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Il biossido di silicio e il rischio di silicosi nel mondo del lavoro

Il biossido di silicio e il rischio di silicosi nel mondo del lavoro
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio cancerogeno, mutageno

28/07/2020

Un intervento si sofferma sulle vecchie e nuove esposizioni professionali al biossido di silicio. La silice libera cristallina, le attività a maggior rischio, l’edilizia abitativa, i ritardi, le carenze e le criticità nella prevenzione.

 

Civitanova Marche, 28 Lug – La silicosi, un'affezione dei polmoni, è stata negli anni una delle malattie professionali più gravose sia in termini di costi sociali che di costi economici.

E il rischio correlato all’esposizione a silice nel mondo del lavoro è ancora ben presente tanto si può ancora dire, come indicato da Brian Coope in “A Socio-Economic Review of Crystalline Silica Usage” (1997): "If man wishes to live in silica free environment he must move to another planet" (se l’uomo vuole vivere in un ambiente senza silice, deve trasferirsi in un altro pianeta).

 

A ricordarlo e a fornire diverse informazioni sulla silicosi e sull’ esposizione a silice nel mondo del lavoro è un intervento che si è tenuto al workshop “CANC – TUM 2020”, un incontro sui rischi cancerogeni nel mondo del lavoro e sui tumori che ad essi conseguono organizzato da Asur Marche n.3 (Civitanova Marche Alta, 19 febbraio 2020).

 

Questi gli argomenti trattati nell’articolo:

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Quanti lavoratori sono oggi a rischio di SiO2

Nell’intervento “Vecchie e nuove esposizioni professionali a SiO2”, a cura di Fulvio Cavariani, si ricorda non solo il contesto della silicosi nel passato, ma anche il contesto odierno. Quanti lavoratori sono oggi a rischio di SiO2

L’intervento indica che sono milioni i lavoratori esposti a questo rischio nel mondo sviluppato. Ad esempio:

  • “Europa: 2 milioni
  • Stati Uniti: 2 milioni
  • Giappone: 0,5 milioni
  • Cina: oltre 25 milioni
  • India: 11,5 milioni
  • Africa ? (in tutti i siti estrattivi di minerali)”.

 

Si ricorda poi che in Italia:

  • “tra il 2000 ed il 2015, 6.317 lavoratori sono morti per silicosi, su un numero stimato di 280.000 esposti a SLC;
  • 1.372 persone hanno avuto ricoveri ospedalieri per questa patologia;
  • 1.432 ricevono una rendita pensionistiche per malattia dovuta alla SLC;
  • i lavoratori colpiti con più frequenza dalla silicosi risultano essere i minatori, i ceramisti, i muratori e i marmisti”.

 

Riprendiamo dalle slide un grafico e alcuni dati relativi alle rendite e ai casi di morte:

 

 

La silice libera cristallina e le attività a maggior rischio

L’intervento si sofferma poi sulla silice che è tra le “componenti più abbondanti della crosta terrestre”.

 

In particolare con il termine di silice libera “ci si riferisce a fasi cristalline ed amorfe del biossido di silicio (SiO2), non combinato con altri elementi chimici (silicati)” e il termine silice libera cristallina (SLC) “è proprio della medicina del lavoro e dell’igiene industriale” ed “è usato per individuare una serie di minerali che la contengono, responsabili dell’insorgenza della silicosi”. 

 

Il documento ricorda poi quando le polveri contenenti silice rappresentano un fattore di rischio rilevante e riporta diverse indicazioni e immagini relative a diverse attività in cui è possibile riscontrare questo rischio.

Ad esempio:

  • Estrazione di minerali in miniera 
  • Trasporto e macinazione rocce
  • Ceramica
  • Scavi in superficie
  • Costruzioni stradali
  • Taglio pietre
  • Pulizia superfici di edifici
  • Sabbiatura
  • Riparazione strade.

