Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Crea PDF

Imparare dagli errori: quando mancano i DPI negli ambienti confinati

Imparare dagli errori: quando mancano i DPI negli ambienti confinati
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Imparare dagli errori

05/10/2023

Esempi di infortuni professionali correlati alle attività negli ambienti confinati. La dinamica di due infortuni: in un’azienda vinicola e in una vasca utilizzata per la movimentazione di cereali. Focus sull’assenza di idonei dispositivi di protezione.

Brescia, 5 Ott – Uno dei temi su cui si è spesso soffermata la nostra rubrica “Imparare dagli errori”, dedicata al racconto degli infortuni professionali gravi o mortali, è quello relativo alla sicurezza negli ambienti sospetti di inquinamento o confinati.

I nostri articoli hanno, infatti, raccontato in questi anni le criticità e caratteristiche di questi ambienti di lavoro, sia dal punto di vista normativo, con riferimento particolare al decreto 177/2011, che dal punto di vista degli incidenti, con riferimento ai dati infortunistici o alla cronaca e commento di eventi particolarmente gravi.

 

In considerazione dell’alto numero di infortuni negli spazi confinati, torniamo ad occuparci di questi incidenti nella rubrica. E dopo esserci soffermati, in un precedente articolo, sugli infortuni avvenuti all’interno di vasche, affrontiamo oggi i problemi e i rischi relativi alla mancanza di idonei dispositivi di protezione.

 

I casi di infortunio presentati sono tratti da INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.

 

Questi gli argomenti trattati nell’articolo:


Pubblicità
DPI di Terza Categoria per le vie respiratorie
Formazione specifica sui D.P.I. (D. Lgs. n.81, 9 aprile 2008, Artt. 37, 77)

 

Gli ambienti confinati e gli infortuni professionali in assenza di DPI

Il primo caso riguarda un infortunio che si è verificato nel reparto cantina di un’azienda vinicola, in particolare presso una cisterna/autoclave che aveva contenuto vino e che doveva essere bonificata per travasare altro prodotto.

 

Nell’azienda per la bonifica viene introdotto azoto in pressione per togliere l'ossigeno all'interno dell'autoclave. E un lavoratore soffoca all'interno dell'ambiente confinato, dopo aver introdotto la testa dentro l'apertura del passo d'uomo (probabilmente per ispezionare l'interno della cisterna). Un collega lo ritrova con la testa ed entrambe le braccia infilate all'interno dell'apertura fino alla cintola, mentre i piedi appoggiano su una scaletta a tre gradini.

 

Le indagini hanno appurato che l'infortunato “non disponeva di un autorespiratore”.

 

Questi i fattori causali individuati nella scheda:

  • “l'infortunato introduceva la testa all'interno di una autoclave satura di azoto (priva di ossigeno)”;
  • “l'infortunato non disponeva di un autorespiratore”.

 

Il secondo caso riguarda, invece, un infortunio che è avvenuto all'interno di una vasca utilizzata per la movimentazione di cereali.

 

L'infortunato, addetto di una ditta di derattizzazione, al fine di posizionare le esche si cala mediante l'uso di una scala a pioli all'interno dell'ambiente confinato - luogo potenzialmente inquinato e non bonificato precedentemente - da solo e senza utilizzare un DPI adeguato (maschera e bombola d'aria respirabile non fornito).

 

L’infortunio del lavoratore, senza idonei dispositivi di protezione e senza un’adeguata formazione, avviene per il “contatto con gas nocivi”.

 

I fattori causali individuati:

  • “presenza di gas letali dovuti alla fermentazione dei cereali contenuti nella vasca di contenimento”;
  • l’infortunato “si cala nella vasca senza utilizzare un dpi adeguato (maschera e bombola d'aria respirabile non forniti)”.

