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Imparare dagli errori: quando le vie respiratorie non sono protette

Imparare dagli errori: quando le vie respiratorie non sono protette
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

11/01/2018

Un esempio di infortunio in un ambiente sospetto di inquinamento e correlato all’assenza di apparecchi di protezione delle vie respiratorie. La dinamica dell’infortunio, i fattori causali e l’uso degli APVR negli spazi confinati.

 

Brescia, 11 Gen – Nella lunga serie di puntate dedicata dalla rubrica “ Imparare dagli errori” all’assenza dei dispositivi di protezione individuale, laddove necessari per prevenire o per ridurre la gravità degli incidenti lavorativi, non potevamo non parlare degli apparecchi di protezione delle vie respiratorie (APVR). Dispositivi che spesso sono destinati a salvaguardare da rischi di morte o di lesioni gravi e di carattere permanente (ad esempio con gli apparecchi di protezione respiratoria filtranti e gli apparecchi di protezione isolanti).

 

Dispositivi che, come vedremo nel caso di infortunio presentato, non vengono utilizzati perché non forniti e in una situazione complessiva di carenze in materia di sistemi di sicurezza in ambienti sospetti di inquinamento o confinati.

 

La dinamica dell’infortunio presentato è tratto dalle schede di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

 

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DPI di Terza Categoria per le vie respiratorie
Formazione specifica sui D.P.I. (D. Lgs. n.81, 9 aprile 2008, Artt. 37, 77)

 

Infortunio negli spazi confinato

Si tratta di un infortunio avvenuto tra lavoratori che entrano all’interno di uno spazio confinato.

Un operaio e il suo titolare si recano a bordo del camion attrezzato per l'autospurgo presso la stazione di trasbordo rifiuti per eseguire la pulizia periodica della vasca interrata di pompaggio delle acque nere esistente all'interno del sito. Dopo aver aperto il tombino di accesso e sceso la scala verticale fino a una profondità di 10 m per pulire la vasca, che ha una superficie di 25 mq, con il tubo dell'idropulitrice ed il tubo di aspirazione fanghi, a causa delle esalazioni di acido solfidrico prodotte dalla decomposizione dei fanghi, l'operaio si sente male e perde i sensi.

Il titolare che partecipa dall'esterno al lavoro di pulizia, accortosi del problema, dopo aver dato l'allarme al personale della stazione, per soccorrere il dipendente si introduce nella vasca dove a sua volta perde i sensi.

 

I due lavoratori erano in stato di coma quando sono stati estratti dalla vasca. All'operaio è stato diagnosticato un edema polmonare tossico con insufficienza respiratoria e cardiocircolatoria, mentre al titolare intossicazione da gas dei fanghi e tonsillite.

 

Gli accertamenti delle autorità di controllo hanno evidenziato che la concentrazione di acido solfidrico all'interno della vasca superava di 6 volte il limite previsto dall' ACGIH (60 ppm contro 10 ppm) e che per eseguire le operazioni di pulizia nella vasca non erano stati messi a disposizione i DPI (autorespiratori), né apparecchiature per la rilevazione di atmosfere pericolose (rischio di esplosione, gas velenosi, mancanza di ossigeno) e neppure sistemi per il recupero e salvataggio di persone da pozzi e canali.

 

Sono dunque evidenti, in questo caso, i fattori causali:

  • “il lavoratore è entrato nella vasca senza indossare idoneo DPI non fornito”;
  • “non erano state messe a disposizione apparecchiature per la rilevazione di atmosfere pericolose”;
  • “non erano stati messi a disposizione sistemi per il recupero e salvataggio di persone da pozzi e canali”.

 

La prevenzione dei rischi

Per avere qualche indicazione e suggerimento sull’utilizzo negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati dei DPI delle vie respiratorie possiamo fare riferimento alle “ Istruzioni operative in materia di sicurezza ed igiene del lavoro per i lavori in ambienti confinati”, un documento che raccoglie le indicazioni elaborate dal gruppo di lavoro denominato “Ambienti Confinati”, insediato dal Comitato Regionale di Coordinamento ex art. 7 del D.Lgs 81/2008 della Regione Emilia Romagna, con la collaborazione, nella fase di seconda revisione, dell’Ing. Adriano Paolo Bacchetta.

