L’atteso accordo unico e il miglioramento della qualità della formazione
Brescia, 12 Lug – Attraverso gli stimoli normativi del DL 146/2021, come modificato dalla legge di conversione n. 215/2021, finalmente nel nostro Paese, nei tavoli istituzionali, negli organismi di vigilanza, nei convegni, tra le associazioni, le parti sociali e gli attori della sicurezza aziendale, si è tornati finalmente a parlare di formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Se ne discute in attesa del futuro Accordo unico sul tema, che potrebbe arrivare nei prossimi mesi, e con l’importante obiettivo di provare a migliorare la qualità della formazione erogata nel nostro Paese, una formazione che - ricordiamo ancora una volta - è una delle principali misure di prevenzione che abbiamo a disposizione per ridurre il numero di infortuni e malattie professionali.
Per approfondire sul nostro giornale questi argomenti e fornire sia anticipazioni sul futuro Accordo unico che idee possibili su come migliorare la formazione, abbiamo realizzato, dopo l’ intervista all’Ing. Ester Rotoli dell’Inail, una lunga e interessante intervista all’avvocato Lorenzo Fantini, consulente, formatore e, per lungo tempo, dirigente della Divisione Salute e Sicurezza del Ministero del lavoro. Una intervista che, vista la lunghezza e l’importanza della tematica tratta, abbiamo preferito dividere in due parti.
La prima parte, già pubblicata nell’articolo “ Formazione e futuri accordi: indiscrezioni, tempi, novità e formazione a distanza”, ha riguardato l’Accordo atteso (tempistiche, anticipazioni, …) e le tante novità normative in materia di formazione (addestramento, datori di lavoro, preposti, formazione sincrona, …).
La seconda parte, che pubblichiamo oggi, riporta ancora qualche indicazione relativa al futuro Accordo (riguardo alle verifiche di apprendimento e di efficacia) e raccoglie varie riflessioni di Fantini sulle criticità e su cosa, a suo parere, è necessario fare per migliorare la qualità della formazione, ad esempio facendo virare la disciplina della formazione “dagli aspetti burocratici agli aspetti organizzativi” e riqualificando il sistema verso percorsi formativi effettivi e più efficaci.
Il futuro Accordo unico in materia di formazione alla sicurezza darà indicazioni anche sulle modalità della verifica di apprendimento e delle verifiche di efficacia della formazione. Come sarà possibile fare queste verifiche?
Quali sono le principali criticità del nostro Paese riguardo alla formazione alla sicurezza?
Ci sono realtà lavorative in cui la formazione è particolarmente carente o proprio inesistente?
Per ovviare a questa carenza di formazione potrebbe necessitare un inasprimento dei controlli?
Come riqualificare il sistema e i soggetti formatori? Cosa fare per migliorare la qualità della formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro?
L’intervista video è stata realizzata a distanza, tramite piattaforma, il primo luglio 2022 e, come sempre, diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzarla integralmente e/o di leggerne una quasi completa trascrizione (in questo caso della seconda parte).
Questi gli argomenti trattati nell’intervista:
- Accordo unico: le modalità di verifica di apprendimento e verifica di efficacia
- Formazione: le criticità, la formazione assente e i falsi soggetti formatori
- Formazione: migliorare la qualità, qualificare e sburocratizzare il sistema
La seconda parte dell’intervista di PuntoSicuro a Lorenzo Fantini
Accordo unico: le modalità di verifica di apprendimento e verifica di efficacia
Il futuro Accordo unico in materia di formazione alla sicurezza darà indicazioni anche sulle modalità della verifica di apprendimento e delle verifiche di efficacia della formazione. Come pensi possibile verificare questi due aspetti di un percorso formativo?
Lorenzo Fantini:: Qui c'è una chiave di lettura interessante nella legge, perché la legge, la 215/2021, impone all’Accordo in Conferenza Stato-Regioni non soltanto di regolare la verifica finale di apprendimento che diventa obbligatoria per tutti i corsi. Ti ricordo che non era obbligatoria per i corsi lavoratori - un assurdo, qualcuno si era schierato contro al tempo… - però chi fai i corsi sa benissimo che una verifica finale di apprendimento, per capire la differenza tra le competenze in entrata e le competenze in uscita, va sicuramente prevista.
