L’individuazione del datore di lavoro nelle società amministrate da un CdA
Torniamo a parlare di un tema delicato, l’individuazione del datore di lavoro per quanto riguarda le responsabilità in materia salute e sicurezza sul lavoro, con la seconda parte di un contributo dell’avv. Carolina Valentino che si intitola proprio “L’individuazione del datore di lavoro”.
Nella prima parte, che abbiamo già presentato nell’articolo “ L’individuazione del datore di lavoro: aspetti normativi e casi concreti”, si è parlato degli aspetti normativi e del datore di lavoro in senso giuslavoristico e in materia antinfortunistica. Ed è stato presentato anche un caso concreto sull’individuazione del datore di lavoro di fatto.
La seconda parte, che pubblichiamo oggi, raccoglie un approfondimento sull’individuazione del datore di lavoro all’interno di una società amministrata da un Consiglio di Amministrazione. E risponde anche alla domanda: quali sono le responsabilità nel caso di nomina di un consigliere quale datore di lavoro?
L’individuazione del datore di lavoro
seconda parte
L’individuazione del datore di lavoro nelle società amministrate da un Consiglio di Amministrazione
Un momento di approfondimento merita la situazione che si viene a configurare laddove il Consiglio di Amministrazione di una società conferisca ad uno o più consiglieri una delega in materia di sicurezza – delega di gestione, non di funzioni, trattandosi di un “atto che concretizza l’articolazione organizzativa aziendale” ( Cass. n. 11442/2013 – leggasi anche “nomina a datore di lavoro”).
Se, da un lato, è del tutto possibile che, mediante l’atto di nomina a datore di lavoro, il Consiglio di Amministrazione disponga che le funzioni datoriali siano concentrate in capo ad un unico soggetto, non può non chiedersi se rimangano, comunque, delle responsabilità in capo agli altri soggetti del Consiglio medesimo.
“La delega di gestione in proposito conferita ad uno o più amministratori, se specifica e comprensiva di poteri di deliberazione e spesa, può solo ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del Consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento, soprattutto nel caso di mancato esercizio della delega” (Cass. n. 6280/2007).
Ma ancora.
“Nel caso di una società di capitali originariamente il datore di lavoro (in senso civilistico) va individuato nel consiglio di amministrazione o nell’amministratore unico. Ove, con la nomina di uno o più amministratori delegati, si verifichi il trasferimento di funzioni in capo ad essi, non per questo va interamente escluso un perdurante obbligo di controllo nella gestione degli amministratori delegati. All’individuazione nel Consiglio di Amministrazione delle società di capitali l’originario datore di lavoro consegue la constatazione di come quest’ultimo si trovi in una ‘posizione di garanzia’ inderogabile, di natura pubblicistica: proprio in relazione alla natura dei beni tutelati (in particolare la vita e la salute delle persone) […] dal principio di inderogabilità delle funzioni di garanzia […] consegue altresì che il problema della riserva dei poteri di controllo neppure si pone posto che sono proprio i poteri originari correlati alla posizione di datore di lavoro che non possono essere unilateralmente o convenzionalmente rinunziati” [1] (Cass. n. 6280/2007, cit.).
E, infine.
“Questa Corte in plurime sentenze ha già avuto modo di statuire che nelle imprese gestite da società di capitali gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni ed igiene sul lavoro, posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione (Cass. IV, 6820/07, Mantelli). Infatti, anche di fronte alla presenza di una eventuale delega di gestione conferita ad uno o più amministratori, specifica e comprensiva dei poteri di deliberazione e spesa, tale situazione può ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori membri del consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento sostitutivo in caso di mancato esercizio della delega” (Cass. n. 38991/2010).
E se non viene rilasciata alcuna nomina a datore di lavoro?
In tale circostanza, la relativa posizione di garanzia connessa alla figura datoriale non potrà che risultare condivisa indistintamente tra tutti i membri del C.d.A.
E, difatti, se la figura datoriale non è “oggetto di specifica delega, gli obblighi imposti ai datori di lavoro dalla normativa antinfortunistica [devono] ritenersi gravanti su tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione. […] nelle […] società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione” (Cass. n. 6280/2007, cit.).
