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Per una formazione di qualità: come investire “in sicurezza”

Per una formazione di qualità: come investire “in sicurezza”

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Categoria: Informazione, formazione, addestramento

17/04/2024

Riflessioni sulla qualità della formazione alla salute e sicurezza sul lavoro con riferimento ai risultati di una recente ricerca sul campo. A cura di Diletta Gazzaroli e Laura Galuppo, Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del S. Cuore.

Di fronte ai recenti dati su infortuni e malattie professionali, che mostrano un sensibile peggioramento rispetto all’anno passato, e alle cronache dei gravissimi incidenti di questi ultimi mesi, è importante e necessario tornare a parlare di qualità della formazione.

 

E lo possiamo fare oggi attraverso i risultati della prima fase di una recente ricerca che, come racconta il contributo che pubblichiamo oggi di Diletta Gazzaroli e Laura Galuppo (Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica del S. Cuore), ha avuto come obiettivo la messa a fuoco e sistematizzazione delle evidenze scientifiche disponibili sulla qualità e l’ efficacia della formazione alla salute e sicurezza, anche con riferimento alle diverse modalità formative.



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Per una formazione di qualità: come investire “in sicurezza”

 

La valutazione della qualità della formazione alla salute e sicurezza sul lavoro è tema delicatissimo e di centrale importanza oggi. Il dibattito sul nuovo Accordo Stato-Regioni, previsto per il 2022 ed ancora non definitivo, rappresenta un indicatore importante della crucialità di questo argomento, su cui trovare convergenze e linee guida affidabili rappresenta una partita sempre aperta.

 

Alle numerose e approfondite valutazioni sul tema aggiungiamo in questa sede un ulteriore punto di vista, che viene da una recente ricerca sul campo. Lo studio, avviato entro il Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica a gennaio 2024, ha avuto come obiettivo la messa a fuoco e sistematizzazione delle evidenze scientifiche ad ora disponibili sulla qualità e l’efficacia della formazione alla SSL, e l’approfondimento di quali specificità oggi in particolare abbia la formazione digitale sul tema. Da gennaio a marzo 2024, un’analisi della letteratura internazionale più recente, integrata con interviste in profondità a figure esperte nel panorama italiano, ha offerto diverse evidenze [1] su quali siano oggi le sfide per la formazione alla SSL e su quali criteri debbano essere presi in esame per valutare la qualità di una proposta formativa, sia essa in presenza o online [2]. Di seguito presentiamo alcuni snodi critici emersi dallo studio, che ci sembra possano fornire indicazioni interessanti per una scelta di valore.

 

Di quale salute e sicurezza parliamo…

Una prima evidenza emersa nella letteratura e nelle interviste è che scegliere una buona formazione alla SSL richieda uno sforzo di progettazione accurata, che parta da una adeguata “definizione” di salute e sicurezza. Se è vero che la formazione alla salute e sicurezza ha infatti questi due costrutti come oggetto, cosa questi significhino apre a molteplici possibili interpretazioni, spesso implicite, e da sempre tema ampiamente dibattuto. Promuovere una performance sicura sul lavoro può infatti indicare lavorare per sviluppare, incoraggiare, rinforzare… una grande varietà di comportamenti, ma anche di atteggiamenti, motivazioni, competenze individuali e collettive.

 

