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Sulla nozione di luogo di lavoro ai fini dell’applicazione del decreto 81

Sulla nozione di luogo di lavoro ai fini dell’applicazione del decreto 81
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Edilizia

05/12/2022

Nella nozione di "luogo di lavoro", ai fini dell'applicazione delle misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività lavorativa indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi.

La nozione di “luogo di lavoro” è l’oggetto di questa recentissima sentenza della IV Sezione penale della Corte di Cassazione chiamata a decidere su di un ricorso presentato dall’amministratore unico di una società e dal datore di lavoro di una azienda dalla stessa gestita condannati nei due primi gradi di giudizio per il reato di omicidio colposo ai danni di un lavoratore dipendente deceduto in conseguenza di un infortunio avvenuto in un cantiere nel corso di alcuni lavori di ristrutturazione della copertura di un capannone industriale dell’azienda medesima e che avevano basato i propri ricorsi sul fatto che al momento dell’evento infortunistico il cantiere non era stato ancora avviato in quanto nello stesso erano ancora in corso solo delle operazioni preliminari per l’inizio delle attività.

 

Secondo l’art. 62 del D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. come è noto, si intendono per luoghi di lavoro, unicamente ai fini della applicazione dello stesso Decreto Legislativo, i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza delle stesse accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro. Ed è quello che in questa circostanza ha ribadito la suprema Corte che nel rigettare i ricorsi ha precisato in più che nella nozione di "luogo di lavoro", ai fini sempre della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra appunto ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dall'accesso ad essa da parte di terzi, estranei alla stessa attività lavorativa,  finalità che possono essere sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro e inoltre ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività.



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Luoghi di lavoro
Formazione sui rischi specifici presenti nei luoghi di lavoro, vie di circolazione, scale, ponteggi (Art. 37 D.Lgs. 81/08)

Il fatto, l’iter giudiziario, il ricorso per cassazione e le motivazioni

La Corte di Appello, in riforma della sentenza del Tribunale cittadino, con la quale l’amministratore unico e legale rappresentante di una società e il datore di lavoro di fatto dell’azienda dalla stessa gestita erano stati condannati per il reato di omicidio colposo ai danni di un lavoratore, deceduto in conseguenza di un infortunio avvenuto nel corso di alcuni lavori di ristrutturazione della copertura di un capannone industriale della società stessa, oltre alle ipotesi contravvenzionali indicate nei capi di imputazione, ha dichiarato l'estinzione di queste per prescrizione e rideterminato la pena, confermando nel resto la sentenza appellata.

 

Per quanto riguarda la dinamica degli eventi, ricostruita dal Tribunale e recepita dai giudici d'appello alla stregua delle evidenze raccolte (tra cui: testimonianze, dichiarazioni CC.TT. del pubblico ministero, documentazione, verbali di sommarie informazioni acquisiti con il consenso delle parti, verbali di sequestro probatorio, contratto di noleggio e lettera-contratto di assunzione del lavoratore deceduto non sottoscritta, cartella clinica e riproduzioni fotografiche dello stato dei luoghi, oltre all'esame degli imputati), era emerso che il lavoratore era in cantiere insieme a un collega  per prendere le misure onde verificare l'estensione di un cestello elevatore per eseguire i lavori sul tetto del capannone. Era emerso altresì che il datore di lavoro, anche egli in cantiere, aveva visto i due operai usare il carrello elevatore, ma non aveva fornito ad essi alcun dispositivo di protezione né li aveva formati per quel tipo di lavorazione, Più precisamente il lavoratore infortunato al momento dell’accaduto si trovava sul carrello allorquando è caduto al suolo dall’altezza di circa 8 metri, riportando lesioni che ne avevano causato il decesso.

 

I due imputati, con la stessa difesa, hanno proposto separati ricorsi di analogo contenuto, formulando alcune motivazioni. Gli stessi hanno innanzitutto denunciato un vizio avuto riguardo alla asserita, mancata risposta alle argomentazioni difensive contenute nel gravame con specifico riferimento alla insussistenza di un "cantiere temporaneo o mobile", particolare rilevante ai fini della operatività delle norme contenute nel D. Lgs. n. 81/2008. Secondo la difesa, infatti, i lavori di rifacimento del tetto del capannone avrebbero dovuto avere inizio il giorno dopo dell'infortunio dovendosi svolgere quel giorno solo delle operazioni preliminari aventi a oggetto la fattibilità dei lavori e la idoneità del mezzo noleggiato da una ditta i cui dipendenti si erano recati presso il capannone per dare supporto agli operai della società.

