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Interpello: l’applicazione del D.Lgs. 81/2008 alla Pubblica Sicurezza

Interpello: l’applicazione del D.Lgs. 81/2008 alla Pubblica Sicurezza
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Pubblica amministrazione

18/07/2014

L'applicabilità del Decreto 81 al Dipartimento della Pubblica Sicurezza: come affrontare valutazione dei rischi, formazione dei lavoratori, individuazione del RLS, delega di funzioni in mancanza di un decreto attuativo.

 
 
Roma, 18 Lug – Più volte PuntoSicuro si è soffermato sugli obblighi e sull’applicazione del D.Lgs. 81/2008 agli operatori della sicurezza, alle Forze di polizia; sottolineando l’assenza – a più di sei anni di distanza! – dei decreti attuativi per individuare le particolari esigenze connesse al servizio espletato, alle peculiarità organizzative, alle specificità della tutela della salute e sicurezza di tali operatori.
E in questi anni sono stati posti vari quesiti sull’applicabilità del D.Lgs. 81/2008 alle Forze armate, di Polizia e ai Vigili del Fuoco, tanto da “costringere” la Commissione Interpelli - prevista dall’articolo 12 comma 2 del D.Lgs. 81/2008 – a fornire chiarimenti. Ad esempio con l’ Interpello n. 6/2014 del 13 marzo 2014 in merito all'applicazione dell'art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008 al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco.
 
A distanza di qualche mese, ecco dunque un nuovo interpello – in questo caso molto articolato - che viene indirettamente a rimarcare, una volta di più, i ritardi della nostra legislazione.
 

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Si tratta dell’Interpello n. 11/2014 dell’11 luglio 2014 fornito in risposta al Sindacato Italiano Lavoratori di Polizia (SILP) della CGIL. Un interpello che ha per oggetto la “risposta ai quesiti sull'applicabilità del D.Lgs. n. 81/2008 negli ambiti del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, sull'obbligo del Dipartimento della Pubblica Sicurezza di dover documentare compiutamente la valutazione dei rischi, effettuare la valutazione del rischio stress lavoro-correlato, provvedere alla formazione di tutti i lavoratori e individuare il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza secondo le previsioni del D.Lgs. n. 81/2008 e, infine, sui limiti di applicazione dell'istituto della delega di funzioni”.
 
In particolare il Sindacato Italiano Lavoratori di Polizia ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere della Commissione su tre quesiti:
1. applicabilità del D.Lgs. n. 81/2008 negli ambiti del Dipartimento della Pubblica Sicurezza;
2. obbligo del Dipartimento della Pubblica Sicurezza di dover:
a) documentare compiutamente la valutazione dei rischi; in particolare per poter ritenere esclusa la presenza di un rischio nell’ambito di un’attività lavorativa, si debba svolgere una effettiva e concreta attività accertativa (misure tecniche, rilevazioni, analisi strumentali, richiami a parametri scientifici, ecc.), riscontrabili da documentazione, che ne dimostri concretamente l'assenza;
b) effettuare la valutazione del rischio stress lavoro-correlato;
c) provvedere alla formazione di tutti i lavoratori;
d) individuare il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza secondo le previsioni del D.Lgs. n. 81/2008, in particolare se negli ambiti del Dipartimento della Pubblica sicurezza, nei luoghi di lavoro con più di 15 lavoratori e dove sono presenti le rappresentanze sindacali, queste ultime possano autonomamente individuare il/i RLS, non coinvolgendo quindi i lavoratori;
3. i limiti di applicazione dell'istituto della delega di funzioni; in particolare se si possa procedere a deleghe di funzione nei riguardi di dipendenti solo in ragione del ruolo che gli stessi rivestono all'interno dell'azienda o unità produttiva nei casi in cui [...] nei loro riguardi non sia mai stata svolta alcuna attività di informazione e formazione, senza che gli stessi posseggano specifiche o particolari conoscenze in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro e non siano titolari di alcun autonomo potere di spesa riferito alle funzioni delegate.
 
E la risposta della Commissione al primo quesito non può che far presente la mancanza di un decreto attuativo.
 
Viene indicato che l'art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008 e successive modifiche ed integrazioni prevede nei “riguardi delle Forze armate e di Polizia, del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, dei servizi di protezione civile, nonché nell'ambito delle strutture giudiziarie, penitenziarie, di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, [...], le disposizioni del presente decreto legislativo sono applicate tenendo conto delle effettive particolari esigenze connesse al servizio espletato o alle peculiarità organizzative ivi comprese quelle per la tutela della salute e sicurezza del personale nel corso di operazioni ed attività condotte dalle Forze armate, compresa l'Arma dei Carabinieri, nonché dalle altre Forze di polizia e dal Corpo dei Vigili del fuoco, nonché dal Dipartimento della protezione civile fuori dal territorio nazionale, individuate [...] con decreti emanati, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, [...]”.
 
E che il successivo comma (il comma 3) prevede poi che fino all'emanazione dei decreti di cui al comma 2 “sono fatte salve le disposizioni attuative dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, [...]”.
 