Dunque, da questo punto di vista, le proposte di formazione non sono tutte uguali. Molte si limitano infatti a lavorare sul piano della conoscenza dei rischi e delle procedure di sicurezza specifiche per un certo settore; altre si assestano su un obiettivo di promozione della “safety awareness”, cioè della capacità di individuare situazioni di rischio nel proprio contesto e di identificare, anche in situazioni nuove o inedite, procedure e comportamenti sicuri. Altre proposte, rivolte soprattutto ai preposti o ai datori di lavoro, mirano a sviluppare non solo conoscenze, ma competenze: la capacità di comunicare adeguatamente rischi e di motivare alla messa in atto di comportamenti sicuri; la capacità di monitorare e supportare i colleghi in un corretto reporting; la capacità di sostenere climi e culture di lavoro in cui la sicurezza rappresenti un valore strategico. Si tratta di obiettivi corretti e fondati; tuttavia, non tutti hanno la stessa crucialità ed importanza. La letteratura consultata sottolinea ad esempio che tanto più la formazione – ai lavoratori come ai preposti o ai datori di lavoro - si discosta dalla pura trasmissione di concetti e regole, ma si propone di impattare sugli atteggiamenti, sulle relazioni, sulle competenze trasversali, tanto più essa ha potenzialità di incidere nelle prassi quotidiane, creando un clima di accettazione e di valorizzazione diffusa della sicurezza e della salute. Per formare davvero alla sicurezza, pertanto, può non bastare attivare un percorso di apprendimento di nuove conoscenze e tecniche, ma serve accedere anche a nuove dimensioni: il piano delle motivazioni, delle relazioni, degli atteggiamenti professionali, della leadership e della comunicazione tra colleghi. Questo allargamento è coerente con l’idea enfatizzata in diverse interviste di una «formazione diffusa»: azione di sistema, che incide a più livelli, che si integra sinergicamente con altre proposte (es. formazione alla leadership o alle soft skills) e che con più probabilità può influenzare la creazione di una cultura che valorizzi la SSL e non la consideri un mero adempimento. Identificare bene di quale sicurezza e di quale salute si parli nelle proposte formative in cui ci si imbatte, è dunque un primo criterio per stabilire quanto largo o quanto stretto sarà il perimetro di potenziale impatto della formazione stessa.

 

La centralità della progettazione per una formazione che coinvolga e che crei “dissonanza”

Letteratura e interviste concordano nel sottolineare che, per quanto possa sembrare uno dei fondamentali “dati per scontato”, la progettazione è ancora spesso deficitaria quando si parla di formazione alla SSL, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di un effettivo trasferimento nei comportamenti quotidiani. Pertanto, chi è chiamato a progettare così come i fruitori della formazione dovrebbero evitare quanto più possibile l’adozione di un approccio settoriale o di una logica strumentale di massimizzazione del rapporto costi-profitti; pena progettazioni e proposte formative con minore salienza rispetto alla realtà del lavoratore e una rilevanza residuale dei contenuti a livello personale e organizzativo. Tradotto in termini operativi questo significa elaborare progetti in cui, oltre all’analisi di aspetti tecnici, sia dedicato un adeguato tempo anche ad una entry level analysis (e rilevare eventuali learning gap), basata sulla valutazione di fattori individuali (quali bisogni, stile apprendimento, motivazione, ruolo) ed organizzativi (nei termini formazioni pregresse e alla possibilità di integrare con programmi di intervento a livello strutturale). Nella progettazione, inoltre, al fine di identificare obiettivi adeguati e modalità di lavoro coerenti, si pone la necessità di dare attenzione a chi saranno i destinatari (in quale ambito operano? quale ruolo/i hanno? quale seniority?) e al contesto organizzativo (quale cultura organizzativa? è possibile ricevere supporto con azioni di comunicazione e mission statements? quali DVR e misure di prevenzione e protezione specifiche?). Ne consegue che anche la scelta del formatore dovrebbe essere in coerenza con le specificità del contesto e delle sue esigenze. Non è infatti sufficiente proporre contenuti quanto più possibile chiari ed ingaggianti o accattivanti, ma è necessario che essi siano anche sufficientemente specifici perché i fruitori della formazione possano identificarsi con essi e ancorarli alla propria esperienza professionale. Rispetto alla possibilità di “ancoraggio” alla propria realtà professionale, può infine giocare un ruolo decisivo la creazione di momenti di «dissonanza», ovvero, occasioni che possano consentire ai discenti di rivedere conoscenze pregresse e/o assunti personali scorretti. In tal senso una formazione di qualità non può limitarsi a promuovere l’interazione tra partecipanti o tra partecipanti e formatore, quando possibile, ma anche facilitare il confronto con messaggi spiazzanti e controintuitivi, o aprire momenti di contradditorio per stimolare riflessione critica. A tale scopo sono di qualità proposte formative che riescono a combinare differenti modalità di lavoro, come momenti frontali e trasmissivi insieme a situazioni di analisi di caso e problem solving; osservazioni di video e discussioni su real-life situations (anche con simulazioni in VR); forum e momenti di confronto con figure esperte; attività di peer education; fino alla formazione fuori dall’aula (es. nella modalità della creazione e animazione asincrona di comunità di pratica). In questo senso, più che la specifica modalità con cui la formazione viene erogata, es. in presenza, o elearning, ciò che conta è la sua coerenza con gli obiettivi di apprendimento proposti; la sua ricchezza e capacità di ancorarsi ai contesti e bisogni specifici, la sua multimodalità.

