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Imparare dagli errori: gli incidenti negli ambienti confinati

Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Imparare dagli errori

22/11/2011

Esempi tratti dall’archivio Ispesl Infor.mo.: la dinamica di un grave incidente occorso durante il lavaggio e bonifica di un container da cisterna. La prevenzione e la “relazione illustrativa” del Decreto 177/2011 che entra in vigore il 23 novembre 2011.

 
Brescia, 22 Nov – In questi ultimi anni negli ambienti confinati lavorativi sono avvenuti alcuni degli incidenti di lavoro più gravi. Ne ricordiamo a titolo esemplificativo alcuni: Porto Marghera (2008, 2 morti), Castel Bolognese (2008, 1 morto), Molfetta (2008, 5 morti), Mineo (luglio 2008, 6 morti), Sarroch (2009, 3 morti), Capua (2010, 3 morti), ….   
In occasione della recente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del " Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 - Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, a norma dell'articolo 6, comma 8, lettera g), del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81", “Imparare dagli errori” torna a parlare di incidenti negli ambienti confinati. E lo facciamo, come sempre, attraverso i casi presentati nell’archivio di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio.
 

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Il caso
Il caso che presentiamo è relativo ad un grave incidente avvenuto in una cisterna. Malgrado i casi descritti in INFOR.MO. siano rigorosamente anonimi, non è difficile arguire a quale degli incidenti presentati nell’introduzione si faccia riferimento…
 
Un lavoratore A deve eseguire lavaggio e bonifica di un container da cisterna per il trasporto di sostanze chimiche. Si porta con un'adeguata scala carrellata sulla parte superiore del container a cisterna posto sul cassone di un articolato, per la precisione nelle vicinanze del boccaporto per l'accesso all'interno della cisterna. Il lavaggio e la bonifica interna è relativa ad una cisterna che aveva trasportato zolfo liquido da una raffineria ad un'azienda per la produzione di acido solforico. Prima di eseguire il lavaggio con una opportuna lancia con acqua calda ad alta pressione, il lavoratore tramite una scala portatile sistemata all'interno della cisterna, si accinge ad entrare dal boccaporto all'interno della stessa, per rimuovere manualmente le parti solidificate di zolfo presenti. Parti che essendo solide di grosse dimensioni non sarebbero venute via con il lavaggio con la lancia.
Da vari fattori si deduce che il lavoratore - l’unico che si occupava del lavaggio degli autoarticolati - mentre scende la scala portatile sia svenuto in conseguenza delle esalazioni che fuoriuscivano dalla cisterna, precipitando all’interno della stessa e decedendo per asfissia da vapori di acido solfidrico. Mentre lui lavorava altri lavoratori - che per comodità chiameremo S, B e C - erano impegnati nel lavaggio di autovetture.
Dopo aver terminato il lavaggio di una autovettura il lavoratore S sposta il mezzo in un altro punto del piazzale distante dalla zona di lavaggio e si porta nella zona di pulitura interna delle autovetture, iniziando da solo la pulizia interna di un’altra autovettura con un aspirapolvere. Dopo qualche minuto di lavoro il lavoratore S nota che i suoi colleghi B e C non ci sono. Preoccupato si porta allora nella zona di lavaggio degli autoarticolati e nota l’assenza anche del lavoratore A. A questo punto il lavoratore S sale sulla cisterna sentendo nelle vicinanze un forte odore di zolfo e affacciatosi nella botola vede i corpi esamini dei suoi tre compagni. Il lavoratore S, muovendo la scala presente all’interno della cisterna e chiamando per nome i suoi colleghi, li sollecita per vedere se danno segni di ripresa. Non avendo ricevuto alcun segno il lavoratore S chiede aiuto.
Alle sue richieste d’aiuto risponde per prima la figlia del titolare dell’azienda di cui era impiegata, la quale viene invitata dal lavoratore S a chiedere l’intervento dei Vigili del Fuoco e del servizio 118. Le richieste d’aiuto del lavoratore S sono notate anche dal lavoratore D, dipendente di una ditta di autotrasporti, che depositava il proprio autoarticolato presso l’autoparco ove si trovava anche il lavaggio, e che vi era giunto poco prima con il suo mezzo. Il lavoratore D si porta anch’egli sulla cisterna e vista la situazione, nonostante il lavoratore S cerchi di fermarlo, scende nella cisterna cercando di rialzare le persone che vi si trovano, ma dopo i primi tentativi anch’egli perde i sensi.
Dopo pochi minuti giunge sul posto il titolare dell’azienda: si porta anch’esso sulla cisterna nel tentativo di scendere. Il lavoratore S lo invita a non farlo o in alternativa a legarsi ad una corda per poter essere recuperato in caso di emergenza, ma viene allontanato: il titolare scende giù. Dopo pochi istanti, mentre cerca di sollevare il corpo del lavoratore D, perde i sensi.
Sul posto giungono i Vigili del Fuoco e i soccorritori del servizio 118.
I Vigili del Fuoco muniti di maschera con autorespiratore e tuta impermeabile, estraggono tutti i corpi. Gli operatori del servizio 118 dopo alcuni tentativi di rianimazione constatano la morte del titolare, del lavoratore D, del lavoratore C e del lavoratore A: l’unico che risponde ai tentativi di rianimazione è il lavoratore B. Questo viene subito trasportato presso un centro di rianimazione di un ospedale dove muore la mattina del giorno successivo all’incidente, in conseguenza dei gravi danni subiti dalle vie respiratorie per l’esposizione all’acido solfidrico.
Da una prima sommaria verifica dei luoghi e dei corpi si verifica che “non vi era presenza alcuna di dispositivi di protezione individuale”. Si presume inoltre che i lavoratori B e C siano entrati di proposito all’interno della cisterna per soccorrere il lavoratore A.
Dalle indagini tossico-chimiche effettuate sui corpi e all’interno della cisterna è stata confermata la “morte per esposizione ad acido solfidrico. Circostanza confermata dai primi rilievi eseguiti dalla squadra NBC dei Vigili del Fuoco, che hanno rilevato valori di acido solfidrico 200 volte superiori ai valori di TLV consentiti, e alti valori di anidride carbonica conseguenza di un fenomeno di fermentazione”.
La sostanza si è sviluppata “in conseguenza della reazione dello zolfo con i residui dell’altra sostanza che era stata trasportata precedentemente con quella cisterna, e di cui erano rimasti residui dopo la precedente bonifica, ed anche del considerevole periodo che la cisterna è stata chiusa ermeticamente sotto l’esposizione degli agenti atmosferici”.
 
