Imparare dagli errori: ancora sugli infortuni e i rischi negli spazi confinati
Brescia, 15 Feb – Torniamo a parlare, in “ Imparare dagli errori”, rubrica dedicata al racconto degli infortuni professionali, degli infortuni mortali che avvengono negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
E lo facciamo, dopo aver affrontato in precedenti puntate della rubrica vari aspetti e pericoli connessi a questi spazi, attraverso alcuni contributi, pubblicati sul nostro giornale, di Giuseppe Costa, comandante e dirigente, in questi anni, in vari Comandi dei Vigili del Fuoco.
Contributi che, come vedremo, non solo presentano informazioni sui vari rischi, ma si arricchiscono di vari racconti di infortunio e di approfondimento delle criticità.
Questi gli argomenti trattati nell’articolo:
- Gli ambienti confinati e gli infortuni professionali mortali
- Gli ambienti confinati: rischi da agenti fisici e rischi trasversali
Gli ambienti confinati e gli infortuni professionali mortali
Come indicato in premessa, riprendiamo dalla terza parte del contributo di Giuseppe Costa “Valutazione dei rischi negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati” – pubblicato nell’articolo “ Ambienti confinati: analisi degli infortuni e importanza della formazione” – due gravissimi eventi incidentali.
Il primo è avvenuto ad Adria (Rovigo) nel 2014.
Questa la descrizione dell’evento.
“Quattro morti ed un intossicato in uno stabilimento per il trattamento di rifiuti urbani e speciali a causa di una nube di anidride solforosa.
L’ evento è avvenuto il 22 Settembre del
Riprendiamo una tabella con l’analisi delle possibili criticità che hanno causato l’evento. Criticità che sono da ritenersi indicative in quanto, alla data della pubblicazione del contributo, erano ancora in corso le indagini del PM.
Il secondo evento è avvenuto a Lamezia Terme (Catanzaro) nel 2013.
Partiamo dalla descrizione dell’evento.
“Tre lavoratori muoiono a seguito di un’esplosione verificatasi durante le attività di manutenzione di un silos. Il fatto è avvenuto il 12 Settembre 2013 nella sede nella zona industriale di Lamezia Terme di un’azienda, con sede legale a Latina, che produce oli raffinati, biomasse, glicerina e biodiesel. I lavoratori si trovavano in un cestello sorretto da una gru presso la sommità della struttura e stavano compiendo lavorazioni di saldatura per trasformarla da silos di passaggio a silos di stoccaggio, quando sono stati investiti dall’esplosione probabilmente causata dal contatto tra residui gassosi degli oli e scintille derivanti dalla saldatura. Gli operai erano due dipendenti della ditta a cui era affidata la realizzazione e la manutenzione degli impianti, mentre il terzo era dipendente dell’azienda principale con l’incarico di responsabile della produzione e controllava le operazioni.
Rimandiamo alla lettura integrale del contributo che, anche in questo caso, riporta nel dettaglio l’analisi delle criticità relative all’incidente.
Gli ambienti confinati: rischi da agenti fisici e rischi trasversali
Abbiamo già descritto, in precedenti puntate della rubrica, i possibili rischi per la sicurezza (cadute, seppellimento, incendi, esplosioni, elettricità, …) e i rischi chimici per la salute (asfissia, intossicazione, avvelenamento, …) negli ambienti confinati.
Per completare il quadro ci soffermiamo oggi – senza specifico riferimento ai fattori causali degli infortuni descritti – anche su altre tipologie di rischi, come descritte in un contributo di Giuseppe Costa presentato nell’articolo “ Conoscere i rischi negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati”.
Il contributo segnala che negli ambienti confinati, a causa di determinate lavorazioni da effettuare o dalla tipologia di ambiente in cui si effettuano, possono essere presenti numerosi fattori di rischio ricollegabili alla classe dei rischi da agenti fisici.
Ad esempio riguardo al rumore e alle vibrazioni si indica che “in ambienti confinati, nell’analisi e nella valutazione del rischio di rumore e vibrazioni generati dall’utilizzo di attrezzature necessarie per lo svolgimento del lavoro indicato, bisogna certamente tener conto della propagazione del rumore e delle vibrazioni all’interno di un ambiente chiuso, che può certamente amplificare gli effetti. Inoltre, nel caso di lavori in pozzetti e condutture poste sotto il manto stradale, è necessaria la valutazione dell’incidenza di rumori e vibrazioni prodotti all’esterno dell’ambiente confinato. Rumore e vibrazioni possono portare allo sviluppo di malattie professionali come l’ipoacusia o a patologie muscolo-scheletriche dell’articolazione mano-braccio”.
Il contributo si sofferma anche sui campi elettromagnetici e ROA (radiazioni ottiche artificiali).
