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Il lavoro, la longevità e le nuove dimensioni della prevenzione

Il lavoro, la longevità e le nuove dimensioni della prevenzione

Un contributo si sofferma sul mondo del lavoro, sulla longevità, sull’invecchiamento attivo e sulle nuove dimensioni della prevenzione nell’approccio Total Worker Health. Le considerazioni e le interviste a due accademici della scienza medica.

Urbino, DATA – Il programma Total Worker Health (TWH) – come ricordato in diversi nostri articoli – fa riferimento ad un insieme di politiche, programmi e pratiche che integrano la prevenzione dai rischi nei luoghi di lavoro con la promozione delle azioni di prevenzione di danni acuti e cronici a favore di un più ampio benessere dei lavoratori.

 

Tale modello può rappresentare una importante evoluzione del concetto di prevenzione della salute nei luoghi di lavoro perché permette di “raccordare le tecniche di tutela della salute nei luoghi di lavoro con quelle della tutela della salute della persona anche oltre l’ambiente di lavoro”. E diversi studi ed evidenze indicano che un approccio Total Worker Health può influenzare positivamente la longevità dei lavoratori e delle lavoratrici.

 

A raccontarlo e a parlarne, anche attraverso lo strumento delle interviste a due autorevoli medici e professori universitari, è un contributo pubblicato sul numero 1/2024 di “Diritto della sicurezza sul lavoro”, rivista online dell'Osservatorio Olympus dell' Università degli Studi di Urbino.

 

In “Lavoro, longevità e nuove dimensioni della prevenzione nell’approccio ‘total worker healthMarco Marazza, professore ordinario di Diritto del lavoro nell’ Università Cattolica del Sacro Cuore, avvia un percorso di ricerca sul rapporto tra lavoro e longevità coinvolgendo nella riflessione, attraverso due interviste:

  • Sergio Pecorelli, presidente della Fondazione Lorenzini e professore emerito di ginecologia nell’Università di Brescia;
  • Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene e Medicina Preventiva nell’Università Cattolica del Sacro Cuore.

 

Nel presentare brevemente il contributo l’articolo si sofferma sui seguenti argomenti:


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Lavoro, longevità e organizzazione lavorativa

Partiamo da alcune considerazioni fatte dal Prof. Marco Marazza sul rapporto tra mondo del lavoro, longevità e modello TWH.

 

Il Prof. Marazza ricorda, ad esempio, che le connessioni tra lavoro e longevità “sono, anzitutto, di pertinenza della scienza medica” ed è evidente (come rilevato in un confronto con Claudio Grassi, ordinario di Fisiologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore) come “l’attività professionale, soprattutto quando soddisfacente, aiuti ogni persona ad affrontare meglio l’inevitabile processo di invecchiamento che l’attende”.

 

Tuttavia le connessioni tra lo svolgimento dell’attività lavorativa e le aspettative di vita di chi lavora – continua il contributo - risultano inevitabilmente condizionate da elementi di “disciplina”, e cioè “dalle regole che governano lo svolgimento della prestazione di lavoro e, nel rispetto di queste, dalle tecniche di organizzazione del lavoro”.

Ed è proprio attraverso questi elementi che diventa possibile:

  1. “concepire il lavoro come una occasione per promuovere la longevità dei consociati oltre il beneficio che può in sé produrre, da un punto di vista medico, lo stato di attività di una persona;
  2. ovvero, per altro verso, adattare il lavoro al dato di fatto che dall’innalzamento della aspettativa di vita dei consociati deriva la necessità di un ampliamento della loro vita professionalmente attiva”.

 

Ne risultano “due prospettive di ricerca diverse, ma strettamente connesse”. Si pone così il problema di capire:

  • “come le regole e le tecniche di organizzazione possano rendere il lavoro di qualità occasione di promozione (oltre che di tutela) della salute delle persone, con effetti positivi sulla aspettativa di longevità di chi lavora e anche sul sistema sanitario”;
  • come sia possibile “anticipare le questioni connesse al lavoro delle persone longeve al fine di valorizzare le possibili ricadute dell’invecchiamento sull’andamento della società”.

 

Lavoro, prevenzione e invecchiamento attivo

Il Prof. Marazza si sofferma poi su vari aspetti.

 

Ad esempio sulla prevenzione obbligatoria, partendo dall’assunto “che il lavoro può concorrere alla longevità solo se, anzitutto, lavorare non procuri un danno alla persona”, e sulla “prevenzione, facoltativa e volontaria, (anche) dai rischi esterni all’ambiente di lavoro”, considerando che “nei luoghi di lavoro la prevenzione può assumere un contenuto, in questo caso non più obbligatorio, esteso a mitigare i rischi per la salute del lavoratore derivanti dall’esposizione a fattori del tutto privi di collegamento con lo svolgimento della prestazione”.

 

Il tema è quello “di sapere in che modo l’azienda possa rendersi strumento attivo di sostegno alla salute delle persone che vi lavorano, e contemporaneamente anche della salute pubblica, tramite l’introduzione, in un assetto organizzativo orientato alla piena integrazione di tutte le iniziative effettivamente erogate a presidio della salute della persona, di specifiche misure:

  1. di prevenzione facoltativa direttamente organizzate dal datore di lavoro”. Ad esempio, ma non solo, con la “diffusione attiva della cultura del benessere e della informazione sulla prevenzione di rischi legati all’età ed agli stili di vita”. Nel contributo sono riportati molti altri esempi.
  2. “di welfare aziendale (si pensi, solo per considerare gli aspetti più noti: agli accessi fitness ed alla assicurazione sanitaria)”.

