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Cosa fare con i fulmini che colpiscono le aree non autoprotette

Cosa fare con i fulmini che colpiscono le aree non autoprotette

Autore:

Categoria: Valutazione dei rischi

26/07/2024

Come tutelare adeguatamente i lavoratori dai fulmini? Gli edifici autoprotetti, la normativa CEI, il problema delle aree esterne, la valutazione e gli strumenti disponibili. A cura di Fausto Del Pin, membro CEI.

Oggi trattiamo un argomento che quasi sempre crea molta confusione su come si devono tutelare dai fulmini le persone che lavorano anche saltuariamente sugli esterni. Di base, nella valutazione dei rischi, il primo approccio è quello di seguire la normativa che si conosce, creando errori deduttivi tipici di chi vede il fulmine come un problema elettrico, legato ai materiali conduttivi e non un rischio meteo che ogni anno crea una ventina di morti e 300 feriti.

Tutte le aree all'esterno degli edifici, dove vengono effettuate delle lavorazioni come carico e scarico, dove ci sono ponteggi, carroponti, gru, magazzini, parchi giochi, parcheggi, piazzali, strade, prati, etc. sono aree che non garantiscono la tutela dalla caduta dei fulmini e si aggiungono agli edifici che non passano la valutazione che li identifica come autoprotetti.

Le messe a terra scaricano l’energia che transita su strutture, apparecchiature, edifici, ed impianti ma se siete voi a fare da tramite al fulmine verso i circuiti che scaricano l’energia, questi diventano solo vettori migliorati del danno biologico che subite.

 

In caso di incidente le Procure indagano d’ufficio e la prima domanda lecita che possono fare è: “Dato che il fulmine non lo fermate, come informate del rischio di fulminazione il personale e che istruzioni gli avete dato per tutelarsi quando è presente il rischio?”. Quando espongo questo quesito la prima risposta che mi si dà è: “io ho fatto la valutazione dei rischi”.

Pochi pensano che di per sé il documento non serve a nulla se non ha applicazioni pratiche di riduzione del rischio che sono alla base dei principi dell’ D.Lgs. 81/2008.

 

Se il rischio esiste, il personale lo deve sapere dato che il decreto impone che venga informato e formato. Non solo, un altro errore è quello di pensare che solo i cantieri debbano tutelarsi dal meteo perché questo compare nell’art 96 del Dlgs. 81/2008. Di fatto questo articolo non scavalca l’art 15 dello stesso decreto che impone la valutazione e la riduzione di tutti i rischi in tutte le categorie soggette al decreto. Chiarisce solo che anche luoghi di lavoro come i cantieri (che in genere sono temporanei) devono comunque tutelare il personale. Questi errori di valutazione scoprono il fianco, in caso di incidenti, ad azioni di carattere penale e qui vedremo di capire come evitare questi errori. 


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Modello DVR
Modello del Documento di Valutazione dei Rischi per l'Attività di: Impianti Protezione Scariche Atmosferiche - Categoria Istat: C - Attività Manifatturiere

 

Ma facciamo un passo indietro. Cosa vuol dire autoprotetto?

Dal 2013, è in vigore una norma specifica che indica le procedure di valutazione del rischio da scariche atmosferiche. La valutazione è obbligatoria in tutti gli edifici utilizzati per svolgere attività lavorative in quanto l’articolo 84 del Dlgs 81/2008 delega il CEI a produrre delle norme tecniche relativamente a edifici, strutture macchinari e impianti.

La norma di riferimento CEI è norma tecnica CEI EN 62305-2 con particolare attenzione sul concetto dell’edificio autoprotetto.

 

“Per definizione un edificio autoprotetto presenta valori inferiori al cosiddetto ‘rischio tollerabile’. Qual ora il rischio non fosse tollerabile, all'interno degli edifici sia nuovi che vecchi, bisogna adottare tutta una serie di misure per abbassare il rischio.”

 

All'interno degli Edifici e strutture le principali misure che solitamente si adottano sono l'installazione di scaricatori di sovratensione (SPD) e installazione di parafulmini (LPS) con elementi di dispersione al suolo.

 

Fino ad ora tutto bene, ma il nostro documento di valutazione dei rischi ha ancora delle grosse lacune in quanto, come da Dlgs.81/2008 art 84, assolve solo la quota di valutazione prevista per edifici, strutture, attrezzature ed impianti.

