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Laboratori: come prevenire l’esposizione alle radiazioni

Laboratori: come prevenire l’esposizione alle radiazioni
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischio chimico

01/09/2014

Un documento dell’Università di Genova sulla sicurezza nei laboratori si sofferma sul tema delle radiazioni. Le radiazioni ionizzanti e non ionizzanti, la protezione radiologica, la decontaminazione e la riduzione dei livelli di intensità di campo.

Genova, 1 Sett – Il termine “radiazione” è usato spesso in modo molto generico per descrivere fenomeni diversi tra loro che hanno in comune il trasporto di energia nello spazio: ad esempio l'emissione di luce di una lampadina, di calore di una fiamma o di particelle da una sorgente radioattiva.
 
Per fare luce sulle radiazioni, con particolare riferimento ai rischi nelle attività di laboratorio, possiamo riprendere la presentazione di un documento pubblicato dall’ Università degli Studi di Genova dal titolo “ Linee guida per la sicurezza nei laboratori”.
Un documento curato dal Dott. Mauro Michetti che, malgrado abbia riferimenti normativi non ancora aggiornati al D.Lgs. 81/2008, può esserci utile per comprendere il fenomeno delle radiazioni e le possibili misure di prevenzione.
 
Quando si parla a livello lavorativo delle radiazioni, spesso si fa riferimento all’esposizione a radiazioni ionizzanti e non ionizzanti.
 
In particolare l'azione lesiva delle particelle ionizzanti sull'organismo “è una diretta conseguenza dei processi fisici di eccitazione e ionizzazione degli atomi e delle molecole dei tessuti biologici dovuti agli urti delle particelle quando hanno energia sufficiente per produrre questi processi. A seconda che la ionizzazione del mezzo irradiato avvenga per via diretta o indiretta si usa distinguere tra radiazioni direttamente ionizzanti e radiazioni indirettamente ionizzanti”. I rischi connessi con l’uso delle radiazioni ionizzanti “derivano dalla loro interazione con la materia. I meccanismi di interazione sono diversi a seconda del tipo di radiazione, della sua energia e delle caratteristiche del materiale attraversato, ne segue pertanto una diversa capacità di penetrazione dei vari tipi di radiazioni nei vari materiali”.
 
Ad esempio si ricorda che le particelle alfa, i raggi alfa, che “si caratterizzano per la produzione di un’elevata densità di ionizzazione”, hanno un basso potere di penetrazione.
Tuttavia si ricorda che i “materiali isolanti come la plastiche, quando sono colpiti da radiazioni densamente ionizzanti come le particelle alfa, diventano nel tempo fragili e polverulenti (danno da radiazioni nei materiali). Questo problema è da tenere presente, ad esempio, nelle sorgenti alfa emittenti da laboratorio, che devono essere periodicamente sostituite, a causa del danneggiamento subito dal sottile strato di plastica con il quale vengono sigillate”.
 
Il documento, che si sofferma anche sul potere di penetrazione delle particelle beta, degli elettroni, delle radiazioni X e gamma – indica che riguardo alle radiazioni ionizzanti i “provvedimenti da adottare per ridurre l'esposizione e quindi le dosi ricevute sono piuttosto semplici e consistono nello:
- schermare la sorgente;
- aumentare la distanza tra sorgente e persona esposta;
- diminuire il tempo di esposizione”.
 Ad esse si devono poi aggiungere “appropriate procedure di igiene del lavoro (uso di indumenti protettivi, barriere di contenimento, ecc.) che rendano di fatto del tutto improbabile l'introduzione della contaminazione nell'organismo umano”.
Si sottolinea, tuttavia, che “nessuna esposizione alle radiazioni ionizzanti, per quanto modesta, si può considerata completamente sicura”.
 

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Si raccomanda pertanto un “sistema di protezione radiologica basato su tre fondamentali prìncipi:
- giustificazione della pratica;
- ottimizzazione della protezione;
- limitazione delle dosi individuali”.
 
Il documento segnala poi che le “norme interne di radioprotezione” sono “lo strumento per mezzo del quale vengono disciplinate le attività radiologiche intorno a ciascun impianto o sorgente di radiazioni. In esse vengono in particolare specificate le regole da seguire per l'accesso e la permanenza nelle zone classificate ovvero per la manipolazione e l'utilizzo delle sorgenti radioattive”.
Sono riportati due esempi di norme interne, rispettivamente per un laboratorio dove si utilizzino isotopi in forma non sigillata e per un laboratorio dove si usino apparecchiature a raggi X (diffrattometri o cristallografi).
 
