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Edilizia e COVID-19: caratteristiche e criticità del protocollo condiviso

Edilizia e COVID-19: caratteristiche e criticità del protocollo condiviso
Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Coronavirus-Covid19

02/04/2021

Quali sono le caratteristiche del protocollo condiviso sui cantieri? È necessario integrare il PSC? Quali sono le principali criticità per i coordinatori? Quali aspetti sarebbero da modificare? Ne parliamo con l’Ing. Stefano Bergagnin, GdL Sicurezza CNI.

Brescia, 2 Apr – L’emergenza COVID-19 e la diffusione del virus SARS-CoV-2 ha condizionato in questi mesi anche un ambito lavorativo che normalmente, anche senza rischi biologici, ha alti indici di frequenza e gravità degli infortuni: l’edilizia.

E proprio in considerazione della specificità e dell’importanza del lavoro nei cantieri edili, già nei primi mesi di diffusione della pandemia è stato elaborato uno specifico protocollo, il “ Protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del COVID-19 nei cantieri”, un protocollo che è diventato un costante allegato dei vari DPCM che si sono susseguiti fino ad oggi.

 

Ma quali sono le conseguenze e l’applicazione di questo protocollo condiviso a distanza ormai di più di un anno? Anche perché, non dobbiamo dimenticarlo, riguardo al suo contenuto sono state sollevate in questi mesi – ne abbiamo parlato anche in contributi e interviste del nostro giornale - diverse critiche.   

 

Proprio per avere alcune risposte su questi temi abbiamo intervistato l’Ing. Stefano Bergagnin, componente del gruppo di lavoro Sicurezza del Consiglio Nazionale degli Ingegneri ( CNI), che è stato il referente ad Ambiente Lavoro 2020 del convegno online, organizzato il 2 dicembre 2020 dall’Ordine degli ingegneri di Bologna in collaborazione con il CNI, “CANTIERI: come cambia la gestione nel periodo di emergenza SARS-CoV-2”. In quel contesto l’Ing. Bergagnin partecipava anche come relatore e con una relazione sul protocollo condiviso con particolare riferimento all’istituzione dei Comitati, su cui torneremo con futuri approfondimenti.

 

Come si è arrivati al protocollo relativo ai cantieri?

Negli obiettivi del protocollo si parla di “ulteriori misure di precauzione” e non di “misure di prevenzione e protezione”. Cosa comporta questa differenza di termini?

Si indica che il SARS-CoV-2 rappresenta per i cantieri un rischio biologico che è generico o esogeno: quali sono le conseguenze di questo riconoscimento?

È sempre necessario redigere un documento di integrazione del PSC in relazione alle misure di contenimento in materia di COVID-19?

Quali sono le funzioni del Comitato istituto dal Protocollo e perché il suo ruolo è importante? Nei cantieri sono stati sempre istituiti i Comitati? Quali sono state le difficoltà?

Cosa pensa del ruolo che viene ad assumere il Coordinatore per la sicurezza nel Protocollo? E quali sono, a suo parere, altre criticità, lacune o punti non chiari del Protocollo?

A suo parere il Protocollo è da modificare? Sono previste future revisioni?

 

Segnaliamo che nelle prossime settimane, sempre con riferimento al convegno organizzato dall’Ordine degli ingegneri di Bologna, ci soffermeremo anche nello specifico del tema relativo ai costi della sicurezza.

 

Questi gli argomenti trattati nell’intervista:


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Come sempre diamo ai nostri lettori la possibilità di visualizzare integralmente l’intervista e/o di leggerne una parziale trascrizione.

 

L’intervista di PuntoSicuro a Stefano Bergagnin

 

 

 

Il protocollo condiviso e le ulteriori misure di precauzione

Nella sua relazione ad Ambiente Lavoro a dicembre 2020 lei ha presentato l’evoluzione della normativa in materia COVID con particolare riferimento al mondo dei cantieri. Rispetto ai cantieri ci sono stati in questi mesi novità? E come si è arrivati al protocollo relativo ai cantieri? Il Consiglio Nazionale degli Ingegneri ha partecipato alla sua stesura?