Infatti, nelle aree esterne di molte aziende, enti pubblici, o associazioni sportive ecc. hanno delle zone all'aperto dove il personale opera, transita e nella quasi totalità dei casi sono zone di libero passaggio ai fulmini. In questi casi le persone lavorano in zone esposte al rischio ogni volta che è presente un temporale con fulmini.

 

In Italia non esiste un network ben preciso sugli incidenti, ma è stato stimato che in 10 anni sono decedute mediamente 20 persone all'anno e che i feriti siano sempre mediamente 300. Il dato include i privati e chi opera nel mondo del lavoro. Dati che possiamo trovare con facilità in rete cercando gli incidenti riportati dalle testate giornalistiche.

Se teniamo in considerazione che mediamente i temporali ricoprono solo 70 giorni nell'arco di un anno - con punte di 140 giorni in Friuli Venezia Giulia, che è il peggiore d’Italia e al quale io dò il titolo di posto più colpito dai fulmini in Europa, superando anche la Florida che sta in zone tropicali - cominciamo a renderci conto che lavorare all'esterno durante l'arrivo di un temporale non è da considerarsi nella maniera più assoluta un’operazione sicura.

 

Detto questo, il pensiero errato che non ci siano soluzioni per le aree esterne porta tutti a pensare che fatta l’analisi del rischio su edifici, strutture, attrezzature ed impianti il lavoro di valutazione del rischio finisca qui. Ma il Dlgs 81/2008 si fonda sull’informare dei rischi, dare istruzioni sul rischio e valutare il rischio.

Dunque, la domanda che uno si deve fare è: ho avvisato il personale del rischio? Se la risposta è “no” nasce un problema che la sentenza della Corte di Cassazione, sez. IV Penale, sentenza 26 marzo - 9 maggio 2013, n. 20125 senza alcun dubbio chiarisce, condannando più imputati per aver omesso la predisposizione e l’attuazione dei piani per la sicurezza sul lavoro ex TU n. 81/2008, in occasione del decesso di un lavoratore, cagionato da un fulmine.

In breve, nessuno ha dato la sospensione dei lavori né preventiva, guardando il meteo, né organizzata con i DPC idonei che salvano buona parte della giornata lavorativa e seguono il progresso tecnico imposto dal Dlgs.81/2008 art 15.

 

Per lavorare in sicurezza in queste aree, come richiesto da D.Lgs 81/2008, arriva in soccorso un’apparecchiatura normata nel 2021. Si tratta di un sistema di rilevamento temporali o rilevatore di fulmini ovvero un dispositivo di protezione collettiva che, tramite segnalatori acustico visivi dotati di sintetizzatore vocale, avvisi per tempo gli operatori che lavorano sugli esterni indicando di portarsi al sicuro in zone autoprotette. Si tratta dei TWS (Thuderstorm Warning System - norma CEI 62793) strumenti che spesso utilizzano un operatore ma nel mercato si trovano anche quelli specializzati per un preallerta automatico che fanno l’analisi del rischio e ne danno la fine quando il fronte del temporale è passato.

Thuderstorm Warning System di fatto significa Sistema di allarme per temporali. Già il solo titolo basta per capire che è uno strumento d’allarme che informa di un rischio.

 

Tornando al nostro DVR il metodo usato per calcolare il rischio è il rapporto fra probabilità del danno e gravità dello stesso comprese le conseguenze a medio/ lungo termine. Questo rapporto non dà scampo a facili deduzioni superficiali. Sugli esterni il rischio è sempre presente. Le statistiche sulle persone colpite mostrano un rapporto 1/15 tra chi muore e chi sopravvive al fulmine anche se ufficialmente il dato che si legge più spesso è 2 su 6/8. In entrambi i casi si tratta di eventi molto improbabili ma con danno molto grave che necessitano di interventi urgenti e l’inserimento nel DVR.

 

Ma è solo un fatto di calcolo?

No! Al pari di un pavimento bagnato con sopra il cartello che indica il rischio di scivolamento, o di un muletto che si sposta con quel fastidioso cicalino e il lampeggiante che si fa vedere, avvertire dello spostamento del temporale elettrico ha lo stesso fine e la stessa logica e per farlo oggi le apparecchiature esistono. L’idea più facile è quella di affidarsi al web non tenendo conto che il temporale crea problemi di trasmissione dati. Dati che vengono influenzati dal clutter di pioggia e da quello elettromagnetico, un tipo di disturbo naturale che fa calare la trasmissione dati drasticamente e non vi permette di vedere neanche un banale video sul cellulare.