E dunque attualmente in attesa dell'emanazione dei predetti decreti rimane in vigore il Decreto Ministeriale 14 giugno 1999, n. 450, Regolamento recante norme per l'individuazione delle particolari esigenze connesse al servizio espletato nelle strutture della Polizia di Stato, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e degli uffici centrali e periferici dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, comprese le sedi delle autorità aventi competenze in materia di ordine e sicurezza pubblica, di protezione civile e di incolumità pubblica, delle quali occorre tener conto nell'applicazione delle disposizioni concernenti il miglioramento della sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro.
E tale decreto “va oggi applicato tenendo conto tuttavia del disposto dell'articolo 304, comma 3, del D.Lgs. n. 81/2008 che prevede ‘fino all'emanazione dei decreti legislativi di cui al comma 2 (‘decreti con i quali si dovrà provvedere all'armonizzazione delle disposizioni del D.Lgs. n. 81/2008 con quelle contenute in leggi o regolamenti che dispongono rinvii a norme del D.Lgs. n. 626/1994’), laddove disposizioni di legge o regolamentari dispongano un rinvio a norme del decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626, e successive modificazioni, ovvero ad altre disposizioni abrogate dal comma 1, tali rinvii si intendono riferiti alle corrispondenti norme del presente decreto legislativo’” (il D.Lgs. 81/2008, ndr).
 
Affrontato il problema dell’applicabilità del Decreto 81, veniamo al secondo quesito.
 
L’interpello recita che “per quanto concerne il punto a) del secondo quesito, inerente la valutazione dei rischi, occorre riportare quanto previsto dall'art. 28, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008: la valutazione di cui all'articolo 17, comma 1, lettera a), [...], deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, [...]”.
 
Inoltre il comma 3 del citato articolo stabilisce che ‘il contenuto del documento di cui al comma 2 deve altresì rispettare le indicazioni previste dalle specifiche norme sulla valutazione dei rischi contenute nei successivi titoli del presente decreto”. Dunque “tutte le attività finalizzate alla valutazione dei rischi e alla redazione del Documento sono svolte adottando criteri e metodi diretti all'individuazione di tutti i rischi presenti all'interno dei luoghi di lavoro o ai quali gli stessi lavoratori possono essere esposti durante lo svolgimento delle loro mansioni. Il documento di valutazione dei rischi contiene una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l'attività lavorativa, nella quale siano specificati i criteri adottati per la valutazione stessa”.
L'art. 28, comma 2, lett. a), del Testo Unico stabilisce poi che ‘la scelta dei criteri di redazione del documento è rimessa al datore di lavoro, che vi provvede con criteri di semplicità, brevità e comprensibilità, in modo da garantirne la completezza e l'idoneità quale strumento operativo di pianificazione degli interventi aziendali e di prevenzione’.
 
Pertanto, “la Commissione ritiene che l'esito della valutazione dei rischi, sulla base del quale può essere evidenziato o meno la sussistenza di un rischio e la sua entità, debba essere suffragato da elementi di valutazioni la cui metodologia, concordata con gli altri soggetti (RSPP, medico competente), rientra nelle prerogative del datore di lavoro. In relazione a questo ultimo aspetto il datore di lavoro valuterà, con riferimento al caso in concreto, la necessità di eseguire delle analisi strumentali a supporto della valutazione dei rischi”.
 
Riportiamo le altre risposte della Commissione al secondo quesito:
- “in merito al punto b del secondo quesito, considerato che — come già sopra esposto — è obbligo del datore di lavoro valutare tutti i rischi, ne consegue che tra essi deve esserci anche il rischio da stress lavoro-correlato. Le particolari esigenze connesse al servizio espletato, attualmente disciplinate dal DM 450/1999, non incidono sull'obbligo di valutazione di questo fattore di rischio;
- in merito al punto c del secondo quesito, il datore di lavoro deve formare tutti i lavoratori, i dirigenti e i preposti, in base alle loro attribuzioni e competenze, nel rispetto di quanto previsto dall'art. 37 del D.Lgs. n. 81/2008;
- in merito al punto d del secondo quesito inerente l'individuazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il D.Lgs. n. 81/2008 stabilisce le regole minime da rispettare, rinviando alla contrattazione collettiva le modalità di elezione o designazione da parte dei lavoratori, numero e formazione, ecc. per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Pertanto nel comparto della Pubblica Amministrazione bisognerà tener conto delle indicazioni provenienti dall' ARAN”.
 
Concludiamo con la risposta al terzo quesito relativo ai limiti di applicazione della delega di funzioni.
 
In questo caso occorre evidenziare che l'art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008 “prevede, per il datore di lavoro, la possibilità di delegare i propri obblighi, ad eccezione della valutazione dei rischi e relativo documento e la designazione del RSPP, ad altro soggetto dotato dei requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate. Perché la delega sia efficace è necessario che abbia tutte le caratteristiche previste dal citato articolo 16, ivi compresi, relativamente al quesito così come formulato, quelli previsti alla lettera b) e d) di seguito riportati:
b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;
d) che essa attribuisca al delegato l' autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate”.
 
Pertanto – conclude la Commissione – “non può essere considerata valida una delega rilasciata in difetto di uno qualunque dei requisiti specificatamente previsti dall'art. 16 del D.Lgs. n. 81/2008, con la conseguenza che i poteri formalmente conferiti al soggetto delegato restano in capo al soggetto delegante”.
 
 
 
 
 
 
Tiziano Menduto
 
 
 
 
 


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