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Aumentano le perplessità sugli applicativi di riconoscimento facciale

Aumentano le perplessità sugli applicativi di riconoscimento facciale
Adalberto Biasiotti

Autore: Adalberto Biasiotti

Categoria: Privacy

02/10/2020

Gli applicativi di riconoscimento facciale vengono utilizzati sempre più spesso da privati e dalle forze dell’ordine, con l’obiettivo di tenere sotto controllo la sicurezza di ambienti privati e pubblici. I pregi e i limiti di questi applicativi.

Un tribunale britannico ha ritenuto che l’utilizzo di applicativi di riconoscimento facciale da parte delle forze di polizia non sia consentito. Ecco le ragioni di questa decisione.

 

Un gruppo di tutela dei diritti umani ha chiesto al tribunale di esprimersi sull’utilizzo di applicativi di riconoscimento facciale da parte delle forze di polizia, perché questo utilizzo non era stato effettuato in allineamento con i dettati del regolamento generale europeo. Ad esempio, la polizia non aveva sviluppato una valutazione di impatto, secondo l’articolo 35, che è indispensabile per applicativi potenzialmente assai invasivi, come appunto è quello in esame.

 

Inoltre, la polizia non aveva dato alcuna informazione al pubblico circa l’utilizzo di questi applicativi, che tenevano sotto controllo spazi pubblici. Si era quindi verificata una violazione in termini di informativa.

 

Anche se questa sentenza ovviamente ha valore solo per il Regno Unito, è bene ricordare che ormai sono numerose le associazioni di tutela dei diritti civili, in varie parti del mondo, che si stanno attivando perché l’utilizzo di questi applicativi sia inquadrato in vincoli operativi, che spesso vengono ignorati.

 

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Indipendentemente dal rispetto dei dettati in materia di protezione dati personali, alcune associazioni hanno dimostrato, soprattutto negli Stati Uniti, come il funzionamento di questi applicativi presenti alcune anomalie, ad esempio in fase di riconoscimento di volti di soggetti sospetti. Ad esempio, uno studio condotto da un’università americana ha messo in evidenza come il livello di riconoscimento dei volti dei bianchi sia assai più accurato, rispetto al livello di riconoscimento dei volti di afroamericani. I tecnici che hanno sviluppato questo specifico applicativo hanno dichiarato che avrebbero cominciato a lavorare su alcuni elementi di miglioramento, per evitare questa disparità, di natura esclusivamente tecnologica e che nulla a che fare con il rispetto dei diritti civili.

 

Altre perplessità sono nate per il fatto che la polizia può decidere di inserire un volto da riconoscere nell’applicativo in uso, senza dover giustificare in qualche modo il motivo per cui questo specifico volto è stato inserito.

 

È interessante rilevare che queste contestazioni sono nate in Inghilterra, che è un paese nel quale fin dal 2013 è stato pubblicata una linea guida sull’utilizzo di questi applicativi, proprio con l’obiettivo di trovare un punto di equilibrio fra le esigenze di tutela della sicurezza pubblica e le esigenze di tutela dei dati personali dei soggetti ripresi. Alla luce di questa sentenza, i responsabili del ministero dell’interno, l’Home Office britannico, stanno valutando la possibilità di rivedere il testo delle linee guida già pubblicate, in modo da rafforzare i diritti dei soggetti ripresi.

 

Nel frattempo, è bene ricordare che anche l’autorità garante francese- CNIL - si è attivata, più o meno per le stesse ragioni per le quali anche altri paesi si sono attivati, pubblicando delle linee guida.

 

L’elemento positivo di queste linee guida è da ricondurre al fatto che in Francia la situazione non è molto diversa da quella esistente in Italia. Ecco quali sono le indicazioni, ampiamente illustrate nel documento allegato, che dovrebbero guidare le autorità pubbliche nell’autorizzare l’utilizzo di questi applicativi, tanto utili, quanto potenzialmente pericolosi per la protezione dei dati:

 

  • occorre assolutamente tracciare una linea rossa, che non può essere superata, con riferimento alle modalità di utilizzo, prima ancora di iniziare la sperimentazione;
  • il principio del rispetto dell’identità e del benessere di un individuo deve essere alla base di qualunque sperimentazione;
  • solo dopo aver definito questi due aspetti, è possibile procedere a sperimentazioni localizzate, tenute sotto stretto controllo da tutti i soggetti interessati, per acquisire informazioni pratiche su aspetti positivi e potenzialmente negativi nell’utilizzo su larga scala di questi applicativi.

 

Ancora una volta, il diritto alla protezione sociale della cittadinanza deve essere messo a confronto con il diritto alla tutela dei singoli cittadini.

 

Al proposito, ricordo che il comitato europeo per la protezione dei dati ha pubblicato una linea guida sull’utilizzo degli impianti di videosorveglianza, ma questa linea guida non è entrata sufficientemente in profondità sull’argomento specifico degli applicativi di riconoscimento facciale.  (EDPB Guidelines 3/2019 on processing of personal data through video devices - Adopted on 10 July 2019).

 

Al punto 5.2 di queste linee guida, vengono offerte alcune indicazioni circa le misure da attuare per minimizzare i rischi legati al trattamento di dati biometrici, come appunto sono i volti. Si tratta tuttavia di raccomandazioni affatto generali, che non entrano nel vivo dell’applicativo stesso, ma sono indirizzate piuttosto ad una corretta conservazione e successiva cancellazione dei dati stessi.

 

In Italia, ad oggi, non sembra vi siano reazioni da parte di associazioni, che rappresentano la società civile, nei confronti dell’uso di questi applicativi, forse anche perché in Italia ancora essi non sono diffusi ad un livello comparabile con il livello presente in altri paesi. Resta comunque valido il principio che le linee guida del comitato europeo per la protezione dei dati sono automaticamente applicabili in tutti paesi europei, fatta salva la possibilità, da parte dell’autorità Garante nazionale, di introdurre eventuali limitazioni e precisazioni.

 

Al momento, la raccomandazione che possiamo avanzare a tutti coloro che intendono utilizzare questi applicativi, sia per usi privati, sia in un contesto pubblico, è quella di elaborare con la massima attenzione il documento ex articolo 25, nonché la valutazione di impatto, ex articolo 35, prendendo in considerazione tutti gli aspetti critici, legati a questi applicativi. Anche l’utilizzo in via sperimentale di questi applicativi per un certo periodo di tempo, al solo fine di acquisire elementi di valutazione circa la correttezza del riconoscimento, può rappresentare una soluzione intermedia interessante. In nessun caso, tuttavia, potranno essere ignorati i dettati in materia di informazione al pubblico e soddisfacimento del diritto di accesso.

 

Riconoscimento facciale (pdf)

 

Adalberto Biasiotti

 




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