Ma il punto qualificante della legge, su cui io ancora una volta sono d'accordo, è che la legge impone al nuovo Accordo di regolare la verifica “on the job”.
Questo è un punto interessante e rispondo alla tua domanda. L'esperienza che ho fatto nelle aziende con cui faccio attività di consulenza (…) è un'esperienza che mi dice che la cosa che funziona di più sono delle check-list di controllo su determinati argomenti, molto semplici, non giuridici, comportamentali, che vanno controllati nei discenti. Mentre lavorano, come se fosse un audit, arriva qualcuno e ti chiede (…) “ma tu ti ricordi che cosa devi fare rispetto ad un'attrezzatura nell'eventualità che l’attrezzatura si fermi”. Io vorrei che il mio lavoratore (…) mi dicesse “io devo spegnere la macchina e non devo metterci le mani dentro”.
Questo è la cosa che funziona, vediamo se l'accordo lo capirà. Perché per il momento io, nei documenti che ho avuto modo di vedere - tutte bozze, ovviamente - questo non c'è. E sarebbe un'occasione persa se questo non ci fosse.
Sulla verifica finale siamo tutti d'accordo che bisogna farla. Bisognerà capire se la classica verifica con le domande a risposta multipla è riduttiva (…) e se dobbiamo pensare ad altre metodologie o comunque se ci sia almeno l'alternativa tra la metodologia classica e altre metodologie. (…)
Formazione: le criticità, la formazione assente e i falsi soggetti formatori
Dopo aver parlato delle ipotesi sul futuro Accordo unico, veniamo ora ad alcune tue considerazioni sulla formazione alla sicurezza in Italia. Quali sono, a tuo parere, le principali criticità del nostro Paese riguardo alla formazione alla sicurezza?
L.F.: Una criticità riguarda l'addestramento e l’ho già trattata (nella prima parte dell’intervista, ndR).
Troppo spesso le attività di addestramento non vengono fatte, perché si ritiene che la formazione sia sufficiente, e quindi ci troviamo con lavoratori che sono privi della parte pratica della formazione (…).
Questa parte troppo spesso non viene fatta e se viene fatta, viene fatta troppo velocemente.
L'altro tema è l'eccesso di teoricità.
Perché la formazione, per come è regolata adesso, con il numero minimo di ore (8 per le aziende a rischio basso, 12 a rischio medio e 16 a rischio elevato) porta inevitabilmente, o anche per ragioni di costi, ad una formazione troppo spesso generica. Una cosa è che sia una formazione generale, un’altra cosa è che sia una formazione generica, perché la formazione generica ha un effetto francamente nullo in termini di prevenzione. Mi serve soltanto, come azienda, per avere l'attestato.
È questo è il punto delicato. Come trasformare la formazione… (…)
Quindi l'eccesso di genericità è il primo problema, il secondo problema è che l'addestramento certe volte non viene fatto e quando viene fatto viene fatto troppo velocemente. E quindi impedisce di cambiare i comportamenti delle persone che svolgono mansioni manuali, quelle che poi sono esposte ai rischi più significativi.
Ci sono a tuo parere realtà lavorative in cui la formazione è particolarmente carente o proprio inesistente? Come portare la formazione in queste realtà?
L.F.: Faccio una provocazione. Io penso che più del 60% delle amministrazioni pubbliche non abbiano fatto la formazione obbligatoria in materia di sicurezza. (…)
Siamo sicuri che i dirigenti di amministrazioni pubbliche abbiamo fatto il corso da dirigente? Siamo sicuri che i preposti delle amministrazioni pubbliche siano stati individuati e abbiano fatto il corso da preposti? (…) E siamo sicuri che i lavoratori li abbiano fatti i corsi? (…)
Io non ho chiaramente dati sull'irregolarità, ma temo che le aziende che non sono in regola con la formazione in materia di sicurezza siano purtroppo tante.
Poi ci sono anche quelle - lì è ancora più grave – che hanno deciso di far finta di aver fatto i corsi e si sono rivolte a soggetti formatori che con cinque euro ti regalano l’attestato. Quella è un’associazione a delinquere.
Poi non si deve lamentare il datore di lavoro se in quel caso, avendo un infortunio, viene condannato per mancata formazione. Perché il problema è quello, la formazione serve a cambiare i comportamenti individuali per evitare infortuni. E non si deve lamentare il titolare della società di formazione che ha fatto finta di fare un corso che ovviamente manda fuori mercato tutti i soggetti formatori seri.
