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Come affrontare una valutazione dei rischi in ottica di genere?

Come affrontare una valutazione dei rischi in ottica di genere?
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Differenze di genere, età, cultura

24/06/2024

Un intervento in convegno si sofferma sulla valutazione dei rischi in ottica di genere. Il progetto di ricerca, i primi risultati, la normativa, le criticità, la carenza di metodologie e le differenze relative ai rischi.

Come affrontare una valutazione dei rischi in ottica di genere?

Un intervento in convegno si sofferma sulla valutazione dei rischi in ottica di genere. Il progetto di ricerca, i primi risultati, la normativa, le criticità, la carenza di metodologie e le differenze relative ai rischi.

Roma, 24 Giu – Se, come segnalato in molti nostri articoli, è lo stesso D.Lgs. 81/2008 a sottolineare la necessità di garantire l'uniformità delle tutele anche riguardo alle differenze di genere, è indubbio che sulla valutazione dei rischi si rilevano ancora molte “difficoltà attuative e, più in generale, carenza di metodologie standardizzate”.

Ed una “corretta conoscenza e valutazione dei rischi in ottica di genere” è, comunque, la “premessa imprescindibile per l’attuazione di interventi di prevenzione più mirati ed efficaci”.

 

A ricordarlo è l’intervento “La valutazione dei rischi in ottica di genere” che si è tenuto al convegno “ Salute, sicurezza, sostenibilità: le sfide della quinta rivoluzione industriale” (Roma, 4-6 dicembre 2023). Un intervento che segnala il progetto “Valutazione dei rischi in ottica di genere”, che vede la collaborazione della Consulenza tecnica per la salute e la sicurezza (CTSS) e della Consulenza statistico attuariale (CSA) dell’Inail, per “dare risposte sempre più puntuali e specifiche a lavoratori e lavoratrici, ma anche per supportare i datori di lavoro con strumenti di facile utilizzo”.

 

L’intervento riporta i primi risultati degli approfondimenti tecnici e statistici effettuati, “al fine di mettere a punto schede di rischio e di comparto con indicazioni metodologiche per integrare il Documento di valutazione dei rischi (Dvr) in ottica di genere”.

 

L’intervento - a cura di L. Baradel, F. Cipolloni, A. Tassone, C. Tesei e L. Veronico (Inail, Direzione generale, CSA), C. Breschi (Inail, Direzione regionale Toscana, CTSS), R. Continisio (Inail, Direzione regionale Campania, CTSS), L. De Filippo (Inail, Direzione regionale Friuli V. G., CTSS), L. Frusteri, P. Panaro e F. Venanzetti (Inail, Direzione generale, CTSS), E. Mastrominico (Inail, Direzione regionale Lazio, CTSS) - è raccolto nel documento Inail, in due volumi, “ Atti - Seminari di aggiornamento dei professionisti Ctss, Csa, Cit - Salute, sicurezza, sostenibilità: le sfide della quinta rivoluzione industriale”, pubblicati nei Quaderni della rivista degli infortuni e malattie professionali.

 

Questi gli argomenti affrontati nell’articolo:

  • La valutazione in ottica di genere: la normativa
  • La valutazione in ottica di genere: i problemi e la ricerca
  • La valutazione in ottica di genere: le differenze relative ai rischi


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La valutazione in ottica di genere: la normativa

I relatori dopo aver ricordato che, per affrontare il tema della valutazione del rischio, occorre in primo luogo chiarire il significato del termine “genere”, troppo spesso utilizzato come sinonimo di ‘sesso’ (una sovrapposizione dei due termini che “rischia di confondere le potenzialità dell’utilizzo del genere nella prospettiva di analisi”), si soffermano sugli aspetti normativi.

 

Se già la Costituzione all’art. 3 “sancisce la pari dignità sociale e l’uguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini, menzionando tra le distinzioni da evitare, il sesso, e prescrivendo la rimozione degli ostacoli che limitino la libertà e l’uguaglianza degli stessi”, il D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. supera la considerazione del lavoratore come soggetto “neutro” del precedente d.lgs. 626/94. In particolare, introduce le differenze di genere “menzionandole sin dall’art. 1 e, in particolare, riportandole nell’art. 28” (Oggetto della valutazione dei rischi).

