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La formazione come strumento di sicurezza nelle attività subacquee
Brescia, 2 Ott - Ci sono molti operatori subacquei di enti ed istituti scientifici in Italia i cui termini e condizioni di lavoro non sono ricompresi fra quelli normati per l’immersione militare, commerciale e industriale. Essi prestano la loro opera presso Università, Agenzie di Protezione Ambientale (AA) o Istituti di ricerca e s’immergono, ordinariamente, per condurre una attività di monitoraggio e controllo dello stato dell’ambiente marino. In questo contesto è irrinunciabile individuare un metodo che garantisca il mantenimento dei limiti, la condotta delle operazioni, la consapevolezza e la percezione del rischio ancor più in una attività come quella subacquea nella quale, allo stato attuale, sono scarsamente, o affatto definite prassi e consuetudini che abbiano valore universale. Quasi per definizione, il lavoro scientifico subacqueo significa studiare, indagare, verificare, monitorare, analizzare e sperimentare. Gli operatori subacquei scientifici sono quindi continuamente posti di fronte a situazioni che non possono essere, di norma, previste nei dettagli da alcun manuale. Il livello di sicurezza deve comunque essere garantito applicando il criterio generale di prevenzione e di tutela, impedendo che situazioni di eccezionalità favoriscano comportamenti non adeguati e suggeriscano all’operatore di svolgere la propria attività sopperendo con l’esperienza alla mancanza di scenari codificati e di una pianificazione e organizzazione non sempre formalizzata. Sono dunque esplicitamente escluse da questa trattazione tutte le attività di natura tecnica, riconducibili al profilo di OTS.
Per approfondire questa tematica, giovedì 20 settembre 2012 a Firenze, si è svolto il Seminario tecnico “UN TAVOLO DI LAVORO PER LA TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA SUL LAVORO NELLE ATTIVITA’ SUBACQUEE SCIENTIFICHE”, promosso da Regione Toscana, INAIL ed ARPAT.
INAIL, Istituzioni ed Enti, Sistema delle Agenzie, Università, Organizzazioni Sindacali, Associazioni, hanno iniziato un percorso finalizzato a superare le criticità oggi presenti nella legislazione italiana e volte a garantire la piena praticabilità della attività subacquea scientifica e a tutela della salute e sicurezza degli operatori.
AiFOS, Associazione Italiana Formatori della Sicurezza sul lavoro, ha partecipato ai lavori del convegno tramite Francesco Naviglio, Segretario Generale, che ha dedicato il suo intervento alla tematica della formazione degli operatori e dei formatori delle attività subacque.
A seguito del seminario è stato deciso di istituire un tavolo di lavoro che sviluppi ed elabori delle Linee guida applicabili al settore.
Pubblichiamo il testo della relazione.
L’intervento di Francesco Naviglio, Segretario generale AiFOS
L’attività subacquea, al di la degli aspetti industriali recentemente normati, è un mondo straordinariamente complesso intorno al quale sono impegnati centinaia di lavoratori, oltre a tutti coloro che praticano il diving per passione: nel settore turistico, negli studi archeologici e antropologici, nella editoria e nella cinematografia, nella videografia e fotografia per non parlare, appunto, degli aspetti ludici e sportivi.
L’attività subacquea industriale
Nel settore industriale il Decreto legge 24 gennaio 2012 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività”, meglio noto come “decreto liberalizzazioni”, pubblicato in questi giorni sulla Gazzetta Ufficiale, all’articolo 16 (“Sviluppo di risorse energetiche e minerarie nazionali strategiche”) ha richiamato una recente norma UNI: è questo un esempio di compiuta sinergia tra legislazione e normazione tecnica.
Si tratta della UNI 11366 “Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria - Procedure operative”, la norma nazionale che dal 2010 definisce i criteri e le modalità (in particolare per quanto attiene la sicurezza antinfortunistica) per l’esecuzione di queste particolari attività che nel nostro Paese contano su una solida tradizione e che ad oggi coinvolgono direttamente oltre 350 aziende, sia a conduzione familiare che di dimensione industriale: un panorama articolato che da tempo chiedeva oltre che requisiti univoci di sicurezza, anche un’omogeneità in termini di procedure, tecniche e qualificazione delle professionalità.
Si tratta della UNI 11366 “Sicurezza e tutela della salute nelle attività subacquee ed iperbariche professionali al servizio dell’industria - Procedure operative”, la norma nazionale che dal 2010 definisce i criteri e le modalità (in particolare per quanto attiene la sicurezza antinfortunistica) per l’esecuzione di queste particolari attività che nel nostro Paese contano su una solida tradizione e che ad oggi coinvolgono direttamente oltre 350 aziende, sia a conduzione familiare che di dimensione industriale: un panorama articolato che da tempo chiedeva oltre che requisiti univoci di sicurezza, anche un’omogeneità in termini di procedure, tecniche e qualificazione delle professionalità.
