Formazione: come trasmettere la passione per la sicurezza
Brescia, 22 Feb – Perché un percorso formativo possa aiutare veramente i lavoratori ad avere una corretta percezione dei rischi lavorativi e a modificarne i comportamenti, è necessario che i lavoratori comprendano non solo l’importanza e l’ utilità della formazione ma che si appassionino al tema della sicurezza.
Tuttavia riuscire a trasmettere ai lavoratori la “passione per la sicurezza” non è semplice e la trasmissione di questa passione dipende da molti fattori e non solo dalla metodologia formativa adottata.
Per capire come spingere i lavoratori ad appassionarsi alla sicurezza, per avere qualche suggerimento su come realizzare percorsi formativi coinvolgenti abbiamo rivolto qualche domanda a Paolo Zambianchi (HSE Training Coordinator) che ha tenuto, durante la prima edizione del “ Richmond HSE Forum” nel 2018, un incontro dal titolo “La sicurezza? Non mi riguarda, roba da HSE”.
L’intervista a Paolo Zambianchi
Lei crede che nelle aziende la tutela di sicurezza e salute non appassioni i lavoratori? Perché è importante trasmettere ai lavoratori la passione per la sicurezza?
Paolo Zambianchi: Enzo Ferrari diceva “Non si può descrivere la passione, la si può solo vivere”. Riuscire però a far vivere la passione per Salute e Sicurezza ai lavoratori, è tutt’altro che semplice. Eppure si tratta della LORO Salute e della LORO Sicurezza, nonché di quella dei loro colleghi: quelli con cui al Lunedì scambiano qualche battuta sul calcio; quelli che li fanno sorridere quando raccontano una barzelletta e coi quali parlare dei propri figli e dei sogni che nutriamo per loro. La nostra squadra del cuore, una barzelletta o le preoccupazioni e soddisfazioni che ci danno i nostri figli, sono invece riconosciuti da tutti come molto importanti.
I lavoratori, purtroppo spesso, non comprendono che lavorare in modo sicuro e salutare è l’unico modo per poter vivere appieno le emozioni che la nostra vita può darci.
Ma questi concetti, seppur semplici, non possono essere detti, vanno vissuti, tramite le emozioni. Ecco perché un corso sulla sicurezza deve essere davvero una esperienza, un viaggio all’interno delle emozioni, affinché i lavoratori possano vivere la passione, non certo per obblighi e divieti, ma per la loro vita.
La passione per la sicurezza
Come appassionare i lavoratori alla sicurezza? Ci sono prassi, strategie, suggerimenti che vuole fornire ai nostri lettori?
P.Z.: Non certo elencando le sanzioni previste o ricordando loro quale articolo li obbliga a fare qualcosa. Non sto dicendo che informarli dei loro obblighi e responsabilizzarli non sia corretto, ma dobbiamo partire da un diverso punto di vista.
Pensate ad un viaggio bellissimo che avete a lungo pianificato di fare oppure ad uno sport che avete a lungo pensato di praticare. In entrambi i casi vi siete a lungo informati circa le regole da applicare, avete cercato tutte le informazioni possibili e siete diventati quasi degli esperti su quel tema. Ma perché lo avete fatto? Perché sentivate nel profondo la voglia di visitare quei posti o vivere l’esperienza di un nuovo sport. È stato questo ciò che vi ha spinto a cercare tutte le informazioni possibili.
Possiamo ottenere lo stesso effetto con la Salute e Sicurezza sul lavoro, se riusciamo a far emozionare le persone che partecipano ai corsi e a far vivere loro la passione per la vita, allora saranno loro a cercare tutte le informazioni. E a quel punto inoltre, non sarà più necessario obbligarli a fare qualcosa o sanzionarli perché non lo hanno fatto, perché saranno loro a volerlo fare, a voler applicare quelle regole che gli consentono di vivere appieno una vita lavorativa sana e sicura, che gli consenta di vedere crescere i propri figli, giocare la propria squadra del cuore o anche semplicemente sentire quale nuova barzelletta si è inventato il nostro collega che è sempre di buonumore.
Il coinvolgimento dei lavoratori e il gioco nell’apprendimento
Perché è importante e come coinvolgere i lavoratori nei percorsi formativi?
P.Z.: Ormai al giorno d’oggi le persone godono di una discreta cultura. Anche se qualche lavoratore sbaglia i congiuntivi, non sono all’oscuro di come funziona con i prodotti chimici o di quali danni possono insorgere da una caduta dall’alto. Troppo spesso nei corsi vedo i lavoratori trattati come bimbi, come se non fossero consapevoli di elementi banali quali la necessità di tutelarsi contro una caduta dall’alto quando si lavora a più di 2 metri o di non bere una vernice. Non saranno forse consapevoli che l’ingestione di un prodotto chimico può avvenire non solo bevendolo ma anche attraverso la mucosa oculare. Ma prima di iniziare a dettargli le regole e elargire troppe informazioni, è importante capire che cosa sanno già su quel determinato argomento. Sebbene questa affermazione sembri banale, vi invito a pensare a quando è stata l’ultima volta in cui, prima di iniziare un corso, vi hanno fatto compilare un bel test di ingresso o intervistato approfonditamente per capire che cosa già sapevate di quel determinato argomento.
