Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Crea PDF

L’individuazione del datore di lavoro: aspetti normativi e casi concreti

L’individuazione del datore di lavoro: aspetti normativi e casi concreti

Autore: Carolina Avv. Valentino

Categoria: Datore di lavoro

03/04/2024

Come individuare il datore di lavoro: il dato normativo, gli aspetti giuslavoristici e la materia antinfortunistica. Un caso concreto sull’individuazione del datore di lavoro di fatto. Prima parte di un contributo a cura dell’avv. Carolina Valentino.

Un tema delicato più volte affrontato anche nei nostri articoli è quello relativo all’individuazione del datore di lavoro in relazione alle responsabilità in materia di tutele e di infortuni. Una individuazione che, come ricordava Anna Guardavilla in un suo articolo sul tema, può non essere scontata in molte situazioni e organizzazioni di lavoro.

Su questo tema interviene anche un corposo contributo dell’avv. Carolina Valentino dal titolo L’individuazione del datore di lavoro” che abbiamo deciso di dividere in due parti.

 

Nella prima parte, che presentiamo oggi, il contributo si sofferma, sugli aspetti normativi e sul datore di lavoro in senso giuslavoristico e nella materia antinfortunistica. Inoltre viene presentato un caso concreto sull’individuazione del datore di lavoro di fatto.

 

Nella seconda parte, che pubblicheremo nei prossimi giorni, sarà invece presentato un approfondimento sull’individuazione del datore di lavoro all’interno di una società amministrata da un Consiglio di Amministrazione.



Pubblicità
Datore di lavoro R.S.P.P.
Formazione del Datore di lavoro RSPP - Classe di rischio BASSO (art. 34, D. Lgs. 81/2008, Accordo Stato Regioni 21/12/2011)

 

L’individuazione del datore di lavoro - Prima parte

 

Premessa

Lungi dalla presunzione di poter esaurire tutti i temi afferenti alla figura prevenzionistica che ci si appresta ad indagare, la presente trattazione si pone l’obiettivo di approfondire alcuni specifici aspetti concernenti la figura del datore di lavoro nella materia prevenzionistica e, più in dettaglio:

  1. l’individuazione del datore di lavoro nella materia antinfortunistica;
  2. l’individuazione di tale ruolo all’interno di una società amministrata da un Consiglio di Amministrazione e relative conseguenze sul piano delle responsabilità.

Il dato normativo

Ai sensi dell’art. 2, c. 1, lett. b), D. Lgs. n. 81/2008, per “datore di lavoro” si intende “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”.

In altre parole, secondo la lettera della norma, nel settore privato il datore di lavoro non è necessariamente colui che l’organo di vertice dell’azienda individua come tale, bensì colui o coloro i cui poteri coincidono con quelli definiti dal concetto di datore di lavoro espresso dal legislatore.

 

Il datore di lavoro in senso giuslavoristico e nella materia antinfortunistica

Sulla distinzione tra il concetto di datore di lavoro in ambito giuslavoristico e la medesima figura contemplata dalla materia antinfortunistica si è pronunciata la giurisprudenza – inter alia – nella celeberrima sentenza ThyssenKrupp, affermando quanto segue.

 

“[Occorre] ricordare che, come insegna la Corte di Cassazione (v. sentenza n. 4981 del 6/2/2004) la definizione di datore di lavoro […] non è intesa nel senso esclusivamente civilistico e giuslavoristico, e quindi limitata a chi è titolare del rapporto di lavoro, ma si estende a chi ha la responsabilità dell’impresa o dell’unità produttiva ed è titolare dei poteri decisionali e di spesa [secondo il] principio di effettività […]. Con questa modifica non si fa più riferimento ad un dato formale […] ma altresì a dati di natura sostanziale quali la responsabilità dell’impresa o dell’unità produttiva purché accompagnati – questo è il punto – dai poteri decisionali e di spesa. Insomma, ciò che rileva, al fine di creare la qualità di datore di lavoro, e quindi la posizione di garanzia, sono il potere di decidere e quello di spendere. Chi li possiede è datore di lavoro e quindi titolare della posizione di garanzia”.

 

Ne consegue, come è evidente, che se nel diritto del lavoro è pacificamente individuata la figura del datore di lavoro nel titolare del rapporto con il lavoratore, nella materia prevenzionistica occorre fare riferimento non solo alla qualifica formale, ma altresì ai dati sostanziali, ossia a chi, in concreto, eserciti i poteri decisionali e di spesa propri di tale titolare della posizione di garanzia.

 

Quanto sopra, è soprattutto evidente se si considera il principio di effettività, ai sensi dell’art. 299, D. Lgs. n. 81/2008, come argomentato dalla giurisprudenza (ex multis, Cass. n. 39324/2018):

In base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro (e, similmente, del dirigente o del preposto) mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto […] sicché l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale”.

