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Sul limite dei poteri del RSPP
Commento a cura di G. Porreca.
Questa sentenza dà precise indicazioni ed individua puntualmente i limiti del potere e delle responsabilità della figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) nell’ambito della organizzazione della sicurezza sul lavoro in una azienda. Secondo la suprema Corte, infatti, la figura del RSPP non corrisponde a quella, meramente eventuale, del delegato alla sicurezza perché l’eventuale destinatario dei poteri e delle responsabilità gravanti originariamente ed istituzionalmente sul datore di lavoro deve essere formalmente individuato ed i poteri trasferiti solo con modalità rigorose.
Il caso
Il Tribunale ha condannato l’amministratore unico di una società alla quale erano stati appaltati dei lavori di rimozione di barriere su di una autostrada nonché il direttore tecnico della stessa società ed il coordinatore per la sicurezza nominato dal committente, con compito di verifica anche della sicurezza delle opere svolte dall'appaltatore, per il delitto di omicidio colposo in danno di un operaio e di lesioni colpose gravi in danno di altri due lavoratori dipendenti. Questi, mentre si trovavano al lavoro sull’autostrada per disarmare un tratto di guard-rail, venivano travolti da un'auto della quale il conducente aveva perso il controllo per l'alta velocità e per l'asfalto bagnato dalla pioggia. Agli imputati è stato addebitato di non avere colposamente approntato tutte le misure di sicurezza idonee allo scopo di salvaguardare la incolumità degli operari intenti al lavoro in una zona ove vi era un intenso traffico autostradale omettendo in particolare di dirottare il traffico su una unica corsia e, in ogni caso, in un tratto lontano dalla zona di lavoro e di non predisposte idonee e robuste barriere protettive, tutto ciò in presenza di una situazione di pericolo costituita dal traffico veicolare e dalla pendenza e viscidità del manto stradale.
Il tribunale, ritenuti non sussistenti gli addebiti di colpa specifica elevati a carico degli imputati per la inesigibilità in concreto della applicazione delle misure di sicurezza omesse, riteneva sussistere il profilo di colpa costituito dall'omesso rispetto delle clausole contrattuali che imponevano in situazione di pericolo dovute a nebbia, precipitazioni nevose od altre condizioni che potessero limitare la visibilità e l'aderenza alla pavimentazione, di sospendere i lavori. Tale condotta colposamente omissiva, secondo il giudice di primo grado, aveva determinato gli eventi ed imponeva la condanna degli imputati ai quali, concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti, veniva irrogata la pena di un anno di reclusione (pena sospesa e non menzione). Gli stessi venivano inoltre condannati al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili da liquidare in separato giudizio civile.
La Corte di Appello ha successivamente confermata la pronuncia di condanna inflitta dal Tribunale. La stessa Corte ha fatto osservare che dalla pacifica ricostruzione del sinistro era risultato che l'auto investitrice era prima sbandata a destra andando a collidere contro il guard-rail per poi rimbalzare sulla carreggiata di sinistra andando a travolgere gli operai intenti al lavoro e che sarebbe inoltre bastato ridurre la zona veicolare ad una sola corsia oppure su corsie lontane dalla zona di lavoro, invece di limitarsi a predisporre una segnaletica che consentiva alle auto provenienti di giungere fino a ridosso della zona di lavoro e solo allora di spostarsi sulla corsia di destra e tutto ciò in una situazione di rischio prevedibile, tenuto conto delle deposizioni degli operai che avevano più volte sentito brusche frenate delle auto che sopraggiungevano, definite "pazzesche", tanto da affermare che il cantiere non era considerato un "bel posto".
Il ricorso in Cassazione
Avverso la sentenza della Corte di Appello hanno proposto ricorso i difensori degli imputati. L’amministratore unico della società, sostenendo di avere assolto a tutti i suoi obblighi, ha lamentato che la corte di merito non aveva riconosciuta l’esistenza di una valida delega antinfortunistica dallo stesso conferita al direttore tecnico di cantiere e non ha tenuto conto che lo stesso, quale amministratore di una società, era delegato solo a funzioni di "alta amministrazione". Ha fatto altresì presente che nella sua azienda, essendo la stessa di grosse dimensioni, non era necessaria una delega formale per attribuire le funzioni essendo sufficiente la predisposizione di un organigramma che prevede la specifica attribuzione delle stesse e che per il cantiere in esame era stato nominato un geometra quale direttore tecnico che aveva redatto il P.O.S. e che tra l’altro era presente al momento del fatto e dava le direttive sul lavoro da svolgere come dichiarato da numerosi testi.
