Radioprotezione: come progettare un sito di medicina nucleare
Roma, 27 Feb – L’uso sempre maggiore di radionuclidi in ambito sanitario e nella pratica medica comporta oggi “la concretizzazione di scenari di rischio complessi” e con l’entrata in vigore del d.lgs. 101/2020 si è arrivati alla necessita di avere indicazioni operative aggiornate, in materia di salute e sicurezza in ambito lavorativo, “definendo una serie di rinnovati suggerimenti utili alla definizione di una strategia radioprotezionistica che risulti adatta alla gestione - in sicurezza - delle pratiche di medicina nucleare”.
A ricordarlo e a fornire queste indicazioni è il documento “ Progettazione di ambienti dedicati alla manipolazione di sorgenti non sigillate e alla produzione di radiofarmaci”, realizzato dal Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale (DIMEILA) dell’ Inail e a cura di Maria Antonietta D’Avanzo, Massimo Mattozzi e Francesco Campanella (Inail – Dimeila), Gian Marco Contessa e Sandro Sandri (Enea), Stefano Adamo De Crescenzo (Istituto europeo di oncologia), Luca Indovina (Fondazione Policlinico universitario A. Gemelli IRCCS) e Gian Luca Poli (ASST Papa Giovanni XXIII).
Il documento, che, come indica il sottotitolo, raccoglie “Indicazioni operative aggiornate e integrate per la conformità al d.lgs. 101/2020”, riporta una serie di consigli e proposte che si auspicano di “consentire alle strutture sanitarie ed alla comunità radioprotezionistica di perseguire uno standard di sicurezza che risulti del tutto ossequioso di quanto disposto dalla normativa vigente, ed in particolare dal d.lgs. 101/2020”.
Dopo aver già presentato la struttura del documento Inail, ci soffermiamo oggi, sempre con riferimento al contenuto delle indicazioni operative, sulla progettazione di un sito di medicina nucleare:
- Progettazione di un sito di medicina nucleare: indicazioni sul grado di rischio
- Progettazione di un sito di medicina nucleare: la disposizione dei locali
- Progettazione di un sito di medicina nucleare: zone calde, zone fredde e zone filtro
Progettazione di un sito di medicina nucleare: indicazioni sul grado di rischio
Il documento indica che in fase di progettazione di un’Unità operativa (UO) di medicina nucleare (MN) le misure di radioprotezione da adottare “dipendono in maniera sostanziale dai radioisotopi manipolati, dall’attività detenuta e impiegata e dalle modalità d’utilizzo”.
Si segnala poi che la “pubblicazione 57 dell’International Commission on Radiological Protection ( Icrp) classifica il grado di rischio in base all’attività pesata, definita come la massima attività che può essere istantaneamente presente in un’area di lavoro (Amax) pesata per due fattori f1 e f2 che dipendono rispettivamente dall’isotopo impiegato” e “dal tipo di operazione che si intende svolgere”.
Riprendiamo dal documento due tabelle, una relativa ai fattori di peso in funzione del tipo di radionuclidi e una relativa ai fattori di peso in funzione del tipo di operazioni svolte:
Il documento ricorda che gli isotopi impiegati in terapia radiometabolica non riportati nella Tabella 1 (ne sono riportati alcuni esempi nel documento) sono “considerati appartenenti alla classe più pericolosa, nello specifico alla classe A, a meno che evidenze scientifiche più aggiornate o valutazioni radioprotezionistiche specifiche, come ad esempio la metodica indicata dal testo di Delacroix et al. [Radionuclide and Radiation Protection Data Handbook, 2002], non permettano di collocarle in classi diverse”.
La pubblicazione Inail, che riporta altri dettagli su questi aspetti, pubblica anche alcune tabelle relative alla classificazione del rischio e ai requisiti in funzione del rischio.
Progettazione di un sito di medicina nucleare: la disposizione dei locali
Si indica poi che lo studio della disposizione dei locali è “fondamentale al fine di confinare opportunamente i luoghi di lavoro all’interno dei quali sono manipolate sostanze radioattive e prevenire la dispersione indebita della contaminazione ambientale e il rischio di contaminazione interna”.
