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L’incidente di Adria: ancora incidenti negli ambienti confinati

L’incidente di Adria: ancora incidenti negli ambienti confinati
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Spazi confinati

25/09/2014

In riferimento al grave incidente del 22 settembre di Adria riprendiamo, come pubblicati da Anmil, alcuni commenti sugli infortuni negli ambienti confinati. È necessario potenziare le procedure di ispezione e verifica sui luoghi di lavoro.

Roma, 25 Sett – A causa di una nube tossica il 22 settembre quattro lavoratori sono morti nell'incidente che si è verificato presso una ditta di Adria (Rovigo) che si occupa del trattamento dei rifiuti industriali. Uno di loro è morto nel tentativo di soccorrere i compagni. Oltre a ricordare che la Procura di Rovigo ha iscritto nel registro degli indagati i legali rappresentanti della ditta con l’ipotesi di reato di omicidio colposo plurimo, riprendiamo alcuni commenti sul grave incidente pubblicati dall’Associazione Nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro ( Anmil): un articolo di Franco D’Amico (Coordinatore dei servizi statistico-informativi ANMIL) e un comunicato stampa relativo alle dichiarazioni di Franco Bettoni, Presidente nazionale dell’ANMIL.

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TRAGEDIA DI ADRIA: ANCORA MORTI SUL LAVORO IN “AMBIENTI CONFINATI” di Franco D’Amico – Coordinatore dei servizi statistico-informativi ANMIL
 
La tragica morte di quattro operai nell'incidente sul lavoro in una azienda che si occupa del trattamento dei rifiuti in provincia di Rovigo, riporta in primo piano il problema della tutela dei lavoratori che operano nei cosiddetti “ ambienti confinati”, che con drammatica periodicità mietono vittime innocenti in varie parti del Paese.
 
Con il termine “ ambiente confinato” s'intende un luogo circoscritto, totalmente o parzialmente chiuso, che non è stato progettato e costruito per essere occupato da persone, ma che - all’occasione - può essere impegnato per l’esecuzione d'interventi lavorativi (quali l'ispezione, la manutenzione o la riparazione, la pulizia) in cui il pericolo di morte o di infortunio grave è molto elevato, a causa della presenza di sostanze e/o condizioni di pericolo.
 
Gli spazi confinati (serbatoi, cisterne, vasche di raccolta acque piovane o liquami, silos, stive di imbarcazioni, recipienti, reti fognarie, server farmi, ecc.) sono spesso teatro di incidenti mortalie infortuni gravi, a volte ulteriormente aggravati da un soccorso inadeguato e improvvisato. È normale infatti immaginare che ci sia uno spontaneo moto d’intervento quando si vede un collega in difficoltà, ma la catena di solidarietà umana porta spesso a compiere gesti estremi che, di fatto, non fanno altro che incrementare il numero delle vittime.
 
Nelle statistiche internazionali, oltre il 50% delle vittime è rappresentato, infatti, dai soccorritori. E questa percentuale è sostanzialmente confermata anche dalla dinamica degli incidenti che si verifica periodicamente nel nostro Paese, compreso quello di Adria.
 
In merito agli aspetti quantitativi del fenomeno, va detto, che non esistono statistiche ufficiali di dati aggregati su “infortuni in ambienti confinati”, in quanto, secondo la classificazione adottata dall’INAIL, tali infortuni vanno riferiti ai singoli settori di appartenenza, che posso essere tra i più svariati in relazione all’ambiente confinato interessato (agricoltura, cave e miniere, costruzioni, impianti chimici, industriali ecc.).
 
Esistono tuttavia studi specifici effettuati “ad hoc” sulle varie tragiche vicende che si sono susseguite in questi ultimi anni nel nostro Paese. Tra le più interessanti, una indagine effettuata da alcuni esperti INAIL relativamente agli anni 2005-2010 che, anche se non recentissima, fornisce comunque informazioni utili sulle dimensioni e sulle circostanze determinanti del fenomeno.
 