 

Stefano Bergagnin: (…) Comincerei a darvi un quadro della situazione che si è evoluta ormai da un anno, perché il primo protocollo condiviso risaliva al 14 marzo 2020, quindi abbiamo già superato un anno. Era un protocollo che riguardava gli ambienti di lavoro e a cui seguì quello relativo ai cantieri. Come usci? Non usci come norma, ma fu un accordo preso da organizzazioni sindacali e datoriali che portò appunto alla redazione di questo documento.

 

Divenne norma circa un mese dopo perché uscì il DPCM del 26 aprile che conosciamo tutti e che fu la base per l’introduzione ufficiale e normata dei protocolli, partendo da questa traccia che era stata convenuta tra le varie organizzazioni.

 

E devo dire che purtroppo noi ingegneri, ma anche gli altri professionisti e tecnici, come architetti, geometri, … praticamente siamo rimasti fuori. Nel senso che, pur avendo come ingegneri una organizzazione che si occupa anche di questi problemi, questo tipo di iniziative non ci hanno coinvolto. Non è la prima volta, purtroppo.

Il CNI si è attivato con i ministeri competenti, c’è stato un confronto anche su questo, dove nell'occasione sono stati messi in evidenza i problemi che noi abbiamo rilevato per la nostra categoria, perché, come sapete, molti ingegneri svolgono le funzioni di coordinatori e si trovano, ovviamente, a dover rispettare quello che è stato introdotto da questo protocollo.

 

La normativa si è poi evoluta dal punto di vista formale tantissimo. Io non sto neanche a contare quanti DPCM sono usciti dalla primavera scorsa ad oggi scorsa. L'unica cosa che metterei rilievo è che ci fu un DPCM, quello del 17 maggio, (…) dove gli allegati che nel primo DPCM di aprile erano il n. 6 e 7 – riferiti ad ambienti di lavoro e cantieri – diventano il numero 12 e 13, ma mantenendoli uguali, completamente uguali.

Quindi è stato fatto un aggiornamento formale. E da lì in poi, venendo proprio a quello che è l'altro aspetto della sua domanda riguardo a come siamo messi oggi, non è cambiato nulla. Nel senso che noi sentiamo continuamente parlare i media di nuovi DPCM, di variazioni, eccetera, però per quanto riguarda i cantieri, che è l'oggetto di quello che stiamo parlando, non ci sono state novità. (…)

 

Riguardo al Protocollo lei si è soffermato nella sua relazione su alcuni termini che sono indicativi delle intenzioni del legislatore. Ad esempio, negli obiettivi del protocollo si parla di “ulteriori misure di precauzione” e non di “misure di prevenzione e protezione”. Cosa comporta questa differenza di termini?

 

S.B.: La ringrazio per la domanda, perché è stato oggetto di discussioni. nei primi mesi dell'anno scorso. Nel senso che la normativa è stata chiara: andandola a leggere non parla di misura di prevenzione e protezione, ma c'è un motivo, un motivo per cui invece queste misure le si indica come misure di precauzione. Perché ovviamente il problema della pandemia non era un problema generato dall'ambiente di lavoro, generato dei rischi presenti nell'ambiente di lavoro, come per esempio il cantiere. Pertanto erano misure precauzionali indicate nelle normative che riguardavano chiunque. Cioè tutta la popolazione, tutti i cittadini a prescindere dal fatto che fossero lavoratori o non fossero lavoratori.