 

Una valutazione autentica (e di “sostanza”)

In continuità e come parte integrante della progettazione, un ultimo tema critico appare quello della valutazione degli apprendimenti e dell’impatto della formazione. Il dibattito su cosa e come valutare la formazione è ampio e annoso. Come apprezzare un cambiamento invisibile, che riguarda il piano del sapere e degli atteggiamenti, prima che quello dei comportamenti? L’approccio in generale più utilizzato, o almeno caldeggiato, è anche in questo caso un paradigma di “complessità”, che prevede una valutazione coerente con gli obiettivi di apprendimento (siano conoscitivi, o relativi ad atteggiamenti e competenze), a più fasi e a più livelli. Una valutazione, in altre parole, che non si limiti ad un test di comprensione finale, eminentemente nozionistico, ma che confronti gli esiti di apprendimento con una baseline di conoscenze e atteggiamenti (pretest-post test); che valuti non solo le ricadute della formazione sul piano cognitivo, ma anche su quello affettivo e relazionale (come la formazione ha modificato il mio rapporto con la sicurezza? La mia sensibilità? La mia propensione a mettere in atto comportamenti sicuri?); e che consenta dei follow up in grado di apprezzare l’eventuale trasferimento degli apprendimenti nel contesto di lavoro quotidiano (a mezzo ad es. di check list). Un secondo aspetto da tenere in considerazione riguarda la necessità che il momento di valutazione rappresenti anche un’occasione di apprendimento, di consolidamento o di ulteriore sensibilizzazione ai contenuti proposti nella formazione. Buone pratiche in questa direzione sono test che costringono al ripasso di alcuni contenuti non ancora appresi, o da cui si accede a momenti di consulenza su temi specifici; prove di verifica che consentono di valutare non solo elementi nozionistici ma competenze, come esercizi di problem solving su casi o check list comportamentali da utilizzare in una logica di auto o etero monitoraggio; follow up multipli che consentono di richiamare o ridiscutere alcuni contenuti a distanza di tempo.

Scegliere un prodotto formativo di valore significa dunque accertarsi che la valutazione sia presente, ben curata, e soprattutto non gestita solo come adempimento formale ma, in coerenza con la proposta di apprendimento, come ulteriore momento formativo e di rinforzo al trasferimento di quanto appreso nella quotidianità lavorativa.

 

Riflessioni finali

In sintesi, per disegnare (e dunque scegliere) una formazione di qualità i criteri verso cui ci appare sempre più necessario orientarsi sono: una definizione chiara e accurata dei risultati attesi di apprendimento; una progettazione il più possibile basata sui bisogni formativi  e sulle caratteristiche specifiche del target; l’imprescindibilità del coinvolgimento e della interazione con e tra partecipanti come leve per la motivazione e per la finalizzazione nella pratica; la qualità e adeguata articolazione dei metodi di valutazione. Oltre alla necessaria qualità degli aspetti tecnico/procedurali, dunque, la letteratura e gli esperti nel settore ci sembrano suggerire l’importanza di ritornare ad un confronto più profondo sul senso strategico della formazione e sulla necessità di non standardizzare eccessivamente la sua progettazione e design, pena una riduzione pericolosa della sua capacità di impatto.

Certo, restano aperte questioni di sostenibilità economica, di controllo dell’effettiva fruizione e partecipazione alle proposte, così come il dibattito su aspetti tecnici, quali il numero di h minime o le modalità – es. in presenza o elearning - migliori per l’erogazione dell’azione formativa. Tuttavia, specie su questo ultimo piano, le evidenze di ricerca e le opinioni degli intervistati paiono concordi nel sottolineare come non tanto il canale di erogazione, ma la qualità complessiva della proposta, la narrazione valoriale che essa veicola, la sua capacità di adattarsi alla varietà dei contesti professionali che incontra, siano elementi di prioritaria importanza, rintracciabili (o meno) tanto in presenza quanto a distanza.

