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Edilizia: la prevenzione dell’esposizione a silice libera cristallina

Edilizia: la prevenzione dell’esposizione a silice libera cristallina
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Edilizia

05/09/2018

L’esposizione a silice libera cristallina nel settore delle costruzioni, la classificazione della pericolosità e la gestione del rischio professionale. Focus sugli effetti sulla salute e sulle misure di prevenzione e protezione.

 
Bologna, 5 Set – Nel settore delle costruzioni la possibilità di esposizione a Silice Libera Cristallina (SLC) è presente in “tutte quelle operazioni che prevedono azioni meccaniche, quali triturazione, macinazione, frantumazione su rocce (ardesie, porfidi e graniti) e materiali (intonaci, malte, calcestruzzi, graniti, quarziti, sabbia, mattoni refrattari, cementi, asfalti contenenti roccia o pietrisco) che la contengono”. E particolarmente pericolose “risultano le operazioni di: preparazione di malte cementizie e calcestruzzi, sabbiatura delle facciate di edifici, demolizioni, utilizzo di strumenti vibranti su calce e calcestruzzo, operazioni di taglio, perforazione, abrasione e pulizia a secco”. Ed anche nei cantieri di scavo in galleria “l’esposizione è diffusa e spesso non è oggetto di adeguata valutazione del rischio associato”.
 

A ricordare la diffusione dell’esposizione a silice libera cristallina nel comparto edile è un intervento al convegno bolognese “REACH_EDILIZIA - L'applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nell'ambiente da costruire e nell’ambiente costruito” (Ambiente Lavoro, 20 ottobre 2016). Un intervento che analizza i criteri di classificazione della pericolosità della SLC, il quadro normativo di riferimento, la dimensione dell’esposizione e fornisce anche informazioni sui metodi per la valutazione della esposizione professionale e sulle misure di prevenzione e protezione codificate.

 

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La pericolosità della silice cristallina respirabile

L’intervento “La silice cristallina respirabile: la classificazione della pericolosità e la gestione del rischio professionale”, a cura di Emma Incocciati (Contarp Direzione Generale INAIL Roma), Ludovica Malaguti Aliberti e Maria Alessandrelli (Centro nazionale Sostanze Chimiche - Istituto Superiore di Sanità), si sofferma innanzitutto sulla pericolosità della silice libera cristallina.

 

Si indica che numerosi studi condotti sulla SLC respirabile “hanno accertato gli effetti che essa ha sulla salute umana in soggetti esposti, manifestandosi nel quadro patologico tipico della silicosi. Negli studi epidemiologici e tossicologici sugli effetti della SLC, l’interesse si è concentrato sulla frazione respirabile delle polveri in riferimento ad esposizioni ripetute”.

E gli studi hanno anche “identificato le esposizioni professionali croniche a polveri respirabili come cause di un effetto potenziale sulla salute ed enfatizzato il ruolo della frazione respirabile anche nello studio di endpoint quali le malattie polmonari ostruttive croniche e le patologie autoimmuni”.

 

Si segnala poi che la valutazione degli effetti sulla salute umana dell’esposizione a silice cristallina ha subito nel tempo “una evoluzione in corrispondenza del progredire delle conoscenze scientifiche.  Ricerche condotte anche a livello nazionale hanno successivamente indicato che i soggetti che hanno già sviluppato un quadro polmonare di silicosi sono più a rischio di tumore polmonare mentre l’evidenza di un effetto cancerogeno diretto della silice, senza silicosi, è stata ed è tuttora controversa. Tale evidenza è infatti, ancora oggi, oggetto di ampio dibattito tra i vari Organismi scientifici, come pure in ambito politico e sociale”.

 

L’intervento si sofferma poi sulle classificazioni degli organismi internazionali e ricorda anche che non è ancora ben definita la relazione generale dose-risposta per i lavoratori esposti a silice, “nonostante siano state studiate le caratteristiche chimico-fisiche e di patogenicità di polveri prelevate negli ambienti di lavoro allo scopo di spiegare la discrepanza riscontrata tra i  livelli espositivi e gli effetti avversi registrati ai danni della salute dei lavoratori”. E anche il gruppo di lavoro IARC (Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro), nella elaborazione del giudizio conclusivo sulla pericolosità della SC, “ha sottolineato che la cancerogenicità non è stata rilevata in tutti i settori industriali indagati ma che, al contrario, può dipendere dalle caratteristiche intrinseche della sostanza o da fattori esterni che hanno effetti sulla sua attività biologica o sulla distribuzione dei suoi polimorfi”.

La patogenicità della silice risulta, dunque, “estremamente variabile ed è connessa alle caratteristiche chimico-fisiche e morfologiche della polvere, a loro volta determinate dall’origine della polvere stessa, dalle modalità lavorative e dalla presenza di contaminanti”.

 

Le stime dei lavoratori esposti

Dopo aver accennato alla normativa in materia di salute e sicurezza - con particolare riferimento all’ambito europeo (Direttiva 98/24/CE relativa agli agenti chimici e Direttiva 2004/37/CE relativa ad agenti cancerogeni e mutageni) e nazionale (D.Lgs.81/2008 e s.m.i.) – l’intervento si sofferma sulla stima della platea degli esposti in Europa e in Italia.

 

Alcune stime fanno riferimento a 5.300.000 lavoratori professionalmente esposti a SC respirabile nella UE: il 70% di questi (3.710.000) siano impiegati nel settore delle costruzioni.