 

Si indica poi che la legislazione italiana “ha colto le indicazioni in tal senso dell’UE, che avevano già introdotto nel 2002 le differenze di genere, ribadite nel Quadro Strategico dell’UE in materia di SSL sul lavoro 2014-2020”. E nel 2014 la Conferenza Stato-Regioni, nel Piano Nazionale di Prevenzione 2014-2018, nell’ambito del macro-obiettivo “Prevenire infortuni e malattie professionali”, ha “individuato, tra i fattori di rischio cui rivolgere particolare attenzione, le ‘Incongruenze organizzative conseguenti a differenze di genere, di nazionalità, di tipologia contrattuale’”.

Si ricorda poi anche la legge 162/2021 con cui è stato introdotto “lo strumento della certificazione della parità di genere, con l’obiettivo di incentivare le aziende ad adottare politiche per contrastare le differenze di genere, a partire da quelle salariali. Con tale finalità è stata pubblicata dall’UNI la Prassi di Riferimento UNI/PdR 125:2022”.

 

La valutazione in ottica di genere: i problemi e la ricerca

Dopo aver presentato anche un quadro statistico relativamente al tema dei rischi in ottica di genere, ci si sofferma direttamente sul tema della valutazione dei rischi indicando che se il Testo Unico chiede di tener conto delle peculiarità dei lavoratori, l’integrazione in un’ottica di genere della valutazione di tutti i rischi “non appare immediatamente agevole per la carenza di indicazioni tecniche in tal senso”.

E, in questo senso, un percorso metodologico efficace “può fornire, in primo luogo, gli strumenti per individuare, nei Dvr aziendali esistenti, i punti che necessitano di un’integrazione e, in secondo luogo, indicazioni per valutare e gestire il rischio in ottica di genere, con la finalità di raggiungere l’equità e prevenire i pregiudizi. Determinante è il ruolo degli Rls/Rlst, che possono far emergere situazioni meritevoli di attenzione e fornire proposte per valorizzare le differenze e ridurre le disuguaglianze”.

È nato, come indicato in premessa, un gruppo di lavoro che si è occupato della “definizione di eventuali indici di genere (o fattori correttivi di genere) per singoli fattori di rischio, basati su evidenze scientifiche e statistiche consolidate”. Il percorso metodologico si attua “attraverso le seguenti fasi: analisi critica del fenomeno infortunistico e tecnopatico per comparti e mansioni; capillare analisi della letteratura scientifica finalizzata a circoscrivere quegli specifici fattori di pericolo che manifestano effetti differenziati, in funzione di sesso e/o genere; analisi delle esperienze e delle proposte sino ad oggi maturate nel panorama di riferimento, anche europeo, per la valutazione dei rischi in ottica di genere”.

 

La valutazione in ottica di genere: le differenze relative ai rischi

Riguardo ai primi risultati della ricerca si segnala, ad esempio, che “nell’analisi di alcuni rischi specifici, risultano significative le caratteristiche antropometriche e fisiologiche riferibili al sesso, mentre in altri, di carattere organizzativo e psicosociale, si deve tener conto del più ampio concetto di genere”.

Si segnala poi che per alcuni rischi – ad esempio nel caso del rischio da movimentazione manuale dei carichi - esistono già dei metodi di valutazione differenziati, con riferimento a diversi limiti in funzione di età e sesso.

