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I fattori di rischio per chi lavora al mare o in montagna
Roma, 3 Lug – Per molti italiani è nei mesi di luglio e di agosto che si consumano le meritate vacanze, ma i rischi per la salute e la sicurezza sembrano non riposare mai. Infatti sia al mare che in montagna, per chi è in vacanza, ma in particolar modo per chi lavora, sono presenti fattori di rischio da conoscere e misure di precauzione da mettere in atto.
Per parlare dei rischi lavorativi al mare e in montagna non potevamo che riprendere la pubblicazione elaborata dall’ Ente Bilaterale Nazionale del Turismo (EBNT): il “ Vademecum della sicurezza. Manuale per la informazione e la formazione degli operatori del settore Turismo”.
Nella scheda dedicata al lavoro al mare l’EBNT ricorda che “i principali incidenti ricorrenti fra coloro che lavorano in ambiente marino (comprese le imbarcazioni), o comunque a contatto con l’oggettistica e i materiali che si usano sulla spiaggia e sul mare, sono dovuti a cadute, scivolamenti, schiacciamenti, scottature; mentre fra le cause degli infortuni sono in primo piano gli errori umani, le condizioni del tempo, la scivolosità dei materiali”.
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La scheda si sofferma, più che sulle attività di lavoro su navi e barche, sulle attività correlate al settore turistico e indica che gli agenti che possono provocare incidenti sono legati a:
- agenti chimici: riguardano in particolar modo “gli addetti alla manutenzione e riparazione delle imbarcazioni, o anche semplicemente coloro che sono a contatto con le barche, e quindi con solventi, vernici, resine”;
- microclima e agenti fisici: la temperatura dell’estate sottopone a stress l’organismo, sia per chi è in vacanza, sia ancor più per chi è al lavoro (lavoratori alberghieri, operatori dei bar, dei ristoranti, dei campeggi, ...). Ad esempio “il lavoro in cucina, ambiente già di per sé surriscaldato, diventa in estate una vera e propria prova di resistenza, dove le difficoltà legate alla temperatura rischiano di avere pesanti ripercussioni anche sulla tenuta nervosa; i camerieri vanno e vengono dal chiuso all’aperto, in una continua alternanza fra ambienti con temperatura stagnante e ambienti ventilati”. Inoltre ci sono i lavoratori dei porticcioli, i bagnini (addetti al salvamento), gli istruttori sportivi (vela, surf, sci d’acqua), i noleggiatori da spiaggia (di scooter d’acqua, di pattìni, di mosconi). Tutti costoro “vivono per tutta la giornata sotto il sole diretto, bruciore per la pelle e abbagliamento per gli occhi; svolgono attività molto faticose; sono sempre sul filo del pericolo, vuoi per motivi legati alla mansione, vuoi per l’inevitabile rapporto con oggetti scivolosi o in bilico; devono esercitare un’attenzione senza sosta poiché le persone con le quali lavorano sono affidate, per definizione, alla loro professionalità”. Inoltre vi sono situazioni che alzano il tasso di responsabilità o di rischio legato alla mansione: “il mare mosso (bandiera rossa) per gli addetti al salvamento, la precarietà degli impianti (soprattutto elettrici) volanti, la rugosità delle superfici (pericolo che si conficchino nella pelle schegge di legno, pericolo di inciampare)”. Senza dimenticare sia i pericoli e i rischi del lavoro subacqueo, che i problemi connessi all’esposizione al rumore: “addetti alle discoteche o ai parchi acquatici, ma anche addetti a piscine (azione di ozonizzatori e cloratori) e alle bombole di aria compressa (attenzione anche al pericolo di scoppio)”;
- agenti biologici: “è la stessa qualità dell’acqua di balneazione a costituire spesso un problema. Un problema col quale il bagnante può scegliere se confrontarsi o no, ma che è né più né meno che l’ambiente di lavoro per l’operatore turistico”. Poi ci sono gli alimenti che vengono dal mare (con riferimento al periodico allarme di intossicazioni, malattie per i frutti di mare), c’è il “rapporto con i residui dei cibi e con i rifiuti e le deiezioni”. Casi di particolare esposizione al rischio sono quelli degli addetti alla pulizia dei litorali (sulle spiagge c’è di tutto, dai cocci di vetro agli escrementi, dalle siringhe infette ai chiodi arrugginiti), degli addetti agli scarichi in mare (in una situazione, come quella italiana, che non ha ancora risolto - e in molti casi neppure affrontato - il problema della sicurezza delle fogne), degli addetti alla pulizia dei servizi in alberghi e ristoranti o delle latrine nei campeggi e villaggi turistici. E non sottovalutiamo l’azione degli animali: insetti (zanzare, scorpioni, calabroni, pappataci) e animali marini: meduse, per esempio, gravemente urticanti”.
