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Fare o far finta di fare?

Fare o far finta di fare?

Includere il programma di Educazione civica delle scuole la sicurezza nei luoghi di lavoro con l'obiettivo di “formare cittadini consapevoli di diritti, doveri e tutele dei lavoratori”: una nuova legge e tante questioni sospese?

 

Il Senato ha approvato il disegno di legge che, alla fine dell’iter, porterà all’inclusione nel programma di Educazione civica delle scuole la sicurezza nei luoghi di lavoro con l’obiettivo di “formare cittadini consapevoli di diritti, doveri e tutele del lavoratore”.

 

Per permettere l’introduzione di questo nuovo tema è stato modificato l’articolo 3 della legge 92/2019 che Introduceva l'insegnamento scolastico dell'educazione civica.

 

La senatrice Giulia Cosenza, vicepresidente della commissione Istruzione e Cultura, ha entusiasticamente dichiarato che: “l’introduzione delle conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nell’ambito dell’insegnamento dell’educazione civica è un’azione concreta che interviene sulla formazione per affermare l’importanza della cultura della sicurezza sul lavoro”.

 

Il provvedimento, che si propone di diffondere le conoscenze fondamentali del diritto del lavoro e della sicurezza nei luoghi di lavoro, è stato accolto senza nessun voto contrario, 76 voti a favore e 54 astensioni.

 

Gli astenuti forse non sono stati coraggiosi, ma almeno prudenti.

 

Le, poche, criticità individuate in Commissione hanno riguardato l’entità delle risorse stanziate: “Questo governo ha stanziato per l’educazione la cifra di 7 euro ad istituto. Ma come si può organizzare seriamente un insegnamento su temi tanti importanti con risorse così infime?“ ha sottolineato il senatore Pirondini.

 

Tale perplessità è certamente legittima, ma non coglie il vero problema: non sarà per mancanza di fondi che la norma non produrrà effetti concreti. Non decollerà per tutta una serie di motivi di varia natura, alcuni legati allo specifico contesto scolastico, altri, più generali, al rapporto tra emanazione di norme ed esigibilità di quanto da esse prescritto. A fronte di un sostanziale fallimento del sistema della sicurezza, dimostrato dal numero di decessi registrati nei posti di lavoro (ma dietro di essi quanti sono gli eventi meno gravi nessuno lo sa), l’unica reazione sembra essere quella di legiferare di più.

 

Il che permette in qualche modo di offrire una – falsa – immagine di attenzione al tema e di non attuare gli interventi effettivamente incisivi che potrebbero migliorare le cose (magari cominciando a emanare i decreti attuativi di leggi ormai emesse da anni, di mettere in condizioni gli organi di controllo di esercitare al meglio le proprie competenze).



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Mi limiterò a soffermarmi solo due aspetti che rendono irrealistico gravare le scuole di questo nuovo compito. Ad altra sede le considerazioni sulla vera funzione della scuola.

 

Il primo, ovvio, impedimento deriva dalla mancanza non di fondi, ma di tempo. In proposito non è inutile invitare alla lettura dell’art. 3 della citata legge 92/19, che riportiamo per chiarezza.

 

Esso nell’art. 3 - Sviluppo delle competenze e obiettivi di apprendimento prescrive:

  1.  In  attuazione  dell'articolo  2,  con  decreto  del   Ministro

dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca sono definite linee

guida per l'insegnamento dell'educazione civica che individuano,  ove

non  gia'  previsti,  specifici  traguardi  per  lo  sviluppo   delle

competenze e obiettivi specifici di apprendimento, in coerenza con le

Indicazioni nazionali per il curricolo delle scuole  dell'infanzia  e

del primo ciclo di istruzione, nonche' con il  documento  Indicazioni

nazionali e nuovi scenari e con le Indicazioni nazionali per i  licei

e le linee guida per gli istituti tecnici  e  professionali  vigenti,

assumendo a riferimento le seguenti tematiche:

    a) Costituzione, istituzioni dello  Stato  italiano,  dell'Unione

europea e degli organismi internazionali;  storia  della  bandiera  e

dell'inno nazionale;

    b)  Agenda   2030   per   lo   sviluppo   sostenibile,   adottata

dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015;

    c) educazione alla cittadinanza digitale, secondo le disposizioni

dell'articolo 5;

    d) elementi fondamentali di diritto, con particolare riguardo  al

diritto del lavoro;

    e) educazione ambientale, sviluppo eco-sostenibile e  tutela  del

patrimonio ambientale, delle  identita',  delle  produzioni  e  delle

eccellenze territoriali e agroalimentari;

    f) educazione alla legalita' e al contrasto delle mafie;

    g) educazione al rispetto e alla  valorizzazione  del  patrimonio

culturale e dei beni pubblici comuni;

    h) formazione di base in materia di protezione civile.

  2. Nell'ambito dell'insegnamento trasversale dell'educazione civica

sono  altresi'  promosse  l'educazione  stradale,  l'educazione  alla

salute  e  al  benessere,  l'educazione  al   volontariato   e   alla

cittadinanza attiva. Tutte le azioni sono finalizzate ad alimentare e

rafforzare il rispetto nei confronti delle persone, degli  animali  e

della natura.

 

L’articolo 3 precisa “Le istituzioni scolastiche prevedono nel curricolo di istituto l'insegnamento trasversale dell'educazione civica, specificandone anche, per ciascun anno di corso, l'orario, che non può essere inferiore a 33 ore annue, da svolgersi nell'ambito del monte orario obbligatorio previsto dagli ordinamenti vigenti”.

 

È evidente anche per chi non si occupa di didattica e ignora ogni nozione relativa all’apprendimento che un numero così elevato di tematiche, per di più di ampio spessore, non può essere compresso in un numero tanto ridotto di ore. Almeno se si persegue un minimo di efficacia (numero di cose capite in rapporto alle cose dette). Per di più il nuovo decreto si pone (o forse si limita a dichiarare di porsi) “l’obiettivo di formare cittadini consapevoli di diritti, doveri e tutele del lavoratore”. Un obiettivo che non può dipendere dalla semplice comprensione. Si darebbe prova di realismo dubitando che si possa garantire persino la sola efficienza (cioè, nello specifico, che si riesca a dire nel tempo dato tutto quello che la norma prescrive di dire).

 

Il secondo ostacolo, più specifico, riguarda le competenze in materia di salute e sicurezza del docente a cui si affida l’insegnamento di tale tematica.

 

Peraltro, varrebbe la pena di esaminare anche dal punto di vista contrattuale l’estensione delle attribuzioni di ruolo dei docenti.  

Più nello specifico, l’aver regolarmente seguito la formazione come lavoratrice o lavoratore erogata ai sensi dell’art. 37 del d.lgvo 81/08 non si traduce automaticamente nell’aver competenze abbastanza approfondite in materia da permettere di strutturare un adeguato progetto formativo per gli studenti. Nella maggior parte dei casi i più volenterosi tra i docenti si limiteranno alla somministrazione di una serie di slide.

 

Ho scelto di soffermarmi solo su due delle criticità, derivanti dall’emanazione di questa nuova ennesima legge.

 

In merito, ancora una volta viene in mente la celebre frase di Tancredi nel Gattopardo e si è propensi a ritenere che ancora una volta non si sia cambiato qualcosa per poter continuare a non cambiare nulla.

 

Renata Borgato

 

      





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