entità dei rischi non rendono necessaria una valutazione dei rischi più dettagliata’.
Sempre con riferimento al Testo Unico l’intervento indica che per la valutazione del rischio di esposizione alle vibrazioni meccaniche il decreto legislativo “obbliga il datore di lavoro ad eseguire misurazioni strumentali in proprio soltanto nei casi in cui non siano disponibili presso banche dati accreditate informazioni relative ai livelli di vibrazione”. E ricorda che una banca dati vibrazione è disponibile sul Portale Agenti Fisici.
In particolare la banca dati fornisce due tipologie di dati:
- “i valori di emissione dichiarati dal produttore ai sensi della Direttiva Macchine;
- i valori di vibrazione misurati in campo secondo specifici standard internazionali di misura”.
Il relatore segnala quando non usare i dati forniti dal costruttore ai fini della valutazione del rischio. Infatti non potranno essere utilizzati i dati forniti dal costruttore e le metodiche semplificate di stima del rischio descritte se:
- “il macchinario non è usato in maniera conforme a quanto indicato dal costruttore;
- il macchinario non è in buone condizioni di manutenzione;
- il macchinario è usato in condizioni operative particolari e differenti da quelle indicate dal costruttore in sede di certificazione;
- il macchinario non è uguale a quello indicato in banca dati (differente marca – modello)”.
Ed è “altamente sconsigliato utilizzare i dati misurati in campo riportati nella Banca Dati qualora:
- il macchinario non è usato nelle condizioni operative indicate nella scheda descrittiva delle condizioni di misura della Banca Dati;
- il macchinario non è in buone condizioni di manutenzione;
- il macchinario non è uguale a quello indicato in banca dati (differente marca – modello);
- nel caso di esposizione al corpo intero: differenti caratteristiche del fondo stradale, velocità di guida, tipologia di sedili montati possono incidere sui livelli di esposizione prodotti da macchinari – anche se dello stesso tipo”.
E, in generale, in tutti i casi in cui è ipotizzabile che l’impiego della Banca Dati “possa portare ad una sottostima del rischio – soprattutto in relazione alle misure di tutela da mettere in atto per i lavoratori - sarà necessario ricorrere a misurazione diretta dell’esposizione a vibrazione nelle effettive condizioni di impiego dei macchinari”.
Come effettuare le misurazioni?
Le misurazioni delle vibrazioni sono generalmente effettuate per mezzo di uno strumento chiamato accelerometro, “applicato all’impugnatura o al sedile della macchina utilizzata. Dalla lettura e dalla interpretazione della misurazione viene ottenuta l’accelerazione equivalente, valore medio che tiene conto delle variazioni di frequenza e di intensità delle vibrazioni durante il tempo di misura ritenuto rappresentativo della lavorazione. Da questa si calcola quindi il valore complessivo dell’accelerazione equivalente, relativo alle otto ore lavorative”.
Ricordiamo, per concludere, alcune possibili misure di prevenzione del rischio vibrazioni riportate dal relatore:
- misura di carattere tecnico rivolta allo strumento vibrante: “progettazione (peso maneggevolezza, frequenza e ampiezza delle vibrazioni, etc); manutenzione;
- misura di carattere organizzativo: organizzazione del lavoro; tempi di esposizione; turni lavorativi; luoghi di lavoro; dpi (guanti ammortizzanti);
- misura di carattere medico rivolta al lavoratore: visite di assunzione, visite periodiche (con limitazioni e prescrizioni), indagini strumentali”.
E, ai fini preventivi, si consiglia “l’astensione dal fumo di tabacco, la limitazione del consumo di alcool, il controllo del metabolismo lipidico e glucidico”.
“ La valutazione del rischio Vibrazione ed i suoi aspetti applicativi”, a cura dell’Ing. Luigi Carlo Chiarenza, intervento al seminario “Criteri e strumenti per l’individuazione e l’analisi dei rischi” (formato PDF, 4.98 MB).
Per avere altre informazioni sulle vibrazioni e sulle novità della normativa tecnica vi invitiamo a leggere gli altri articoli di PuntoSicuro sul rischio vibrazioni.
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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