Complessivamente, nel periodo 2005-2010 si sono verificati 29 incidenti mortali in ambienti confinati, che hanno causato la morte di 43 lavoratori: ogni episodio ha portato in media alla morte di 1,5 persone.
 
Si tratta per lo più di incidenti che avvengono all’interno di cisterne, serbatoi o vasche di deposito, dove si sprigionano a volte gas venefici.
 
La causa del decesso, infatti, è dovuta in prevalenza alla presenza di gas asfissianti nell’ambiente confinato teatro dell’evento: il 53,5% delle morti avviene per questo motivo; mentre 1/4 dei decessi avviene per caduta traumatica della vittima.
 
Basandoci su queste statistiche ed anche sui più recenti eventi avvenuti nel Paese, si può affermare che mediamente ogni anno si verificano 5 eventi  che causano la morte di oltre 7 lavoratori.
 
I dati (Fonte: indagine INAIL anno 2013)
 
INFORTUNI MORTALI IN AMBIENTI CONFINATI.  Anni 2005-2010
 
 
 
 
Tipo di ambiente confinato
N. eventi
N. decessi
n. decessi/n. eventi
 
CISTERNE/SERBATOI
10
16
1,6
VASCHE
7
14
2,0
SILOS
6
6
1,0
CAMERE DI LAVORO
3
3
1,0
Altro (stive, condotte, canalizzazioni,..)
3
4
1,3
 
TOTALE
       29
       43
                1,5
 
Tipo di incidente
valori %
 
 
Contatto con gas asfissianti
53,5
Caduta dall'alto o in profondità
25,6
Fuoriuscita di gas, vapori..
11,6
Caduta dall'alto di materiali (terra,…)
4,7
Contatto con liquidi meteorici
2,3
Sviluppo di fiamme
2,3
 
 
TOTALE
100,0
 
 
COMUNICATO STAMPA
 
INCIDENTE DITTA RIFIUTI - BETTONI, ANMIL: “IL GOVERNO NON SEMPLIFICHI LE ISPEZIONI NEL JOBS ACT, LE STRAGI SUL LAVORO NON LASCIANO TRACCE
 
“Dobbiamo superare la mentalità fatalista, perché dietro ad ogni morto sul lavoro c’è sempre una causa specifica, un errore evitabile, un controllo preventivo che doveva e poteva essere fatto, un’eccessiva fiducia nelle proprie capacità o una sottovalutazione del pericolo”. Ad affermarlo è Franco Bettoni, Presidente nazionale dell’ANMIL che, dopo aver appreso la notizia della morte dei quattro operai caduti sul lavoro nel comune di Adria, chiede meno assuefazione e più attenzione da parte dei media verso notizie che distruggono la vita di lavoratori e famiglie, affinché non rimanga l’idea nell’opinione pubblica dell’ineluttabilità di questi eventi.
 
“Le statistiche che indicano il calo del fenomeno delle morti bianche non ci rassicurano affatto – prosegue Bettoni – perché vanno lette alla luce del calo dell’occupazione, dovuto alla crisi economica in corso, che produce una riduzione solo fittizia degli infortuni mortali”.
 
L’ANMIL chiede al Ministro del Lavoro e a tutte le istituzioni competenti di incrementare le misure di prevenzione e proprio al Ministro Poletti, che ha presentato in Parlamento la scorsa settimana un emendamento sostitutivo dell’articolo 4 del Jobs Act, soggiunge “di non semplificare troppo, bensì di potenziare le procedure di ispezione e verifica sui luoghi di lavoro, le quali dipendono da organi dello Stato diversi tra loro, in particolare per il livello nazionale, regionale e locale, accelerandone in processo di unificazione del coordinamento operativo onde garantire aspetti tecnici separati, come quelli di carattere strutturale e ingegneristico, ben diversi da quelli medici e igienici a tutela della salute, di competenza delle autorità sanitarie regionali, in grado di verificare tempestivamente le condizioni di tossicità e di pericolo, come quelle che si sono tristemente verificate oggi”.
 