Queste sono alcune delle norme di sicurezza per l'uso dei generatori di raggi X, riportate dal documento:
- la zona controllata è contenuta all'interno degli schermi;
- se gli schermi non vengono rimossi, l'uso degli strumenti non comporta rischio di esposizione apprezzabile;
- il montaggio dei campioni deve avvenire con i raggi spenti o con le finestre chiuse. Dopo ogni modifica controllare le tenute degli schermi;
- l'operatore deve assicurarsi che la luce rossa sulla porta sia accesa prima di dare tensione agli apparecchi ed ai tubi radiogeni;
- durante l'esecuzione delle misure ogni pannello di protezione dell'apparecchio deve rimanere in posizione;
- durante l'esecuzione delle misure è consentito l'accesso di visitatori nel locale solo con l'autorizzazione dei responsabili.
 
Le linee guida si soffermano poi sulle modalità di decontaminazione.
 
Infatti nel caso di versamento di materiale radioattivo “è necessario, in generale:
- limitare l’introduzione nel corpo dei contaminanti radioattivi per inalazione, ingestione o contatto;
- limitare l’estendersi della zona contaminata, circoscrivendola adeguatamente;
- rimuovere la contaminazione”.
A questo proposito sono presentate indicazioni relative a:
- decontaminazione della persona;
- decontaminazione delle mani;
- decontaminazione di altre parti del corpo;
- decontaminazione delle ferite;
- decontaminazione delle mucose visibili;
- assorbimento digestivo;
- vie respiratorie;
- contaminazione dell'ambiente.
 
Il documento si sofferma poi sull’estesa varietà delle radiazioni non ionizzanti che riguardano gran parte delle spettro elettromagnetico. Ad esempio: “campi elettrici e magnetici statici; radiazione elettromagnetica come radiofrequenze (onde radio 300 Hz ÷300 MHz; microonde 300MHz ÷ 300 GHz); radiazione ottica (infrarosso; ottica; ultravioletto; laser; ultrasuoni)”.
 
Riguardo ad esempio a radiofrequenze e microonde si indica che i livelli di intensità di campo nelle zone di stazionamento degli operatori “dipendono da: potenza del generatore, caratteristica degli elettrodi, grado di schermatura, distanza dalla sorgente emettente in funzione della frequenza”. E i mezzi per ridurre l’intensità del campo “variano in funzione della banda di frequenza, delle caratteristica dell’apparecchiatura e della modalità di utilizzo. La riduzione del rischio è possibile mediante: attenuazione dell’intensità dei campi, riduzione dei tempi di esposizione, aumento della distanza delle postazioni di lavoro dalla sorgente emittente in funzione della frequenza, eliminazione delle esposizioni di persone non addette all’attività specifica”.
Nei laboratori le misure di protezione possono essere attive o passive:
- quelle attive agiscono direttamente sul campo elettromagnetico in modo da ridurlo entro i limiti di sicurezza (ad esempio con schermature e l’utilizzo di dispositivi di protezione);
- quelle passive riguardano il comportamento dell’operatore (si può limitare l’accesso “alle zone interessate da campi intensi, riducendo il tempo di esposizione e allontanando le postazioni di lavoro e i comandi dell’apparecchio dalla zone di campo intenso”).
 
Ricordiamo che il documento, che vi invitiamo a leggere, si sofferma anche su rischi e prevenzione nei laboratori con riferimento specifico a campi magnetici statici, radiazioni UV, ultrasuoni e sistemi laser.
 
Concludiamo l’articolo segnalando infine che è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea del 17 gennaio 2014 la  Direttiva 2013/59/Euratom del 5 dicembre 2013 "che stabilisce norme fondamentali di sicurezza relative alla protezione contro i pericoli derivanti dall’esposizione alle radiazioni ionizzanti, e che abroga le direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 96/29/Euratom, 97/43/Euratom e 2003/122/Euratom". La direttiva - dovrà essere recepita dagli Stati Membri entro il 6 febbraio 2018 - si applica a qualsiasi situazione di esposizione pianificata, esistente o di emergenza che comporti un rischio di esposizione a radiazioni ionizzanti che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione in relazione all’ambiente, in vista della protezione della salute umana nel lungo termine.
 
 
 
 
Università degli Studi di Genova, “ Linee guida per la sicurezza nei laboratori”, a cura del Dott. Mauro Michetti, Rev. Dicembre 2012 (formato PDF, 417 kB).
 
 
RTM
 
 
 



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