 

Si parla poi del rischio silice nella edilizia abitativa: “in Italia le aziende con posizione assicurativa Inail per la copertura del rischio silicosi, erano circa 22.000, di queste 9.000 (40%) appartengono al comparto costruzioni”. E sono molti i materiali da costruzione che possono avere SiO2: tritato di sabbia abrasiva (o silice polverulenta), mattoni, mattoni refrattari, intonaci, calcestruzzo, blocchi di calcestruzzo, cemento di malta, granito, polveri delle arenarie, quarzite, ardesia, depositi minerari, roccia e pietra, sabbia, …

 

L’intervento si sofferma poi sul rischio silice in varie altre attività e ambiti lavorativi:

  • agricoltura 
  • TAV (Tratta Alta Velocità) 
  • orafi 
  • cementifici 
  • Cantieri navali
  • fonderie
  • vetrerie
  • ceramiche artistiche
  • piastrellifici e colorifici ceramici
  • cotto, laterizi e terracotte.

Si ricordano poi le “nuove” esposizioni: odontotecnici, ricostruzione e applicazione unghie finte, produzione materassi, ….

 

I ritardi, le carenze e le criticità nella prevenzione

L’intervento si sofferma poi sulla normativa – con particolare riferimento al DPR n° 1124, 30 giugno 1965 – e ricorda che in Italia si hanno più di 400 decessi all’anno (fonte Istat) e circa 100 nuovi casi ogni anno (fonte Inail).

 

Si sottolinea poi che la silice libera cristallina (SLC) “continua a rappresentare un rilevante problema di sanità pubblica in diversi settori produttivi italiani” e si segnalano i ritardi e carenze in questi anni:

  • “Carenze nel misurare sistematicamente il rischio nei diversi settori produttivi interessati e nell’informare/formare i lavoratori ed i datori di lavoro su tale pericolo.
  • Scarso sviluppo di strutture tecniche specializzate nella valutazione del rischio.
  • Mancanza di valori limite di riferimento per la SLC e di sistematici controlli nei luoghi di lavoro.
  • Scarsa qualità della sorveglianza sanitaria.
  • Assenza della registrazione delle esposizioni”. 

 

Queste, dunque, le principali criticità:

  • “Mancanza di Valori Limite di Esposizione professionale nazionali per le diverse forme di SLC
  • Assenza di orientamenti di legge su conformità dei sistemi di campionamento per le polveri
  • Mancanza di raccomandazioni sulle tecniche analitiche per la determinazione della SLC in aria e sui materiali in massa
  • Inesistenza di programmi di controllo di qualità delle prestazioni dei laboratori e nella strategia di campionamento”. 

 

Il documento segnala poi il “NEPSI agreement” (Accordo tra rappresentanti dell’industria e dei sindacati promosso dalla U.E. nel 2006) e ricorda che nel 1997 la IARC (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro) “ha classificato la silice e la cristobalite come cancerogene per l’uomo (gruppo 1) nell’ambito di esposizioni professionali in alcuni particolari settori lavorativi”. Un gruppo di lavoro IARC nel 2009 “ha confermato gli effetti cancerogeni sull’uomo in tutte le attività industriali studiate e che sono pertanto attribuibili a particolari caratteristiche della SLC”. 

 

Rimandando alla lettura integrale dell’intervento che riporta molte altre informazioni e diverse immagini riprendiamo alcune delle considerazioni conclusive.

 

Si ricorda, ad esempio che la silice libera cristallina “è diffusa in molte attività ed è possibile una esposizione elevata senza una adeguata informazione”.

Inoltre le schede di dati di sicurezza (SDS - Safety Data Sheet) e le etichette dei materiali “spesso non riportano la presenza di SLC” e si assiste a “stime espositive non corrette nei DVR” e a valori limite diversi nelle schede di sicurezza.

 

 

RTM

 

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Vecchie e nuove esposizioni professionali a SiO2”, a cura di Fulvio Cavariani, intervento al workshop “CANC – TUM 2020” (formato PDF, 15.83 MB).

 


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Rispondi Autore: Lorenzo - likes: 0
28/09/2021 (16:50:23)
Come si può permettere l'utilizzo della Silice negli integratori che le persone assumono per stare meglio e che invece con esso corrono il rischio serio del cancro!

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