 

 

Non solo, facendo questa scelta ci stiamo affidando a terzi senza la possibilità di redigere con loro il DUVRI. Senza poter gestire le problematiche di zona e senza avere il controllo sulla manutenzione degli apparati o dello stato di carica dei cellulari. Questo genere di servizio aiuta il privato ma di fatto crea molte lacune tecniche e burocratiche che in caso di incidente non sono sostenibili in tribunale.

 

Tra i tecnici della sicurezza permangono molte credenze popolari che vanno sfatate come il fatto che i fulmini non penetrino i cementi, o che cadano solo in presenza di punte e sulle punte, o che la sicurezza delle auto o dei mezzi di movimentazione sia concreta perché si dice che siano gabbie di faraday, o che le gomme sono isolanti, o che entro ai tre metri dagli stabili si è in zona sicura. Nulla di più errato dato che le potenze dei fulmini sono aumentate di molto e ci troviamo di fronte a differenze di potenziale che si aggirano sui miliardi di volt, con temperature che arrivano a superare di 5 volte quella della superficie solare.

Un fulmine che cade a 30 metri da uno stabile crea tensioni di passo fino allo stabile dove inizia la gabbia di faraday. Dunque, si deve valutare anche il caso che il fulmine colpisca il piazzale e non solo lo stabile che ha altre logiche. I fulmini seguono dei canali ionizzati che si spostano con il vento e scaricano energia lungo il loro percorso. Tendenzialmente le punte li deviano ma non è una regola. Anche se gli impianti sono dotati di messa a terra un palo della luce colpito può causare proiettili.

Un fulmine può causare incendi, esplosioni ed effetti collaterali di danno non per forza legati alla corrente prodotta. Anche le auto di fatto non sono sicure perché il fulmine le fonde irradiando quantità di raggi gamma che possono raggiungere energie simili a 600 radiografie fatte tutte in una volta. Questo vale per tutti i mezzi, anche per le cabinovie.

Un fulmine percorre chilometri attraversando un isolante come l’aria, pensare che 2 centimetri di gomma di uno pneumatico ci salvino è utopico.

Contemporaneamente le norme sulla sicurezza che impongono le scarpe infortunistiche in caso di fulmine diventano deleterie dato che la soletta metallica carbonizza le piante dei piedi. 

 

Dunque, in breve fate rientrare in zone autoprotette il personale e dato che la parte elettrica del temporale dura mediamente 20 minuti, non è il caso di rischiare. In tutto questo la ciliegina sulla torta è che, se mi tutelo dai fulmini, creo tutela anche dalla grandine che vive in concomitanza con i fulmini stessi. Come dice il proverbio abbiamo due piccioni con un sistema di allarme per temporali.

 