È chiaro che c'è comunque una situazione in cui il termine corretto potrebbe essere misure di prevenzione e protezione, ma l'ambiente per cui sarebbe necessario classificare anche la pandemia come un qualcosa che va affrontato con misure di prevenzione e protezione e non di precauzione è soprattutto l'ambiente sanitario, le RSA, dove effettivamente un rischio di questo tipo, che è di tipo biologico, tra l'altro, è previsto. Nei cantieri dove questa tipologia, questa sorgente di rischio, non è assolutamente prevista - salvo casi particolari (…) – è necessario adottare, come nella maggior parte dei luoghi di lavoro, misure di precauzione, cioè misure dove il rischio biologico, in questo caso, è generico (chiamato anche esogeno, come molti testi hanno riportato). (…)

 

Protocollo condiviso: il rischio esogeno e l’integrazione del PSC

Lei si è già soffermato del riconoscimento nel protocollo cantieri dell’esistenza di un rischio biologico che è però generico o esogeno. Si può soffermare ulteriormente sulle conseguenze di questo riconoscimento?

 

S.B.: In pratica, quello che c’è nel cantiere non è un rischio generato dal cantiere stesso. Altrimenti verrebbe indicato come rischio “endogeno”, che è l'altro termine che invece è riferito a qualche cosa che nasce proprio negli nell'ambiente di lavoro e non è il caso dei cantieri.

Ma queste misure di precauzione individuate sono comunque rigorosamente da far rispettare anche nei cantieri, come in tutti gli ambienti di lavoro. Perché ovviamente anche il luogo di lavoro è una zona di possibile contagio e soprattutto in certe situazioni va monitorato con il massimo impegno. E questo è stato proprio l'obiettivo, secondo me, del protocollo condiviso poi inserito nei dpcm (…) dove negli allegati specifici si dà indicazione proprio di come sviluppare questo monitoraggio e di come renderlo efficiente, per far sì che i lavoratori siano maggiormente protetti da questo rischio che purtroppo può investire anche l'ambiente di lavoro.

L’allegato è molto preciso perché dà indicazioni su tanti aspetti. (…) Tanto per fare un esempio dà indicazioni precise anche sulle modalità di accesso, su cosa fare nei momenti in cui si dovesse sentire male qualcuno (…), … Insomma tutta una serie aspetti che andavano comunque affrontati ed è il motivo per cui è stato istituito dal Protocollo un Comitato, chiamato così, che ha questa funzione: monitorare che queste regole, queste misure di precauzione, siano rispettate anche in questo ambiente di lavoro.

 

Tornerei al tema dei rischi e agli adempimenti in tempi di pandemia in relazione a quanto indicato anche nel Protocollo. A suo parere è sempre necessario redigere un documento di integrazione del PSC contenente la descrizione e il monitoraggio delle misure di contenimento fissate dal governo in materia di COVID-19?

 

S.B.: Assolutamente sì, lei ha fatto una citazione giustissima dicendo che il PSC va integrato.

E anche questo ci toglie un dubbio che era nato all'inizio e che ha creato un po' di discussione, cioè se il PSC - il piano di sicurezza e coordinamento che redige appunto il coordinatore per la sicurezza - andava aggiornato a seguito delle novità scaturite con la pandemia e ovviamente con il dovere di applicare queste procedure contenenti le misure di precauzione.

In realtà non è necessario - non lo è mai stato e questo è stato confermato anche dagli organi di vigilanza - aggiornare il piano di sicurezza e coordinamento. Questo è legato anche al discorso che si faceva prima sul fatto che non si è di fronte ad un rischio originato dal cantiere stesso.

E quindi la misura formalmente necessaria è una integrazione, come ha detto lei, del piano di sicurezza e coordinamento, cioè una un'integrazione documentale che in qualche modo si approccia a quelli che sono i criteri da rispettare per mettere in sicurezza il cantiere secondo le procedure indicate dal governo stesso con il dpcm.

 

È ovvio che non è uno standard che vale per tutti i cantieri, non è un documento che si può fare standard e farlo valere per qualsiasi cantiere. Perché ovviamente con la dimensione del cantiere, il numero di lavoratori che sono impegnati nei cantieri, la tipologia di cantiere stesso, che può essere anche sviluppato come area interessata oppure potrebbe concentrarsi, per esempio, in banalissimi appartamenti, (…) cambiano le condizioni. Quindi anche le procedure che sembrerebbero banali perché valgono per tutti i posti di lavoro e che sono riportate negli allegati del dpcm poi ovviamente vanno un minimo personalizzate a seconda del cantiere di cui stiamo parlando. Ma questo, chiaramente, in un’integrazione di un documento già esistente che è il piano di sicurezza e coordinamento.