Tra leggi e norme tecniche esiste un rapporto stretto, articolato e anche dialettico. Se infatti la normazione viene spesso chiamata a supporto della legislazione, per definire nel dettaglio requisiti, condizioni e procedure tecniche a garanzia di una puntuale applicazione dei principi cogenti, le norme possono anche svolgere un ruolo pienamente proattivo, andando a colmare eventuali vuoti legislativi e intervenendo quindi in ambiti che necessitano di qualche forma di auto-regolamentazione.
Il sopra citato articolo 16, al punto 2, stabilisce che le attività “di cui all’articolo 53 del decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1979, n. 886, sono svolte secondo le norme vigenti, le regole di buona tecnica di cui alla norma UNI 11366”. Un riferimento che conferisce dunque alla norma un valore cogente.
Il richiamo al DPR n. 886 del 1979 è d’obbligo: l’articolo 53 riguarda infatti le prescrizioni generali sull’impiego di operatori subacquei, cioè “le prestazioni lavorative in immersione per il posizionamento della piattaforma, per l’ispezione e la manutenzione delle attrezzature sommerse o per lavori assimilabili”. Sempre l’articolo 53 stabilisce che queste attività “devono essere effettuate solo da personale esperto e fisicamente idoneo, diretto da un responsabile di comprovata capacità, nel rispetto delle norme specifiche in materia e delle regole della buona tecnica”.
La norma nazionale, che ha visto la luce nel giugno del 2010, è andata a colmare una lacuna che vedeva l’Italia in ritardo rispetto agli altri Paesi europei.
La norma nazionale, che ha visto la luce nel giugno del 2010, è andata a colmare una lacuna che vedeva l’Italia in ritardo rispetto agli altri Paesi europei.
Il richiamo alla UNI 11366 nel provvedimento appena varato definisce ora più chiaramente un quadro nazionale sia legislativo che normativo in grado di promuovere attività subacquee professionali all’insegna dei massimi standard di sicurezza per tutti gli operatori del settore.
L’attività subacquea di ricerca scientifica
Considerando che oggi (nel corso del convegno del 20 settembre ndr) si è parlato delle problematiche del settore della ricerca scientifica, appare ragionevole e necessario trovare la strada migliore per estendere a questo settore l’applicazione delle norme regolamentari e tecniche appena richiamate.
La normativa attuale che regola questa parte delle attività subacque è infatti lacunosa dimenticando, spesso, che molti di questi soggetti sono lavoratori con alle spalle professionalità ed esperienze di diversa natura, da quelle più complesse a quelle più elementari.
Le statistiche degli ultimi anni ci dicono che l’incremento dei soggetti abilitati allo svolgimento delle attività subacquee viaggia intorno al 3% annuo con picchi anche notevoli come quello del 2008 in cui l’attività turistico ludico sportiva ha avuto un’impennata vicina al 30%.
Le statistiche degli incidenti e delle morti, tuttavia, sia nel settore lavorativo che in quello ludico - ricomprendendo in questa definizione tutto ciò che non è professionale - sono altrettanto crude e, nelle loro dinamiche, ci confermano che è sempre più necessaria un’azione di formazione e addestramento molto più specifica e codificata, se non nelle materie trattate, sicuramente nella qualità dei formatori e degli istruttori.
Purtroppo, in Italia scontiamo in genere un ritardo nella previsione delle forme e nei criteri di qualificazione connesse alla preparazione dei formatori incaricati dell’istruzione e dell’addestramento dei lavoratori alla sicurezza sul lavoro e di questo ritardo ne risente anche il settore delle attività subacque.
Questo vale per chi prepara un fotografo o cineoperatore come per chi avvia alla subacquea cittadini desiderosi di scoprire il fantastico mondo del mare, delle sue risorse e dei suoi abitanti.
Dico ciò in quanto ritengo che occorra, nel campo lavorativo ma anche ludico-sportivo, un riconoscimento ed una puntualizzazione a 360° dei ruoli e delle funzioni di ciascun soggetto, sia esso lavoratore (soggetto autonomo o alle dipendenze di un datore di lavoro), utente praticante di discipline sportive o istruttore (formatore) e la norma non può prescindere dalla insindacabile valutazione che la tutela della vita umana e della integrità psicofisica è affidata alla conoscenza dei fenomeni, alla individuazione, diffusione e corretta gestione delle buone prassi e al sapere tecnologico (non possiamo dimenticare che le attrezzature subacquee, in fondo al mare, non sono strumenti di produzione ma sono componenti fondamentali salvavita) – sanitario, tecnico scientifico.
Dunque, anche nella pianificazione delle attività di subacquea non industriale, occorre partire dalla valutazione dei rischi e dalla formazione obbligatoria degli addetti: quella per i lavoratori, con pacchetti mirati alla attività concretamente svolta e certificata dalle regole appena introdotte in materia di formazione. Quella per i formatori, istruttori e addestratori, anche ludico-ricreativi e sportivi con standard formativi di qualità e specializzazione in grado di non produrre semplicemente “brevetti”, ma cittadini consumatori consapevoli e preparati ai rischi del mare, anche se solo quelli legati al diletto.
