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Imparare dagli errori: gli incidenti che avvengono nei pozzi e nelle fosse

Imparare dagli errori: gli incidenti che avvengono nei pozzi e nelle fosse
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

26/04/2018

Esempi di infortuni avvenuti in pozzi di raccolta liquami e durante attività di pulizia di fosse fognarie. Le dinamiche degli infortuni, i fattori causali, la prevenzione e l’importanza della ventilazione nei pozzi e nelle fosse.

Brescia, 26 Apr – Le conseguenze degli infortuni che avvengono nei lavori all’interno di pozzi, fosse e canalizzazioni possono essere molto gravi. E se la causa degli infortuni più gravi dipende dalla presenza di atmosfere pericolose, contrariamente alla maggior parte degli altri rischi professionali - come ricorda un documento elvetico sulla sicurezza in questi luoghi di lavoro – “la messa in pericolo non si limita a spazi ristretti ma può senz’altro estendersi su tutta la zona di pozzi, fosse e canalizzazioni. Sono quindi esposti allo stesso rischio non solo gli infortunati ma anche i soccorritori”.


Proprio partendo da questi dati iniziamo oggi un breve viaggio su alcuni infortuni avvenuti in questi ambienti lavorativi e raccolti, negli anni, dal sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi attraverso le schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio.

 

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I casi di infortunio nei pozzi e nelle fosse fognarie

Il primo caso che presentiamo riguarda un infortunio mortale avvenuto in un pozzetto di raccolta liquami.

In realtà, come indicato nella scheda, la dinamica dell’infortunio “non è definita in quanto non ci sono testimoni del fatto e dai rilievi eseguiti sono plausibili diverse ipotesi”.

 

Tuttavia da quanto è stato possibile stabilire, il giorno dell’infortunio, il lavoratore deceduto, assieme ad un collega, “è intervenuto per svuotare un pozzo di raccolta liquami provenienti dalla fermentazione della paglia usata per la coltivazione dei funghi. Il pozzo era pieno in quanto la pompa sommersa non funzionava. Il pozzo si trova al di sotto del piano di calpestio ed è accessibile da una botola 60 x 60 cm. È profondo 2,27 m. ed ha sezione circolare”.

I due lavoratori “sono intervenuti utilizzando una pompa di riserva. Durante lo svuotamento del pozzo, il collega si allontanava per eseguire altri lavori. Dopo circa un’ora, l’infortunato veniva ritrovato all’interno del pozzo, quasi completamente sommerso dai liquami. Dall'autopsia è emerso che la morte è avvenuta per asfissia, molto probabilmente all’interno del pozzo vi era un’atmosfera carente di ossigeno e l’infortunato non indossava dispositivi respiratori idonei (autorespiratore). All’interno del pozzo è stata rinvenuta una scala a pioli. Non è chiaro da chi sia stata introdotta la scala nel pozzo, se dallo stesso infortunato per scendere e visionare la pompa o se da altri nel tentativo di un soccorso. Le dichiarazioni raccolte al riguardo risultano reticenti. È verosimile che l'infortunato si sia introdotto volontariamente nel pozzo e sia rimasto asfissiato dai gas ivi presenti”.

 

Questi i fattori causali individuati:

  • l’infortunato “si introduceva in pozzetto di raccolta liquami in presenza di gas asfissianti”;
  • “mancata disponibilità di DPI adeguati: autorespiratore”.

 

Il secondo caso riguarda un infortunio plurimo relativo ad una fossa fognaria.

Un lavoratore, al suo primo giorno di lavoro, insieme ad un operaio esperto, si reca con il camion autospurgo presso un condominio con l'incarico di svuotare e pulire la fossa fognaria in disuso. La fossa è costituita da tre cisterne adiacenti e comunicanti fra loro, ognuna con la botola di accesso.

Le operazioni di pulizia prevedono una prima fase di svuotamento delle camere dall'esterno con utilizzo di pompe di aspirazione, ed una seconda fase di pulizia dall'interno, con ausilio di erogatori d'acqua ad alta pressione. L'infortunato doveva rimanere all'esterno per manovrare le pompe e l'autospurgo, mentre il collega "anziano" doveva procedere con la pulizia dall'interno.