Ritengo che la verifica delle competenze in ingresso sia essenziale e che, qualora in aula ci siano competenze miste, quale migliore occasione per sfruttare le competenze presenti in aula e lasciare che, almeno in parte e sotto la supervisione di un formatore esperto, i partecipanti al corso si formino tra di loro. La “peer education” si può applicare in tanti modi e si può estendere ben al di là del corso, grazie ad esempio al mentoring o al tutoring, strumenti che consentono non solo di formare le persone ma anche di responsabilizzare i più esperti (che staticamente si fanno male più spesso) in quanto rappresentano l’esempio per i formandi. In questo modo vivono giorno per giorno quanto lavorare in modo sicuro e salutare sia un dovere anche nei confronti dei colleghi.
Ultimamente si parla dell’importanza del gioco nell’apprendimento. Quanto crede sia rilevante nella modificazione dei comportamenti non sicuri?
P.Z.: Ci sono tantissime ricerche che confermano che l’apprendimento avviene in maniera più efficace quando ci si diverte.
Del resto lo sperimentiamo tutti. Pensate anche solo banalmente alle scene di un film comico o una commedia: ve le ricordate? Probabilmente conoscete persino le battute a memoria! Anche le emozioni negative sono importanti e vanno vissute per apprendere bene, specie per fissare alcuni concetti chiave, ma sicuramente il divertimento, oltre ad essere più piacevole, consente di raggiungere standard di apprendimento ancora più elevate. Inoltre quando ci si diverte il tempo passa in fretta e siccome le ore di formazione sono parecchie, questo può essere un ulteriore elemento di benefit nell’uso del gioco per l’apprendimento.
Anche in questo caso le soluzioni sono tante e si può scegliere tra le attività esperienziali, i role playing, i giochi in scatola adattati, i simulatori, ecc…
L’unico elemento a cui porre attenzione è il briefing ed il debriefing, ossia la cura che ci mettiamo per introdurre il gioco e per trarre insieme le conclusioni a fine gioco. Il formatore, o per meglio di dire il facilitatore, deve avere chiaro quale obiettivo vuole raggiungere, illustrarlo ai partecipanti e facilitare, con il ruolo laterale, il raggiungimento di questo obiettivo.
Difficoltà e strumenti del formatore
Quali sono a suo parere le principali criticità che deve affrontare un training coordinator nelle aziende?
P.Z.: Innanzitutto cercare i giusti collaboratori. Siano essi esterni o interni all’azienda, devono condividere la passione per Salute e Sicurezza che, un buon training coordinator, dovrebbe avere. Non si tratta solo di stilare una matrice di formazione e di preparare delle schede corso. Si tratta di domandarsi ogni giorno “come posso far vivere la passione per Salute e Sicurezza ai nostri lavoratori”?
Naturalmente poi si deve riuscire a far collimare le esigenze dell’azienda a quelle della formazione per la Salute e Sicurezza. E non mi riferisco solo a trovare la data giusta o la location più economica, ma piuttosto a “coordinare il messaggio”. Ossia se vado ad un corso sulla sicurezza e viene fuori che le catene per imbragare un certo carico non vanno utilizzate e poi in cantiere le utilizzano, abbiamo vanificato completamente l’attività formativa nella sua interezza. Anche se il corso fosse durato 5 giorni, quei 5 minuti in cui si è trattato quel tema, che poi viene disatteso nella realtà, distruggerebbe tutto.
Per questo motivo ci si deve allineare sempre con la realtà operativa e trovare insieme la migliore soluzione per comunicare solo ciò che davvero viene poi praticato. I partecipanti ai corsi poi, spessissimo, testano in aula le competenze del formatore che quindi pertanto non può essere un “professore di doppio petto”, ma deve avere maturato una certa esperienza “sul campo”. Anche solo l’uso del corretto termine tecnico, anche gergale, può fare la differenza.
Nei suoi incontri sul tema della formazione lei ricorda spesso tre semplici frasi: “quel che sento dimentico, quel che vedo ricordo, quel che faccio imparo”… Quali sono gli strumenti utili per rendere la formazione più efficace?
P.Z.: Amo gli aforismi e ne cerco sempre di nuovi. In realtà mi imbatto sempre in essi, all’interno dei libri che leggo. Ecco forse è proprio questo lo strumento, l’unico vero strumento: la ricerca. Una ricerca continua, spasmodica, di nuove tecniche, nuove ricerche, nuovi video, nuove linee guida. Insomma un costante aggiornamento, che prosegue anche al di fuori del normale orario lavorativo. Per fare ciò però serve passione, non basta volerlo fare. Riuscire a presentare sempre elementi nuovi nei corsi qualifica il formatore agli occhi dei lavoratori e rende la vita del formatore più piacevole: vi immaginate cosa vorrebbe dire ripetere tutti i giorni la stessa cosa? Insomma, lavoro lavoro lavoro, di ricerca. Ecco l’unico strumento, secondo me. Ma non si tratta per forza di lavoro perché, come dice uno dei miei aforismi preferiti: fai quello che ami e non lavorerai un giorno della tua vita!
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
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Rispondi Autore: Andrea colombo - likes: 0 | 22/02/2019 (08:12:29) |
Ottima riflessione che spinge a domandarsi come fare sempre meglio e a non accontentarsi. |