 

(…)

 

Protocollo condiviso: le criticità, il comitato e il ruolo del coordinatore

Veniamo ad affrontare alcune criticità del Protocollo. Nelle sue risposte ha già fatto cenno a una delle criticità sollevate anche sul nostro giornale in relazione alla modifica, secondo alcuni un vero stravolgimento, del ruolo del coordinatore per la sicurezza. Approfondiamo questo aspetto integrandolo con le altre criticità che lei ritiene essere più rilevanti. A suo parere alcuni punti del Protocollo dovevano essere diversi?

 

S.B.: Secondo me, sì. C'è un passaggio che ritengo assolutamente critico per noi coordinatori e anche poco corretto (…).

Nel momento in cui, nell'allegato 13, si scrive che i committenti vigilano (…) sul fatto che nei cantieri vengano adottate le procedure si precauzione attraverso i coordinatori, qui si è fatto un errore. O ci vorrebbe quantomeno una maggiore precisione.

 

Nel senso che è chiaro che il cantiere è un cantiere che è su volontà del committente che viene fatto e quindi le procedure in qualche modo il committente deve far sì che vengano applicate.

È chiaro anche che il coordinatore ha una funzione importante ma “vigilare” è un'altra cosa. Vigilare significa controllare che qualcosa venga effettivamente applicato. Andare a scrivere una frase del genere – nel Protocollo proprio c'è scritto che attraverso i coordinatori viene fatta questa vigilanza - mi pare veramente una cosa molto forzata. Questo è il motivo per cui, come dicevo prima, nell’organizzazione di un Comitato è fondamentale identificare invece le persone che operativamente e giornalmente svolgono un controllo sul rispetto delle procedure. Perché noi coordinatori non lo possiamo fare. Come tutte le sentenze degli ultimi dieci anni confermano che la nostra funzione è di “alta vigilanza”, non ci possono richiamare a svolgere una funzione che ci sono voluti anni a chiarire che non può essere di sentinelle del cantiere giornalmente. Invece con quella frase sembrerebbe quasi, da come è stata scritta, che ci si aspetti che noi si ritorni - secondo come era stato interpretato il ruolo con la 494, parliamo addirittura degli anni 90 - a fare i “sentinelli di cantiere”.

Non è assolutamente una strada che condividiamo e questo aspetto ha subito molte critiche, non soltanto dal CNI, ma penso anche dagli altri soggetti istituzionali che tutelano i professionisti che si occupano di sicurezza (…).

 

Lei parlava di aspetti critici nel Protocollo. Certo ce ne sono, ce ne sono eccome. Perché se andiamo a leggere le procedure ci sono anche attività pratiche da svolgere come la misurazione della temperatura, che è uno dei tanti temi che è stato affrontato nelle procedure e che ha avuto anche difficoltà di interpretazione fin dall'inizio.

Tant’è che nei cantieri soprattutto nei primi mesi, in particolare in quelli più piccoli, la temperatura non era misurata - perché non è neanche scritta come obbligatoria – e qualcuno ha adottato soluzioni come far firmare ai lavoratori che se l'è misurata a casa. (…)

Figurarsi se dovremmo essere noi coordinatori a vigilare occupandoci di queste cose. Assolutamente siamo lontani.

 

(…)

 

Veniamo al futuro e alle eventuali modifiche che lei ritiene necessarie. Riguardo a quanto indicato sul ruolo richiesto al coordinatore, la garanzia che tutto funzioni nel cantiere chi la potrebbe dare? Che lei sappia si sta lavorando ad una revisione del protocollo cantieri?

 

S.B.: Io avrei adottato lo stesso processo che adesso è attuato per quanto riguarda il cantiere in generale. Cioè il coordinatore ha la funzione di coordinatore, ha una funzione di “alta vigilanza”. L'affidataria (l’impresa affidataria, ndR) che è stata un po' l'anello debole  (…) dovrebbe avere una funzione importante.