 

La stessa Corte di Appello del resto, secondo la difesa, aveva riconosciuto che il giorno dell'infortunio il datore di lavoro aveva ordinato al lavoratore di effettuare delle verifiche circa la compatibilità del macchinario noleggiato, senza procedere alla sostituzione dei pannelli con la conseguenza che nessuna delle attività espletate il giorno dell'evento poteva essere ricondotta tra quelle che l'art. 89 comma 1, lett. a), del D. Lgs. n. 81/2008 individua come necessarie per riconoscere la qualifica di "cantiere temporaneo o mobile", tale non potendosi considerare il luogo nel quale si svolgono attività preliminari rispetto a quelle indicate, se non in forza di una inammissibile interpretazione in malam partem. Né poteva valere, secondo la difesa, il richiamo alla presenza sul posto di tre operai il giorno dell'infortunio o del macchinario che doveva essere impiegato per la lavorazione, il cui contratto di noleggio sarebbe iniziato a decorrere alcuni giorni dopo il fatto.

 

Quale conseguenza di tale ragionamento, in ipotesi di lavori in economia, si sarebbero dovute applicare nel caso in esame solo le disposizioni che regolano la figura del datore di lavoro, come stabilisce la circolare ministeriale n. 30 del 5/3/1998 esplicativa della disciplina contenuta nel D. Lgs. n. 494/1996, con conseguente operatività del D. Lgs. n. 626/1994 e delle disposizioni di settore di volta in volta applicabili e non, quindi, degli obblighi di cui al Titolo IV del D. Lgs. n. 81/2008.

 

Con un secondo motivo, è stato dedotto dalla difesa un analogo vizio con riferimento questa volta al nesso di causalità e alla valutazione dell'effetto interruttivo che la difesa ha ricollegato a un comportamento abnorme del lavoratore deceduto, a suo parere comprovato dal fatto che lo stesso aveva iniziato l'esecuzione dei lavori sebbene il giorno dell’infortunio dovessero solo svolgersi attività preparatorie, così introducendo un rischio nuovo e imprevedibile. La condotta della vittima, secondo la difesa, avrebbe quindi ecceduto le mansioni, gli ordini e le direttive impartite ed era stata imprevedibile proprio per difetto di indicazioni che la autorizzassero. A ciò era da aggiungersi che il lavoratore stava operando con uno stato di alcolemia pari al 1,1 g/I, circostanza che la Corte di merito avrebbe superato erroneamente escludendone ricadute sull'evento verificatosi.

 

Quanto, poi, alle omissioni riguardanti la formazione e la informazione dei lavoratori, la difesa ha rilevato che i lavoratori dipendenti, fra cui l’infortunato, avevano partecipato a specifici corsi nel quinquennio precedente di validità di essi, come stabilito dall'Accordo n. 221/ESR. In ogni caso, anche a voler considerare violati tali obblighi, ad esito del giudizio controfattuale, non potrebbe affermarsi, secondo la difesa, che il lavoratore infortunato, esperto con mansioni di capo cantiere, fosse caduto a causa della violazione di quelle regole cautelari, essendo palese la pericolosità della sua condotta, immediatamente percepibile come tale da chiunque, a prescindere dalla partecipazione a specifici corsi di formazione, avendo egli agito di sua spontanea volontà.

 

Entrambi i ricorrenti, infine, come terzo motivo, hanno sindacato la correttezza del ragionamento svolto dai giudici del gravame in ordine alla verifica della prevedibilità e evitabilità dell'evento avendo affermato che la penale responsabilità dell’amministratore unico della società sarebbe stata conseguenza del ruolo ricoperto e che per quanto riguarda l’altro imputato non era stato dimostrato che avesse svolto funzioni di datore di lavoro di fatto, essendosi trovato solo occasionalmente sul luogo dell'incidente.