La formazione dei formatori nelle attività subacque
Occorre dunque una norma, o una estensione delle norme in vigore per la subacquea industriale, che preveda o rafforzi ove necessario vincoli e qualità in materia di formazione, soprattutto specialistica, perché ogni attività ha rischi diversi, misure di prevenzione diverse e metodi di comportamento strettamente legati.
Anche nella formazione della subacquea non industriale è necessario quello stesso rigore che è stato introdotto con il Decreto Legislativo 81/08 e l’ultimo Decreto legge del 24 gennaio 2012 per tutte le altre attività lavorative, rigore che individua percorsi formativi e caratteristiche professionali dei formatori, istruttori e addestratori.
Faccio queste considerazioni sapendo di parlare ad una platea che so essere attenta, responsabile, e altamente professionalizzata. Questa iniziativa è la testimonianza dell’importanza del lavoro che vi avviate a fare.
Intanto si deve osservare che la sicurezza sul lavoro per le attività di superficie (le vogliamo chiamare così?) ha avuto un ampio sviluppo da quando le normative hanno reso obbligatoria, pianificandone i percorsi e le modalità di erogazione, la formazione dei lavoratori in relazione alle diverse tipologie di rischio.
Ulteriore osservazione da fare è che l’efficacia e la qualità della formazione, derivante da una accurata progettazione di percorsi formativi innovativi che hanno posto alla base delle metodologie l’interattività ed il coinvolgimento dei partecipanti, ha prodotto dei risultati notevoli per quanto riguarda la riduzione degli infortuni nell’ambito di tutte le attività lavorative normate e previste nell’ambito del Decreto legislativo n. 81 del 2008.
Altrettanto penso sia da farsi nell’ambito delle attività subacque.
Progettare e gestire percorsi di formazione che non si limitino solo all’insegnamento delle tecniche di immersione e dell’uso dei dispositivi, ma amplino lo scenario con la finalità di coinvolgere i partecipanti ai corsi anche su tematiche inerenti le dinamiche di gruppo, la gestione delle emozioni e autocontrollo, affinando le capacità organizzative, di soluzione di problemi e di leadership finalizzando la didattica all’insegnamento di come migliorare le proprie abilità subacquee e guidare ed aiutare gli altri partner di immersione nei momenti di pericolo.
Ciò richiederà la formazione di formatori altamente specializzati che uniscano a competenze di diving quelle tipiche dei formatori, prevedendo anche per costoro percorsi professionalizzanti ed una certificazione specifica come avvenuto per i formatori alla sicurezza sul lavoro delle attività di superficie.
L’esperienza fatta attesta che la qualificazione dei formatori unita alla qualità dei corsi di formazione è una potente arma di contrasto degli infortuni, in particolare quando questi elementi riescono ad influire sui comportamenti e gli atteggiamenti dei destinatari.
AiFOS da anni ha intrapreso questa strada certificando, a vari livelli, la formazione dei propri iscritti potendo in tal modo verificare l’efficacia dei corsi progettati ed erogati dai formatori qualificati e/o certificati da AiFOS. Per tale motivo la nostra associazione si propone, anche in questa sede, come soggetto esperto nel campo della formazione, mettendo a disposizione le proprie competenze e quella dei propri formatori a supporto delle ricerche e dei progetti del tavolo di lavoro per la tutela della salute e sicurezza sul lavoro nelle attività subacque scientifiche.
Conclusioni
È legittimo sostenere che la concatenazione e l’integrazione di una formazione di qualità erogata tramite formatori qualificati, la sua regolazione normativa ed il recepimento delle previsioni legislative nell'ambito degli Accordi Stato-Regioni ha determinato una riduzione degli infortuni.
In questa materia ritengo strategico ed indispensabile il ruolo svolto dalle Regioni nella gestione sul territorio della sicurezza lavorativa. Tale ruolo deve essere riconfermato anche nella sicurezza delle attività subacque.
Anche se l’attività subacquea scientifica, insieme a quella ricreativa e sportiva, è oggi gestita da norme tecniche internazionali e da buone prassi universalmente riconosciute a cui gli operatori del settore sono rigorosamente sottoposti, ritengo comunque necessario che si attivi la norma europea sulla valutazione dei rischi nel campo scientifico e ludico-sportivo in attesa che il legislatore intervenga nel complesso normativo per regolare tutte le attività subacquee nel loro complesso, all’interno del quale la figura di un formatore qualificato trovi la sua cittadinanza e norme adeguate alla natura e unicità di questa attività che, considerata la configurazione geografica del nostro paese assume e sempre più deve assumere un rilievo notevole nell’ambito delle attività lavorative, scientifiche e ludico-sportive.
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