Crisi del “Made in Italy” e infortuni
Tessile e cuoio: il “made in Italy” gioca in difesa. Di questo argomento tratta il numero di marzo di Dati INAIL, il foglio mensile dell’Istituto sull’andamento degli infortuni sul lavoro. Una serie di dazi saranno introdotti a breve dall’Unione Europea su alcune tipologie di calzature importate dalla Cina e dal Vietnam, anche se in misura inferiore a quanto auspicato dalle imprese del settore. Da queste considerazione prende le mosse l’articolo di Paolo Perone, che richiama l’attenzione sulla crisi che stanno attraversando i settori di punta del “made in Italy”, ovvero abbigliamento e lavorazione del cuoio e della pelle, che rappresentano una parte fondamentale del sistema produttivo nazionale con 44 miliardi di fatturato e 650 mila addetti. Nel 2004 in questi settori sono stati denunciati circa 16mila infortuni contro i 22mila del 2000 (-26,5%), anche se si tratta di una buona notizia solo in parte perché nello stesso quinquennio gli addetti sono diminuiti di circa 110mila unità (-15%) rispetto ai 760 mila del 2000.
In base ad una analisi effettuata da Silvia Mochi, le lavorazioni che presentano le frequenze infortunistiche più elevate sono quelle della filatura e tessitura e quelle della preparazione e concia del cuoio. Entrambe registrano infatti oltre 40 infortuni ogni 1000 addetti rispetto al valore medio dei settori pari a 25. Inoltre nel tessile, notoriamente il settore più “rosa” dell’area manifatturiera, la percentuale infortunistica delle donne equivale quella degli uomini (nelle altre attività il rapporto è di 1 a 3). Per entrambi i settori, la classe di età più a rischio è quella intermedia tra i 18 e i 49 anni, ma in complesso nel tessile e abbigliamento si registra una prevalenza di infortuni femminili per le classi d’età periferiche e segnatamente per quella inferiore ai 18 e per quella tra i 50 e i 64 anni. Le aree geografiche dove si concentrano gli infortuni si identificano con i cosiddetti “distretti tessili” e con i “poli conciari” del Nord e del Centro: in questi due zone si registrano infatti circa il 90% degli infortuni. In particolare, nel Centro emerge l’alta percentuale di incidenti occorsi a lavoratori extracomunitari (circa il 23% del totale).
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