 

Le decisioni in diritto della Corte di Cassazione

I ricorsi sono stati ritenuti inammissibili da parte della Corte di Cassazione. Gli stessi, infatti, ha evidenziato la suprema Corte, sono stati basati sulla definizione di "cantiere temporaneo o mobile", contestata dalla difesa, e sulla conseguente operatività delle norme di cui al D. Lgs. n. 81/2008 oltre che sul comportamento della vittima che la difesa aveva assunto abnorme e imprevedibile e, quindi, interruttivo del nesso causale e sulla prevedibilità e evitabilità dell'evento in capo agli imputati.

 

In merito all’attività che veniva svolta in cantiere al momento dell’infortunio la Sezione IV ha sottolineato che la Corte territoriale aveva ritenuto che le evidenze raccolte avessero dimostrato che nel cantiere vi erano ben tre operai e delle macchine noleggiate, sebbene il relativo contratto dovesse iniziare cinque giorni dopo. Per cui lo stesso, sia pur di fatto, fosse già operativo. Il datore di lavoro quindi, in quanto presente in cantiere, era ben consapevole di ciò tanto da avere raccomandato al lavoratore infortunatosi di stare attento, pur non avendogli fornito alcun presidio di sicurezza, neppure individuale (casco, imbracatura, cintura di sicurezza). Secondo la ricostruzione fatta nelle due sentenze di merito, pertanto, il giorno dell'infortunio in quel luogo si era svolta attività edilizia, implicante lavoro in quota, pur se preliminare alla sostituzione del tetto del capannone.

 

Nella nozione di "luogo di lavoro" infatti, ha precisato la suprema Corte, rilevante ai fini della sussistenza dell'obbligo di attuare le misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività implicante prestazioni di lavoro, indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi e dall'accesso ad essa da parte di terzi estranei all'attività lavorativa e ha citato in merito la sentenza n. 45316 del 7/11/2019 della Sezione Feriale pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo La nozione di luogo di lavoro ai fini dell’applicazione del Decreto 81”), finalità che possono essere sportive, ludiche, artistiche, di addestramento o altro e ogni luogo nel quale il lavoratore deve o può recarsi per provvedere ad incombenze di qualsiasi natura in relazione alla propria attività citando in merito la sentenza n. 43840 del 3/10/2018 della IV Sezione penale, pubblicata e commentata dallo scrivente nell’articolo “ Sulla configurabilità di un cantiere in rapporto alla licenza edilizia”.

 

In tale ampia nozione di “luogo di lavoro”, ha sostenuto la suprema Corte, è quindi rientrata per l’appunto  l'area di lavoro nella quale insisteva il capannone che costituiva oggetto dell'intervento edile svolto in economia dalla società e la vittima, direttamente incaricata dalla stessa, avrebbe dovuto eseguire un'attività propedeutica alla successiva sostituzione della copertura, verificando, mediante l’uso del cestello elevatore e l’accesso sulla copertura stessa, la sufficiente capacità di estensione del macchinario già consegnato al cantiere, sebbene in forza di un contratto di noleggio che avrebbe avuto inizio giorni dopo. Era stato pertanto accertato nel caso in esame che la lavorazione (e, quindi, anche l'attività ad essa propedeutica) era pertinente a un capannone di proprietà della società e che l'incarico, evidentemente funzionale all'attività lavorativa svolta da quella società, era stato affidato alla vittima proprio dall’imputato datore di lavoro di fatto. Quest’ultimo e il legale rappresentante della società avevano quindi certamente assunto la gestione dei rischi relativi al campo di lavoro, peraltro collocato in quota, stanti le caratteristiche del manufatto della cui copertura si trattava.

 

La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato anche il secondo motivo riferito al comportamento della vittima. In materia di prevenzione degli infortuni infatti, ha precisato, si è certamente passati da un modello "iperprotettivo", interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori (non soltanto fornendo i dispositivi di sicurezza idonei, ma anche controllando che di questi i lavoratori facciano un corretto uso, imponendosi contro la loro volontà), a un modello "collaborativo", in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi i lavoratori, in tal senso valorizzando il testo normativo di riferimento di cui all’art. 20 del D. Lgs. n. 81/2008, il quale impone anche ai lavoratori di attenersi alle specifiche disposizioni cautelari e di agire con diligenza, prudenza e perizia. In altri termini, si è passati, a seguito dell'introduzione del D. Lgs. n. 81/2008 dal principio "dell'ontologica irrilevanza della condotta colposa del lavoratore" al concetto di "area di rischio" che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva.