 

Numero di lavoratori esposti a silice negli Stati membri dell’UE

 

Le misure di prevenzione e protezione per la SLC

Rimandando alla lettura integrale dell’intervento, che si sofferma anche sul monitoraggio ambientale dell’esposizione professionale a silice, riprendiamo alcune brevi indicazioni sugli approcci e i materiali relativi alle misure di prevenzione e protezione.

 

Si segnala, ad esempio, che in riferimento alla messa a punto di misure per la tutela della salute dal rischio di esposizione a silice, “di particolare interesse è l’approccio metodologico seguito dall’OSHA” (Occupational Safety and Health Administration).

Un documento del 2016 affronta le ricadute, “tanto in termini tecnologici quanto a livello economico, dell’adozione di un nuovo PEL” (Permissible Exposure Limit) “fissato nella misura di 50 mg/m3 come media pesata su un periodo di otto ore di lavoro (TWA - Time Weighted Average). Il documento fornisce indicazioni utili alla protezione dei lavoratori tra cui i requisiti per la valutazione dell’esposizione, i metodi per controllarla, le protezioni respiratorie, la sorveglianza sanitaria, la comunicazione del pericolo e la conservazione della documentazione”.

 

In particolare OSHA “detta due distinti standard: uno dedicato all’industria in generale e al settore marittimo e il secondo specifico per il settore delle costruzioni per tener conto delle peculiarità tipiche di quest’ultimo comparto”. E per la definizione del nuovo limite l’Agenzia ha raccolto “dati di esposizione professionale (livelli di SLC da campionamenti personali di polveri respirabili) provenienti da centinaia di fonti informative accreditate in modo da poter ricostruire i profili espositivi del settore delle costruzioni”. E i dati vengono raccolti ed elaborati “tenendo conto degli eventuali sistemi di controllo approntati” che consistono, in buona sostanza, “in sistemi di abbattimento della polverosità tramite utilizzo di acqua ed in sistemi di aspirazione locale integrati in attrezzature manuali ed equipaggiamenti più pesanti. A ciò si aggiungono banchi e cabine ventilati e sistemi di abbattimento ad acqua di polvere fuggitiva generata da operazioni di frantumazione”.

 

L’intervento riporta altre indicazioni e riflessioni di OSHA sull’adottabilità del nuovo PEL e si sofferma poi sull’attività del NIS (Network Italiano della Silice).

 

Si ricorda che il NIS ha prodotto alcuni anni fa una serie di “indicazioni sulle misure di prevenzione e protezione per il contenimento delle esposizioni a polveri silicotigene nel settore delle costruzioni con particolare riferimento all’edilizia abitativa”. Infatti nella costruzione e ristrutturazione di edifici abitativi “sono frequenti operazioni di taglio, perforazione, abrasione e pulizia a secco cui si associano i più alti livelli di esposizione a SLC”.

E si indica che anche il documento del NIS “conclude che la fonte di pericolo più rilevante nel settore è costituita dai materiali da costruzione contenenti SLC (mattoni, mattoni refrattari, piastrelle, tritato di sabbia abrasiva, calcestruzzo, cemento di malta, roccia e pietre varie, sabbia ecc.) e che le fasi lavorative dell’edilizia abitativa associate ai maggiori livelli di esposizione riguardano: costruzione, demolizione, restauro o manutenzione (rifacimento di facciate o di ambienti confinati), escavazione/movimentazione terra, realizzazione delle fondamenta di opere edili, demolizioni”.

 

Nella scelta delle misure di prevenzione e protezione da adottare va tuttavia osservato un ordine di priorità: “l’opzione più privilegiata, ove perseguibile, è la sostituzione dei materiali pericolosi con altri che non lo sono o lo sono meno, almeno nelle fasi di costruzione, restauro o manutenzione e la scelta di attrezzature e modalità di lavoro in grado di garantire il contenimento del rischio alla fonte”. Ed in subordine (con riferimento ordine di priorità dettato dal D.Lgs. 81/2008) “potranno essere adottati o rafforzati i sistemi di controllo impiantistico e quelli organizzativi e procedurali delle attività di lavoro. Quale estrema opzione si può ricorrere all’impiego di dispositivi di protezione individuale”.

 

   

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Regione Emilia Romagna, Inail, Ausl Modena, “REACH. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nei luoghi di vita e di lavoro”, pubblicazione che raccoglie gli atti dei due convegni “REACH  2016. TU2016, REACH e CLP. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP e le novità nella gestione del rischio chimico nei luoghi di vita e di lavoro” e “REACH edilizia. L’applicazione dei Regolamenti REACH e CLP nell’ambiente da costruire e nell’ambiente costruito” (formato PDF, 13.34 MB).

 

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ I regolamenti REACH e CLP e i luoghi di lavoro”.



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Rispondi Autore: Pamela Pachner - likes: 0
05/09/2018 (09:20:54)
Buongiorno, potreste verificare la correttezza del valore di 50 g/mc per il TLV che avete indicato nella seguente frase: "Un documento del 2016 affronta le ricadute, “tanto in termini tecnologici quanto a livello economico, dell’adozione di un nuovo PEL” (Permissible Exposure Limit) “fissato nella misura di 50 mg/m3 come media pesata su un periodo di otto ore di lavoro (TWA - Time Weighted Average). "

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