  

Si indica poi che:

  • per il rischio ergonomico “sussiste da sempre un problema anche di genere, in quanto sono ancora in uso da parte delle organizzazioni arredi, attrezzature, macchine da lavoro e DPI a volte obsoleti e non rispondenti ai requisiti delle norme specifiche, che peraltro necessiterebbero di una revisione per verificare la reale rispondenza dei dati antropometrici con le attuali caratteristiche della popolazione utente”. E dunque nella valutazione “l’aspetto ergonomico va quindi tenuto in debito conto in relazione ad antropometria e forza della popolazione lavorativa reale”.
  • per i rischi rumore, vibrazioni e microclimi severi, “i dati reperibili riportano una frequente casistica di eventi avversi nella popolazione lavorativa maschile; questo, molto probabilmente, è dovuto alla segregazione orizzontale del lavoro, con un maggior utilizzo di attrezzature di lavoro e conduzione di macchine operatrici che costituiscono sorgenti di rumore e vibrazioni”;
  • l’esposizione a radiazioni ionizzanti “è ritenuta ugualmente rischiosa, ai fini della capacità riproduttiva, sia per gli uomini che per le donne in età fertile sebbene con effetti differenti”.
  • per gli agenti fisici (es. rumore e vibrazioni) “particolare attenzione è rivolta alle donne in gravidanza o in allattamento”;
  • per il rischio chimico “diversi studi hanno dimostrato la differente risposta, in base al genere, a esposizioni analoghe alle stesse sostanze; va evidenziato, peraltro, che le sostanze possono avere organi bersaglio specifici diversi nei due sessi. La valutazione del rischio chimico, pertanto, deve tenere conto non solo dei diversi profili di esposizione per mansione o postazione di lavoro, ma anche del genere degli esposti, soprattutto nei casi in cui i dati consolidati evidenzino effetti aggravati in relazione alla diversità di genere o vi siano limiti di esposizione differenziati”;
  • per il rischio biologico “va posta attenzione alle lavoratrici in gravidanza e allattamento, fasi particolarmente sensibili della fisiologia femminile che richiedono misure di prevenzione e protezione adeguate alle categorie con maggiore probabilità di esposizione ad agenti infettivi potenzialmente dannosi per feto, nascituro, e neonato, o causa di aborto o parto pretermine”.

 

Si segnala poi che, nell’ambito della valutazione dei rischi organizzativi, “l’attenta analisi della forza lavoro può evidenziare forme di segregazione verticale, che si verificano quando un genere viene ostacolato o non ha le stesse opportunità nel percorso di carriera e nel raggiungimento di posizioni apicali”. E se è noto che lo stress lavoro correlato riferito dagli uomini “riguarda prevalentemente il ruolo svolto all’interno delle organizzazioni, fra le donne vi sono maggiori riferimenti alle difficoltà di conciliazione tra i carichi lavorativi e familiari, come al regime di prestazione occasionale part-time o, in generale, di precariato”.

Infine non va sottovalutato, soprattutto per alcune categorie lavorative, “il rischio da violenza e molestie. É ormai condiviso che i fenomeni di discriminazione basati sul sesso, il mobbing strategico di genere, le molestie sessuali (spesso con denominatori comuni) influiscono in modo determinante sulla rottura dell’equilibrio psicofisico, minando l’integrità individuale e sociale delle persone esposte”.

 

In definitiva, conclude l’intervento, l’integrazione in ottica di genere del Dvr, malgrado sia un compito impegnativo, oltre che un adempimento normativo, “rappresenta un’opportunità per aziende, lavoratrici e lavoratori, poiché consente di impostare la gestione della SSL in modo più completo”.

 

 

Tiziano Menduto

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Inail, Consulenza tecnica per la salute e la sicurezza, Consulenza statistico attuariale, Consulenza per l’innovazione tecnologica, “Atti - Seminari di aggiornamento dei professionisti Ctss, Csa, Cit - Salute, sicurezza, sostenibilità: le sfide della quinta rivoluzione industriale”, volume I e volume II, Quaderni della rivista degli infortuni e delle malattie professionali, edizione 2023:

  • Volume I (formato PDF, 7.28 MB).
  • Volume II (formato PDF, 14.69 MB).

 

Vai all’area riservata agli abbonati dedicata a “ Seminario Salute, sicurezza, sostenibilità: le sfide della quinta rivoluzione industriale - 2023”.

 


Creative Commons License Licenza Creative Commons


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