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La demotivazione sul luogo di lavoro

La demotivazione sul luogo di lavoro

Quali sono le motivazioni che potrebbero persistere, spesso anche in modo silente, alla base della demotivazione sul lavoro? Le cause e le conseguenze di questo problema.

In quanti possono davvero affermare di amare veramente il proprio lavoro? Le statistiche attuali sono tutt’altro che rassicuranti: studi recenti infatti evidenziano che il 50% dei lavoratori nel mondo non amano per nulla il proprio lavoro, più dell’70% dei lavoratori si definiscono stressati dall’ambiente del proprio ufficio di appartenenza e solamente quasi il 30% si sente, “coinvolto e ispirato dalla propria carriera”, citando gli esperti.

 

Gli ostacoli maggiori per i manager, i “leader” ed in generale tutti gli imprenditori deriva dal fatto che circa il 20% dei lavoratori si sentono completamente “disconnessi”, ovvero odiano ogni minuto che passa del loro tempo trascorso al lavoro.

 

Quello che tutti però sottovalutano (o spesso non percepiscono) è che questa totale mancanza di soddisfazione e motivazione ha un costo nascosto elevatissimo, se tradotto in termini di abbassamento della produttività.

 

Quali potrebbero essere quindi le cause di tali dinamiche? Se partiamo dal presupposto che il primo fattore da prendere in esame sia il clima interno aziendale, proviamo a considerare questa lista di motivazioni che potrebbero persistere, spesso anche in modo silente, alla base della demotivazione sul lavoro.

 

Il “Micromanagement” o l’eccesso di controllo

Spesso i supervisori ritenuti severi dai lavoratori possono agire con le migliori intenzioni, e con lo scopo di ottenere un lavoro perfetto, ma non si rendono conto che le ripercussioni sui lavoratori possono essere molteplici, ed il più delle volte tutt’altro che positive. Questa modalità di supervisione tende ad assorbire totalmente, anche senza volerlo, l’energia del lavoratore, causando uno stato di quasi totale apatia al lavoro. I lavoratori, quindi, possono scegliere di restare in azienda e cercare di resistere passivamente, o addirittura decidere di dimettersi per ottenere una maggiore autonomia. In sintesi, questi lavoratori non danno un taglio netto con il proprio lavoro, ma con i propri manager.

 

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La mancanza di progressi

Anche se spesso siamo portati a credere il contrario, la sensazione di un lavoratore di percepire uno stipendio “per non fare nulla” non è assolutamente positiva, anzi, perché se da un lato può sembrare ovvio che le persone lavorino per guadagnare il proprio salario, molti studi mostrano che gli stessi desideri che il loro lavoro “conti qualcosa” o che possa in qualche modo fare la differenza. Se all’interno di un’organizzazione non esistono regole condivise, o quando qualsiasi iniziativa o proposta di miglioramento o di cambiamento da parte di un lavoratore non viene per nulla presa in considerazione, quest’ultimo sarà portato a perdere ogni motivazione o passione che aveva all’inizio del suo impiego. Tutte le persone, anche senza rendersene conto, amano sentirsi efficaci più che indaffarati.  Prima le organizzazioni diventeranno consapevoli che tantissime regole possono essere inutili o non necessarie per la propria azienda (ad esempio orari d’ufficio eccessivamente rigidi, l’utilizzo di internet, la gestione dei turni o, quando possibile, dei periodi di ferie, etc.), prima i lavoratori inizieranno a sentieri efficienti, piuttosto che controllati o “spiati”, non necessariamente dai propri superiori, ma soprattutto da colleghi dello stesso grado o livello.

 

L’insicurezza lavorativa

Immaginiamoci di trovarci a bordo di una barca che sta affondando, e di prepararci al “salto nel vuoto” per provare a sopravvivere: i lavoratori che lavorano presso contesti instabili o ritenuti “sacrificabili”, investono, dal punto di vista cognitivo e dell’energia, il minino necessario per ottenere lo stipendio, e nel frattempo si guardano intorno per cercare di cambiare lavoro, e di conseguenza stile di vita. Spesso, purtroppo, l’energia che rimane viene spesa a “spettegolare” con i propri colleghi di altri colleghi o dei superiori, aggiornare il proprio curriculum (sia cartaceo sia a livello di profili online sui siti di aziende di reclutamento) e a programmare il loro prossimo spostamento. Anche il migliore dei leader, si troverà in estrema difficolta nell’utilizzare il proprio talento durante periodi del genere, tutt’altro che semplici da gestire. La strategia migliore da applicare è sicuramente provare ad incrementare il più possibile il processo di comunicazione verticale e orizzontale, cercando di trasmettere a tutta la squadra un senso di fiducia e, soprattutto, lealtà. Non è semplice convincere le persone a restare presso un’organizzazione se la loro intenzione è quella di andarsene, né tantomeno si può obbligare qualcuno a farlo, ma sicuramente si può incoraggiare la trasparenza da parte di tutti (dai vertici ai ruoli di livello minore) in modo da provare a prevenire brutte sorprese.