Sto parlando di soggetti formatori assolutamente “allegri”, organismi paritetici fasulli che nascono col solo scopo di fare formazione (…).
Su questo la bozza di Accordo prova ad intervenire.
Perché – e su questo sono d'accordo – la sensibilizzazione del soggetto formatore e la previsione di forme di responsabilità per il soggetto formatore è una cosa assolutamente necessaria. Lo abbiamo capito tutti.
Per il momento l’attuale sistema non prevede forme di responsabilità per chi organizza il corso. Sostanzialmente ci rimette sempre il datore di lavoro, anche se in realtà chi ci rimette di più, dal fatto che i corsi non siano fatti, è sempre il lavoratore. Perché alla fine il punto debole della catena è chi si fa male. (…)
Secondo te per ovviare a questa carenza di formazione potrebbe necessitare un maggiore controllo?
L.F.: Io sono contrario all'esercito degli ispettori.
Intanto è avvilente che per fare le cose ci sia bisogno di qualcuno che ti minaccia le sanzioni. Noi dovremmo essere un Paese in cui le cose si fanno perché siamo convinti che quel tipo di attività è utile: la formazione è utile per evitare un infortunio. Quindi l'azienda dovrebbe andare in automatico a dire “voglio formare i miei lavoratori”. Non dovrebbe essere nemmeno obbligata – permettimi la provocazione.
Poi che ci siano gli ispettori è giusto. Perché essendo una materia che ha a che fare con la vita delle persone, è giusto che ci siano ufficiali di polizia giudiziaria. E su questo devo dire che il decreto 146/2021 e la legge 215 hanno fortemente potenziato l'attività ispettiva, soprattutto mettendo in campo gli ispettori dell'Ispettorato nazionale del lavoro portando ad una moltiplicazione degli ispettori. (…)
Quindi io non sono tra coloro che dicono che ci vogliono più controlli.
Piuttosto una cosa si potrebbe dire (…). Gli organi di vigilanza, oggi competenti, Ispettorato nazionale del lavoro e Regioni, dovrebbero adottare, rispetto alla formazione, un ragionamento un po' diverso da quello che fanno adesso. Cioè non occuparsi in nessuna maniera di attività di formazione, non riservarsi alle attività di formazione, ma occuparsi del controllo dei soggetti formatori e di chi fa la formazione. Cioè operare proprio come ufficiali di polizia giudiziaria a 360°, perché oggi ci sono ancora delle forme di commistione che io eliminerei totalmente. Io sono in generale per il pubblico che controlla - a campione, perché tanto non ce la fai a controllare a tappeto - e se trovi qualcuno, compresi i soggetti formatori, che non fanno ciò che deve dare, ci deve essere un sistema che permetta, per esempio, di avere un elenco dei soggetti formatori. Questa è un'idea che nel mondo della sicurezza sta girando.
È possibile avere un elenco pubblico di chi può fare i corsi formazione, magari informatico, dal quale si possa essere cancellati se l'organo di vigilanza arriva e non trova determinate caratteristiche di organizzazione del soggetto formatore e di qualità dei corsi?
Io direi che questo è il futuro.
Cioè non prevedere a tavolino chi può fare i corsi, ma prevedere caratteristiche che il soggetto formatore deve avere: una certa organizzazione, personale con un curriculum da cui si evinca che l'attività formativa è stata fatta per un certo numero di anni (non solo i requisiti del formatore) e poi capacità di tirar su progetti formativi. E servono soggetti pubblici che vanno a controllare queste caratteristiche che sono caratteristiche di qualità. Oggi si fa poca o poco controllo di qualità: si fa controllo burocratico. Questo è il punto.
Formazione: migliorare la qualità, qualificare e sburocratizzare il sistema
Per concludere, dopo aver parlato di “quantità” della formazione e di controlli, cosa credi sia necessario fare per migliorare la qualità della formazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro?
L.F.: Dovremmo provare, l'Accordo è un'opportunità, a far virare la disciplina della formazione in materia di sicurezza dagli aspetti burocratici agli aspetti organizzativi. Qualcuno potrebbe dire “sostanziali”, io preferisco parlare di organizzazione.