Fausto Del Pin

Membro Comitato Elettrico Italiano, Commissioni-CT81-CT79-SC34D-SC64E


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Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
26/07/2024 (06:58:17)
L'articolo è interessante, ma, quando si confondono DUVRI e DVR oppure si parla di "miliardi di volt", sorgono dubbi ...
Autore: Fausto Del Pin
26/07/2024 (11:28:22)
La ringrazio per l'osservazione ed è doveroso fare delle precisazioni. Spesso in rete si trovano dei dati errati sulle potenze dei fulmini. In genere il valore per oltrepassare il dielettrico aria è di 3000 V per millimetro e quando si parla di differenze di potenziale verso terra si considerano dai 6 ai 40km tipici, che sono il momento di innesco del fulmine che in genere arriva a terra. Il dato va preso come di massima perché ci sono casi dove la percorrenza di un fulmine è più bassa o di gran lunga più alta e non sappiamo quanto e come il canale si sia ionizzato ogni volta che si prepara alla scarica di un fulmine. Dico questo perché di fatto si dovrebbe misurare il dielettrico del canale ionizzato che si è prodotto prima che il fulmine scarichi, ma il dato rimarrebbe comunque molto alto e ricco di variabili che qui contano poco perché il nodo della questione è che: "L'UTENTE VA AVVERTITO DEL RSCHIO". Però è giusto conoscere questi dettagli e per capire la differenza pratica degli effetti sull'essere umano abbiamo vari casi in Italia di persone totalmente carbonizzate da queste energie, ne cito due, una di un contadino in Puglia ritrovato sul trattore e una di un uomo nel tarvisiano andato a portare le ceneri del fratello in montagna per spargerle. Entrambi irriconoscibili. Un esempio è anche il fulmine che ha colpito qualche anno fa la cittadina di Gradisca d'Isonzo che ha visto danneggiare gli impianti fino a Nova Gorica in Slovenia . E' vero che chi sopravvive a questo tipo di eventi non è stato colpito da queste potenze, ma tenga conto che i fulmini sono in grado di generare tensioni di passo che arrivano fino a 150 mt di diametro e più ci spostiamo dal punto di impatto e più è facile sopravvivere. Se cerca in rete renne uccise da un fulmine in Norvegia vedrà praticamente i diametri che un fulmine riesce a percorrere a terra. Per quanto riguarda il DUVRI entriamo nell'interferenzialità. Questo accade quando due o più aziende lavorano insieme. Appare normale che se io ho un fornitore che mi da un servizio sui rischi che corro, devo con lui compilare il DUVRI per identificare i limiti di tali rischi. Lo so che siamo abituati a pensare che il rischio sia dato solo da un interferenza fisica in cantiere, ma di fatto anche il terzista che da un servizio, in questo caso intellettuale, è soggetto a creare rischi sull'trasferimento dell'informazione sul rischio stesso. Es. Cade un fulmine sui ripetitori o sono guasti e non ho il servizio. Il clutter crea disturbi e non ho il servizio. Il cellulare è scarico o non è stato pagato l'operatore telefonico che a sua volta crea la presenza di una terza azienda nella filiera del rischio. L'unico modo che rimane all'utente di intervenire sul rischio è avere uno strumento, citato dalle norme, che avverta del rischio e venga controllato e gestito direttamente dall'azienda che si deve autotutelare. Se vuole le metto a disposizione una raccolta di incidenti dove può vedere a video ciò che le ho detto.
Rispondi Autore: Andrea Rotella - likes: 0
26/07/2024 (08:22:01)
Però se consideri un campo elettrico nell’ordine di 10 kV/m non è impossibile
Rispondi Autore: maurizio migliorini - likes: 0
26/07/2024 (10:15:39)
Salve, nel D.Lgs. 81/08 all'art. 17, comma 1, lettera a, vi è scritto "la valutazione di tutti i rischi con la conseguente elaborazione del documento previsto dall’articolo 28" e tale concetto è ripetutto più volte nel decreto.
Il bello della lingua italiana, nella sua complessità, è che permette di dare definizioni estremamente esatte e dato che non può essere per ignoranza che sia stato scritto "tutti i rischi" è stata precisa volontà dei legislatori rendere impossibile l'attuazione del D.Lgs. 81/08.
Infatti nessun essere umano o gruppo di esseri umani (forse degli alieni, chissà) è in grado di valutare "tutti i rischi".
Per tornare al suo articolo, anche se il datore di lavoro si fosse dotato del TWS e il lavoratore fosse stato comunque colpito dal fulmine il datore di lavoro sarebbe comunque colpevole perchè non ha valutato il rischio che il TWS potesse non funzionare, potesse essere difettoso, potesse non rilevare alcuni tipi di temporali e/o fulmini. E se avesse valutato quel rischio installando un secondo TWS, sarebbe ancora colpevole, perchè non avrebbe valutato il rischio che entrambi i TWS potesso non funzionare. E se avesse valutato anche questo rischio assumendo degli esperti che vigilassero sul corretto funzionamento dei TWS e sull'avvistamento dei temporali, sarebbe ancora colpevole, perchè non avrebbe valutato il rischio che gli esperti potessero sbagliare, e così via all'infinito.