Si indica che in particolari ambienti confinati “può sostanziarsi la necessità di condurre operazioni di modifica della struttura dell’ambiente stesso o di manutenzione, come il taglio e la saldatura. Effettuare simili lavorazioni in ambienti di questo tipo comporta un aumento del livello di rischio, già abbastanza alto, rispetto al condurle in un ambiente adeguatamente predisposto; inoltre spesso tali lavorazioni o non possono essere effettuate, o possono essere effettuate successivamente ad una bonifica importante dell’ambiente stesso. Le ROA possono portare a cecità”.
Il contributo presenta anche indicazioni sui possibili rischi biologici, sui fattori ergonomici e sul microclima.
Ci soffermiamo, invece, su quanto indicato per i rischi trasversali, ricordando che nella categoria dei rischi trasversali si possono ricondurre “tutti quei rischi che non appartengono alle precedenti categorie, ma che possono, se non gestiti e valutati correttamente, influire in maniera significativa sui precedenti rischi descritti”.
Ad esempio, in questa categoria di rischi “si possono annoverare i rischi connessi ad una carente o mal gestita organizzazione del lavoro, ovvero i rischi dipendenti dalle dinamiche aziendali”.
Infatti “le attività lavorative in genere, ma con evidenza maggiore per quelle condotte in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, non possono essere improvvisate, ma devo essere pianificate e definite da parte di tutti i soggetti aziendali, individuando specifici compiti e responsabilità da parte di ognuno. In primis, il datore di lavoro, come sopra descritto, deve provvedere all’analisi e alla valutazione di tutti i rischi presenti, in sinergia con l’eventuale Responsabile del servizio di prevenzione (può essere lo stesso datore di lavoro-RSPP), con i Preposti e i Dirigenti, e con il Rappresentante dei lavoratori. Non si nega poi che la designazione del preposto e la definizione della squadra di lavoratori che dovranno operare presso il sito confinato, assumono importanza strategica per la prevenzione di eventi incidentali rilevanti, in quanto tali operazioni di definizione del team di lavoro comportano necessariamente la verifica dei requisiti di professionalità individuati dal DPR n.177/2011, la verifica della somministrazione delle attività di informazione, formazione e addestramento, e la capacità stessa del datore di lavoro di scegliere nella misura più adeguata i lavoratori che possono lavorare insieme. Nell’organizzazione del lavoro rientrano poi tutte le operazioni, a cura del datore di lavoro, di redazione e individuazione delle procedure di sicurezza, sia quelle operative, sia quelle di emergenza e salvataggio. Uno degli scopi dell’organizzazione del lavoro consiste, infatti, nel prevedere, per quanto possibile, ogni imprevisto e ogni pericolo, in modo tale da essere preparati ad affrontarli senza pericolose improvvisazioni del caso, che possono portare ad eventi incidentali peggiori di quanto potessero rivelarsi in caso di adeguata previsione dei rischi”.
E organizzare le attività lavorative “significa poi gestire l’intensità del lavoro e gli aspetti psicologici e fisici individuali. Nelle attività in ambienti confinati infatti, l’intensità del lavoro non può prevalere sulle operazioni di informazione dei lavoratori sui rischi specifici e sulle procedure individuate: tralasciare tali aspetti o condurli con fretta per esigenze di mercato e per poter avere un margine di profitto più alto a fronte di ritmi lavorativi stremanti, comporta sicuramente il prevalere dell’errore umano, con conseguenti infortuni di notevole entità. Lo sviluppo da parte del datore di lavoro di strumenti idonei a programmare una distribuzione equa del carico di lavoro e delle mansioni tra i vari lavoratori, sicuramente, agisce anche sui cosiddetti aspetti psicologici che possono incrementare i livelli di rischio: va valutato infatti anche il rischio da stress lavoro-correlato che si sostanzia in rischi psicologici-sociali che colpiscono l’aspetto emotivo del lavoratore”.
Altri rischi su cui si sofferma il contributo, a proposito di rischi trasversali, sono quelli correlati ai fattori di rischio di tipo cognitivo e soggettivo:
- “Livello di esperienza e di capacità professionale del lavoratore: è evidente come lavoratori meno formati o con un bagaglio esperienziale minore siano più esposti a rischi d’infortunio rispetto a lavoratori esperti, addestrati e formati in maniera adeguata;
- Livello di conoscenza consapevole dello specifico lavoro da svolgere: il lavoratore non informato è sicuramente un lavoratore che commetterà degli errori valutativi nella conduzione dell’attività, ritrovandosi vittima, anche se intervenuto come soccorritore e non come lavoratore adibito fin dall’inizio al lavoro all’interno allo spazio confinato;
- Sottovalutazione del rischio: il lavoratore, soprattutto nel caso di attività lavorative standard, abitudinarie e ripetitive, è naturalmente soggetto ad un calo di attenzione con conseguente sottovalutazione dei rischi; variare le attività lavorative permette di non rientrare in questa pericolosa modalità di routine”.
Rimandiamo, in conclusione, alla lettura integrale del contributo che riporta, più nel dettaglio, i vari rischi negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.
Tiziano Menduto
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