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Avvisi comunali nel rispetto della privacy
Gli enti locali devono valutare sempre l’effettiva necessità di riportare dettagliate informazioni nelle deliberazioni da pubblicare.
Le necessarie forme di pubblicità previste dalla normativa - affissioni all’albo pretorio, comunicazioni ai consiglieri, avvisi alla cittadinanza - devono indurre le amministrazioni a selezionare con particolare attenzione i dati personali, specie quelli di carattere sensibile o attinenti a particolari profili di tipo giudiziario o contenzioso. Alle amministrazioni spetta quindi il compito di vagliare, al momento in cui redigono atti e avvisi, se sia realmente necessario riportare nelle deliberazioni o nei relativi estratti o corrispondenti annunci da pubblicare informazioni così dettagliate o se non sia sufficiente indicarle negli atti d’ufficio comunque accessibili agli aventi diritto.
Queste indicazioni generali riguardanti le modalità di pubblicazione di avvisi da parte degli enti locali sono state illustrate dal Garante della privacy, prendendo in esame il ricorso presentato da una ex-dipendente di una amministrazione comunale.
Il caso è stato illustrato nella newsletter dell’Autorità. La donna, assessore della precedente giunta, aveva lamentato che sull’avviso pubblico della seduta consiliare, affisso per le strade del paese, fossero riportati i suoi dati in quanto debitrice sottoposta a pignoramento.
Nell’avviso pubblico, tra i punti all’ordine del giorno, vi era anche il riconoscimento di un debito che il comune avrebbe dovuto iscrivere fuori bilancio a seguito di sentenza, per non aver proceduto a suo tempo al pignoramento del quinto dello stipendio della allora dipendente. Tale provvedimento era stato adottato dal giudice per il recupero di una somma in favore di una società creditrice.
Il disagio provocato dalla divulgazione delle informazioni personali aveva spinto l’interessata a rivolgersi al Garante, che ha accolto parzialmente il ricorso.
L’autorità ha ritenuto sproporzionata, rispetto ai fini perseguiti, la pubblicazione per esteso del nominativo sul manifesto.
Per portare a conoscenza della cittadinanza i temi all’ordine del giorno della seduta consiliare sarebbe stato sufficiente riportare l’oggetto e il riferimento alla sentenza. Il nominativo avrebbe potuto eventualmente essere inserito nell’ordine del giorno distribuito ai soli gruppi consiliari e ai singoli consiglieri.
Il Garante ha ordinato, quindi, al comune di astenersi dall’ulteriore pubblicazione in luoghi pubblici dei dati personali della ricorrente.
Le necessarie forme di pubblicità previste dalla normativa - affissioni all’albo pretorio, comunicazioni ai consiglieri, avvisi alla cittadinanza - devono indurre le amministrazioni a selezionare con particolare attenzione i dati personali, specie quelli di carattere sensibile o attinenti a particolari profili di tipo giudiziario o contenzioso. Alle amministrazioni spetta quindi il compito di vagliare, al momento in cui redigono atti e avvisi, se sia realmente necessario riportare nelle deliberazioni o nei relativi estratti o corrispondenti annunci da pubblicare informazioni così dettagliate o se non sia sufficiente indicarle negli atti d’ufficio comunque accessibili agli aventi diritto.
Queste indicazioni generali riguardanti le modalità di pubblicazione di avvisi da parte degli enti locali sono state illustrate dal Garante della privacy, prendendo in esame il ricorso presentato da una ex-dipendente di una amministrazione comunale.
Il caso è stato illustrato nella newsletter dell’Autorità. La donna, assessore della precedente giunta, aveva lamentato che sull’avviso pubblico della seduta consiliare, affisso per le strade del paese, fossero riportati i suoi dati in quanto debitrice sottoposta a pignoramento.
Nell’avviso pubblico, tra i punti all’ordine del giorno, vi era anche il riconoscimento di un debito che il comune avrebbe dovuto iscrivere fuori bilancio a seguito di sentenza, per non aver proceduto a suo tempo al pignoramento del quinto dello stipendio della allora dipendente. Tale provvedimento era stato adottato dal giudice per il recupero di una somma in favore di una società creditrice.
Il disagio provocato dalla divulgazione delle informazioni personali aveva spinto l’interessata a rivolgersi al Garante, che ha accolto parzialmente il ricorso.
L’autorità ha ritenuto sproporzionata, rispetto ai fini perseguiti, la pubblicazione per esteso del nominativo sul manifesto.
Per portare a conoscenza della cittadinanza i temi all’ordine del giorno della seduta consiliare sarebbe stato sufficiente riportare l’oggetto e il riferimento alla sentenza. Il nominativo avrebbe potuto eventualmente essere inserito nell’ordine del giorno distribuito ai soli gruppi consiliari e ai singoli consiglieri.
Il Garante ha ordinato, quindi, al comune di astenersi dall’ulteriore pubblicazione in luoghi pubblici dei dati personali della ricorrente.
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