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Interpelli sulla sicurezza sul lavoro: valore giuridico e vincolatività

Interpelli sulla sicurezza sul lavoro: valore giuridico e vincolatività
Anna Guardavilla

Autore: Anna Guardavilla

Categoria: Interpelli

07/05/2015

Fino a che punto le risposte ad interpello, che “costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza”, vincolano gli ufficiali di polizia giudiziaria degli Organi di Vigilanza? Di Anna Guardavilla.

L’articolo 12 comma 3 del decreto 81/08  (“Interpello”), collocato all’interno del Capo II del Titolo I (“Sistema istituzionale”), prevede che “le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza.”
 
Questa norma fa riferimento ai quesiti di ordine generale sull’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza del lavoro” che possono essere inoltrati alla Commissione per gli interpelli[1] da parte dei seguenti soggetti: “gli organismi associativi a rilevanza nazionale degli enti territoriali e gli enti pubblici nazionali, nonché, di propria iniziativa o su segnalazione dei propri iscritti, le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i consigli nazionali degli ordini o collegi professionali” (art.12 c.1 D.Lgs.81/08).
 
Presupposto fondamentale affinché i quesiti vengano ritenuti ammissibili dalla Commissione è che essi siano di carattere generale e non attengano a problematiche aziendali specifiche.

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Dunque la Commissione per gli interpelli svolge, nell’ambito della cornice delineata sopra, un’attività di analisi e valutazione di problematiche inerenti l’applicazione della normativa di salute e sicurezza che sfocia nell’emanazione di risposte che rappresentano interpretazioni autorevoli in quanto emanate da un organismo istituito direttamente dalla legge e la cui composizione [2] prevede una rappresentanza dei Ministeri del Lavoro e della Salute nonché delle Regioni.
Si tratta di interpretazioni - quelle fornite dalla Commissione degli interpelli - che vanno così ad aggiungersi a quelle provenienti dai vari Enti attraverso le circolari e tutte le altre prassi amministrative (al valore delle circolari e alla loro vincolatività sarà peraltro dedicato un successivo approfondimento su Puntosicuro).
 
Prima di prendere in esame il valore giuridico degli interpelli occorre ancora premettere, su un piano più generale e di sistema, che la finalità dell’istituzione della Commissione per gli interpelli è chiarissima ed è quella di fornire indicazioni che vadano nella direzione di uniformare le interpretazioni sugli aspetti più controversi legati alla normativa prevenzionistica e di contribuire così all’armonizzazione del sistema.
Tale funzione è certamente assai utile in un Paese caratterizzato da disomogeneità interpretativa diffusa che, certo, non riguarda solo la materia della prevenzione sui luoghi di lavoro ma che in tale ambito - in cui le norme sono per lo più penali e quindi va ancor di più scongiurato il rischio di una “nebulosità” nell’inquadramento degli obblighi, del loro campo di applicazione e delle modalità in cui vanno attuati - rende spesso particolarmente critica l’interpretazione e quindi l’applicazione delle leggi.
 
La domanda che però ci si intende porre a questo punto, sotto un profilo strettamente tecnico-giuridico, è la seguente: partendo dal presupposto che il legislatore ha statuito che “le indicazioni fornite nelle risposte ai quesiti di cui al comma 1 costituiscono criteri interpretativi e direttivi per l’esercizio delle attività di vigilanza”, in che termini questi “criteri interpretativi e direttivi” sono vincolanti per coloro che svolgono l’ attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza con funzioni di polizia giudiziaria?
 
La risposta la troviamo nel codice di procedura penale.
 
Non va infatti dimenticato che l’attività di polizia giudiziaria compiuta dai servizi di prevenzione degli organi di vigilanza è potenzialmente destinata a confluire in un processo penale ed ha come referente la magistratura, sotto la cui direzione gli u.p.g. svolgono i loro compiti.
Durante le indagini preliminari il pubblico ministero e la polizia giudiziaria operano infatti - ciascuno all’interno del proprio ruolo istituzionale - con la finalità di svolgere le indagini necessarie a promuovere l’azione penale.
 
