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Imparare dagli errori: infortuni e incidenti mortali nelle vasche
Brescia, 11 Lug – Una ricerca dell’Inail/ex Ispesl ha mostrato come tra il 2005 e il 2010 in alcuni ambienti confinati come le vasche siano avvenuti 7 incidenti che hanno provocato 14 decessi.
La seconda tappa di “Imparare dagli errori” attraverso i racconti, le dinamiche di incidenti e le misure di prevenzione relative agli ambienti confinati, non poteva dunque non passare attraverso l’analisi degli infortuni avvenuti in questa tipologia di ambiente di lavoro.
Nelle diverse tipologie di vasche non avvengono, come vedremo, solo infortuni che hanno a che fare con i pericoli correlati all’inquinamento, ma anche più “semplicemente” alle cadute dall’alto.
A parte il primo, gli incidenti presentati sono tratti dalle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
I casi
Il primo caso è tratto dall’intervento di Adriano Paolo Bacchetta, dal titolo “ DPR 177/2011 e criticità operative”, al seminario “Attuazione del DPR 177/2011: lavoro in ambienti sospetti di inquinamento o confinati. Prime esperienze tra buone prassi e criticità”. E fa riferimento ad un incidente in Francia (1960) riportato nel documento "Il pericolo di incidenti nelle attività galvanotecniche – Scenari incidentali".
L’incidente è avvenuto “all’interno di una piccola vasca per la ramatura di oggetti di alluminio, profonda 1,2 m, larga 1 m e lunga 2 m, completamente vuota, che in precedenza aveva contenuto un bagno con la seguente composizione: 72 g/l di KCN, 45 g/l di CuCN e 15 g/l di KOH. Purtroppo in un angolo sul fondo si era raccolto circa 1 litro di soluzione che non era stato possibile drenare e le pareti erano ricoperte con un sottile strato di cristalli insolubili. Un operatore è incaricato di rimuovere queste incrostazioni con una spugna e un secchiello di acido solforico diluito al 15%: per compiere l’operazione, l’uomo entra nella vasca, nella quale è ritrovato dai colleghi senza vita, dopo circa una decina di minuti”.
L’infortunio è stato causato “dalla miscelazione intenzionale tra un acido e una quantità residua di cianuri. Un rapido calcolo permette di verificare come siano sufficienti semplici tracce di cianuri a originare un’atmosfera mortale all’interno di una vasca vuota e a trasformarla in una vera e propria ‘camera a gas’. Nel caso in esame infatti, il volume di aria nella vasca vuota è di soli 2,4 m³, trascurando quello dell’uomo che lavora al suo interno, che lo riduce ulteriormente. Poiché 250 mg/m³ rappresentano la concentrazione mortale, per 2,4 m³ sono sufficienti 600 mg di HCN, quantità che può liberarsi in circa 5 minuti”.
Il secondo caso è relativo ad attività in un bunker per le prove criogeniche che si trova in un’area confinata di uno stabilimento.
Il bunker è “costituito da una grossa buca delle dimensioni di circa 4,05x4,05 m e 4,10 m di profondità. La buca per le prove viene utilizzata come contenitore per le ‘vasche’ nelle quali è inserita la valvola da provare a bassa temperatura. La vasca è costituita da una struttura in cemento fasciata da una gabbia metallica ed ha un foro sul fondo, dotato di valvola, per svuotarla”.
Nel bunker si deve effettuare una “prova di tenuta, a bassa temperatura, circa –200 °C, con gas in pressione di una valvola prodotta dalla ditta. La valvola da provare era stata predisposta in mattinata dall’infortunato con altri colleghi e si era aperta la valvola che immette azoto liquido nella vasca. Gli addetti si erano allontanati dall’area bunker in quanto erano necessarie alcune ore perché la vasca si riempisse di azoto e quindi si potesse eseguire la prova”. Terminata la pausa pranzo una collega “prova a contattare l’infortunato telefonicamente ma questi non risponde; cominciano le ricerche dell’infortunato che viene ritrovato, dopo quasi due ore di ricerche, ‘ghiacciato’ sul fondo della buca dell’area bunker. Il foro presente sul fondo della vasca è stato trovato aperto consentendo all’azoto liquido immesso nella vasca di uscire e riversarsi nella buca del bunker dove l’infortunato è stato ritrovato. L’azoto liquido in alta concentrazione può causare asfissia, i sintomi possono includere perdita di mobilità e/o conoscenza. Le vittime possono non rendersi conto dell’asfissia, e la concentrazione dell’azoto all’interno della buca era molto probabilmente elevata. L’infortunato, verosimilmente, si era calato nella buca attraverso una apertura minima perché probabilmente si era accorto o ricordato che il foro di scarico della vasca era aperto e faceva fuoriuscire l’azoto nella buca del bunker e quindi voleva porre rimedio a questa situazione. L’infortunato ricopriva l’incarico di supervisore dei collaudi speciali ed era stato informato sulle procedure per l’accesso a tali zone”.