“Amarezza e delusione sono i sentimenti che ogni volta proviamo davanti a incidenti-fotocopia, frutto di mancanze sempre uguali, giustificate con troppa leggerezza e quasi fossero dovute a ineluttabilità – conclude Bettoni - mentre la voce dei nostri oltre 400.000 associati di cui portiamo il vissuto nelle scuole e nei luoghi di lavoro, testimonia che il dolore per le conseguenze di queste stragi evitabili non può essere ripagato da alcun risarcimento perché ci sono sofferenze che non si vedono e problemi che in pochi conoscono da vicino anche per i familiari. Per questo chiediamo tempi brevi e indagini accurate che facciano comprendere cosa ha fallito e cosa non deve essere rifatto, ma che soprattutto restituiscano rispetto e dignità alle vittime del lavoro”.
 
 
Fonte: ANMIL
 
 

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Rispondi Autore: Fabrizio Benedetti - likes: 0
25/09/2014 (05:32:20)
Scorrendo la rassegna stampa su questa tragica vicenda mi sembra di capire che le vittime si trovassero nel piazzale della ditta, all'aperto, quando sono state raggiunte dalla nube di materiale tossico. Se fosse così non saremmo in presenza di un evento in ambiente confinato.
Rispondi Autore: Federico Betteni - likes: 0
25/09/2014 (08:05:31)
Uno dei gravi problemi che abbiamo in Italia é l'eccesso di normazione e l'apparente volontà di normare tutte le possibili situazioni, col risultato che leggi e decreti sono incomprensibili ai poù e si prestano a svariate interpretazioni. Non stupiamoci quindi quando, per accedere agli ambienti confinati, il DPR 177/11 prevede il "solo possesso" dei DPI.
La conseguenza più ovvia e immediata é che le persone (lavoratori) semplicemente non osservano quello che é troppo complesso da comprendere e da applicare.
Un secondo problema é la quasi totale mancanza di controlli da parte del nostro elefantiaco e ingessato sistema, controlli che sono anche frammentati, come ricordato dal presidente Bettoni.
Rispondi Autore: Massimo Tedone - likes: 0
25/09/2014 (09:19:38)
Siamo alle solite, quando accadono "certi inspiegabili" incidenti siamo prontissimi a trovare le più svariate scuse.
E' vero che il legislatore pare emani norme tanto per fare qualcosa, norme per lo più troppo lunghe e difficili da capire, ma è anche vero che il più delle volte ci troviamo di fronte a Consulenti e/o RSPP pronti a dare indcazioni sul cosa e come fare una determinata attività; sempre a tutela del Datore di lavoro ma senza sapere esattamente quale attività si deve svolgere e dove verrà effettuata.
L'incapacità, l'ignoranza e l'incompetenza tra questi soggetti imperversano. C'è poi da considerare che molti DL sono convinti che sia sufficiente un pezzo di carta scritto da un consulente/RSPP per sentirsi a posto con la coscienza semprechè non considerino (come spesso accade) un eccessivo costo e perdita di tempo per attuare tutte le migliori procedure.... tanto a "pagare" sono sempre gli stessi.
Purtroppo è un film già visto. Un commosso abbraccio alle loro famiglie.
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
25/09/2014 (09:33:10)
Vorrei aggiungere anche la "colpa" di chi affida lavori di tal genere ad appaltatori inaffidabili, solo per risparmiare.
L'incauto affidamento è perseguibile, se leggiamo bene il TU 81/08.
