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Nuove prospettive in materia di rischi psicosociali: la ISO 45003/21

Nuove prospettive in materia di rischi psicosociali: la ISO 45003/21
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio psicosociale e stress

15/09/2023

Perché la ISO 45003 del 2021 rappresenta un utile strumento per la gestione dei rischi psicosociali e la promozione del benessere in ambito organizzativo e come utilizzarla.

Come emerge dal documento " Rischi psicosociali nei luoghi di lavoro: quali obiettivi per le organizzazioni e quali prospettive d’intervento per la psicologia del lavoro", pubblicato dall'ordine degli psicologi del Lazio, a seguito delle trasformazioni dei processi produttivi e degli esiti della pandemia, il tema della valutazione e gestione dei rischi psicosociali, negli ambienti di lavoro, si va sempre più ponendo come elemento prioritario.

 

Appare quanto mai necessario intervenire con strumenti e metodi appropriati per le trasformazioni in atto. In tal senso, la ISO 45003 del 2021 rappresenta un utile strumento per la gestione dei rischi psicosociali e la promozione del benessere in ambito organizzativo. Va precisato che si tratta di una norma tecnica di volontaria applicazione e il suo utilizzo non sostituisce le normative vigenti in materia di SSL (Salute e Sicurezza sul Lavoro). Ciò comporta che ogni organizzazione che intende adottare tale norma al fine di pianificare, implementare, revisionare, valutare e migliorare il proprio sistema di gestione dei rischi psicosociali per la SSL deve aver già pienamente rispettato i dettami legislativi nazionali in materia.

 

Applicarla, però, permetterebbe al management di puntare ad una qualità maggiore degli interventi in ambito salute e sicurezza negli ambienti di lavoro.

Una piena comprensione della ISO 45003, tuttavia, non può prescindere dalla lettura e conoscenza delle altre ISO, con particolare riguardo alla ISO 45001 e la UNI EN ISO 10075.

La UNI ISO 45001, introdotta nel 2018, si concentra sull'interazione tra l'organizzazione e il suo ambiente aziendale, mentre l’OHSAS 18001 si concentra sulla gestione dei rischi per la SSL e altri problemi interni. L’UNI EN ISO 10075 riprende i temi generali della ISO 45001 e approfondisce, nelle sue tre articolazioni: il problema dello stress, dello strain e della fatica mentale.

 

Nel documento dal punto di vista puramente tecnico si definisce il rischio psicosociale come: la probabilità che si verifichi un'esposizione al rischio o ai rischi sul lavoro di natura psicosociale in combinazione con la gravità delle lesioni e dei problemi di salute che possono essere causati da tali rischi.

Mentre per benessere sul lavoro si indica: il soddisfacimento dei bisogni e delle aspettative fisiche, mentali, sociali e cognitive di un lavoratore in relazione al proprio lavoro.

È importante, per la gestione dei rischi psicosociali che l’organizzazione consideri i diversi aspetti del suo contesto organizzativo sia rispetto a problematiche interne (es. struttura organizzativa, ruoli, responsabilità) che esterne (appaltatori, fornitori), sia i bisogni e le aspettative dei lavoratori e di altre parti interessate, per cui si dovrebbe:

a) considerare gli ostacoli esterni ed interni che possono influenzare il raggiungimento dei risultati attesi dal sistema di gestione per la SSL;

b) comprendere i bisogni e le aspettative dei lavoratori e delle altre parti interessate rilevanti;

c) adeguare la progettazione delle attività di gestione del rischio psicosociale al contesto specifico del luogo di lavoro;

d) determinare in che modo la valutazione dei rischi psicosociali sarà utilizzata per elaborare piani d'azione efficaci.

 

Per una gestione efficace dei rischi psicosociali è essenziale una leadership che dimostri impegno verso i temi della salute psicologica e la partecipazione del management e dei lavoratori al miglioramento continuo. Al top management spetta di guidare il processo, mentre ai lavoratori di contribuire alla sua implementazione.

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La ISO 45003 riconosce la necessità di coinvolgere attivamente e continuativamente i lavoratori per mantenere un alto tasso di motivazione al fine di rendere l’azienda un luogo non solo inclusivo, ma anche attivamente promotore della salute psicologica.

L’organizzazione deve individuare i rischi e le opportunità e stabilire obiettivi e priorità nella messa in pratica di un piano di azione ossia di pianificare, in cui si dovrebbero indicare:

  • tutti i rischi, inclusi quelli psicosociali
  • le opportunità di miglioramento (compresa la promozione del benessere sul lavoro)
  • prevenzione infortuni e malattie
  • strategie per il rientro al lavoro dopo un periodo di malattia
  • le priorità delle azioni in base alla sua valutazione dei rischi psicosociali.

 

Sarebbe importante, inoltre:

  • sfruttare il processo di pianificazione per stabilire obiettivi d’impresa appropriati
  • determinare come raggiungere gli obiettivi per gestire i rischi psicosociali
  • dimostrare l’impegno al miglioramento continuo che – ove possibile – si spinga oltre il semplice rispetto dei requisiti di legge (D. Lgs. 81/2008).