Quella delineata è certamente una prospettiva ambiziosa e sfidante; riteniamo però sia anche un passaggio obbligato per garantire alla formazione standard di qualità sempre più elevati, in modo che la SSL diventi parte integrante della vita organizzativa e dell’esperienza delle persone al lavoro oggi. [3]

 

 

 

Diletta Gazzaroli e Laura Galuppo

 

Dipartimento di Psicologia - Università Cattolica del S. Cuore.

 



[1]   Nota metodologica: la ricerca in letteratura è stata condotta da gennaio a marzo 2024, sul database internazionale Scopus Elsevier, che raccoglie le principali pubblicazioni scientifiche di riviste nazionali ed internazionali in diversi settori disciplinari. La ricerca si è focalizzata su articoli pubblicati negli anni dal 2013 al 2023, ed ha previsto una selezione progressiva di pubblicazioni, da una base iniziale di circa 850 documenti ad una selezione di circa 60 pubblicazioni nazionali ed internazionali. Per avere un quadro più contestualizzato e specifico, sono state condotte anche 10 interviste a testimoni privilegiati del panorama italiano (cfr. nota n. 3) in materia di formazione alla SSL, scelti tra esperti del mondo dell’industria, degli organismi di vigilanza, delle relazioni industriali, della legislazione e della consulenza in materia di salute e sicurezza. Le riflessioni qui presentate sono l’esito di una analisi aggregata delle evidenze scientifiche e delle interviste.

[2]   Con formazione online si intende sia in modalità videoconferenza che e-learning.

[3] Si ringraziano per la disponibilità all’intervista e per la collaborazione alla ricerca, in particolare: Franco Amicucci, Renata Borgato , Pietro de’ Castiglioni, Lorenzo Fantini, Cinzia Frascheri, Federico Maritan, Marco Masi, Marco Stancati.


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Rispondi Autore: Alessandro Zaniboni Medico Competente - likes: 0
17/04/2024 (04:42:53)
Discorso complessivamente poco chiaro. Lodevoli le intenzioni ma non se ne traggono indicazioni utili. Proverò a rileggerlo una seconda volta
Rispondi Autore: Aldo Perron - likes: 0
17/04/2024 (05:19:02)
Approccio teorico, poco utile per ridurre i quasi infortuni. Forse serve per un programma da inserire nella scuola dell'obbligo.
Rispondi Autore: Giovanna Salsi - likes: 0
17/04/2024 (07:53:27)
contiene riferimenti e spunti interessanti. Certamente il tema della formazione di qualità in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro in Italia oggi è un grosso problema e parrebbe, dalle bozze degli ASR in circolazione, che si punti ancora alla forma piuttosto che alla sostanza. Solo con una formazione di qualità è possibile incidere in modo efficace sui comportamenti che sono causa di oltre il 70% degli infortuni sul lavoro.
Rispondi Autore: Telmo - likes: 0
17/04/2024 (10:00:54)
Non si capisce niente..se non fumo fumo fumo...
Rispondi Autore: raffaele scalese - likes: 0
17/04/2024 (10:53:29)
Ci sarebbe nolto da aggiungere e dire.
Tuttavia per ora non me la sento poichè non condivido i giudizi severi di alcuni colleghi.
Essi infatti mettono in evidenza i risultati, purtroppo scarsi.
Ma qui parliamo di metodo e formazione specifica dei docenti.
Infatti non è detto che un premio nobel (e non è il nostro caso) sia anche in gradi di "insegnare" in modo efficace.
Resto in contatto per altri commenti
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
17/04/2024 (12:28:04)
Per quanto riguarda l'efficacia della formazione in materia di SSL, raccomando la lettura di questo articolo su Puntosicuro del 4 ottobre 2023 "La formazione alla sicurezza degli Accordi Stato Regioni é servita a qualcosa?"
Rispondi Autore: Paolo Cavallone - likes: 0
17/04/2024 (13:00:58)
Concordo in toto su quanto pubblicato dall'ing. Catanoso nell'articolo su Puntosicuro del 4 ottobre 2023. E' quello il vero approccio alla formazione di qualità se si vogliono perseguire gli obiettivi di ridurre drasticamente gli infortuni e le malattie professionali.
Ci vorrà del tempo, ma a mio giudizio (anche per esperienza diretta) è la sola strada percorribile

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