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La Regione Lombardia ha pubblicato, con Decreto 13559 del 10 dicembre 2009 della Direzione Generale Sanità, gli “Indirizzi generali per la valutazione e gestione del rischio stress lavorativo alla luce dell’accordo europeo 8.10.2004 (Art. 28 comma 1 D.Lgs. 81/08 e successive modifiche ed integrazioni)”.
Questo documento di indirizzo – destinato in modo particolare alle imprese, alle forze sociali e agli operatori degli enti pubblici di vigilanza e assistenza - è il frutto del lavoro, anche consultivo, del Laboratorio "Stress e Lavoro" e illustra significati e contenuti, criteri generali e operativi, necessari per realizzare l’integrazione del documento di valutazione dei rischi per la parte stress lavoro-correlato.
Il lavoro riporta anche le modifiche e integrazioni del D.Lgs. 106/2009 riguardo a questo tema.
Ricordiamo che con tali modifiche, entrate in vigore in data 20 agosto 2009, il decreto “correttivo” ha “rilevato la necessità di affidare alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, di cui all’art. 6 del Decreto legislativo 81/2008, il compito aggiuntivo di elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato (art. 6, c. 8, lett. m-quater)”.
Inoltre nell’articolo 28 è stato inserito il comma 1 bis: la valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all’articolo 6, comma 8, lettera m-quater, ed il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010.
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Linee guida per la valutazione del rischio stress lavoro correlato
La Regione Lombardia ha pubblicato, con Decreto 13559 del 10 dicembre 2009 della Direzione Generale Sanità, gli “Indirizzi generali per la valutazione e gestione del rischio stress lavorativo alla luce dell’accordo europeo 8.10.2004 (Art. 28 comma 1 D.Lgs. 81/08 e successive modifiche ed integrazioni)”.
Questo documento di indirizzo – destinato in modo particolare alle imprese, alle forze sociali e agli operatori degli enti pubblici di vigilanza e assistenza - è il frutto del lavoro, anche consultivo, del Laboratorio "Stress e Lavoro" e illustra significati e contenuti, criteri generali e operativi, necessari per realizzare l’integrazione del documento di valutazione dei rischi per la parte stress lavoro-correlato.
Il lavoro riporta anche le modifiche e integrazioni del D.Lgs. 106/2009 riguardo a questo tema.
Ricordiamo che con tali modifiche, entrate in vigore in data 20 agosto 2009, il decreto “correttivo” ha “rilevato la necessità di affidare alla Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, di cui all’art. 6 del Decreto legislativo 81/2008, il compito aggiuntivo di elaborare le indicazioni necessarie alla valutazione del rischio da stress lavoro-correlato (art. 6, c. 8, lett. m-quater)”.
Inoltre nell’articolo 28 è stato inserito il comma 1 bis: la valutazione dello stress lavoro-correlato di cui al comma 1 è effettuata nel rispetto delle indicazioni di cui all’articolo 6, comma 8, lettera m-quater, ed il relativo obbligo decorre dalla elaborazione delle predette indicazioni e comunque, anche in difetto di tale elaborazione, a fare data dal 1° agosto 2010.
Accordo Europeo del 2004
Nel primo capitolo è presente una analisi dell’Accordo Europeo, così come recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008, con note esplicative ed interpretative che favoriscono una più completa comprensione dei singoli passaggi e delle relazioni esistenti fra essi.
Un’analisi necessaria perché questo accordo rappresenta, secondo la normativa nazionale, una vera e propria “linea guida” in riferimento al processo di valutazione e gestione del rischio da stress lavorativo.
Fattori stressogeni
Il secondo capitolo invece indica, in modo schematico, i fattori stressogeni (stressors) connessi al contesto ed al contenuto lavorativo.
In particolare, senza pretese di sistematicità od esaustività, vengono presentati due modelli che tratteggiano le principali “aree chiave”, identificabili come potenziali categorie di fattori di rischio stress-lavoro-correlati: elenco che dovrà poi essere integrato e adattato alle peculiarità produttive/organizzative dei singoli luoghi di lavoro.