 

Quando si progettano programmi di supporto riabilitazione e ritorno al lavoro, l'organizzazione dovrebbe tenere conto del fatto che i lavoratori possono avere un maggiore possibilità di essere esposti ai rischi psicosociali, come parte dei rischi connessi al processo di ritorno al lavoro. Ad esempio, i necessari adeguamenti delle attività che svolge il lavoratore che permettono il ritorno al lavoro possono comportare modifiche della mansione, delle relazioni e dell'interazione sociale, delle modalità di supervisione, della cultura del lavoro e del sistema di valori riferiti al lavoro e della percezione dei risultati.

Le difficoltà ulteriori incontrate dalle persone uscite dal periodo di malattia sono rappresentate anche da barriere culturali e psicologiche. Sebbene, infatti, i dati rivelino che, in circostanze ottimali, chi ritorna al lavoro dopo il tumore riesce a mantenere livelli di produttività e qualità del lavoro paragonabili a quelli precedenti la malattia, si aggira il timore diffuso che il survivor non sia più in grado di aderire agli standard lavorativi richiesti. Quando si afferma tale pregiudizio, si potrebbero manifestare atteggiamenti escludenti e/o eccessivamente protettivi, che nel tempo potrebbero tradursi nell’adozione di misure volte al demansionamento, oppure a una riduzione di responsabilità e

autonomia del lavoratore.

 

Esempi di misure da adottare per la riabilitazione e il ritorno sono:

  • parlare con il lavoratore interessato per comprendere e pianificare ragionevoli adeguamenti della mansione al fine di facilitare il rientro al lavoro;
  • fornire informazioni e accesso sul debriefing riservato, le valutazioni pertinenti, i servizi di counseling, i servizi di mediazione dei conflitti;
  • fornire informazioni e accesso ai servizi di medicina del lavoro, sia interni che esterni all'organizzazione;
  • garantire ai lavoratori con ruoli dirigenziali un sufficiente grado di controllo, nel gestire l'esposizione ai rischi psicosociali;
  • illustrare gli attributi legali applicabili nel corso del processo di rientro al lavoro;
  • monitorare regolarmente i programmi di riabilitazione e reinserimento lavorativo per stabilire se vi siano rischi nuovi, non identificati in precedenza, o se siano necessarie modifiche al programma di ritorno al lavoro.

 

Il concetto chiave di tutto il processo è la “flessibilità” nelle modalità e nei tempi: una funzionale gestione dell’interazione tra vita privata e vita lavorativa, infatti, può essere raggiunta facilitando l’accesso alle garanzie previste dalle normative vigenti.

 

Dati i numerosi fattori che possono determinare la natura e la gravità degli esiti dei rischi psicosociali, le organizzazioni rivestono un ruolo significativo nell'eliminazione dei rischi o nella loro riduzione al minimo. Per l'organizzazione, l'impatto dei rischi psicosociali comprende l'aumento dei costi dovuti all'assenza dal lavoro, il turnover, la riduzione della qualità dei prodotti o servizi, l'assunzione e la formazione, le indagini sul posto di lavoro e le controversie, nonché il danno alla reputazione dell'organizzazione.

 

Una gestione efficace del rischio psicosociale può portare a vantaggi come un maggiore coinvolgimento dei lavoratori, una maggiore produttività, una maggiore innovazione e sostenibilità organizzativa.

Il principio più volte sancito è che sia l'organizzazione che i lavoratori hanno la responsabilità condivisa nel mantenere e migliorare la salute, la sicurezza e il benessere sul lavoro.

Si delinea in questo modo un’impostazione molto trasparente, attenta alla dimensione umana e psicologica delle persone. L’impegno oltre ad essere orientato a fronteggiare i più classici rischi psicosociali, è rivolto ad approfondire i vissuti soggettivi dei lavoratori, individuando una serie di situazioni potenziali che presentano rischi per la salute mentale di chi lavora.

 

Per garantire la salute, la sicurezza e il benessere sul lavoro e gestire il rischio psicosociale, l'organizzazione dovrebbe in caso di emergenza (es. calamità naturali, malattie infettive emergenti, suicidio di un collega, incidenti, crisi, terrore, minacce, rapine, licenziamenti):

  • riconoscere che un’ampia gamma di situazioni di emergenza può avere un impatto sulla salute psicologica, la sicurezza e il benessere;
  • prepararsi per l'inclusione di cure adeguate nella risposta pianificata alle situazioni di emergenza stabilire le priorità nel rispondere alle esigenze dei lavoratori e delle altre parti interessate;
  • utilizzare lavoratori competenti, servizi di emergenza o altri specialisti appropriati per rispondere alla situazione di emergenza e richiedere ulteriore consulenza e supporto, se necessario.

 

 

L'articolo è tratto da:

Ordine degli psicologi del Lazio -    Rischi psicosociali nei luoghi di lavoro: quali obiettivi per le organizzazioni e quali prospettive d’intervento per la psicologia del lavoro - Isabella Corradini, Shalom Addari, Franco Amore, Elisa Corsa, Luigia Cusano, Roberto Domanico, Sara Giorgi, Roberto Ibba, Gaetana Pennacchio, Giulia Tunzi. (pdf) 





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