Il lavoratore è stato trovato, invece, morto nella terza camera riverso nel liquame, insieme al collega anziano addetto all'operazione di pulizia. Dall'indagine risulta che il lavoratore deve essere sceso all'interno della cisterna probabilmente per soccorrere il collega, ha perso i sensi a causa dei gas prodotti dalla fermentazione del liquame ed è annegato poi a causa dell'aspirazione nei polmoni del liquame stesso. L'infortunato è stato trovato privo di dispositivi di protezione individuale. Nella cabina di guida dell'autospurgo è stata trovata la strumentazione per la rilevazione dei gas, insieme a 2 maschere antigas e a corde di sicurezza.

 

L'indagine evidenziava l'insufficiente valutazione dei rischi da parte del datore di lavoro e la mancanza di procedure di lavoro adeguate; inoltre non era stata fornita ai due operai alcuna apparecchiatura per la ventilazione di spazi confinati, né attrezzature (es. treppiede) per il recupero e salvataggio di infortunati.

 

La prevenzione degli infortuni nei pozzi, fosse e canalizzazioni

Al di là dei casi presentati, per avere qualche suggerimento a livello di prevenzione generale possiamo fare riferimento ad una pubblicazione di Suva, istituto svizzero per l'assicurazione e la prevenzione degli infortuni, dal titolo “ Sicurezza nei lavori all’interno di pozzi, fosse e canalizzazioni”. 

 

 

Il documento, che, non dimentichiamolo, parte da una normativa diversa dalla nostra, è applicabile a pozzi, fosse e canalizzazioni “in cui esistono atmosfere pericolose e nei quali è possibile accedere in piedi o strisciando nonché sostare per eseguire lavori di controllo, pulizia, manutenzione e costruzione”. E in questo caso i pozzi d’accesso alle canalizzazioni sono da considerare “come pozzi ai sensi della presente pubblicazione nei casi in cui la ventilazione naturale non è più garantita in modo sufficiente attraverso il sistema di canalizzazione”.

 

Riguardo alla prevenzione il documento si sofferma, ad esempio, sulla ventilazione nei pozzi e nelle fosse.

Infatti prima di entrare in pozzi e fosse “occorre ventilarli artificialmente in modo da evitare la presenza di un’atmosfera pericolosa. Lo si può fare, per esempio, aspirando i gas nel punto più basso mediante un ventilatore fino a raggiungere un numero di ricambi d’aria pari a venti volte. È da tener presente che l’uso di tubazioni d’aspirazione lunghe causa una diminuzione della potenza della ventilazione”.

E la ventilazione artificiale “deve rimanere in funzione per tutto il tempo in cui persone si soffermano all’interno di pozzi o fosse e vi è pericolo di presenza o formazione di gas o vapori. Lo sbocco della condotta di scarico dell’aria viziata deve trovarsi all’aperto e ubicato in modo da evitare l’accensione dei gas o dei vapori espulsi e la loro penetrazione in quantità pericolose in edifici, pozzi, fosse o canalizzazioni”.

 

E se poi non fosse possibile effettuare una ventilazione artificiale di pozzi, fosse, ecc. (“per es. per la mancanza di spazio o per la profondità del pozzo”):

  • occorre comprovare per mezzo di misurazioni “che non sussiste un’atmosfera pericolosa e portare con sé un autorespiratore d’emergenza, oppure;
  • chi entra nel pozzo o nella fossa deve indossare un respiratore indipendente dall’aria circostante”.

 

Concludiamo segnalando che in una prossima puntata di “Imparare dagli errori”, dedicata a questi luoghi di lavoro, ci soffermeremo anche su altre misure di prevenzione e sulla gestione delle emergenze.

 

 

 

Tiziano Menduto

 

 

 

Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 2834 e 3783 (archivio incidenti 2002/2015).



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