Il direttore tecnico di cantiere, da parte sua, ha contestata l’accusa di non aver adottato nella circostanza adeguate misure di sicurezza avendo lo stesso provveduto a far apporre idonea segnaletica ed avendo garantita la presenza di un apposito sbandieratore. Il coordinatore per la sicurezza, invece, ha messo in rilievo la imprudente condotta di guida dell’automobilista che, nonostante i segnali dei lavori in corso, circolava ad una velocità tripla rispetto a quella consentita per cui in tali condizioni qualsiasi misura di prevenzione sarebbe risultata inidonea a prevenire un evento del tutto imprevedibile.
Le decisioni della Corte di Cassazione
I ricorsi presentati dagli imputati sono stati tutti ritenuti infondati e quindi rigettati dalla suprema Corte. La stessa Corte in merito alla posizione dell’amministratore unico ed alla sua difesa basata sul fatto che la nomina del direttore tecnico di cantiere e del RSPP costituissero automaticamente deleghe dallo stesso conferite a tali soggetti per cui non andava individuata nei suoi confronti una posizione di garanzia per le eventuali omissioni verificatesi nel cantiere autostradale, ha ribadito che, secondo una consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione e di sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono sì essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al datore di lavoro, ma in tal caso tuttavia il relativo atto di delega deve essere espresso, inequivoco e certo e deve investire persona tecnicamente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, la quale abbia accettato lo specifico incarico, fermo restando comunque l'obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi, poi, concretamente la delega stessa. La Sez. IV ha ribadito, altresì, che nel caso di specie il semplice richiamo in un contratto delle funzioni a cui erano stati chiamati alcuni dipendenti, non poteva ritenersi una vera e propria delega, in quanto non era stata espressa una manifesta ed inequivoca volontà di trasferire ad altri i propri compiti, con l'attribuzione dei conseguenti poteri anche di spesa.
La Sez. IV ha quindi ribadito l’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui “la figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non corrisponde a quella, meramente eventuale, di delegato per la sicurezza, poiché quest'ultimo, destinatario di poteri e responsabilità originariamente ed istituzionalmente gravanti sul datore di lavoro, deve essere formalmente individuato ed investito del suo ruolo con modalità rigorose” ed ha fatto osservare che, nel caso in esame, come già osservato dalla Corte di merito, non si evince da nessun atto che il datore di lavoro abbia voluto inequivocabilmente trasferire né al direttore tecnico di cantiere né al RSPP le proprie funzioni con annessi poteri decisionali e di spesa.
In merito alla osservazione fatta dall’amministratore unico che ha dato per scontato la presenza di una delega in considerazione delle dimensioni dell’azienda la Sez. IV ha fatto presente che anche se dalla suprema Corte è stato più volte ribadito che la sussistenza di una delega di funzioni potrebbe essere desunta dalle dimensioni della struttura aziendale e giustificata dalla presenza di un'organizzazione altamente complessa che richiede una gerarchia delle responsabilità al livello delle posizioni di vertice e di quelle intermedie, “tale delega non può esonerare da responsabilità per ciò che attiene alle scelte aziendali di livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni che attingono direttamente la sfera di responsabilità del datore di lavoro”. Nel caso particolare, secondo la Sez. IV, sono state individuate delle gravissime carenze che, anche a voler ammettere la non modesta dimensione aziendale della società, non potevano che far capo all'amministratore della società stessa il quale “anche in presenza di una delega (di fatto) mantiene compiti di vigilanza e non può consentire che i lavori possano essere svolti in carenza palese di misure di sicurezza”
Per quanto riguarda la posizione del coordinatore per la sicurezza, infine, la suprema Corte ha fatto presente che allo stesso è riconosciuta una posizione di garanzia in quanto ha funzioni di verifica e di controllo delle attività di cantiere ed in quanto rappresenta sul luogo dei lavori il committente che è corresponsabile qualora un evento si colleghi casualmente anche alla sua colposa omissione. Allo stesso coordinatore è stato giustamente addebitato, quindi, di aver consentito l'inizio dei lavori in presenza di situazioni di fatto pericolose in quanto i lavoratori non erano protetti da rischi di investimento pur avendo la consapevolezza delle pericolosità dei lavori stessi, tanto da aver fornito all’appaltatore l'ausilio di uno sbandieratore per segnalare la presenza di uomini al lavoro.
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