 

Gli ambienti confinati e le informazioni sui dispositivi di protezione

Per fornire qualche indicazione sull’importanza dei dispositivi di protezione negli ambienti confinati possiamo fare riferimento al contenuto di un articolo – “ Ambienti confinati: dispositivi di protezione e sorveglianza sanitaria - scritto per PuntoSicuro da Giuseppe Costa, comandante e dirigente, in questi anni, in vari Comandi dei Vigili del Fuoco.

 

Giuseppe Costa scrive che “a seguito della valutazione dei rischi dell’ ambiente confinato, il datore di lavoro deve scegliere e mettere a disposizione dei lavoratori gli adeguati dispositivi di protezione, le attrezzature di lavoro e di soccorso e le strumentazioni per il controllo dell’atmosfera all’interno dei luoghi di lavoro. Un errore in questa fase può comportare la determinazione di un quasi sicuro infortunio dei lavoratori”. E il DPR 177/2011 “all’Art. 2 comma 1 lettera e), indica come requisito fondamentale per la qualificazione dell’impresa, necessaria ad operare in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, il possesso da parte dell’azienda stessa dei dispositivi di protezione individuali, della strumentazione e delle attrezzature di lavoro idonei alla prevenzione dei rischi propri delle attività lavorative in tali ambienti, nonché l’addestramento dei lavoratori all’uso di essi”.

E imporre il possesso da parte dell’azienda di tali mezzi comporta “delle conseguenze notevoli: di sicuro, visti i costi delle attrezzature, una previsione tale non permette l’ingresso nel mercato di imprese che si improvvisano aziende specializzate in ambienti confinati, ovvero di quelle aziende che, operando in diversi campi, non hanno la specializzazione e l’esperienza necessaria per effettuare lavorazioni di tali complessità; inoltre il fatto di prevedere l’obbligo del possesso, senza permettere la possibilità di noleggio presso terzi, permette di far nascere, in capo all’azienda, l’obbligo della tenuta e della manutenzione, nonché del controllo della funzionalità, di tutti i dpi, delle attrezzature e delle strumentazioni necessarie ad operare in spazi confinati, evitando in tal modo eventi incidentali derivanti dalla mancanza di tali misure”.

 

Si ricorda che i dispositivi di protezione, “si suddividono in:

  • Dispositivi di protezione collettiva (DPC) e consistono in metodi e procedimenti di organizzazione del lavoro che sono in grado di eliminare o ridurre i rischi derivanti dall’attività lavorativa.
  • Dispositivi di protezione individuale (DPI) invece vengono previsti per eliminare o ridurre drasticamente quei rischi residui che non possono essere eliminati dalle misure previste in fase di protezione collettiva”.

 

Ci soffermiamo, in particolare, sui dispositivi di protezione individuale per le vie respiratorie (APVR) che sono “dispositivi indispensabili quando è accertata o non è esclusa la presenza di gas/vapori tossici o polveri/aereosol pericolosi e non è possibile assicurare una idonea ventilazione o completa bonifica dell’ambiente confinato”.

 

Gli APVR da predisporre “possono distinguersi in due categorie in base alla concentrazione di ossigeno presente nell’ambiente confinato:

  • DPI a FILTRO: sono maschere a pieno facciale con dispositivi filtranti antigas/vapori particolari, scelti in base alla presenza di contaminati determinati e alla loro concentrazione in atmosfera; agiscono purificando dal contaminante l’aria nell’ambiente. L’utilizzo di tali dispositivi è consentito solo quando il tasso di ossigeno risulta superiore al 19,5% e solo quando, accertate la natura e la concentrazione dei gas/vapori nocivi, vi sia una continua ed efficace aereazione dell’ ambiente confinato e i dispositivi offrano garanzia di sicurezza.
  • DPI ISOLANTI (RESPIRATORI): sono dispositivi indipendenti dall’atmosfera ambiente che forniscono al portatore aria respirabile o gas respirabile da una sorgente incontaminata esterna o da un recipiente/bombola.

