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Radiazioni ionizzanti: estrazione e lavorazione di minerali, gas e petroli

Radiazioni ionizzanti: estrazione e lavorazione di minerali, gas e petroli
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Rischi fisici

04/04/2017

Le radiazioni ionizzanti nelle attività di estrazione e lavorazione di minerali, gas e petroli.  Focus sulle miniere di fosfati e carbone, sui materiali da costruzione, sulla lavorazione di minerali e l’estrazione di gas e petroli.  

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Sicurezza Aziende Estrattive - Categoria Istat: B - Estrazione Di Minerali Da Cave E Miniere

Roma, 4 Apr – L’esposizione dell’uomo alla radiazione naturale, le radiazioni ionizzanti dovute a cause naturali, si può sostanzialmente suddividere in due contributi principali: “raggi cosmici di alta energia incidenti sull’atmosfera terrestre e nuclidi radioattivi che hanno origine nella crosta terrestre e sono presenti dovunque nell’ambiente”.

In particolare i materiali radioattivi contenuti nel terreno e nelle rocce e usati come materie prime producono “campi di radiazione a cui è sottoposto l’organismo umano inducendo significative esposizioni”. E alcune forme di “esposizione alle sorgenti naturali radioattive” sono poi “modificate dalle pratiche umane”.

 

A parlare in questi termini del rischio radioattivo e delle radiazioni ionizzanti, con riferimento anche alle fattori di rischio nelle attività di estrazione e lavorazione di minerali, gas e petroli, è il documento InailIl rischio fisico nel settore della bonifica dei siti industriali di origine non nucleare contaminati da radiazioni ionizzanti” realizzato dal Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti ed Insediamenti Antropici e a cura di Carmine Zicari.

 

Nel capitolo dedicato alla classificazione delle attività industriali non nucleari con radiazioni ionizzanti il documento segnala che ci sono tre tipi di materiali che “devono esser presi in considerazione separatamente ai fini di un significativo rischio fisico da radiazioni: minerali; residui; prodotti.

E se l’esposizione alle sorgenti naturali radioattive può essere modificata dalla pratica umana, in particolare i radionuclidi “possono essere rilasciati nell’ambiente durante l’estrazione e la lavorazione di minerali, nella lavorazione e produzione di fertilizzanti a base di fosfati e nella combustione di combustibili fossili. Queste pratiche, insieme ad altre di minore rilevanza radiologica, causano un indebito aumento dell’esposizione umana ai radionuclidi naturali, soprattutto ai lavoratori del settore”.

 

Il documento segnala poi che i principali fattori che determinano un’esposizione radiologica di un individuo “sono le concentrazioni dei radionuclidi nel terreno, il tempo trascorso all’esterno e la possibilità di schermature (all’interno di edifici, ad es.)”. Ed un’attenzione particolare “deve essere rivolta a quei materiali a elevato contenuto di radioattività naturale utilizzati nell’industria: NORM (Naturally Occurring Radioactive Materials); TENORM (Technological Enhanced Natural Occurring Radioactive Materials). L’esposizione a NORM e TENORM può provocare sia irradiazione esterna che contaminazione interna”.

Ricordiamo che i NORM sono “materiali generalmente non considerati radioattivi, ma che contengono radionuclidi naturali in concentrazioni superiori alla media della crosta terrestre”.

 

Il documento, che vi invitiamo a visionare integralmente, ricorda che “tutte le attività in cui sono utilizzati o manipolati materiali radioattivi generano rifiuti radioattivi” e riporta alcune indicazioni normative.

 

Si indica che il D.Lgs. 230/1995, come modificato dal D.Lgs. 241/2000, ha un Capo III-bis che fa riferimento alle “Esposizioni da attività lavorative con particolari sorgenti naturali di radiazioni”. In particolare (articolo 10-bis, comma 1): ‘le disposizioni del presente capo si applicano alle attività lavorative nelle quali la presenza di sorgenti di radiazioni naturali conduce ad un significativo aumento dell’esposizione dei lavoratori o di persone del pubblico, che non può essere trascurato dal punto di vista della radioprotezione’.