Responsabilità nel caso di nomina di un consigliere quale datore di lavoro
Facciamo un passo indietro e torniamo all’ipotesi in cui venga rilasciata una nomina a datore di lavoro ad uno dei membri del Consiglio di Amministrazione.
Nel caso in cui si riscontri una violazione della normativa antinfortunistica, chi potrà esserne chiamato a risponderne?
Si potrebbe istintivamente affermare che non potrà che risponderne il consigliere che abbia ricevuto la nomina a datore di lavoro.
In realtà, non è del tutto vero, come ci si appresta ad illustrare richiamando la celeberrima pronuncia della Suprema Corte n. 38991/2010 [2].
In tale sentenza, i Supremi Giudici venivano chiamati a pronunciarsi su una vicenda relativa ad una società che gestiva uno stabilimento dedito alla produzione di fibre di nailon, ove si faceva uso di amianto per coibentare i tubi ed i macchinari.
Nella specie, in relazione alla morte di alcuni lavoratori, che nello stabilimento avevano inalato polveri di amianto contraendo malattie (asbestosi e mesotelioma pleurico) che li aveva portati al decesso, erano stati chiamati a rispondere tutti i membri del Consiglio di Amministrazione, nonostante si fosse provveduto al rilascio di una nomina a datore di lavoro ad uno dei consiglieri, sul rilievo che su tutti gravava il compito di vigilare sulla complessiva politica di sicurezza dell’azienda, il cui processo produttivo presentava un rischio molto elevato, quale l’esposizione dei lavoratori all’amianto.
La Suprema Corte affermava il principio secondo il quale la posizione di garanzia degli altri componenti del Consiglio di Amministrazione non viene meno con riferimento a ciò che attiene alle scelte aziendali di livello più alto in ordine alla organizzazione delle lavorazioni: da ciò derivando che, anche in ossequio al disposto di cui all’art. 2392 c.c., nonostante il rilascio di una delega, permane la responsabilità dei vertici aziendali e, quindi, di tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione, quanto agli eventi lesivi determinati da difetti strutturali aziendali e del processo produttivo, aggiungendo che “in una fattispecie analoga a quella oggetto del giudizio, relativa ad impresa il cui processo produttivo prevedeva l’utilizzo dell’amianto e che aveva esposto costantemente i lavoratori al rischio di inalazione delle relative polveri, si è ritenuto che, pur a fronte dell’esistenza di amministratori muniti di delega per l’ordinaria amministrazione e dunque per l’adozione di misure di protezione concernenti i singoli lavoratori o aspetti particolari dell’attività produttiva, gravasse su tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione il compito di vigilare sulla complessiva politica della sicurezza dell’azienda, il cui radicale mutamento, per l’onerosità e la portata degli interventi necessari – sarebbe stato indispensabile per assicurare l’igiene del lavoro e la prevenzione delle malattie professionali”.
In sostanza, in presenza di strutture aziendali complesse, la delega di funzioni esclude la riferibilità di eventi lesivi ai deleganti se sono il frutto di occasionali disfunzioni; quando, invece, sono determinate da difetti strutturali aziendali e del processo produttivo, permane la responsabilità dei vertici aziendali e, quindi, di tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione.
Diversamente opinando, si violerebbe il principio del divieto di totale derogabilità della posizione di garanzia, il quale prevede che pur sempre a carico del delegante permangano obblighi di vigilanza ed intervento sostitutivo.
“La delega di [gestione] non spoglia definitivamente il Consiglio di Amministrazione delle proprie attribuzioni, il quale infatti continua a costituire il perno della gestione sociale, nel senso che, così come gli è imputabile il risultato della gestione, deve pur sempre essergliene confermata la responsabilità [in relazione al dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione]”.