 

Ma ancora (Cass. n. 39499/2016):

Anche un soggetto estraneo all’organigramma aziendale può assumere [il ruolo di] datore di lavoro […] e divenire destinatario della normativa antinfortunistica, in presenza di comportamenti ricorrenti, costanti e specifici, dai quali possa desumersi l’effettivo esercizio di funzioni [datoriali]. […] il datore di lavoro titolare degli obblighi prevenzionistici va individuato sia in colui che risulta parte in senso ‘formale’ del contratto di lavoro sia nel soggetto che ‘di fatto’ assume i poteri tipici della figura datoriale”.

Trattasi, nella materia prevenzionistica, di una nozione più ampia della figura datoriale, da intendersi in un’accezione sia formale sia sostanziale, incentrata sui poteri concretamente esercitati da un soggetto all’interno della realtà aziendale.

 

Alla luce di quanto sopra, non può escludersi che il sistema della sicurezza sul lavoro possa fornire qualche interessante spunto di riflessione nella prospettiva, di cui da qualche tempo di discute in dottrina, della “codatorialità”, quale risposta all’esigenza di definire nuove modalità di imputazione della responsabilità datoriale nei casi in cui, data la complessità dei modelli produttivi, il potere imprenditoriale risulta disperso e diffuso, onde la necessità di superare il tradizionale rapporto binario lavoratore / datore di lavoro[1].

 

Di seguito, i requisiti in base ai quali deve ritenersi sussistente la qualifica di datore di lavoro:

  1. potere direttivo, consistente nel potere di impartire direttive e istruzioni ai lavoratori sulle modalità di svolgimento delle mansioni;
  2. potere di vigilanza e controllo sull’operato dei lavoratori, inteso a verificare che le modalità di svolgimento delle mansioni siano conformi alle direttive impartite;
  3. potere disciplinare, consistente nell’irrogazione di sanzioni.

* * *

 

Un caso concreto sull’individuazione del datore di lavoro di fatto

In merito all’applicazione del principio di effettività, è interessante richiamare una pronuncia della Suprema Corte (n. 38428/2006) concernente un infortunio mortale occorso ai danni di un lavoratore – impegnato a svolgere le proprie mansioni in una cartiera – dovuto, secondo il capo d’accusa, all’organizzazione di un sistema di lavoro errato e ad un ambiente di lavoro fortemente a rischio.

 

La Corte d’Appello, in applicazione, appunto, del principio di effettività, aveva confermato l’individuazione del datore di lavoro operata dal Tribunale di primo grado, da ravvisarsi nel soggetto che concretamente impartiva disposizioni ai lavoratori ed organizzava l’attività aziendale, [il che] consentiva di indicarlo quale titolare della posizione di garanzia all’interno dell’azienda e dunque responsabile dell’incolumità dei lavoratori.

 

La Suprema Corte confermava l’impostazione della Corte d’Appello, affermando che, al di là della qualificazione formale che vedeva nella moglie dell’imputato la legale rappresentante dell’azienda, invero la qualifica di datore di lavoro era da ravvisarsi in capo all’imputato in ragione “delle mansioni […] in concreto [dal medesimo] ricoperte ed esercitate all’interno della stessa azienda, secondo quanto emerso dalle acquisizioni probatorie in atti.

 

In particolare, l’imputato era stato indicato, durante le escussioni testimoniali, come il soggetto che dava le direttive ai dipendenti e che di fatto si comportava quale effettivo titolare dell’azienda.

Affermavano i Supremi Giudici che tale approccio è coerente con l’orientamento ormai consolidato della Suprema Corte, secondo il quale “in tema di infortuni sul lavoro, l’individuazione dei soggetti destinatari della relativa normativa (datore di lavoro, dirigente, preposto) deve essere operata sulla base dell’effettività e concretezza delle mansioni e dei ruoli svolti” e “deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto (ossia alla sua funzione formale)”.In altre parole, la mansione concretamente esercitata prevale sulla qualifica formale e apparente.

 

* * *

 

Si consideri, per fini di completezza, che l’individuazione del datore di lavoro di fatto non esonera da responsabilità il soggetto che rivesta formalmente tale qualifica.

 

“Il principio di effettività non ha mai significato che il soggetto gravato della posizione di garanzia – e che disponeva dei poteri di decidere e di spendere – potesse esonerarsene su base volontaria o contrattuale e lo stesso istituto della delega di funzioni è stato assoggettato ad una rigorosissima serie di vincoli che comunque non hanno mai condotto alla totale esclusione della responsabilità del delegante qualora questi non avesse esercitato appieno i residui poteri di controllo sull’opera del delegato. Insomma, il principio di effettività è un metodo, anche conoscitivo, per riportare la responsabilità laddove si trovano i poteri di decidere e di spendere e non un modo per esonerare da responsabilità chi, per scelta propria, di questi poteri disponga ma non li eserciti” (sentenza ThyssenKrupp).