E l’allegato I-bis riporta l’elenco delle attività lavorative di cui all’articolo 10 bis, comma 1, lettere c) e d) che possono comportare l’utilizzo, la manipolazione e lo smaltimento di materiale radioattivo:

a. industria che utilizza minerali fosfatici e depositi per il commercio all’ingrosso di fertilizzanti;

b. lavorazione di minerali nella estrazione di stagno, ferro-niobio da pirocloro e alluminio da bauxite;

c. lavorazione di sabbie zirconifere e produzione di materiali refrattari;

d. lavorazione di terre rare;

e. lavorazione ed impiego di composti del torio, per quanto concerne elettrodi per saldatura con torio, produzione di lenti o vetri ottici e reticelle per lampade a gas;

f. produzione di pigmento al biossido di titanio;

g. estrazione e raffinazione di petrolio ed estrazione di gas, per quanto concerne presenza e rimozione di fanghi e incrostazioni in tubazioni e contenitori.

 

Il documento si sofferma in particolare su alcune attività:

- miniere di fosfati e produzione di fertilizzanti: “nelle attività in miniera e nel processamento di rocce fosfatiche (fosforiti), utilizzato nella produzione di acido fosforico o elementi fosforosi, sono presenti residui che contengono NORM. Questi tipi di attività servono soprattutto per la produzione di fertilizzanti, detergenti, cibi per animali, additivi alimentari, pesticidi ed altri prodotti chimici”; 

- miniere di carbone e combustione: “la concentrazione di NORM nel carbone, nelle rocce e nelle acque, dipende dalle formazioni geologiche. La concentrazione di NORM nella cenere ed altri residui è vicina a quella presente nel carbone usato come combustibile. Per poter fare una stima del materiale radioattivo in gioco nel processo che va dall’estrazione alla combustione del carbone, è importante determinare la concentrazione, la distribuzione e la forma degli elementi radioattivi nel carbone, rocce, acque, ceneri ed in altri residui. Metalli pesanti e radionuclidi sono spesso associati alle componenti solfidriche del carbone”; 

- argille, ceramiche e materiali da costruzione: “anche i materiali da costruzione possono contenere NORM. È stato evidenziato, ormai da molti anni, che i materiali da costruzione, sia di origine naturale (sabbie e pietre naturali) che quelli contenenti sottoprodotti industriali (ceneri di carbone, fosfogessi e slag da fornace), possono fornire un contributo significativo all’esposizione della popolazione alla radioattività naturale”; 

- lavorazione di minerali: “a causa della presenza di radon negli ambienti confinati, l’estrazione di molti metalli nelle miniere può comportare un pericolo radiologico non trascurabile. Inoltre, la ventilazione forzata delle miniere comporta lo scarico di aria contaminata da radon nell’ambiente con potenziale rischio radiologico per la popolazione. Le concentrazioni di radionuclidi nei minerali pesanti possono variare da livelli molto bassi a valori apprezzabili a seconda del tipo di sorgente e dal processo di estrazione applicato”;

- estrazione di petroli e gas: “in molte piattaforme di estrazione di petrolio e gas, le incrostazioni nelle tubazioni e nei recipienti costituiscono un significativo pericolo radiologico”. Nei giacimenti petroliferi “si possono riscontrare incrostazioni (dure e morbide) con la creazione di fanghi che appaiono sotto forma di rivestimenti e di sedimenti contenenti materiale radioattivo. Nei giacimenti di gas si può osservare materiale contaminato internamente con film, rivestimenti o placcature di NORM concentrati.  Durante i processi di estrazione di gas ed oli, insieme agli stessi, si portano in superficie quantità non trascurabili di NORM”. 

 

In conclusione segnaliamo, con specifico riferimento all’estrazione di petroli e gas e ai compiti lavorativi correlati, che le attività che possono comportare un rischio per la salute “sono così riassunte:

- interventi di manutenzione;

- trasporto dei rifiuti e di apparecchiature contaminate;

- immagazzinamento di tubi e trivellazioni;

- trattamento delle incrostazioni (scales);

- rimozione delle incrostazioni dai tubi;

- sezionamento e taglio dei tubi”.

E ai fini della valutazione del rischio da questo tipo di attività lavorativa, “si possono considerare quattro vie di esposizione alla radiazione:

1. inalazione di polveri provenienti dalle incrostazioni delle condotte;

2. ingestione accidentale di polveri provenienti dalle incrostazioni delle condotte;

3. esposizione esterna dovuta alle condotte contaminate;

4. esposizione esterna dovuta alle polveri disperse al suolo dalle incrostazioni delle condotte contaminate”. 

 

 

Inail, “ Il rischio fisico nel settore della bonifica dei siti industriali di origine non nucleare contaminati da radiazioni ionizzanti”, un documento realizzato dal Dipartimento Innovazioni Tecnologiche e Sicurezza degli Impianti, Prodotti e Insediamenti Antropici, autore: Carmine Zicari, Edizione 2016 (formato PDF, 2.85 MB).

 

 

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RTM


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