In questo senso, il codice di procedura penale (all’art. 56 c.p.p., “Servizi e sezioni di polizia giudiziaria”) prevede che “le funzioni di polizia giudiziaria sono svolte alla dipendenza e sotto la direzione dell'autorità giudiziaria:
a) dai servizi di polizia giudiziaria previsti dalla legge;
b) dalle sezioni di polizia giudiziaria istituite presso ogni procura della Repubblica e composte con personale dei servizi di polizia giudiziaria;
c) dagli ufficiali e dagli agenti di polizia giudiziaria appartenenti agli altri organi cui la legge fa obbligo di compiere indagini a seguito di una notizia di reato.”
 
Quanto alle “funzioni della polizia giudiziaria” cui fa riferimento la norma precedente, il codice stabilisce che “la polizia giudiziaria deve, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale” e che essa “svolge ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria” (art. 55 c.p.p.).
 
Le “finalità delle indagini preliminari” vengono chiarite dall’art. 326 c.p.p. secondo cui “il pubblico ministero e la polizia giudiziaria svolgono, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, le indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale”; in tale fase “il pubblico ministero dirige le indagini e dispone direttamente della polizia giudiziaria che, anche dopo la comunicazione della notizia di reato, continua a svolgere attività di propria iniziativa […]” (art. 327 c.p.p., “Direzione delle indagini preliminari”). [3]
 
Dunque l’attività degli operatori dei servizi di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro con funzione di polizia giudiziaria è un’attività normata dal codice di procedura penale che ne regola i meccanismi e che prevede che il pubblico ministero diriga le indagini e disponga della polizia giudiziaria.
 
Certamente le risposte agli interpelli, che costituiscono criteri interpretativi e direttivi per coloro che svolgono attività di vigilanza, forniranno a questi ultimi dei preziosi contributi di cui essi si avvarranno come qualificato sostegno nell’attività che sono richiesti di svolgere e che per questi rappresenteranno un indiscusso ausilio e orientamento, ma in termini strettamente giuridici non li potranno “vincolare” in maniera assoluta qualora gli operatori della vigilanza, per fondati e validi motivi, ritengano di distanziarsi da tali interpretazioni, anche solo parzialmente.
 
Infatti non va dimenticato che l’attività svolta dagli operatori della vigilanza in applicazione del regime previsto dal D.Lgs. 758/94 è attività di polizia giudiziaria che va ricondotta nell’alveo del procedimento penale.
 
La Cassazione Penale, con sentenza 24 ottobre 2007-29 novembre 2007 n. 44369 [4], ad esempio, ha rilevato che il D.Lgs.758/94 all’articolo 20 “prescrive che, allo scopo di eliminare la contravvenzione accertata, l’organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, non deve limitarsi a riferire al pubblico ministero la notizia di reato ai sensi dell’art.347 c.p.p., ma deve anche impartire al contravventore una apposita prescrizione, fissando per la regolarizzazione un termine non eccedente il periodo di tempo tecnicamente necessario, ma prorogabile in certe situazioni, ed imponendo se del caso specifiche misure atte a far cessare il pericolo per la sicurezza o per la salute dei lavoratori durante il lavoro.
Ai sensi dell’art. 21, poi, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’organo di vigilanza deve verificare se la violazione sia stata eliminata secondo le modalità e nel termine indicati.”
A questo punto la Suprema Corte, nel precisare i diversi percorsi che il procedimento segue nelle due diverse eventualità che vi sia stata o meno la regolarizzazione da parte del contravventore, ci ricorda che tutto ciò confluisce comunque in una comunicazione data dall’u.p.g. al pubblico ministero, il quale rappresenta sempre - come abbiamo visto – l’interfaccia dell’u.p.g.:
-         “se risulti l’adempimento alla prescrizione, l’organo di vigilanza ammette il contravventore a pagare, nel termine di trenta giorni, una sanzione amministrativa nella misura ivi indicata e quindi, entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, deve comunicare al pubblico ministero l’adempimento alla prescrizione e l’eventuale pagamento della sanzione amministrativa.”
-         “se invece risulti l’inadempimento alla prescrizione, l’organo di vigilanza deve darne comunicazione sia al pubblico ministero sia al contravventore, entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione.”
 
