Lavoratori anziani: come cambia la valutazione e la sorveglianza?
Milano, 10 Lug – Se, secondo alcune stime, “il numero degli ultrasessantenni nelle aziende italiane passerà dall’1-2% a oltre il 10%, e quello degli ultracinquantenni supererà il 50%”, è evidente che questi mutamenti pongono sfide nuove e fondamentali alle aziende, “sul fronte della efficienza e della produttività come su quello della tutela della salute e sicurezza”.
A ricordarlo e a fornire alcune riflessioni su varie problematiche connesse all’invecchiamento della forza lavoro è il convegno “Lavoro e invecchiamento attivo dalla valutazione dei rischi all’ergonomia”, che, organizzato da varie associazioni in collaborazione con la Regione Lombardia, si è tenuto il 10 aprile 2019 a Milano.
È evidente che l’aumento della presenza di lavoratori anziani nei luoghi di lavoro ha e avrà importanti implicazioni anche nelle attività del medico d’azienda (MA).
Ne parliamo presentando l’intervento dal titolo “Il contributo del medico d’azienda”, a cura di Daniele Ditaranto (ANMA).
Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:
- Invecchiamento e valutazione dei rischi
- Invecchiamento e sorveglianza sanitaria
- Invecchiamento e promozione della salute
Invecchiamento e valutazione dei rischi
L’intervento si sofferma su vari aspetti correlati al tema dell’invecchiamento della forza lavoro e alle attività e funzioni del medico d’azienda (MA), ad esempio in relazione alla valutazione e gestione dei rischi.
Si indica che, al di là delle differenze fra individui, nella valutazione dei rischi “non si può che partire dai peggioramenti delle capacità funzionali generalmente riscontrabili con l’invecchiamento che rendono il lavoratore più suscettibile alle conseguenze dell’esposizione a vari fattori di rischio:
- Sovraccarico biomeccanico (rachide, arti e stress posturale);
- Impegno visivo e lavoro in condizioni di carente illuminamento;
- Lavoro notturno;
- Stress termici;
- Rumore intenso;
- Vibrazioni meccaniche;
- Agenti chimici;
- Ritmi di lavoro elevati;
- Situazioni lavorative a rischio di caduta, inciampo, scivolamento.
A questo proposito si ricorda che sebbene la «valutazione dei rischi che tenga conto delle diversità» “sia uno degli obiettivi delle politiche della UE in materia di salute e sicurezza sul lavoro, tuttora i ‘rischi connessi alle differenze di età’ sono spesso inadeguatamente considerati nella valutazione dei rischi anche perché allo stato attuale, in relazione all’età, la disponibilità di ‘livelli di soglia’ fondati esiste soltanto per il rischio biomeccanico da movimentazione manuale dei carichi, mentre, per l’uso di attrezzature munite di VDT, la normativa dispone un aumento della frequenza della sorveglianza sanitaria per gli over 50”.
In ogni caso la valutazione dei rischi connessi alle differenze di età “presuppone l’adozione di un modello che pone al centro non solo il rischio, ma anche il lavoratore con le sue specificità”. In pratica – continua il relatore – “è necessario valutare la probabilità con cui un rischio può causare un danno non solo per le caratteristiche dell’esposizione (dose, tempo, potenzialità lesiva, condizioni espositive), ma anche in relazione alla diversa suscettibilità del lavoratore” dovuta all’influenza dell’età e delle altre ‘diversità’ richiamate nel D.Lgs. 81/2008 (TUS), ad esempio genere, provenienza geografica e tipologia contrattuale.
E per la gestione dei rischi l’Agenzia Europea per la Europea per la Salute e Sicurezza sul Lavoro (OSHA) “richiama l’attenzione sul ‘focus’ degli interventi preventivi che non dovrebbe essere ‘l’individuo’ ma il ‘miglioramento del lavoro’. Va evitato il rischio che “misure troppo ‘protettive’ o ‘difensive’ mirate sul gruppo dei lavoratori anziani, finiscano per ‘marginalizzarlo’”: ‘una buona progettazione del luogo di lavoro è vantaggiosa per tutti i lavoratori anche se mirata a quelli anziani’ (OSHA).