Il primo modello presentato è quello elaborato nel 2000 dall’Agenzia Europea per la salute e sicurezza sul lavoro: un modello concepito in relazione al “contesto di lavoro”, al “contenuto del lavoro” e alle “criticità connesse al cambiamento”, queste ultime in relazione ai fattori che il mondo del lavoro ed i sistemi produttivi attraversano in questi anni (ad esempio l’insicurezza, l’incertezza circa le aspettative e prospettive di occupazione, …).
Il secondo modello è quello elaborato dalla Società di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale (SIMLII) che contiene un elenco di “aree chiave” altrimenti definite come “potenziali fattori di rischio le cui disfunzioni possono essere causa di eccessiva elevazione degli indicatori di stress sino a livelli definibili patologici”.
Criteri, metodi e strumenti
Il terzo capitolo fa invece chiarezza su criteri, metodi e strumenti inerenti lo stress lavorativo e sul processo di valutazione e gestione del rischio specifico.
In questo capitolo si riporta un’interessante considerazione e si introduce “una cautela in merito all’iniziale applicazione della legge ed agli interventi di valutazione svolti ad oggi all’interno dei luoghi di lavoro”.
Gli autori affermano che “si sta creando un circolo vizioso ‘domanda/offerta’: dalle imprese emerge (specie da parte degli RSPP) una pressante richiesta di “strumenti” semplici, economici, validi. Il mercato risponde offrendo prodotti apparentemente efficaci, per lo più in forma di software / check-list, certamente economici, ma che se utilizzati in via esclusiva, possono risultare inadeguati, se non addirittura controproducenti o dannosi”.
Il documento ricorda infatti che la natura del rischio stress, diversamente da altri rischi che possono essere affrontati con metodi e strumenti di misura standardizzati, richiede “l’applicazione di metodi condivisi di approccio al problema con la stima/valutazione del rischio specifico attraverso strumenti differenti articolati fra loro, e la gestione degli interventi di prevenzione e correzione con il concorso di tutti gli attori del sistema di prevenzione e protezione interna (Datore di Lavoro, Dirigenti/Preposti, RSPP, Medico Competente, RLS, Lavoratori)”.
Per ristabilire un “circolo virtuoso” bisogna fare chiarezza su come un processo di valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato debba percorrere alcuni stadi irrinunciabili:
- “la definizione di criteri generali di qualità che consentano di validare almeno inizialmente la bontà del percorso;
- l’individuazione di metodi appropriati (non esiste ‘il metodo’)”.
In particolare tali metodi devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
- “verso l’alto: rispettare tutti i criteri di qualità citati sopra”;
- “verso il basso: aggregare ed armonizzare un mix di strumenti”.
Riguardo ai criteri si indica che devono rappresentare una specie di griglia preliminare in grado di distinguere un buon percorso da uno inappropriato, un percorso a monte della scelta del metodo e dell’adozione di strumenti e che si esplicita in questi presupposti:
- “essere promosso e gestito direttamente dal datore del lavoro e dal top management”;
- “essere accompagnato da adeguate azioni informative e formative all’interno della realtà lavorativa”;
- “essere orientato alle soluzioni, soprattutto soluzioni di tipo collettivo, a forte valenza preventiva”;
- “imperniarsi sulla partecipazione effettiva dei lavoratori”;
- “garantire sempre e comunque la centralità degli attori interni della prevenzione (RSPP, Medico competente, RLS)”;
- “integrarsi armonicamente (e non per mera sommazione) nel processo complessivo di valutazione dei rischi e nel relativo documento”;
- “basarsi su un metodo che si ispiri ai criteri qui elencati e che sia costituito da un mix “obbligato” di strumenti sia di tipo oggettivo che soggettivo;
- essere accompagnato da azioni di contesto (a titolo puramente esemplificativo si citano i codici di condotta)”.