 

Tali dispositivi permettono la massima protezione dell’operatore e devono essere utilizzati quando si è in presenza di un’atmosfera in carenza di ossigeno o quando l’agente contaminante è presente in concentrazioni troppo elevate.

Nella scelta dell’APVR da destinare all’uso nell’ambiente confinato, oltre alla presenza di contaminanti, della loro concentrazione e della presenza di una determinata concentrazione di ossigeno nell’aria, si deve operare considerando anche la compatibilità di tali dispositivi con:

  • l’ambiente: in caso di elevato livello di ossigeno i materiali devono essere antistati e on infiammabili; in presenza di atmosfere corrosive bisogna tener presente che alcune sostanze possono indebolire i componenti plastici; per le atmosfere esplosive è necessario utilizzare dispositivi conformi alla direttiva ATEX; lo stato fisico dei contaminanti e la classificazione influenza la scelta della tipologia di filtro; le condizioni termiche dell’ambiente confinato possono influenzare la tenuta e la funzionalità delle apparecchiature protettive (per esempio calore e umidità elevati diminuiscono le prestazioni dei filtri);
  • il compito da svolgere: per determinare la tipologia di APVR da utilizzare bisogna prendere in considerazione il ritmo di lavoro, la visibilità, la mobilità necessaria all’operatore, i sistemi di comunicazione con l’esterno, l’affaticamento termico, la durata dell’utilizzo, gli utensili utilizzati;
  • idoneità del portatore e la compatibilità con altri dpi necessari: bisogna tener presente l’idoneità dell’operatore all’utilizzo dell’APVR, prendendo in considerazione la sua idoneità fisica, le particolarità del viso che possono ridurre la tenuta delle maschere, l’uso di occhiali o la presenza di lenti a contatto incompatibili con le condizioni che si vengono a creare, gli accessori indossati non necessari (catenine, orecchini, ecc.)”.

 

L’autore indica poi che è “da porre particolare attenzione in merito alla durata dei filtri, dell’addestramento all’uso degli APVR e della loro pulizia e manutenzione. Partendo dal principio che devono essere predisposti filtri del tipo e delle classi idonee al tipo e alla concentrazione di contaminati rilevati nello spazio confinato, essi devono periodicamente essere sostituiti secondo le indicazioni del fabbricante e sulla base dell’utilizzo del filtro stesso, in quanto la loro durata dipende dal carico di lavoro a cui è stato sottoposto e va valutata caso per caso. La pulizia degli APVR deve riguardare le sole maschere. Tale operazione deve essere eseguita dopo ogni utilizzo, da persone competenti e solo per le maschere non monouso”.

 

Infine, molto importante per una resa efficace di tutti gli APVR “è la corretta modalità di vestitura degli stessi: la formazione e l’addestramento dei lavoratori è obbligatoria e deve essere effettuata ogni anno. Ad ogni impiego dei DPI protettivi delle vie respiratorie i lavoratori devono effettuare la prova di tenuta e devono ispezionare lo stato dei dispositivi stessi per l’individuazione di eventuali difetti, provvedendo alla loro immediata sostituzione”.

 

Rimandiamo alla lettura integrale dell’articolo di Giuseppe Costa che si sofferma anche sulla normativa correlata e sui dispositivi di protezione della cute e sui dispositivi per la protezione dalle cadute dall’alto.

 

 

Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede di Infor.mo. 13317 e 16426 (archivio incidenti 2002/2020).

 

 

Scarica le schede da cui è tratto l'articolo:

Imparare dagli errori – Quando mancano i DPI negli ambienti confinati – le schede di Infor.mo. 13317 e 16426.

 


Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'

Pubblica un commento

Ad oggi, nessun commento è ancora stato inserito.

Pubblica un commento

Banca Dati di PuntoSicuro


Altri articoli sullo stesso argomento:


Forum di PuntoSicuro Entra

FORUM di PuntoSicuro

Quesiti o discussioni? Proponili nel FORUM!