 

* * *

 

- fine della prima parte –

 

 

 

Avv. Carolina Valentino

 

 

 

La seconda parte del contributo sarà pubblicata nei prossimi giorni.

 



[1] A. Perulli, “Contratto di rete, distacco, codatorialità, assunzioni in agricoltura”, in “La riforma del mercato del lavoro”, 2014.


Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'

Pubblica un commento

Rispondi Autore: Aurigi Maurizio - likes: 0
03/04/2024 (08:57:53)
Grazie Avvocato per il suo prezioso contributo e aspetto la seconda parte dell’articolo. Le espongo un caso reale per sapere la sua opinione perché penso possa essere di interesse comune. Una organizzazione presenta due differenti attività e due differenti codici ateco. Esistono anche due differenti datori lavori, nel senso che ogni datore di lavoro assume i lavoratori afferenti alla propria attività. Esistono pero’ dei lavoratori che sebbene assunti da un datore di lavoro lavorano presso l’altra attività. Personalmente ho ritenuto che il datore di lavoro di questi ultimi lavoratori non fosse chi effettivamente li aveva assunti ma l’altro che esercitava nei fatti il controllo e la responsabilità del loro lavoro.
L’organizzazione oltre ad avere due differenti datori di lavoro ha anche due differenti responsabili del servizio di prevenzione e protezione e quindi i lavoratori di cui sopra a mio avviso non sarebbero in capo al responsabile del servizio di prevenzione del datore di lavoro che li aveva assunti ma bensì dell’altro con tutto quello che ne consegue a livello di valutazione dei rischi. Saluti.
Rispondi Autore: Carolina Valentino - likes: 0
03/04/2024 (12:40:54)
Buongiorno. Grazie per il quesito, molto interessante.
Nel caso prospettato vi è la presenza di:
(i) un datore di lavoro “formale”, firmatario del contratto di lavoro;
(ii) un datore di lavoro “di fatto”, colui che di fatto esercita i poteri connessi al ruolo.
La situazione ex se non è violativa della normativa antinfortunistica. Il problema si pone nei casi “patologici”: in altre parole, il dubbio concerne, in caso di infortunio (o violazione della normativa), a quale dei due lavori sarà addebitabile la responsabilità.
Nel caso che ci occupa ne risponderanno entrambi:
(i) il datore di lavoro “formale”, sulla base dell’incarico formalmente, appunto, rivestito e che non viene meno per la sola presenza di un datore di lavoro “di fatto”;
(ii) il datore di lavoro “di fatto”, sulla base del disposto di cui all’art. 299, D. Lgs. n. 81/2008, secondo cui colui che di fatto esercita i poteri propri del (inter alia) datore di lavoro, se ne assume le relative responsabilità.
Con riferimento al RSPP:
(i) per quanto concerne il RSPP del datore di lavoro “formale”, egli non potrà che tenere conto, nello svolgimento del proprio incarico, anche dell’attività svolta dal lavoratore presso altro datore di lavoro;
(ii) per quanto concerne il RSPP del datore di lavoro “di fatto”, devo immaginare che, andando a svolgere, il lavoratore di cui trattasi, attività proprie dell’azienda per la quale il RSPP svolge il proprio incarico, la sua attività già considera le mansioni svolte da tale lavoratore.
Spero di essere stata di aiuto.
Saluti
Rispondi Autore: TASSELLI PAOLO - likes: 0
06/04/2024 (10:04:50)
Interessanti considerazioni. Sono il RSPP di una società cooperativa che è stata posta in liquidazione coatta amministrativa dal MINISTERO DELLE IMPRESE E DEL MADE IN ITALY ed è stato nominato un commissario liquidatore. La Cooperativa continua l'attività, ma il Datore di Lavoro non ha più il potere di spesa. Ho chiesto al Commissario di reiterarmi l'incarico (ho un regolare contratto e designazione del DdL) perché compete al Datore di Lavoro, mi ha risposto che avrebbe chiesto al Ministero. Nell'attesa del chiarimento continuo a svolgere il mio lavoro (sono in attesa di pagamento di una fattura), vorrei sapere se la mia interpretazione è corretta sostenendo che il DdL è il Commissario (potere di spesa) e deve trasferire formalmente poteri operativi ai componenti l'organizzazione della società cooperativa. Grazie per l'attenzione

Pubblica un commento

Banca Dati di PuntoSicuro


Altri articoli sullo stesso argomento:


Forum di PuntoSicuro Entra

FORUM di PuntoSicuro

Quesiti o discussioni? Proponili nel FORUM!