Per quanto riguarda i cantieri in generale, come è impostata la normativa?

L'affidataria fa da garante nei confronti di tutte le imprese esecutrici che entrano in cantiere (…), ed è richiesto, proprio in base alla normativa, un passaggio: che i POS (piano operativo di sicurezza) vengano forniti, anche se sono di un tot numero di esecutrici, all'affidataria che per prima li verifica e poi li trasmette al coordinatore.

Quindi questa stessa organizzazione secondo me andava applicata anche nella gestione di un Comitato. Nel Comitato deve essere ben definito chi operativamente ha il compito di verificare che vengano rispettate queste regole - ovviamente le imprese esecutrici, qualcuno per conto delle esecutrici che tutti i giorni in cantiere dovrà verificare che le regole, che le misure di precauzione, vengano rispettate.

 

È chiaro che la funzione del coordinatore non scompare. Noi abbiamo (…) una posizione ben definita - dal decreto 81, dal titolo IV, quello che riguarda i cantieri – e abbiamo una funzione di alta vigilanza, è giusto che facciamo parte dei Comitati. Io nei miei cantieri non ho avuto dubbi a farmi inserire nei Comitati. Ma dobbiamo avere, invece, una funzione di alta vigilanza, dobbiamo verificare che effettivamente qualcuno ci sia in cantiere a controllare, che quel qualcuno - magari facendo un passaggio anche per l'affidataria che coordini il Comitato – ci renda conto di come sono stati fatti questi controlli e se queste regole effettivamente vengono rispettate. Poi è chiaro che per la nostra funzione di coordinatore, se notassimo che le regole non sono rispettate o non ci viene dato riscontro, in qualche modo ci dovremo muovere.

 

Ma serve una definizione maggiore dei compiti. Questa è completamente assente al momento: c'è un molto vago riferimento al fatto che il coordinatore vigila, ma nient'altro. E poi c'è un riferimento al punto 10 dell'allegato in cui si dice che i Comitati hanno funzione di monitorare: una maggiore precisione della norma in questo senso, secondo me, ci doveva essere fin dall'inizio.

Se io dovessi proporre una modifica, la proporrei proprio in questo senso. Cerchiamo di essere dettagliati. Dando indicazione di “chi deve fare cosa”. Giusto per usare un modo di dire che utilizziamo da tanti anni anche noi che ci occupiamo di sicurezza.  (…)

 

 

Mi pare però che non ci ha parlato di revisioni future…

 

S.B.: Che io ne sappia, non se ne parla.

Questo governo c'è da poco, sicuramente si troverà il modo e il CNI si muoverà per avere un contatto con l'attuale ministro. Anche per ribadire quello che era stato un contatto che era già avvenuto con la precedente ministra, che aveva anche promesso che se ne sarebbe occupata. Poi invece i mesi sono passati e non c'è stata nessuna modifica di quanto avevamo sollecitato come criticità.

Ci auguriamo che, se dovessero riprendere i contatti con il Ministero, si tenga maggiormente in considerazione questo aspetto molto delicato. Perché con quello che è scritto adesso nell'allegato, e che non è stato modificato, noi non sappiamo quella che sarà l’interpretazione dei magistrati. Lì c'è un'indicazione che purtroppo è abbastanza vaga, anche se grava su di noi, purtroppo, in maniera pesante, per come è stata scritta. Andrebbe modificata, assolutamente.

 

 

Articolo e intervista a cura di Tiziano Menduto

 


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Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
02/04/2021 (08:58:24)
Forse è il caso di informare il CNI, se lo sapesse già, che, in questi giorni, ci sono state delle riunioni al MinLavoro con le Parti Sociali ed in cui si è parlato di revisione degli attuali Protocolli.
Magari è il caso di richiedere un incontro almeno come RPT onde evitare di essere tagliati fuori di nuovo e trovarsi poi con un Protocollo che ha riportato indietro di 11 anni il ruolo e le responsabilità del CSE.

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