Invecchiamento e sorveglianza sanitaria
L’intervento si sofferma poi sulla sorveglianza sanitaria.
Si segnala che i risultati della valutazione dei rischi “connessi alle differenze di età, le condizioni di salute del lavoratore e la necessità di evidenziare tempestivamente le patologie che risentono maggiormente del fattore età, sono tutti aspetti che possono implicare la modifica della struttura dei protocolli sanitari applicati (periodicità e contenuti) e talvolta anche la necessità di una vera e propria ‘personalizzazione’ del protocollo”
A questo proposito si ricorda che il questionario per la determinazione del Work Ability Index può “rientrare tra gli strumenti della sorveglianza sanitaria consentendo:
- l’individuazione dei soggetti a rischio: con una scadente o mediocre capacità lavorativa;
- d’intraprendere nei loro confronti delle azioni per promuovere la capacità lavorativa;
- di monitorarli per comprendere se le azioni intraprese hanno successo”.
Invecchiamento e promozione della salute
Infine il relatore indica che le problematiche correlate al tema «invecchiamento e lavoro» e la stretta interconnessione tra lavoro e salute “sono aspetti che pongono la questione di come riuscire a realizzare negli ambienti di lavoro e di vita le condizioni favorevoli per una reciproca promozione tra lavoro e salute”.
E in tale contesto “il ruolo del MA e del sistema di prevenzione aziendale può riguardare diversi livelli d’intervento:
- il contributo al miglioramento della qualità del lavoro;
- l’impegno per la promozione della salute;
- la collaborazione per il reinserimento ed il mantenimento in attività dei lavoratori con una ridotta capacità lavorativa”.
Rimandando alla lettura integrale dell’intervento, che si sofferma nel dettaglio sui tre livelli di intervento, riportiamo alcune considerazioni conclusive dell’autore:
- “indispensabile avviare da parte degli addetti ai lavori (mondo scientifico, istituzioni, parti sociali e medici d'azienda) studi per l'individuazione dei ‘livelli di soglia’ dei vari fattori di rischio in relazione all'età, analogamente a quanto è già disponibile peri il rischio biomeccanico da movimentazione manuale di carichi;
- superamento della prassi di valutare i rischi ‘facendo riferimento a soggetti standard’, senza considerare l'influenza delle ‘diversità’ sulla suscettibilità ai rischi professionali;
- impegno delle parti sociali per aumentare la consapevolezza su questo tema specialmente nelle PMI, anche attraverso la costante previsione dell'argomento ‘ age management’ nei programmi di formazione manageriale e degli RLS;
- portare maggiormente a conoscenza delle imprese l'esistenza dei fondi INAIL per i finanziamenti in materia di sicurezza e quindi a supporto degli interventi per il miglioramento degli ambienti di lavoro e delle azioni di adattamento ragionevole;
- auspicabile l'allargamento della platea dei beneficiari di questi fondi oltre il perimetro attuale circoscritto agli invalidi da lavoro;
- evoluzione del concetto di ‘promozione della salute’ verso l'approccio più complessivo del Total Worker Health (TWH) che ha l'obiettivo di promuovere il benessere globale del lavoratore attraverso l'integrazione della promozione di stili di vita più virtuosi e degli interventi per il miglioramento della qualità complessiva del lavoro con un insieme di altre misure più ‘politiche’ di supporto e sostegno sociale, sanitario ed economico, di miglioramento di vari aspetti della qualità e dell'ambiente di vita (‘lssues Revelant to Advancing Worker Well-being, Through Total Worker Health’, NIOSH 2015)”.
RTM
Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:
“ Il contributo del medico d’azienda”, a cura di Daniele Ditaranto (ANMA), intervento al convegno “Lavoro e invecchiamento attivo dalla valutazione dei rischi all’ergonomia” (formato PDF, 1.84 MB).
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