Riguardo alla prevenzione le raccomandazioni sono banali ma essenziali: “pulizia, vestiario (ricordiamo che gli addetti al salvataggio sulle spiagge devono obbligatoriamente indossare sia cappellino che canottiera), prudenza (mai esibizionismi), professionalità (una corretta preparazione è l’unica risorsa che consenta una reale misurazione dei rischi) e rigorosa osservanza delle regole aziendali sui dispositivi di protezione individuale: guanti, grembiuli, copricapi, cuffie, mascherine, scarpe (per esempio, stivali o calzature particolari quando si lavora alla pulizia delle spiagge)”.
Veniamo brevemente alla presentazione della scheda dedicata al lavoro in montagna.
Ricordando che le norme che regolamentano la vita in ambiente montano sono molte e complesse, la scheda si limita a presentare alcuni problemi con cui ha a che fare chi lavora in montagna (invitando i singoli operatori a leggere in loco le specifiche normative):
- frane: “ne avvengono in media, in Italia, 5.000 all’anno; i Comuni esposti al pericolo di frane dopo piogge intense sono più di 4.000”. Una piccola frana è “quella che sulle strade viene segnalata come caduta sassi: occasionale, difficilmente prevedibile, generalmente non catastrofica, ma che un frequentatore delle montagne non dovrebbe mai trascurare come rischio”. La scheda ricorda che all’origine delle frane “ci sono spesso responsabilità umane: il disboscamento provoca erosione; le piste da sci, distruggendo grandi quantità di alberi, riducono l’azione di fissaggio delle radici sul terreno; si costruiscono case su terreni instabili e in forte pendio; aumentano le superfici impermeabili e l’acqua, prima assorbita dalle piante o da terreni tenuti saldi dalle piante, scorre rovinosamente in superficie”;
- valanghe: “si verificano sempre nelle stesse località, negli stessi periodi dell’anno e in concomitanza con certe condizioni meteorologiche: sono abitudinarie. Si ha una valanga quando da una parete innevata e fortemente inclinata si distacca una grande massa di neve che precipita a valle lungo il pendio travolgendo ogni ostacolo”. Si distinguono valanghe di neve farinosa o asciutta (“le più pericolose perché, avendo bassissima viscosità, raggiungono i 200-300 km/h, precedute da un fronte di aria turbolenta: si verificano in pieno inverno dopo abbondanti nevicate”) e valanghe di neve bagnata (“meno pericolose perché più viscose e lente”: sono le tipiche valanghe primaverili). Basterebbero “poche precauzioni per evitare molte valanghe: spostarsi preferibilmente il mattino presto, parlare a voce bassa, stare sui sentieri alti (evitare comunque i fondovalle), prediligere le zone esposte a sud d’inverno e quelle esposte a nord in primavera”;
- incendi boschivi: “sulle parecchie decine di migliaia di incendi segnalati annualmente in Italia, più del 50% interessano boschi e località agricole. Alla loro origine ci sono cause: naturali (surriscaldamento, fulmine); tecniche (cortocircuiti, scintille, incidenti stradali); dolose (sono le cause più frequenti). In particolare gli incendi boschivi “sono facilitati dallo stato di abbandono in cui i boschi si trovano in seguito allo spopolamento della montagna: il sottobosco non è più oggetto di raccolta ordinaria ed è generalmente di lì che un incendio si sviluppa”. Comunque “al primo posto fra le cause degli incendi dei boschi c’è quasi sempre il dolo”.