 

Si sofferma poi su alcuni spunti per un inquadramento delle nuove (possibili) dimensioni della prevenzione e sul rapporto tra lavoro, prevenzione e invecchiamento attivo.

 

Si indica che la connessione è strettissima “perché se è vero che la ricerca sta rapidamente incrementando la longevità, e l’ambiente di lavoro potrebbe ulteriormente sostenerla, resta da comprendere come, sempre grazie al dialogo tra scienza medica e giuridica, la legislazione, l’autonomia collettiva e l’organizzazione del lavoro possano adattarsi all’ invecchiamento attivo dei consociati sotto il profilo previdenziale e contrattuale e, contestualmente, anche aggiornare le misure di prevenzione (obbligatoria e facoltativa) richieste dalle specifiche fragilità della popolazione lavorativa più anziana”.

 

Viene poi presentata la suggestione di una prospettiva olistica “nella quale la scienza medica e quella giuslavoristica dialogano per garantire che tutte le misure adottate nell’ambiente di lavoro e in grado di impattare sulla longevità, siano esse di promozione della longevità o di adattamento del lavoro alla longevità, vengano rese concretamente disponibili in una piena integrazione di tipo sia orizzontale (nel senso di coordinamento delle diverse misure adottate), sia, soprattutto, verticale (nel duplice senso di adeguamento dell’organizzazione del lavoro a supporto della effettività delle misure e, ancora più importante, di capacità strutturale dell’organizzazione di saper gestire la materia in modo integrato)”.

 

Filosofia del Total Worker Health, vantaggi e longevità

Si arriva dunque a parlare della filosofia del Total Worker Health (TWH) che, come indicato, nelle interviste, in una risposta del Prof. Sergio Pecorelli, “vede la salute come un bene prezioso e un beneficio che ogni azienda dovrebbe offrire, promuovendo sani stili di vita e un equilibrio tra lavoro e vita personale incoraggiando politiche e pratiche che favoriscono la salute e il benessere di lavoratori e lavoratrici sul luogo di lavoro, inclusa la promozione della salute fisica e mentale”. E un altro aspetto cruciale è il “coinvolgimento attivo dei dipendenti nelle decisioni riguardanti la loro salute e il loro benessere, per favorire un senso di responsabilità e appartenenza”.

La filosofia TWH enfatizza “il doppio impatto della promozione della salute: da un lato, beneficia direttamente l’organizzazione stessa, poiché dipendenti più sani possono contribuire a una maggiore produttività e soddisfazione sul lavoro. Dall’altro lato, offre ai dipendenti un beneficio tangibile, consentendo loro di godere della promozione della salute da parte del datore di lavoro attraverso politiche e pratiche a sostegno della loro salute fisica, mentale e sociale”. Un approccio che “genera vantaggi sia per l’organizzazione che per i dipendenti stessi”.

 

Riprendiamo, infine, una risposta del Prof. Walter Ricciardi sulla relazione tra Total Worker Health e longevità.

 

Nella risposta si parte dal principio fondamentale “che la TWH si propone di migliorare la salute complessiva dei lavoratori, non solo sul proprio luogo di lavoro ma anche in tutti gli aspetti della quotidianità”. E il risultato di una “maggiore qualità di vita” dei lavoratori porta la TWH ad avere “un impatto sulla loro aspettativa di vita”.

 

Si segnala poi che implementando modelli TWH che prevedano di raggiungere una riduzione importante di livelli di stress lavorativo, “si potrebbe riuscire a diminuire la probabilità di incorrere in eventi cardiovascolari e anche di disturbi dell’umore e depressivi, riducendo l’esposizione a stress cronico e migliorando la qualità del tempo che si spende al lavoro”. Ed esistono modelli che “prevedono anche l’introduzione di programmi di attività fisica, che è fondamentale e, se eseguita correttamente, come ormai è stato dimostrato da molta letteratura scientifica, riesce a prevenire lo sviluppo di diverse patologie legate al fattore ‘sedentarietà’, in primis l’obesità e il diabete che oggi nel mondo sono vere e proprie epidemie”.

 

Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del contributo che non solo riporta altre interessanti considerazioni dell’autore, ma anche le sue domande (su vari temi connessi al TWH) e le risposte dei due accademici Sergio Pecorelli e Walter Ricciardi.

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Università di Urbino Carlo Bo, Osservatorio Olympus, Diritto della sicurezza sul lavoro, “Lavoro, longevità e nuove dimensioni della prevenzione nell’approccio ‘total worker health’”, a cura di Marco Marazza (professore ordinario di Diritto del lavoro nell’Università Cattolica del Sacro Cuore). Il contributo presenta due interviste a Sergio Pecorelli (presidente della Fondazione Lorenzini e professore emerito di ginecologia nell’Università di Brescia) e Walter Ricciardi (professore ordinario di Igiene e Medicina Preventiva nell’Università Cattolica del Sacro Cuore). Diritto della Sicurezza sul Lavoro (DSL) n. 1/2024.

 


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