Purtroppo troppi piccoli imprenditori non hanno alcuna conoscenza tecnica reale dei prodotti che trattano e delle loro possibili interazioni: le autorizzazioni sono rilasciate senza controlli e gli appalti avvengono al solo "minor prezzo" senza alcuna valutazione tecnica (obbligatoria) sull'esecutore dei lavori.
E poi, non facciamo gli "azzeccagarbugli" disquisendo se l'ambiente era "confinato" oppure no: tale incidente era evitabile !!!
Rispondi Autore: Pietrantonio Pacella - likes: 0
25/09/2014 (15:49:58)
Dalle notizie apprese dagli articoli e notiziari vari ho desunto anch'io, come sottolineato dal sig. Benedetti, che l'incidente ha riguardato una vasca all'aperto e quindi non trattasi di ambiente confinato, tant'è che la vasta nube tossica sviluppatasi ha causato la morte di un operaio che stava a 100 metri di distanza. La causa pare dovuta allo sversamento di acido solforico da parte di autocisterna nella vasca contenente ammoniaca, per cui si sono miscelati 2 fluidi che non sarebbero mai dovuti entrare in contatto; l'inchiesta accerterà l'origine di tale errore umano e se potevano e dovevano esserci delle precauzioni.
Rispondi Autore: Francesco Fantini - likes: 0
27/09/2014 (10:36:34)
troppe volte ci troviamo a discutere se l'incidente e le vittime erano prevedibili e come si sarebbe dovuto procedere per evitare tali eventi.
al di là della considerazione se trattasi di ambienti confinati o meno, se siamo in presenza di lavorazioni in quota o no, se le attrezzature erano adeguate e regolarmente manutenute...(tutte chiacchere per poter - a posteriori - attribuire una responsabilità a chicchessia e fare finta di aver operato per il meglio...).
di questi si tratta in Italia, di chi è stata la colpa, a chi fargliela pagare... ma qui ci scappa il morto! e la vita non ha prezzo, non è un valore che ci riscatta dall'aver commesso, più o meno scientemente, un errore fatale!
quando all'operaio si dice di lavorare sulla copertura il Datore di Lavoro non può affrancarsi dicendo che gli ha fatto fare il corso DPI con tanto di addestramento, lasciando poi a lui la scelta se lavorare con imbrago, cordino e dissipatore...
e l'operaio non può rispondergli che tanto sono vent'anni che cammina sui tetti e non gli è mai successo niente...
è una responsabilità di tutti
anche di chi la vita la rischia e ahimè, talvolta la perde,
e basta con 'sti giornalisti che dicono "bastava una mascherina..." senza sapere di che si parla, ma la mascherina chi doveva metterla.
quando una persona perde la vita, qualunque ne sia la causa, alziamo le mani, abbiamo perso tutti!
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
29/09/2014 (09:38:34)
Il DPR n° 177/2011 non definisce cosa sia né uno "spazio confinato" e né un "ambiente sospetto d'inquinamento".
E già su questo si potrebbe aprire una discussione visto che abbiamo chi vuole applicare alle gallerie stradali e ferroviarie il DPR 177/2011 (100-120 mq di fronte) e chi pensa che l'area prospiciente delle vasche di raccolta di liquami di varia provenienza non sia un ambiente potenzialmente sospetto d'inquinamento.
Non lo è in condizioni di normali d'esercizio (routinarie) ma lo può diventare in condizioni straordinarie e d'emergenza (non routinarie).

E' vero che i giuslavoristi che hanno scritto il DPR n° 177/2011 non hanno dato una definizione (!!!) ma è altrettanto vero che non ci può limitare solo a considerare l'art. 66 del D. Lgs. n° 81/2008.
Infatti, se m'andassi a leggere cosa ha scritto chi questo problema l'ha affrontato prima di noi, troviamo questa definizione:

