Il conflitto in Libia e la protezione del patrimonio culturale
Chi scrive ha progettato, su mandato dell’Unesco, il piano di protezione dei parchi archeologici di Cirene e Sabrata, che sono tra i più importanti dell’Africa settentrionale. Questo progetto, finanziato dall’Unesco, è stato sospeso per un certo tempo, proprio perché le tensioni, conseguenti ai conflitti fra le due diverse aree politiche, avevano impedito di portare avanti l’iniziativa.
Questa tensione ha portato a facilitare l’opera dei tombaroli, che hanno portato all’estero innumerevoli reperti archeologici; la assenza di una autorità centralizzata e riconosciuta non ha fatto altro che rendere più difficile la individuazione delle opere sottratte e il lancio dell’allarme sui canali, già da tempo disponibili per tutelare opere d’arte rubate.
La situazione sta gradualmente cambiando, tant’è vero che il 31 marzo 2022 le autorità di Tripoli hanno recuperato nove reperti archeologici, che erano stati trasportati negli Stati Uniti, subito dopo i conflitti nati alla morte del dittatore Gheddafi.
Parimenti, tutte le autorità libiche coinvolte hanno dato l’approvazione alla fondazione di una commissione sulle antichità rubate, alla cui presidenza è stato posto Hafez Walda.
Il presidente ha svolto un ruolo importante presso l’ Unesco nella protezione dei beni culturali libici, ad esempio segnalando il furto di 7700 monete, sottratte dal caveau della Banca Commerciale di Bengasi, e che rappresenta uno dei maggiori furti di reperti archeologici registrati in Libia.
Purtroppo, almeno ad oggi, i referenti delle autorità politiche libiche, rispettivamente a Tripoli e Bengasi, hanno attribuito priorità ben maggiori ad altri aspetti, che riguardano la tutela della popolazione, rispetto agli aspetti che riguardano la tutela del patrimonio culturale.
Neanche incoraggiante è il fatto che, anche se si riuscisse a mettere sotto controllo il problema del furto di reperti archeologici, gravi danneggiamenti possono essere causati anche dal conflitto armato, come purtroppo è accaduto nel teatro romano della città di Sabrata, nel settembre 2017, dove fazioni in lotta si sono scontrate, danneggiando le strutture del teatro.
Ad oggi sono ben cinque i siti archeologici libici, che sono inseriti nell’elenco del patrimonio archeologico mondiale a rischio.
Ciò non toglie che alcuni interventi delle autorità politiche locali possano essere valutati positivamente, tanto è vero che la Libia ha chiesto all’Unesco di rimuovere la città antica di Gadames dalla lista dei siti a rischio.
Questa nuova accresciuta sensibilità dei partiti politici sul tema della protezione dei beni culturali rappresenta un elemento oltremodo positivo, che l’umanità intera si augura possa portare presto alla messa sotto controllo di questa critica situazione.
Adalberto Biasiotti
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