In un’Unità operativa (UO) di medicina nucleare (MN) “devono essere gestiti diversi flussi di materiale radioattivo in ingresso, in uscita e all’interno della stessa.
In ingresso:
- radiofarmaci provenienti dall’esterno dell’UO, generalmente consegnati all’interno di contenitori da trasporto schermati impiegati dal vettore autorizzato, eventualmente consegnati attraverso un passa-preparati o un montacarichi;
- rifiuti provenienti da altri reparti di norma trasportati in contenitori per rifiuti ospedalieri, gestiti in un deposito afferente all’UO di MN e smaltibili solo dopo un periodo che ne consenta il decadimento al di sotto dei limiti autorizzati.
In uscita:
- trasporto di radiofarmaci per l’uso in altri reparti o in altre strutture;
- smaltimento di rifiuti radioattivi.
All’interno:
- movimentazione del materiale radioattivo (radiofarmaci, sorgenti sigillate, rifiuti, ecc.)”.
E chiaramente nella progettazione dell’Unità “bisogna tenere conto della necessità di gestire separatamente dai pazienti e dalle persone del pubblico questi flussi di materiale radioattivo, evitando sovrapposizioni non appropriate: è auspicabile prevedere, soprattutto per le nuove installazioni, un ingresso dedicato, che consenta al personale dell’UO di accettare (verificando bolla, ordine, ecc. e integrità del collo) e immagazzinare il materiale radioattivo ottimizzando i percorsi e valutando, ove possibile, la predisposizione di un montacarichi o di un passa-preparati”. Ed è preferibile “prevedere la movimentazione dei materiali radioattivi, compresi i rifiuti, secondo procedure ottimizzate in relazione alla realtà locale e definite in collaborazione con l’esperto di radioprotezione (ERP), al fine di garantire la minima esposizione possibile del personale e della popolazione (percorsi brevi in zone e orari a bassa frequentazione)”.
Si indica, quindi, che per la corretta gestione delle attività all’interno di un’UO di MN sarà necessario “identificare tre diversi tipi di zone in base alla categoria di rischio: zona fredda, zona calda e zona filtro”. E per evitare che lavoratori o persone del pubblico “possano entrare accidentalmente in contatto con sostanze radioattive è necessario predisporre i locali in modo tale che le zone fredde siano distinte e separate dalle zone calde, le quali devono essere delimitate da barriere fisiche fisse, adeguatamente segnalate e ad accesso regolamentato, prevedendo specifiche aree di controllo della contaminazione”.
Progettazione di un sito di medicina nucleare: zone calde, zone fredde e zone filtro
Si segnala che la zona fredda, “non suscettibile di contaminazione, è rappresentata dall’insieme delle aree nelle quali è svolto il lavoro amministrativo, ed eventualmente di refertazione, e sostano i pazienti in attesa di essere chiamati per la somministrazione del radiofarmaco, detti pazienti freddi. In tale zona sono generalmente previsti almeno:
- uffici amministrativi, per l’avvio dei pazienti al percorso diagnostico/terapeutico (accettazione), per il successivo congedo al termine del percorso medesimo e per ulteriori eventuali necessità;
- attesa fredda;
- studi medici secondo necessità;
- spogliatoi del personale”.
La zona calda comprende, invece, “i locali nei quali è presente il rischio di irradiazione e contaminazione, ossia quelle aree all’interno delle quali sono svolte attività comportanti l’impiego di sostanze radioattive:
- locale per la preparazione e conservazione dei radiofarmaci da somministrare;
- locale per il controllo di qualità dei radiofarmaci;
- locale/i per la somministrazione del radiofarmaco al paziente;
- locali di degenza per terapia medico nucleare;
- almeno una sala d’attesa calda, dove sostano i pazienti a cui è stato somministrato il radiofarmaco (pazienti interni/esterni, diagnostica convenzionale/PET, adulti/pediatrici, ecc.);
- una sala d’attesa calda per pazienti barellati o, nel caso, un’area delimitata da barriere fisse o mobili all’interno della sala d’attesa calda per pazienti deambulanti;
- sale diagnostiche, dotate di un’area comandi;
- servizi igienici caldi appositamente adibiti per i pazienti trattati con radiofarmaci, di cui almeno uno dotato di sanitari dedicati per pazienti disabili;
- deposito temporaneo per lo stoccaggio dei rifiuti radioattivi solidi; a seconda del carico di lavoro, della tipologia di sostanze radioattive impiegate e della volumetria dei rifiuti solidi prodotti, il deposito temporaneo può essere collocato anche in un’area limitrofa all’UO di MN;
- area deposito delle attrezzature per la pulizia o di altri utensili che non devono essere impiegati al di fuori della zona calda;
- locale vasche di decadimento reflui radioattivi;
- in presenza di ciclotrone, eventuali locali asserviti”.