Quindi (…) il soggetto formatore, a mio parere, deve essere qualificato, cioè bisogna trovare il modo di dire che “occorre un'organizzazione”. Non sto parlando solo di aule, io sto parlando di un responsabile del progetto formativo che è in grado di visionare i progetti formativi, in grado di progettare la struttura e in grado di progettare un progetto formativo rispetto alla valutazione dei rischi dell'azienda. Dobbiamo arrivare a questo. Questo sarebbe l'ideale, ma almeno avviciniamoci, se non ci riusciamo ad arrivarci.
Se no poi facciamo i programmi fotocopia. I programmi fotocopia sono generici, non ci interessano.
È importante valutare, quindi, i requisiti di organizzazione di qualità della formazione e la capacità del soggetto formatore di progettare e realizzare progetti formativi efficaci. Capacità anche di avere un numero di persone, collaboratori di qualità, controllo dei curricula dei docenti, perché il docente è una figura fondamentale. Noi oggi abbiamo una regolamentazione dei requisiti del docente che è una base da cui dobbiamo partire per un controllo di qualità rispetto al formatore. E, su questo, magari creare quell’elenco di cui parlavo prima e che potrebbe essere molto utile. Perché nell’elenco è scritto se i requisiti si raggiungono. (…)
Insomma bisogna fare uno sforzo di qualificazione del sistema.
Questo è il tema. E poi lo dobbiamo legare – le due cose ovviamente sono nettamente collegate - allo sforzo di fare in modo che la formazione sia più - come dice la giurisprudenza - effettiva, efficace e idonea a modificare i comportamenti del soggetto formato. (…)
Noi dobbiamo cercare di capire quali sono gli elementi che rendono un percorso formativo non soltanto conforme alla legge ma soprattutto efficace in termini prevenzionistici. (…)
Ciò che, secondo me, è necessario che lo Stato e le Regioni facciano con questo accordo, è rendere l'Accordo unico meno burocratico degli accordi precedenti.
Facciamo un esempio per tutti.
La bozza che io ho visionato prevede l'obbligo di comunicare agli organi di vigilanza 10 giorni prima l'inizio del corso di formazione. Ma non serve assolutamente a niente la comunicazione preventiva. Primo: esprime la visione di una formazione che viene vista come un posto dove fare sanzioni. Secondo: dove finisce quella comunicazione degli uffici dell'Ispettorato nazionale del lavoro e la ASL, secondo voi?
Questo è un modo di vedere le cose burocratico. Invece non c'è bisogno di comunicazione preventiva: andiamo a controllare i corsi a campione dei soggetti che possono fare il corso e sono autorizzati a fare il corso. Se sei autorizzato a fare il corso ma non rispetti i requisiti organizzativi, ti cancello dall'elenco e vai fuori mercato.
Io penso che sia questo lo sforzo. Non è facile, perché il sistema è radicato. Ci sono delle forme di resistenza anche di tipo microeconomico (…).
Però questo deve essere il futuro, cioè portare, piano, piano, la formazione in una dimensione di qualità. Come si direbbe utilizzando il decreto 81, ci vuole una qualificazione dei soggetti formatori, miglioramento dei livelli di progettazione ed efficacia della formazione.
Se ci riusciamo, io sono contentissimo. Troppo spesso i corsi di formazione annoiano i lavoratori e non riescono a realizzare l'obiettivo. (…)
I corsi di formazione vanno fatti, progettati per un certo soggetto e realizzati tenendo conto dell'obiettivo che si vuole realizzare. Quindi le cose da fare sono tante, in materia di formazione. Sarò contenti se già ne facciamo qualcuna con l'Accordo.
--- fine della seconda e ultima parte dell’intervista ---
Il link alla prima parte dell’intervista a Lorenzo Fantini
Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto
Scarica la normativa di riferimento:
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Rispondi Autore: Luigi Adamuccio - likes: 0 | 12/07/2022 (07:57:31) |
Ottimi spunti per i decisori. Facendo anche solo la meta' di quello che ipotizza il dottor Fantini, saremmo ad un buon punto rispetto a quello che viene previsto e fatto finora. |
Rispondi Autore: claudio aradori - likes: 0 | 13/07/2022 (13:26:53) |
Come non condividere in generale l'analisi dell' Fantini ,dubito fortemente che gli organi competenti ( non troppo ) siano d'accordo. |