E ancora, in tal senso, Cassazione Penale, Sezione Terza, con sentenza18 dicembre 1998 n. 13340, ribadisce che “secondo la procedura di estinzione delle contravvenzioni in materia di sicurezza ed igiene del lavoro introdotta dagli artt. 19 e seg. del D.Lgs. 19 dicembre 1994 n. 758, il giudice, prima di pronunciare sentenza di condanna per una delle contravvenzioni ivi previste, deve accertare che si siano regolarmente svolti tutti i passaggi della procedura stessa. Ovvero che l'organo di vigilanza abbia impartito al contravventore una apposita prescrizione fissando il termine necessario per la regolarizzazione; che l’organo di vigilanza non oltre sessanta giorni dalla scadenza di tale termine abbia verificato che la violazione sia stata eliminata secondo le modalità e nei termini prescritti; che in caso positivo l'organo di vigilanza abbia invitato il contravventore al pagamento della sanzione amministrativa nel termine di trenta giorni; chesi sia comunicato al P.M., entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’inadempimento alla prescrizione stessa ovvero, entro centoventi giorni dal medesimo termine, che il contravventore sebbene abbia adempiuto alla prescrizione, non ha effettuato il pagamento della sanzione. Il processo rimane sospeso fino al momento in cui pervenga al P.M. una di tali comunicazioni, mentre in caso di adempimento alla prescrizione e di pagamento della sanzione il reato si estingue.”
 
 
Anna Guardavilla
Dottore in Giurisprudenza specializzata nelle tematiche normative e giurisprudenziali relative alla salute e sicurezza sul lavoro
 
 
 


[1] La Commissione per gli interpelli è stata istituita con Decreto Direttoriale del 28 settembre 2011 presso la Direzione Generale per l’attività ispettiva del Ministero del Lavoro.
[2] La Commissione per gli interpelli è composta da due rappresentanti del Ministero del lavoro e previdenza sociale, due rappresentanti del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e quattro rappresentanti delle regioni e delle province autonome. Qualora la materia oggetto di interpello investa competenze di altre amministrazioni pubbliche la Commissione è integrata con rappresentanti delle stesse.
 
[3] Si vedano anche gli articoli 347 e 357 c.p.p.
[4] Il tema trattato dalla sentenza è il rapporto tra il D.Lgs.758/94 e l’art. 162-bis del codice penale.


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Rispondi Autore: Giampaolo Ceci - likes: 0
07/05/2015 (09:57:54)
In un contesto dove si cerca sempre di criticare tutto, mi fa piacere leggere una memoria ben scritta e complimentarmi con la Dott.sa Guardavilla per la sua chiara esposizione.
Rispondi Autore: Fausto Zuccato - likes: 0
07/05/2015 (12:00:37)
Mi associo ai complimenti alla dott.ssa Guardavilla per la chiarezza. Dall'analisi del procedimento emerge a mio parere un fatto: che la "notizia di reato" in realtà è una condanna comminata dall'u.p.g. in modo autonomo e senza contradditorio. Di fatto, al presunto colpevole, non è dato che ottemperare (e pagare ovviamente) senza alcuna possibilità di opporsi a quanto deciso dall'u.p.g. davanti ad una terza figura imparziale. Così non vi è presunzione di colpevolezza ma giudizio di colpevolezza unilateralmente emesso dall'u.p.g. Il quale sarà sicuramente onesto, preparato, ecc., ecc., ma altrettanto sicuramente umanamente soggetto a componenti emotive che, a mio modesto parere, ne possono alterare giudizio e decisioni.
Un secondo punto mi lascia perplesso: la notizia di reato riguarda un reato penale, ma con una ottemperanza a quanto autonomamente e acriticamente deciso da un u.p.g. diventa reato amministrativo estinto tombalmente con quattro soldi. Non mi addentro in commenti personali che attualmente hanno una connotazione del tutto negativa, oserei dire freudiana.
Però sarei tanto contento di avere una nota al riguardo della Dott.ssa Guardavilla.
Rispondi Autore: Anna Guardavilla - likes: 0
07/05/2015 (18:47:23)
Grazie di cuore al Dott. Ceci e al Dott. Zuccato per le parole gentili che hanno usato nei confronti di questo mio lavoro.
Parafrasando le vostre parole, in un contesto dove la critica spesso campeggia, fa davvero piacere ricevere così empatiche attestazioni di stima.
Riguardo al merito, terrò certamente conto nelle future elaborazioni degli stimoli provenienti dall'intervento del Dott. Zuccato.
Un cordiale saluto e buona serata.
Anna Guardavilla
Rispondi Autore: carmelo catanoso - likes: 0
07/05/2015 (19:56:55)
Mi unisco ai complimenti di Ceci e Zuccato per la chiarezza espositiva dell'avv. Guardavilla.

