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Sorveglianza sanitaria, standard ISO 30415 e reinserimento lavorativo

Milano, 16 Giu – Le “principali missioni” del medico competente con la sorveglianza sanitaria nei luoghi di lavoro sono:
- “proteggere e sorvegliare tutti i lavoratori (consulenza globale, monitoraggio sanitario, collaborazione alla VdR, alla prevenzione e protezione);
- migliorare le condizioni di salute e benessere e tutelare i lavoratori appartenenti a gruppi particolari (‘diversi’) e soprattutto con problemi di salute a fini inclusivi nell’ambiente di lavoro”.
E ricordando le condizioni di diversity che riguardano molti fattori ( disabilità, inidoneità, anzianità, malattie psichiche, diversità etnica/religiosa, …) si sottolinea che in alternativa alla ‘selezione’ dei soggetti ‘diversi’ tramite giudizi di idoneità alla mansione con limitazione “occorrono pratiche di ‘inclusione’”.
A ricordarlo è l’intervento “La norma ISO 30415/2021 e gli altri strumenti e metodologie per il reinserimento lavorativo”, a cura di Alfonso Cristaudo (già Ordinario di Medicina del Lavoro, Università di Pisa), che è stato presentato al convegno “ Le Prospettive del Medico del Lavoro: Salute e Lavoro oltre il Giudizio di Idoneità”.
Il convegno, che si è tenuto a Milano il 29 gennaio 2024, ha affrontato vari temi connessi alle problematiche e all’evoluzione della sorveglianza sanitaria e della medicina del lavoro.
Nel presentare l’intervento, l’articolo affronta i seguenti argomenti:
- La tutela del lavoratore disabile e l’accomodamento ragionevole
- Lo standard ISO 30415 e la situazione della sorveglianza sanitaria
- L’inclusione, il reinserimento e il piano di lavoro personalizzato
La tutela del lavoratore disabile e l’accomodamento ragionevole
Il relatore si sofferma sulla tutela del lavoratore disabile con riferimento alla Legge 12 marzo 1999, n. 68 (Norme per il diritto al lavoro dei disabili).
Si indica che l’articolo 1 della legge “fornisce i dettagli sui requisiti dei lavoratori inclusi nelle categorie protette. Sono indicate diverse tipologie di disabilità:
- Individui in età lavorativa, affetti da invalidità fisica, psichica o sensoriale o portatori di handicap intellettivo con conseguente riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%” (si ricorda che l’invalidità fisica “è riconosciuta non solo ai soggetti con problematiche a carico dell’apparato osteoarticolare/locomotore, ma anche ai soggetti affetti da gravi patologie che colpiscono i primari apparati responsabili delle funzioni vitali”)
- “Invalidi del lavoro con un grado di invalidità superiore al 33%.
- Invalidi di guerra, invalidi civili di guerra, invalidi per servizio
- Non vedenti, colpiti da cecità assoluta o con un residuo visivo non superiore ad un decimo ad entrambi gli occhi.
- Sordomuti, colpiti da sordità dalla nascita o prima dell’apprendimento della lingua
- Vittime di terrorismo e criminalità organizzata”.
Si ricorda poi che per “accomodamento ragionevole” si intendono “le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongono un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità, in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali…”. E il tema dell’ accomodamento ragionevole “parte dai concetti di uguaglianza per i lavoratori con disabilità adottati nella Direttiva 2000/78/CE del Consiglio Europeo e nella Convenzione ONU del 2006”. E, in questo senso, i luoghi di lavoro “devono essere accessibili e funzionali a tutti i tipi di lavoratori”.
Si ricorda poi il D.Lgs. 216/2003, poi modificato dal decreto 76/2013 convertito in legge 99/2013:
▪ «3 -bis. Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità, i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli, come definiti dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, ratificata ai sensi della legge 3 marzo 2009, n. 18, nei luoghi di lavoro, per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori. I datori di lavoro pubblici devono provvedere all'attuazione del presente comma senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente».
E questo vale per tutti i lavoratori con patologie e disfunzioni, non solo per i disabili ex 68/89.
Lo standard ISO 30415 e la situazione della sorveglianza sanitaria
Il relatore ricorda poi lo Standard ISO 30415:2021.
Infatti a maggio 2021 l’ISO (International Standard Organization) ha pubblicato la prima Certificazione Internazionale su “Diversity & Inclusion”, ISO 30415:2021.
In particolare, le parole “Diversità e Inclusione” (D&I) racchiudono un “concetto imprescindibile per tutte le aziende: l’importanza - e la necessità – di integrare e valorizzare le persone pur nella loro diversità e specificità (di genere, età, etnia, cultura, e salute), creando un ambiente di lavoro realmente inclusivo”.
La norma ISO 30415 spinge, dunque, le aziende “ad avviare un processo di miglioramento continuo delle capacità inclusive e di valorizzazione della diversità”. E i principi che permeano questa direttiva, “pur andando ben oltre i meri aspetti sanitari, ben si sovrappongono agli obiettivi della medicina del lavoro di inclusione lavorativa dei lavoratori affetti da patologie croniche e invalidanti”.