Riguardo ai metodi non ci si può limitare ad un singolo “intervento/strumento” (es.: questionario): va adottato un mix articolato di interventi/strumenti, appartenenti ad alcune “famiglie” indicate nel documento.
Una volta individuati i criteri, con i metodi di approccio stress lavorativo siamo di fronte a dei “contenitori” da cui attingere gli strumenti utili al processo di valutazione e gestione del rischio specifico.
Ipotesi di percorso applicativo
Nel quarto capitolo si indica un’ipotesi di percorso applicativo di valutazione, gestione e prevenzione del rischio stress-lavoro-correlato, attivabile nei luoghi di lavoro.
PuntoSicuro si riserva di tornare nei prossimi giorni su questa parte del documento con un approfondimento mirato.
Il documento si conclude poi con un capitolo che affronta il ruolo dei Servizi Territoriali e della Regione Lombardia e con alcuni allegati:
- Allegato n°1 – Alcuni indicatori aziendali “sintomatici” di condizioni di stress-lavoro-correlati;
- Allegato n°2 – Soggetti interni / consulenziali e loro responsabilità;
- Allegato n°3 - Alcuni criteri e cautele consigliati nella somministrazione di interviste/questionari.
Regione Lombardia - Direzione Generale Sanità - Decreto n. 13559 del 10 dicembre 2009 - Indirizzi generali per la valutazione e gestione del rischio stress lavorativo alla luce dell’accordo europeo 8.10.2004 (Art. 28 comma 1 D.Lgs. 81/08 e successive modifiche ed integrazioni).
Tiziano Menduto
Nel primo capitolo è presente una analisi dell’Accordo Europeo, così come recepito dall’Accordo Interconfederale del 9 giugno 2008, con note esplicative ed interpretative che favoriscono una più completa comprensione dei singoli passaggi e delle relazioni esistenti fra essi.
Un’analisi necessaria perché questo accordo rappresenta, secondo la normativa nazionale, una vera e propria “linea guida” in riferimento al processo di valutazione e gestione del rischio da stress lavorativo.
Fattori stressogeni
Il secondo capitolo invece indica, in modo schematico, i fattori stressogeni (stressors) connessi al contesto ed al contenuto lavorativo.
In particolare, senza pretese di sistematicità od esaustività, vengono presentati due modelli che tratteggiano le principali “aree chiave”, identificabili come potenziali categorie di fattori di rischio stress-lavoro-correlati: elenco che dovrà poi essere integrato e adattato alle peculiarità produttive/organizzative dei singoli luoghi di lavoro.
Il primo modello presentato è quello elaborato nel 2000 dall’Agenzia Europea per la salute e sicurezza sul lavoro: un modello concepito in relazione al “contesto di lavoro”, al “contenuto del lavoro” e alle “criticità connesse al cambiamento”, queste ultime in relazione ai fattori che il mondo del lavoro ed i sistemi produttivi attraversano in questi anni (ad esempio l’insicurezza, l’incertezza circa le aspettative e prospettive di occupazione, …).
Il secondo modello è quello elaborato dalla Società di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale (SIMLII) che contiene un elenco di “aree chiave” altrimenti definite come “potenziali fattori di rischio le cui disfunzioni possono essere causa di eccessiva elevazione degli indicatori di stress sino a livelli definibili patologici”.
Criteri, metodi e strumenti
Il terzo capitolo fa invece chiarezza su criteri, metodi e strumenti inerenti lo stress lavorativo e sul processo di valutazione e gestione del rischio specifico.
In questo capitolo si riporta un’interessante considerazione e si introduce “una cautela in merito all’iniziale applicazione della legge ed agli interventi di valutazione svolti ad oggi all’interno dei luoghi di lavoro”.
Gli autori affermano che “si sta creando un circolo vizioso ‘domanda/offerta’: dalle imprese emerge (specie da parte degli RSPP) una pressante richiesta di “strumenti” semplici, economici, validi. Il mercato risponde offrendo prodotti apparentemente efficaci, per lo più in forma di software / check-list, certamente economici, ma che se utilizzati in via esclusiva, possono risultare inadeguati, se non addirittura controproducenti o dannosi”.