[Si consideri, in punto di normativa, che, in merito agli obblighi che residuano in capo agli altri membri del Consiglio di Amministrazione, si legge all’art. 2381, c. 3, c.c. che “Il consiglio di amministrazione determina il contenuto, i limiti e le eventuali modalità di esercizio della delega; può sempre impartire direttive agli organi delegati e avocare a sé operazioni rientranti nella delega. Sulla base delle informazioni ricevute valuta l’adeguatezza dell’assetto organizzativo […]; valuta, sulla base della relazione degli organi delegati, il generale andamento della gestione”.]
Questa responsabilità solidale degli amministratori “può essere in parte attenuata soltanto nelle ipotesi in cui la complessità della gestione sociale renda necessaria la ripartizione di competenze ed attività mediante ricorso ad istituti specifici, quali le deleghe di [gestione] ad uno o più amministratori […] ma si deve escludere che, al di fuori [di siffatte] ipotesi […] una divisione di fatto delle competenze tra gli amministratori, l’adozione, di fatto, del metodo disgiuntivo dell’amministrazione, o, semplicemente, l’affidamento all’attività di altri componenti il collegio di amministrazione, possano valere ad escludere la responsabilità di alcuni amministratori per le violazioni commesse dagli altri, posto che la condotta omissiva per affidamento a terzi, lungi dal comportare esclusione di responsabilità, può costituire invece ammissione dell’inadempimento dell’obbligo di diligenza e vigilanza” (Cass. n. 22911/2010).
P
er concludere sull’argomento, non può non citarsi la famosa sentenza Galeazzi[3], in cui la Suprema Corte ha precisato che “nel caso di una società di capitali, originariamente il datore di lavoro (in senso civilistico) va individuato nel consiglio di amministrazione o nell’amministratore unico. Ove, con la nomina di uno o più amministratori delegati, si verifichi il trasferimento di funzioni in capo ad essi, non per questo va interamente escluso un perdurante obbligo di controllo della gestione degli amministratori delegati; ciò trova un importante argomento di conferma, sia pure sul piano civilistico (con conseguenze che, peraltro, non possono che riflettersi su quello penalistico, comune essendo la matrice e la giustificazione degli obblighi di garanzia), nel testo dell’art. 2392, c. 2 c.c., che ribadisce, anche nel caso di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di uno o più amministratori, la solidale responsabilità degli amministratori (di tutti gli amministratori) se non hanno vigilato sul generale andamento della gestione o se, essendo a conoscenza di atti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose. […] In base ad un criterio di ragionevolezza, si preferisce escludere che questo obbligo riguardi anche gli aspetti minuti della gestione, senza porre però in dubbio l’esigibilità di un dovere di vigilanza sul generale andamento della gestione. Si riferisce a tale generale andamento non l’adozione di una singola misura di prevenzione per la tutela della salute di uno o più lavoratori o il mancato intervento in un singolo settore produttivo, ma la complessiva gestione aziendale della sicurezza. Dunque, con il trasferimento di funzioni (come anche nella delega di funzioni) il contenuto della posizione di garanzia gravante sull’obbligato originario si modifica e si riduce agli indicati obblighi di controllo e intervento sostitutivo: ove l’amministratore non adempia a tali obblighi residuali e, in conseguenza di questa omissione, si verifichi l’evento dannoso, si dovrà ravvisare la colpa nell’inosservanza di tali obblighi. In conclusione, in un sistema che si fonda su un assetto che esclude la delegabilità di determinate funzioni in tema di sicurezza, e che comunque prevede un residuo obbligo di controllo da parte di coloro cui originariamente è attribuita la qualità di datore di lavoro, non è ipotizzabile che residui un’area di responsabilità in base ad accordi, formali o meno che siano, o addirittura dedurre dall’inerzia un trasferimento di funzioni con efficacia giuridici escludente la responsabilità pervenendo al risultato di esonerare taluno dalla responsabilità penale in base ad un atto di autonomia privata”.
E, infine.