 

La mancanza di fiducia nella leadership aziendale

Non si può certamente imporre ai lavoratori di “amare alla follia i propri leader”, ma parallelamente nessuno è giustificato a ritenerli incompetenti a priori. Quando si perde la fiducia nelle figure identificate a guidare l’azienda, anche la fedeltà inizia a mancare, e i lavoratori smettono in automatico di seguirli ed ascoltarli incondizionatamente, rischiando inoltre di diventare sovversivi.

 

La mancanza di conseguenze per le scarse performance

Quando si lavora, è normale desiderare di venire e riconosciuti per i propri contributi, sotto diversi aspetti. Se ciò non accade o, addirittura i lavoratori che svolgono un lavoro percepito come “mediocre” ottengono lo stesso trattamento di chi lavora al massimo, è una reazione naturale quella di “spegnersi” e lavorare sotto “pilota automatico”. Le organizzazioni che non prendono seriamente considerazione le problematiche legate alle prestazioni dei lavoratori, generano inevitabilmente un abbassamento del livello di prestazione media totale.

 

Scarsa qualità della comunicazione

Come direbbero gli esperti, “non attribuire mai alla cospirazione ciò che può essere spiegato con l’incompetenza”. In assenza di informazioni chiare, precise e soprattutto coerenti con l’organizzazione, i pettegolezzi a tutti i livelli hanno campo libero. I lavoratori arrivano a sentirsi confusi e frustrati, e mancando la possibilità di interagire e comunicare con i propri leader per chiarire dubbi o discutere delle loro necessità, la situazione non può far altro che peggiorare. La necessità di investire troppo tempo nella ricerca delle informazioni necessarie per svolgere il proprio lavoro, si rivela estenuante e molto demoralizzante. Una chiara comunicazione interna invece, non soltanto rende l’ambiente lavorativo più efficiente, ma ha un effetto ancora maggiore sull’umore dei lavoratori e sul loro senso di fiducia reciproca.

 

I colleghi spiacevoli

L’esperienza insegna che, anche se spesso il lavoro che viene svolto da un lavoratore non è ben remunerato o particolarmente stimolante, può essere comunque piacevole per l’ambiente che si crea, soprattutto se i rapporti tra colleghi sono buoni. Il rapporto buono tra colleghi non deve per forza essere tradotto come una grande amicizia tra gli stessi, che avrebbe comunque vantaggi e svantaggi (si può essere degli ottimi colleghi, che a livello lavorativo hanno una sinergia e una coordinazione incredibile, senza che vengano condivisa tra loro vari aspetti della vita privata di entrambi). In generale, comunque, anche un lavoro ben retribuito con possibilità di crescita professionale, inserito all’interno di un gruppo di colleghi pronti a “pugnalarti alle spalle”, è un risultato garantito per lo stress e la demoralizzazione totale, che si traduce inevitabilmente ad un calo drastico delle singole prestazioni. Citando una famosa frase di Gallup, “l’amicizia in ambito lavorativo aumenta la soddisfazione dei dipendenti del 50% e le persone che hanno un buon amico al lavoro hanno una probabilità sette volte maggiore di impegnarsi appieno nel loro lavoro”. Come già anticipato, non è necessario avere amici intimi al lavoro, ma è di fondamentale importanza essere in condizione di rilassarsi con i colleghi e godere a pieno della loro compagnia.

 

La noia

Soprattutto i lavoratori di fascia d’età giovane, si sono distinti nel ricercare impieghi che siano soddisfacenti e fonte di ispirazione: dalle statistiche accolte dall’Huffington Post, il 55% dei lavoratori delle Generazioni “X e Y” credono che trovare un lavoro che riesca a soddisfarli a livello personale, sia tra le occasioni migliori a prescindere dallo stipendio mensile, ma non sono gli unici. Da un recente sondaggio del Social Network LinkedIn, infatti, emerge un desiderio di soddisfazione sempre più crescente tra i vari gruppi di età e aree geografiche. Questa ricerca evidenzia come gli over 65 siano i più entusiasti del proprio impiego, dimostrando che la maggior parte dei lavoratori desidera “trovare ispirazione”, indipendentemente dalla carriera che loro si prospetta.


Massimo Servadio

Psicoterapeuta e Psicologo del Lavoro e delle Organizzazioni





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