Il documento ricorda infatti che la natura del rischio stress, diversamente da altri rischi che possono essere affrontati con metodi e strumenti di misura standardizzati, richiede “l’applicazione di metodi condivisi di approccio al problema con la stima/valutazione del rischio specifico attraverso strumenti differenti articolati fra loro, e la gestione degli interventi di prevenzione e correzione con il concorso di tutti gli attori del sistema di prevenzione e protezione interna (Datore di Lavoro, Dirigenti/Preposti, RSPP, Medico Competente, RLS, Lavoratori)”.
Per ristabilire un “circolo virtuoso” bisogna fare chiarezza su come un processo di valutazione e gestione del rischio stress lavoro-correlato debba percorrere alcuni stadi irrinunciabili:
- “la definizione di criteri generali di qualità che consentano di validare almeno inizialmente la bontà del percorso;
- l’individuazione di metodi appropriati (non esiste ‘il metodo’)”.
In particolare tali metodi devono rispondere alle seguenti caratteristiche:
- “verso l’alto: rispettare tutti i criteri di qualità citati sopra”;
- “verso il basso: aggregare ed armonizzare un mix di strumenti”.
Riguardo ai criteri si indica che devono rappresentare una specie di griglia preliminare in grado di distinguere un buon percorso da uno inappropriato, un percorso a monte della scelta del metodo e dell’adozione di strumenti e che si esplicita in questi presupposti:
- “essere promosso e gestito direttamente dal datore del lavoro e dal top management”;
- “essere accompagnato da adeguate azioni informative e formative all’interno della realtà lavorativa”;
- “essere orientato alle soluzioni, soprattutto soluzioni di tipo collettivo, a forte valenza preventiva”;
- “imperniarsi sulla partecipazione effettiva dei lavoratori”;
- “garantire sempre e comunque la centralità degli attori interni della prevenzione (RSPP, Medico competente, RLS)”;
- “integrarsi armonicamente (e non per mera sommazione) nel processo complessivo di valutazione dei rischi e nel relativo documento”;
- “basarsi su un metodo che si ispiri ai criteri qui elencati e che sia costituito da un mix “obbligato” di strumenti sia di tipo oggettivo che soggettivo;
- essere accompagnato da azioni di contesto (a titolo puramente esemplificativo si citano i codici di condotta)”.
Riguardo ai metodi non ci si può limitare ad un singolo “intervento/strumento” (es.: questionario): va adottato un mix articolato di interventi/strumenti, appartenenti ad alcune “famiglie” indicate nel documento.
Una volta individuati i criteri, con i metodi di approccio stress lavorativo siamo di fronte a dei “contenitori” da cui attingere gli strumenti utili al processo di valutazione e gestione del rischio specifico.
Ipotesi di percorso applicativo
Nel quarto capitolo si indica un’ipotesi di percorso applicativo di valutazione, gestione e prevenzione del rischio stress-lavoro-correlato, attivabile nei luoghi di lavoro.
PuntoSicuro si riserva di tornare nei prossimi giorni su questa parte del documento con un approfondimento mirato.
Il documento si conclude poi con un capitolo che affronta il ruolo dei Servizi Territoriali e della Regione Lombardia e con alcuni allegati:
- Allegato n°1 – Alcuni indicatori aziendali “sintomatici” di condizioni di stress-lavoro-correlati;
- Allegato n°2 – Soggetti interni / consulenziali e loro responsabilità;
- Allegato n°3 - Alcuni criteri e cautele consigliati nella somministrazione di interviste/questionari.
Regione Lombardia - Direzione Generale Sanità - Decreto n. 13559 del 10 dicembre 2009 - Indirizzi generali per la valutazione e gestione del rischio stress lavorativo alla luce dell’accordo europeo 8.10.2004 (Art. 28 comma 1 D.Lgs. 81/08 e successive modifiche ed integrazioni).
Tiziano Menduto
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