Inoltre una zona filtro deve essere “prevista prima dell’accesso alle zone a rischio di contaminazione. Tale zona deve essere dotata di monitor mani-piedi-vesti e lavello per una immediata decontaminazione delle mani in uscita dalle aree con rischio di contaminazione radioattiva” (il documento riserva un capitolo alle dotazioni di questa zona).
Si indica poi che le zone calde, identificate da apposita segnaletica, “devono trovarsi tutte all’interno di un’area perimetralmente confinata con barriere fisiche fisse ad accesso regolamentato, prevedendo aree di controllo della contaminazione all’interno delle apposite zone filtro. Le modalità di accesso ai locali, la loro destinazione d’uso e i percorsi riservati ai lavoratori e ai pazienti devono, inoltre, rispettare alcune caratteristiche necessarie al confinamento del rischio di contaminazione”.
In definitiva nella progettazione di un’UO di MN è necessario “tenere presente tre requisiti fondamentali:
- requisiti strutturali: definizione di un layout adeguato, progettazione delle schermature e definizione dei percorsi del personale e dei pazienti;
- requisiti tecnologici: requisiti specifici di impianti e finiture;
- requisiti organizzativi: pianificazione delle attività e del personale attraverso la definizione di procedure e istruzioni di lavoro”.
Infine, nella progettazione dei locali e della relativa dotazione impiantistica, “è utile ottimizzare le scelte anche pensando a quelle che saranno, a posteriori, le modalità di gestione, sia in fase ordinaria, sia durante le fasi correlate alle operazioni di manutenzione o eventuale sostituzione di grandi apparecchiature, secondo i seguenti criteri:
- accessibilità per tubazioni e canali (soffitti dei corridoi o cavedi), da contrassegnare per essere facilmente distinguibili da quelli non dedicati al trasporto di materiale radioattivo;
- necessità di sistemi facilmente removibili di occultamento dei cablaggi;
- previsione del soddisfacimento delle necessità connesse alla manutenzione o alla sostituzione di singole parti o di intere macchine complesse e di grandi dimensioni;
- adeguatezza delle dimensioni della sala anche in relazione allo svolgimento agevole delle operazioni di manutenzione”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del documento Inail che riporta molti altri dettagli e si sofferma in particolare anche sulla radioprotezione in relazione a:
- diagnostica PET (Positron Emission Tomography)
- produzione di radiofarmaci con ciclotrone
- terapia medico-nucleare
- diagnostica medico-nucleare convenzionale.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
Inail, Dipartimento di medicina, epidemiologia, igiene del lavoro e ambientale, “ Progettazione di ambienti dedicati alla manipolazione di sorgenti non sigillate e alla produzione di radiofarmaci”, Indicazioni operative aggiornate e integrate per la conformità al d.lgs. 101/2020, a cura di Maria Antonietta D’Avanzo, Massimo Mattozzi e Francesco Campanella (Inail – Dimeila), Gian Marco Contessa e Sandro Sandri (Enea), Stefano Adamo De Crescenzo (Istituto europeo di oncologia), Luca Indovina (Fondazione Policlinico universitario A. Gemelli IRCCS) e Gian Luca Poli (ASST Papa Giovanni XXIII), Collana Salute e Sicurezza, edizione 2022 (formato PDF, 1.97 MB).
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