OSHA 1910.146
Hazardous atmosphere" means an atmosphere that may expose employees to the risk of death, incapacitation, impairment of ability to self-rescue (that is, escape unaided from a permit space), injury, or acute illness from one or more of the following causes:
(1) Flammable gas, vapor, or mist in excess of 10 percent of its lower flammable limit (LFL);
(2) Airborne combustible dust at a concentration that meets or exceeds its LFL;
NOTE: This concentration may be approximated as a condition in which the dust obscures vision at a distance of 5 feet (1.52 m) or less.
(3) Atmospheric oxygen concentration below 19.5 percent or above 23.5 percent;
(4) Atmospheric concentration of any substance for which a dose or a permissible exposure limit is published in Subpart G, Occupational Health and Environmental Control, or in Subpart Z, Toxic and Hazardous Substances, of this Part and which could result in employee exposure in excess of its dose or permissible exposure limit;
NOTE: An atmospheric concentration of any substance that is not capable of causing death, incapacitation, impairment of ability to self-rescue, injury, or acute illness due to its health effects is not covered by this provision.
(5) Any other atmospheric condition that is immediately dangerous to life or health.
NOTE: For air contaminants for which OSHA has not determined a dose or permissible exposure limit, other sources of information, such as Material Safety Data Sheets that comply with the Hazard Communication Standard, section 1910.1200 of this Part, published information, and internal documents can provide guidance in establishing acceptable atmospheric conditions.

Un ambiente sospetto d'inquinamento, rispetto ad uno spazio confinato, presenta una casistica applicativa molto più vasta.
Per questo motivo l'OSHA, ad esempio, tratta separatamente gli SC dagli Ambienti Sospetti d'inquimento per atmosfere pericolose.
Noi, invece, abbiamo fatto un fritto misto con il risultato di escludere da un'analisi quelle realtà che non rimandano direttamente a situazioni palesemente inquadrabili nell'idea che ci siamo fatti su cosa siano gli SC.

A questo punto dovremmo farci delle domande:
Il personale del sito:
- era a conoscenza delle incompatibilità tra sostanze/materiali?
- era a conoscenza di cosa poteva essere accettato e cosa no?
- era a conoscenza di cosa fare in caso d'emergenza?
- ...........

L'ambiente sospetto d'inquinamento andava individuato in condizioni di lavoro normali ma anche straordinarie e d'emergenza.
Gli scenari possibili devono essere preventivamente e chiaramente individuati.
Tutto ciò doveva essere portato a conoscenza del personale in modo da porre le base per svilupparne la consapevolezza e, soprattutto, le capacità d'intervento in casi che che si discostavano dalla "normalità".

Quindi in un DVR si devono individuare i rischi prefigurabili nei diversi scenari e le conseguenti misure per eliminarli o contenerli.

La critica al legislatore del DPR 177/2011 è diretta al fatto che lo stesso ha pensato agli SC e agli ASI come se tale problema fosse solo presente nell'industria di processo.

Invece, chi ha avuto una visione più ampia (vedi OSHA americano), ha dato una definizione che si focalizza sulla tipologia di pericolo ovunque e in qualunque condizione esso si possa manifestare in modo da poterlo affrontare per eliminarlo o contenerlo.

Rispondi Autore: Rodigino - likes: 0
24/02/2015 (10:47:37)
Approvo in pieno quello che ha scritto Carmelo.
Il fatto che l'incidente alla COIMPO sia avvenuto in un "ambiente non prettamente confinato" fa capire l'importanza di valutare l'organizzazione produttiva, quello che si fa e quello che può avvenire, sia con le modalità normali che eccezionali. Se poi fosse "previsto" di versare poco alla volta l'acido solforico e "invece" è stato buttato direttamente dalla cisterna.....mi chiedo se era la prima volta che veniva trattato il fango biologico con l'acido per la maturazione e/o l'abbattimento degli odori. Una procedura precisa e controllata per effettuare tale operazione era prevista o no? Dopo gli errori a monte.... mancava anche una procedura di intervento di emergenza.... 3 altri morti dopo il primo.
La nube di anidride solforosa si è diffusa a distanza.... ma faceva ridere vedere carabinieri e altre persone fuori dal cancello con una mascherina antipolvere. Ma se i controlli (ed i consigli per operare in sicurezza) ora sono scarsi, con la riunificazione a livello regionale degli enti di controllo, non ci saranno più controlli... con buona pace di chi i controlli non li vuole.

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