La prevenzione e la normativa
In merito alla prevenzione degli incidenti negli ambienti confinati ricordiamo un nostro recente articolo che ha presentato diversi esempi di buone pratiche di lavoro negli spazi confinati, ad esempio con riferimento alla nomina di supervisori, all’utilizzo di lavoratori con esperienza e formazione adeguata, all’isolamento meccanico ed elettrico delle attrezzature, al miglioramento della ventilazione, all’uso di utensili e illuminazioni speciali, alla fornitura di apparati auto-respiratori, alla preparazione di misure di emergenza, alla fornitura di imbracature di sicurezza per il salvataggio alla presenza di un adeguato sistema di comunicazione, al controllo della gestione dell'allarme, alle attrezzature di salvataggio e per la rianimazione, alla capacità dei soccorritori.
 
Per concludere presentiamo brevi stralci della “Relazione illustrativa” che accompagna il Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177, decreto che entrerà in vigore il 23 novembre 2011.
 
L'articolo 1 del decreto “specifica che il regolamento - adottato in attesa della complessiva definizione del sistema di qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi previsto dall'articolo 6, comma 8, lettera g), e 27 del D.Lgs. n 81/2008 - impone criteri e procedure di qualificazione a chiunque intenda svolgere lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati, definiti al comma 2 come luoghi in cui si rinvengano le condizioni di rischio di cui agli articoli 66 e 121 e all'allegato IV, punto 3, del D.Lgs. n. 81/2008”.
In particolare “il comma 3 dell'articolo 1 puntualizza che il provvedimento si applica in talune sue parti a tutti i datori di lavoro, compresi quelli che svolgano ‘in proprio’ (vale a dire con propri lavoratori che operino nel proprio ciclo produttivo) i lavori in parola e in altre sue parti unicamente nelle ipotesi che i lavori vengano svolti da una impresa appaltatrice o lavoratori autonomi. In tal modo, da un lato - tramite le misure di portata ‘generale’ - si impone a tutte le realtà produttive nelle quali si svolgano lavori del tipo preso in esame il rispetto di livelli di formazione, addestramento etc., superiori a quelli oggi imposti, determinando un innalzamento dei livelli di tutela, e dall'altro, si identificano procedure di particolare rigore nel caso (particolarmente frequente, come si è potuto constatare in occasione delle recenti stragi) di affidamento dei lavori ad una impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi”.
 