Concordo con Zuccato sull'esistenza di un approccio penalizzante "a prescindere" da parte degli UPG e sulla necessità di rivedere profondamente l'intero sistema.
L'impatto maggiore, purtroppo, lo si ha in caso di procedimenti giudiziari per infortuni sul lavoro.
Ho fatto decine di CTP ma quelle dove sono sempre rimasto perplesso sono state quelle che coinvolgevano CSE e RSPP.
Procedimenti giudiziari che erano partiti sulla base di interpretazioni, da parte di UPG, molto ma molto personali e molto discutibili riguardo quali fossero gli obblighi e i compiti di queste due figure.

In molti casi abbiamo trovato Giudici che hanno vagliato attentamente i fatti definendo il perimetro della condotta penalmente esigibile da questi due soggetti.

In alcuni di questi casi, se fosse stata fatta un'analisi accurata dei fatti e dei comportamenti da parte dei CSE e RSPP, questi soggetti non dovevano neanche essere coinvolti.
Rispondi Autore: Giuseppe Scarpino - likes: 0
08/05/2015 (11:21:33)
ben fatto. Grazie all'autrice.
Attendiamo il prossimo articolo che dovrebbe trattare la validità delle circolari, credo sarà ancora interessante in quanto - a mio avviso - ci sono interpretazioni contrastanti. Vedremo. Cordialità.
Rispondi Autore: pietro ferrari - likes: 0
08/05/2015 (14:28:17)
Al solito brava, Anna Guardavilla; è uno di quegli articoli che "servono".
Con riguardo alle considerazioni di Zuccato, osservo -in modo del tutto provvisorio- che il D.Lgs 758/94 si è posto proprio il compito di non fare entrare nel processo penale il "presunto colpevole".
In attesa -come dice Catanoso- di "rivedere profondamente il sistema"(?!), il presunto colpevole che sia assolutaemnte certo delle sue ragioni può non ottemperare alla prescrizione, così decidendo di adire la verifica giudiziale.
Ma niente di apodittico; meglio senz'altro attendere le promesse "future elaborazioni" di Anna Guardavilla.
cordialmente, ferrari
Rispondi Autore: Franco Mugliari (Muglia la Furia) - likes: 0
10/05/2015 (10:37:46)
Brava!
Rispondi Autore: ventroni silvio - likes: 0
10/05/2015 (11:26:58)
Dott.essa Guardavilla complimenti ancora per il suo contributo , intento a cogliere la chiarezza dottrinale e normativa ma complimenti anche a Zuccato che cerca di riassumere alcune criticità , peraltro condivise ormai da molti autori ,
sul sistema processuale che vede spesso alcuni soggetti come RSpp , Coordinatori in fase di esecuzione , colti alcune volte da ipotetiche responsabilità penali , da parte di alcuni UPG e giudici , solo per il fatto di coprire un ruolo di sicurezza, per altro ancora con obblighi e doveri non del tutto chiariti dal legislatore o quantomeno che sbordano e lasciano spazio ad interpretazioni non equilibrate da parte di certi UPG e giudici , senza però avere da parte degli ipotetici autori di reato nessuna possibilità di replica , almeno nella prima fase . Auspicando anch'io in una rivisitazione della procedura penale in merito , saluto cordialmente

Rispondi Autore: Marco Fiorelli - likes: 0
26/05/2015 (13:22:50)
Il Diritto, in tema di autonomia ed imparzialità del Tecnico della Prevenzione - Organo di Vigilanza, è un po' più complesso.
Ricordo il contenuto dell'articolo 22, del Decreto Legislativo 758/1994 "Art. 22 - Notizie di reato non pervenute dall'organo di vigilanza - Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall'organo di vigilanza, ne dà immediata comunicazione all'organo di vigilanza per le determinazioni inerenti alla prescrizione che si rende necessaria allo scopo di eliminare la contravvenzione.
Nel caso previsto dal comma 1, l'organo di vigilanza informa il pubblico ministero delle proprie determinazioni entro sessanta giorni dalla data in cui ha ricevuto comunicazione della notizia di reato dal pubblico ministero".
Quindi il pubblico ministero, in tema di contravvenzioni alle leggi speciali emanate per la tutela dei lavoratori, ha una autonomia affievolita e non dispone dei Tecnici della Prevenzione come se fossero solo ufficiali di polizia giudiziaria.

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