Il terzo caso è relativo ad un incidente in una vasca di liquami.
Un lavoratore deve accompagnare i bovini nella sala mungitura e di seguito effettuare la pulizia degli attrezzi e provvedere al riassetto delle stalle. Successivamente viene ritrovato il secchio, che il lavoratore stava utilizzando, in prossimità di un'apertura nel muretto di contenimento della vasca dei liquami. Il suo corpo, ormai privo di vita, viene estratto dalla vasca dai Vigili del Fuoco. L’incidente avviene perché la vasca era priva di parapetti.
Infine un quarto caso relativo alla vasca di sedimentazione dei fanghi di un depuratore.
Durante l'operazione di estrazione di un diffusore di ossigeno posto all'interno della vasca di sedimentazione dei fanghi nel depuratore comunale, il dipendente sale sul muretto a bordo vasca, perde l'equilibrio e cade da un'altezza di circa 4 metri. Muore per contusione agli organi addominali.
La prevenzione
Sono molti gli elementi di prevenzione, in parte già accennati, che potrebbero suggerire le dinamiche riportate.
Ci soffermiamo oggi su alcune indicazioni tratte dal “ Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del dpr 177/2011”, documento approvato dalla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, relative ai dispositivi di protezione individuale.
Il personale che accede in ambiente sospetto di inquinamento o confinato deve essere provvisto dei DPI idonei, secondo le valutazioni e le verifiche effettuate.
Ad esempio il personale deve poter disporre all’occorrenza di dispositivi come:
- “maschere con filtro o respiratori isolanti;
- elmetto per la protezione della testa da caduta di materiale dall’alto o dall’urto con oggetti;
- imbragatura di sicurezza;
- protezione degli occhi se si è esposti a sostanze pericolose, proiezione di schegge, ecc.,
- indumenti di protezione”.
Secondo quanto evidenziato dall’analisi dei rischi potranno essere necessari ulteriori DPI, quali ad esempio i dispositivi per la protezione dalle cadute dall’alto (con riferimento a imbragature, dispositivi di discesa, dispositivi di ancoraggio, sistemi di arresto caduta, ...).
In particolare per stabilire qual è il dispositivo più idoneo per la protezione delle vie respiratorie è necessario:
- “identificare gli agenti chimici contaminanti eventualmente presenti, il loro stato fisico (polveri, fibre, nebbie, fumi, vapori, gas) e la concentrazione;
- stabilire la concentrazione di ossigeno (O2).
Ciò è utile al fine di stabilire se utilizzare DPI respiratori dipendenti (a filtro) o indipendenti dall’atmosfera ambiente (isolanti):
- DPI a filtro, dipendenti dall'atmosfera ambiente, quando il tasso di O2 è superiore al 19,5% (facciali filtranti; semimaschere, maschere intere); possono essere usati al posto degli autorespiratori, solo quando, accertate la natura e la concentrazione dei gas o vapori nocivi o asfissianti, offrano garanzia di sicurezza e sia assicurata una efficace e continua aerazione;
- DPI isolanti (respiratori alimentati ad aria o autorespiratori), indipendenti dall'atmosfera ambiente, nel caso che il tasso di O2 risulti inferiore al 19,5%. Il principio di funzionamento si basa sulla fornitura di aria respirabile prelevata da “zone pulite” oppure da bombole o fonti esterne quali reti di aria compressa. Proteggono sia da carenza d’ossigeno che da elevate concentrazioni di contaminanti”.
Il manuale sottolinea poi che se l’ambiente è sospetto di inquinamento “è necessario un monitoraggio in continuo della qualità dell’aria”.
Per un uso corretto dei DPI per la protezione delle vie respiratorie riportiamo infine le seguenti indicazioni:
- durata dei filtri: “vanno utilizzati filtri di tipo e classi appropriati; poiché possono facilmente andare incontro a saturazione e non fornire più la giusta protezione, vanno regolarmente sostituiti per garantire le prestazioni di protezione, secondo le istruzioni del fabbricante”;
- addestramento: “i DPI delle vie aeree sono di categoria III, per cui i lavoratori devono essere addestrati all’uso corretto secondo le vigenti disposizioni in materia di salute e sicurezza”;
- pulizia e manutenzione: “ad eccezione di quelli monouso, la manutenzione dei dispositivi deve essere eseguita da persone competenti, secondo le istruzioni del fabbricante, e prevedere ispezioni per l'individuazione dei difetti, eventuale sostituzione e controllo delle prestazioni”.
Pagina introduttiva del sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 2342, 2713 e 2543 (archivio incidenti 2002/2010).
Tiziano Menduto
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