“Nelle imprese di grandi dimensioni (Cass. n. 4123/2009), ovvero nell’ambito delle organizzazioni complesse, non è possibile attribuire tout court all’organo di vertice la responsabilità per l’inosservanza della normativa di sicurezza, occorrendo sempre apprezzare l’apparato organizzativo che si è costituito, sì da poter risalire, all’interno di questo, al responsabile di settore, a chi esercita effettivamente i poteri decisionali, di organizzazione, gestione, controllo e spesa. Infatti, nelle società di capitali, in linea di principio, il datore di lavoro coincide con i vertici societari, ossia con tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione e, in particolare, con il Presidente del Consiglio di Amministrazione, ovvero, in alternativa, con l’amministratore delegato o con l’amministratore al quale sono state espressamente attribuite le funzioni di garante della sicurezza, senza, tuttavia, che possa conseguirne una riduzione della portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del Consiglio riguardo ai doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento nel caso di mancato – non idoneo – esercizio della delega” (ex multis, Cass. n. 38343/2014).
- fine della seconda e ultima parte –
Avv. Carolina Valentino
Link alla prima parte del contributo dell’avv. Carolina Valentino
[1] Cass. n. 6280/2007 cit.
[2] In senso conforme Cass. n. 48285/2017 (vedasi altresì Cass. n. 28721/2017 e Cass. n. 49732/2014): “La giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di precisare che in tema di sicurezza e di igiene sul lavoro, nelle società di capitale il datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa all’interno dell’azienda, e quindi con i vertici dell’azienda stessa, ovvero nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o componente del consiglio di amministrazione cui siano state attribuite le relative funzioni, salvo il caso di espressa delega [leggasi, nomina a datore di lavoro] con la conseguenza che gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione […]. Ne discende la possibilità della coesistenza, all’interno della medesima impresa, di più figure aventi tutte la qualifica di datore di lavoro, cui incombe l’onere di valutare i rischi per la sicurezza, di individuare le necessarie misure di prevenzione e di controllare l’esatto adempimento degli obblighi di sicurezza. Il principio del cumulo di responsabilità in capo ai rappresentanti della componente datoriale non trova applicazione nel caso di esistenza di una delega esplicita o implicita della posizione di garanzia […], quest’ultima ravvisabile nell’incarico conferito, anche in assenza di atto espresso, ad una figura prevenzionale specificamente preposta a garantire gli obblighi attinenti alla sicurezza. La delega […] non espressa, poi, presuppone una ripartizione di funzioni imposta dalla complessità dell’organizzazione aziendale, che dipende comunque dalle dimensioni dell’impresa […]. Inoltre, questa Corte sottolinea, altresì, che la delega di gestione […] in proposito conferita ad uno o più amministratori, se specifica e comprensiva di poteri di deliberazione e spesa, può solo ridurre la portata della posizione di garanzia attribuita agli ulteriori componenti del Consiglio, ma non escluderla interamente, poiché non possono comunque essere trasferiti i doveri di controllo sul generale andamento della gestione e di intervento, soprattutto nel caso di mancato esercizio della delega”.
[3] Cass. n. 4981/2004, trattasi della pronuncia avente ad oggetto il drammatico episodio avvenuto all’interno della struttura sanitaria privata denominata Istituto Ortopedico Galeazzi. Mentre alcuni pazienti, insieme ad un infermiere, si trovavano all’interno della camera iperbarica, si sviluppava un incendio che causava la morte di 11 persone.
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Rispondi Autore: Mattia M. - likes: 0 | 10/04/2024 (13:05:19) |
Articolo molto interessante. Solo un chiarimento: in caso di piccole e micro imprese e nel caso ad uno dei soci vengano assegnate le funzioni relative alla salute e sicurezza, eventuali multe vengono applicate solo al socio con le specifiche funzioni o vengono moltiplicate per il numero dei soci? Grazie |
Rispondi Autore: Michele - likes: 0 | 10/12/2024 (12:40:20) |
Buongiorno Avvocato, intanto complimenti per il contributo, davvero interessante. Le chiedevo se, a Suo avviso, sia possibile che un Consiglio di Amministrazione (di una Spa) attribuisca la qualifica di datore di lavoro ai sensi dell'art.2 TU 81/08 ad un dirigente della Società che non sia membro del Consiglio medesimo. Il neonominato Dirigente provvederà poi successivamente , tramite atto notarile, a nominare i Delegati di Funzione ex art. 16 TU 81/08. Grazie |