Gli altri rischi che si possono correre in montagna sono legati al clima e alle caratteristiche ambientali:
- la rarefazione dell’aria alle alte quote influisce sulle condizioni del lavoro manuale;
- ad alta quota esercitano un’azione particolarmente pericolosa i raggi ultravioletti;
- le temperature sotto zero rappresentano un rischio di assideramento per chi affronta la montagna senza il dovuto equipaggiamento;
- la configurazione del terreno, soprattutto quando è coperto di neve, facilita la perdita dell’orientamento;
- le perturbazioni atmosferiche hanno una violenza accentuata e i fulmini si abbattono spesso su case non adeguatamente protette;
- il trattamento delle piste da sci si fa con strumenti caratterizzati da una loro specifica pericolosità, accentuata dal fatto che si agisce su terreni in forte pendenza.
Senza dimenticare – per concludere questa breve rassegna dei rischi al mare o in montagna - i problemi dei trasporti a fune (funivie e funicolari) e dei trasporti turistici aerei (per elicottero), delle strade di montagna (sarebbe bene percorrerle solo con la guida di professionisti del luogo), della fauna e flora alpina (con i suoi rischi caratteristici, ad esempio relativi a vipere e funghi velenosi).
Ente Bilaterale Nazionale del Turismo, “ Vademecum della sicurezza. Manuale per la informazione e la formazione degli operatori del settore Turismo”, documento aggiornato a cura di A.G.S.G. s.r.l., l’autore dell’aggiornamento è l’Ing. Carmine Moretti con la collaborazione di Parmenio Stroppa e Sara Vasta (formato PDF, 2.09 MB).
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: Sergio Morando - likes: 0 | 03/07/2013 (18:21:25) |
Il caldo si sa da alla testa, fa innervosire e procura non pochi malanni fisici. Ad esempio per un bel mestiere che è il marinaio di salvataggi conosciuto come bagnino NON è privo di pericoli come il calore che può procurare vari disturbi, ma vi sono le scottature di vario grado sempre in agguato per l'epidermide con comparsa di macchie nei sulla propria pelle, e sopratutto i raggi nocivi per gli occhi diretti ed indiretti e che spesso NON sono dati dai gestori degli stabilimenti marittimi i dispositivi occhiali di protezione..così o non si mettono gli occhiali da solo e se si mettono a volte sono non protettivi e i danni si avranno in seguito, le calzature sono importanti "i bagnini bagnine" non stanno solo sul trespolo d'osservazione lavorano prima e dopo la spiaggia e vi sono fratture distorsioni a piedi e caviglie ecc. senza contare i pericoli dovuti al moto ondoso e meduse ecc. e ad i bagnanti maleducati che non rispettano le normative vigenti, che facendo loro osservare gli sbagli si arrabbiano non poco e dalle parole passano alle mani..poi fatti passare per tutt'altri infortuni..Comunque buon lavoro a tutti i lavoratori dove gli altri pagano per andare al mare ed in montagna "sperando" che anche gli stabilimenti di mare ,alberghi, piscine ecc. rispettano le leggi vigenti in sicurezza...spesso manca a vista! Gli Ispettori Vigili Del Fuoco, ASL ecc. possono anche vedere..ma a volte non di rado non vedono volontariamente ciò che è evidente ed in bella vista di pericoli presenti o possibili! Prevenire è meglio che curare ma siamo in Italia.. Morando |