L'articolo 2 “esprime il principio che Qualsiasi attività lavorativa in ambienti sospetti di inquinamento o confinati può essere svolta unicamente da imprese o lavoratori autonomi qualificati in ragione del possesso dei seguenti requisiti, i quali, pertanto, hanno valenza obbligatoria per qualsiasi operatore, sia datore di lavoro committente che appaltatore, che lavoratore autonomo. Segue l'elenco puntuale dei requisiti di qualificazione”.
Ad esempio la lettera a) “richiama la necessità della integrale applicazione dei vigenti obblighi in materia di valutazione dei rischi, sorveglianza sanitaria, misure di gestione delle emergenze; la lettera b) impone alle imprese familiari e ai lavoratori autonomi l'obbligo di sottoporsi a sorveglianza sanitaria e di sottoporsi a corsi di formazione (quando, in linea di massima, a i sensi dell'articolo 21, comma 2, del D.Lgs. n. 81/2008, tali fattispecie operano nei riguardi dei componenti delle imprese familiari e dei lavoratori autonomi come facoltà); la lettera c) impone a ciascuna impresa di avere personale esperto, in percentuale non inferiore al 30% della forza lavoro, con esperienza almeno triennale in attività in ambienti confinati, assunto con contratto di lavoro subordinato o con altri contratti (in questo secondo caso, necessariamente certificati ai sensi del Titolo VIII, Capo I, del D.Lgs. n. 276/2003) con la necessità che il preposto, che sovrintende sul gruppo di lavoro, abbia in ogni caso tale esperienza (in modo che alla formazione e addestramento il "capo-gruppo " affianchi l'esperienza matura in concreto)”.
Inoltre la lettera d) “impone alle imprese e ai lavoratori autonomi che svolgano attività negli ambienti confinati, ivi compreso il datore di lavoro (che tali attività svolga in concreto), l'obbligo di procedere a specifica informazione e formazione (i cui contenuti verranno identificati con accordo in Conferenza Stato-Regioni) oggetto di verifica di apprendimento e aggiornamento e finalizzate a consentire a tutte le maestranze la piena conoscenza di tutti i rischi che sono propri dei lavori in ambienti confinati”. Mentre la lettera e) “obbliga i datori di lavoro e i lavoratori autonomi a possedere dispositivi di protezione individuale (es. : maschere protettive, imbracature di sicurezza, etc.), strumentazione e attrezzature di lavoro (es.: rilevatori di gas, respiratori, etc .) idonei a prevenire i rischi propri delle attività lavorative in parola e ad aver effettuato, sempre in relazione a tutto il personale impiegato, attività di addestramento all'uso corretto di tali dispositivi, coerentemente con il vigente quadro normativo (articoli 66 e 121, allegati IV , punto 3, D.Lgs. n. 81/2008)”.
Successivamente si “richiede la effettuazione di attività di addestramento di tutto il personale impiegato, sempre ivi compreso il datore di lavoro, relativamente ai rischi che sono propri degli "ambienti confinati" e alle peculiari procedure di sicurezza ed emergenza che in tal i contesti debbono applicarsi”.
 
Rimandandovi ad una lettura esauriente della “relazione illustrativa” (ad esempio in riferimento all’applicazione delle regole della qualificazione non solo nei riguardi dell'impresa appaltatrice ma nei confronti di qualunque soggetto della "filiera", incluse le eventuali imprese subappaltatici), ricordiamo per finire che il decreto chiede al datore di lavoro committente “di individuare un proprio rappresentante, adeguatamente formato, addestrato ed edotto di tutti i rischi dell'ambiente in cui debba svolgersi l'attività dell' impresa appaltatrice o dei lavoratori autonomi, che vigili sulle attività che in tal i contesti si realizzino; ciò al fine di coordinare le attività che nel teatro lavorativo si svolgano e, comunque, per limitare il ‘rischio da interferenza delle lavorazioni”.
  
 
 
Pagina introduttiva del sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato la scheda numero 1908 (archivio incidenti 2005/2008).
 
 
 
 
Tiziano Menduto


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