L’autore ricorda poi la situazione della sorveglianza sanitaria nell’attuale normativa.
Si indica che la sorveglianza sanitaria trova fondamento giuridico in “norme costituzionali, del codice civile, del codice penale penale, dello Statuto dei Lavoratori oltreché nelle norme più specifiche promulgate a partire da direttive europee (D.Lgs 81/08 e s.m.i.). E l’attivazione della sorveglianza sanitaria “trova legittimità normativa negli esiti della valutazione dei rischi (rischi ‘normati e non normati, ma comunque valutati in DVR’) e la stessa normativa sancisce che la sorveglianza sanitaria venga impiegata anche come feed feed-back alla valutazione dei rischi”.
E tra i tanti obiettivi specifici della sorveglianza sanitaria c’è anche quello di “esprimere il giudizio di idoneità alla mansione specifica, tutelare i soggetti con problemi di salute e di inclusione, compresi i disabili, i tecnopatici e coloro che risultano inidonei parzialmente o totalmente alla mansione specifica”.
L’inclusione, il reinserimento e il piano di lavoro personalizzato
L’intervento, che si sofferma anche sull’importanza di adeguare il lavoro all’uomo e sulle Linee Guida SIML, si chiede se esista “un modello che permette di contemplare e integrare le varie possibilità di inclusione” (reinserimento lavorativo dei disabili, accomodamento ragionevole, Standard ISO 30415:2021, giudizio di idoneità alla mansione specifica, articolo 18 d.Lgs 81/08 e s.m.i.).
A questo proposito si parla del piano di lavoro personalizzato, cioè del “Piano di Lavoro” come “metodologia per l’espressione del giudizio di idoneità alla mansione con inidoneità o idoneità limitata, per l’ accomodamento ragionevole dei lavoratori con disabilità e per il reinserimento dei lavoratori tecnopatici”
In particolare la valutazione della “compatibilità tra lavoro e stato di salute deve orientare verso la formulazione di piani di lavoro ad hoc su cui esprimere il giudizio di idoneità. Questo approccio metodologico indirizza verso una interazione tra il Medico Competente e le altre figure di riferimento nella gestione delle attività lavorative (SPP, Risorse Umane, ecc.) nell’intento di adattare il lavoro all’uomo/donna, limitando così l’isolamento del Medico Competente e l’espressione di generiche limitazioni che possono risultare spesso non osservate o inapplicabili, comportando, inoltre, il recupero al lavoro di una significativa percentuale della forza lavoro”.
Un Piano di Lavoro Personalizzato è la “rimodulazione di una mansione, delle attività, dei compiti e dell’organizzazione del lavoro con le relative indicazioni di rischio adattata alle problematiche di salute del lavoratore”.
Ad esempio, un piano di lavoro personalizzato per un lavoratore può contenere:
- “Ridefinizione dei compiti lavorativi.
- Rotazione dei compiti lavorativi.
- Esclusioni di particolari attività
- Uso di apparecchiature e di altre tecnologie di assistenza.
- Limitazione anche temporale di attività con sollevamento di carichi pesanti e dei compiti fisicamente impegnativi.
- Formazione sulle tecniche adeguate di sollevamento e di trasporto.
- Adeguata ergonomia di strumenti, apparecchiature e mobili.
- Considerazione dell'esigenza di un recupero, per esempio attraverso brevi pause o pause più frequenti.
- Riorganizzazione degli orari e dei turni di lavoro”.
Riprendiamo dalle slide dell’intervento un semplice confronto grafico tra un piano di lavoro comune e un piano di lavoro personalizzato:
Si indica poi, in conclusione, che il Piano di Lavoro Personalizzato “può essere attivato anche per i rischi non normati ma prevista dalla VdR (D.L. 4 maggio 2023, n. 48) e per condizioni patologiche particolari in base all’art. 18 D.Lgs 81/08 e s.m.i. (come per le patologie psichiche), al di là dei rischi specifici della mansione”. E qualora la patologia fosse di origine lavorativa, per “le modifiche previste dal Piano di Lavoro Personalizzato può essere attivata la richiesta di finanziamento all’Inail”.
E fondamentale è “il rapporto costruttivo fra i soggetti aziendali della prevenzione, compresi i RLS”.
In definitiva un Piano di Lavoro Personalizzato, “con modifiche strutturali o organizzative o preventive/protettive della mansione, costituisce un accomodamento ragionevole per i soggetti disabili o con disfunzioni patologiche anche non certificate con l’88/99 e con giudizio di idoneità con limitazioni rispetta le indicazioni previste dallo Standard ISO 30415:2021”.
Rimandiamo alla lettura integrale dell’intervento che riporta molte altre informazioni, ad esempio su come si fa un piano di lavoro personalizzato.
Tiziano Menduto
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