 

Tuttavia, ha ribadito in conclusione la suprema Corte, è sempre valido il principio secondo cui non può esservi alcun esonero di responsabilità all'interno dell'area di rischio, nella quale si colloca l'obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore (sez. 4 n. 21587 del 2007, Pelosi, cit.). All'interno dell'area di rischio considerata, quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo ove sia tale da attivarne uno eccentrico o esorbitante dalla sfera governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro.

 

Nel caso in esame la Corte di merito, ha osservato la Sez. IV, ha correttamente evidenziato che il lavoratore era stato incaricato proprio dal datore di lavoro di effettuare le verifiche della idoneità del macchinario fornito da terzi, verifiche da effettuarsi in quota senza presidi individuali e accedendo alla copertura del capannone dalla quale poi è caduto. Nessun rischio eccentrico, pertanto, può dirsi che sia stato imprevedibilmente introdotto dal lavoratore infortunato ponendosi la sua condotta quale diretta e prevedibile conseguenza delle condotte colpose addebitate agli imputati.

 

Parimenti manifestamente infondata, infine, è stata ritenuta anche la terza censura riguardante l’imprevedibilità del comportamento della vittima in quanto l’amministratrice, che aveva sostenuto di non essersi mai ingerita nella gestione della società limitandosi a svolgere solo compiti amministrativi, disponeva delle risorse economiche per garantire la sicurezza dell'ambiente di lavoro; la stessa era tenuta per legge a predisporre il POS e non aveva delegato non aveva delegato a terzi la sicurezza dei lavoratori della società.  Quanto, invece, all'altro imputato la Corte di Cassazione, oltre a ribadire che, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, ha rilevato la manifesta infondatezza della sua dichiarazione di trovarsi in cantiere nel giorno dell’infortunio solo occasionalmente e che gli era stato contestato di avere invece svolto di fatto le funzioni di un vero e proprio datore di lavoro come dimostrato da elementi probatori valutati in maniera immune da censure dai giudici del doppio grado di giudizio.

 

Alla declaratoria di inammissibilità è seguita, in conclusione, la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero, oltre alla rifusione di quelle sostenute dalle parti civili costituite che ha liquidate in dodicimila euro complessivi, oltre agli accessori di legge.

 

 

Gerardo Porreca

 

 

 

Scarica la sentenza di riferimento:

Cassazione Penale Sezione IV - Sentenza n. 44654 del 24 novembre 2022 (u.p. 22 settembre 2022) - Pres. Ciampi – Est. Cappello - P.M. Odello - Ric. M.C. e M.A. - Nella nozione di "luogo di lavoro", ai fini dell'applicazione delle misure antinfortunistiche, rientra ogni luogo in cui venga svolta e gestita una qualsiasi attività lavorativa indipendentemente dalle finalità della struttura in cui essa si esplichi.

 


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Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0
05/12/2022 (07:14:33)
Ricordo, però, che in agricoltura, i campi, i terreni, ecc., al di fuori di eventuali strutture di una azienda agricola non sono da considerare soggetti alla applicazione del Titolo II (Luoghi di Lavoro).
Del resto, questi sono espressamente esclusi come già previsto dalla direttiva 89/654/CEE, anche dal D. Lgs. n. 81/2008 che dedica, in allegato IV, specifiche previsioni per le aziende agricole.
Rispondi Autore: Dani Mass - likes: 0
05/12/2022 (07:52:10)
Sono confuso, questo non è un caso riconducibile all'art 26? Tra l'altro, se rientra il titolo IV non sarebbe neanche necessario il PSC e POS, essendoci una sola impresa.
Rispondi Autore: Fabrizio - likes: 0
11/12/2022 (11:44:04)
Leggendo le motivazioni dei Giudici non può non escludersi che sia un luogo di lavoro, ma a questo punto mi pongo il dubbio che anche un edificio residenziale all'interno della quale un soggett va a fare attività tecnico manutentiva, è definibile tale, ma allora dovrebbe avere la rispondenza di questi a tutti i requsiti prefissati dal complesso articolato del D.lgs 81/2008.
Immaginate una centrale ermica, che costituisce luogo saltuario di lavoro ordinariamente in disponibilità del proprietario dell'edificio residenziale.

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