 

Il documento sottolinea che quando è accertata o comunque non è esclusa la presenza di gas, vapori tossici/nocivi o polveri/aerosol pericolosi e “non è possibile assicurare una idonea aerazione ed una completa bonifica dell’ambiente confinato, il lavoratore deve indossare un DPI delle vie respiratorie, detto anche APVR (apparecchio di protezione delle vie respiratorie)”.

Inoltre “quando si è certi della presenza di ossigeno, è raccomandabile che il DPI sia del tipo ‘maschera a pieno facciale’, che consente anche la protezione degli occhi. Tali maschere devono avere dispositivi filtranti adeguati, con filtri antigas/vapori/particolati; è fondamentale che il filtro sia di classificazione appropriata (tipo e classe) per i contaminanti e le concentrazioni presenti”.

Il documento sottolinea poi che “le maschere con filtri antigas, anche se dotate di filtri specifici per le sostanze tossiche, non possono essere utilizzate in luoghi confinati laddove, oltre alla presenza di sostanze irritanti, tossiche o nocive, vi possa essere carenza di ossigeno (percentuale di ossigeno inferiore al 18%)”.

 

In particolare “per la sosta e permanenza in atmosfera pericolosa, per gli interventi di salvataggio, per i lavori in ambienti con scarso tenore di ossigeno e per lavorazioni particolari come la sabbiatura, gli APVR da utilizzare sono invece i seguenti:

  1. apparecchi respiratori autonomi: autorespiratori a ciclo aperto; autorespiratori a ciclo chiuso (ad ossigeno compresso o ad ossigeno chimico);
  2. apparecchi ad adduzione d’aria dall’esterno (alimentati con ventilatore, compressore, o bombola di gas compresso);
  3. apparecchi ad aspirazione polmonare diretta dall’esterno senza ausili meccanici o manuali (sconsigliati);
  4. apparecchi ad adduzione d’aria e di aspirazione dall’aperto (iniettore)”.

Chiaramente solo gli APVR di cui al punto 1. garantiscono il completo isolamento dall’esterno (respiratori autonomi); gli altri invece “necessitano di un collegamento tramite opportuno tubo con l’esterno per l’adduzione d’aria”.

 

Il documento si sofferma poi anche sugli apparecchi respiratori di salvataggio, che sono “apparecchi autonomi, da utilizzare solo durante le fasi di salvataggio delle persone” e che generalmente garantiscono la respirazione solo per un tempo limitato, definito dalla capacità delle bombole o del generatore (autorespiratori a circuito chiuso a ossigeno chimico a rigenerazione). Si segnala che gli autorespiratori di emergenza “devono poter essere utilizzati anche in atmosfere con percentuali di ossigeno inferiori al 20%, vanno conservati in involucri facilmente apribili, in postazioni protette poste nelle immediate vicinanze delle zone critiche e note a tutti i lavoratori, montati e pronti per un uso immediato e sottoposti a manutenzione secondo la periodicità prevista dal costruttore, per garantirne l’efficienza in caso di necessità. In taluni casi, ad es. quando non si può escludere l’insorgenza improvvisa di situazioni di irrespirabilità dentro l’ambiente confinato (rischio di fumi da incendio, da attività di saldatura, ecc), può essere necessario che ogni persona presente nel luogo confinato disponga di un suo APVR indipendente (ad es. autorespiratore chimico) atto a garantirgli la possibilità di fuga in emergenza”.

 

E, infine, tutti i DPI delle vie respiratorie “vanno accompagnati dal manuale d’uso e manutenzione. Questo, nella parte finale, riporta uno schema nel quale indicare le manutenzioni effettuate ed il nominativo della persona competente che ha effettuato la verifica”. Ed è infatti “inderogabile verificare il funzionamento della apparecchiatura e compilare correttamente quanto indicato nel manuale e d’uso”. Senza dimenticare che i Dispositivi di Protezione Individuale devono anche rispettare quanto indicato nell’art. 76 del D.Lgs 81/2008 e devono corrispondere alle caratteristiche costruttive prescritte dalle norme UNI EN attualmente in vigore.

 

Tiziano Menduto

 

 

Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato la scheda numero 2777 (archivio incidenti 2002/2015).

 


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