Se lei può dimostrare come sia possibile valutare "tutti i rischi" farebbe un enorme favore alla scienza, molto probabilmente le darebbero il nobel (forse per la matematica, metodo più probabile per tale dimostrazione).
Ripeto, nessuno è in grado di valutare "tutti i rischi", è un compito impossibile da portare a termine, quindi la domanda è perchè i legislatori hanno voluto assegnare al datore di lavoro un obbligo impossibile da portare a termine?
In caso contrario avrebbero potuto scrivere qualcosa tipo "tutti i rischi elencati nell'allegato a" oppure "tutti i rischi elencati da Inail e Inps nei loro rapporti annuali" o qualunque altra cosa potesse avere un termine di paragone, in modo tale da rendere possbile il compito del datore di lavoro.
Invece, per come è scritta, qualunque cosa faccia il datore d lavoro è sempre e comunque colpevole per la legge come scritta, poi se alcuni giudici non applicano la legge scritta questo è un altro problema.
I criminali, in qualunque settore lavorativo, ci sono e ci saranno sempre, ma le persone oneste come fanno a non avvilirsi e demoralizzarsi di fronte a leggi scritte così?
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
26/07/2024 (12:25:33)
L'argomento è molto teorico: la fisica/chimica del fulmine è complessa e difficilmente valutabile.
D'altronde, tutto il calcolo sul rischio di fulminazione è basato sulle probabilità: fatto il calcolo ed avendo adottato le necessarie soluzioni per ridurre il rischio, il giudice non può, a suo giudizio, chiedere di andare oltre.
In questa situazione si ricade con il rischio in aree aperte: esiste, ma le "protezioni" non sono adottabili: ad esempio, ogni comune dovrebbe avere un sistema di preallerta di fulmini, (con il suo rivelatore si potrebbe), ma non indicherebbe dove il fulmine scaricherà: quindi la popolazione dovrebbe stare chiusa in casa, sperando che il fulmine non colpisca casa sua.
Ci sono tantissime cause di morte per eventi naturali imprevedibili: si tratta di valutare anche la probabilità che accadano, oltre al danno.
Piuttosto che una trattazione interessante , ma teorica, preferirei rimanere sul concreto, senza "spaventare", a meno che non si voglia proprio questo, incluso la commercializzazione di un rilevatore.
La normativa CEI sui fulmini è il riferimento di tecnica e buone prassi ed è basata sul prodotto probabilità x danno.
Attendo una revisione della normativa CEI ed europea.
Autore: Fausto Del Pin
26/07/2024 (16:56:45)
Nulla di teorico, le vittime ci sono e fanno parte anche del mondo del lavoro. Le racconto un aneddoto simpatico spiandole che queste cose le ho imparate banalmente da mia nonna che vedeva il temporale e andava a staccare il cavo d'antenna della TV. Lei non faceva nessun calcolo eppure faceva prevenzione. I TWS leggono la distanza dei fulmini. Quando arrivano ad una distanza troppo a rischio dallo l'allarme banalmente dicendo: FRONTE TEMPORALESCO IN ARRIVO, RILEVATO RISCHIO FULMINI, IL PERSONALE SI RECHI IN AREE AUTOPROTETTE. Una sorta di nonna 4.0. Questo è ciò che richiede l'art 15 del dlgs.81.08, ossia avvertire del rischio, evacuare la zona di rischio, avere informazioni su come ridurre il rischio e seguire il progresso tecnologico. Se il rischio transita su strutture, attrezzature, edifici ed impianti allora li si fa come ha detto lei. Si fanno i calcoli su quanto rischio c'è e si fanno le opportune azioni per ridurlo. In questo caso compare l'art.84 del Dlgs.81.08 che delega le norme tecniche a gestire gli elementi di transito del rischio creato dal fulmine come strutture, attrezzature, edifici ed impianti ai quali da risposta la CEI EN 62305 che lei usa correttamente per i suoi calcoli. Ma qui nel tema trattato siamo al di fuori di queste strutture auto protette e dobbiamo avvertire per legge che un rischio è presente e come ridurlo. Dunque le norme vanno bene cosi dato che tutelano i costruttori che hanno realizzato in modo professionale edifici, strutture, attrezzature ed impianti. Il dlgs.81.08 non è rivolto al comune cittadino, dunque i Comuni si devono occupare solo della parte di diretta competenza ,di quella interferenziale, estendendo al TULPS i concetti di tutela al pubblico quando serve. Un cordiale saluto Fausto Del Pin
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
29/07/2024 (09:16:26)
Apprezzo la trattazione teorica, ma manca sempre un dato fondamentale: quale è il rischio percentuale ?
Senza tale valore, non posso fare una valutazione.
Ad esempio: se in Italia ci sono 10 (?) morti all'anno per fulminazione in aree aperte (non aree di lavoro), vuol dire meno si ha meno di 1 x milione (0,001 per mille) come numero di vittime, ma, considerando le 24 ore su tutto l'anno, meno di 0,1 per Miliardo di ore.
Avvertire non vuol dire proteggere: sono in vendita canne da pesca il fibra di carbonio e lunghe anche più di 10 m !!
Quindi, trattazione teorica ottima, ma applicazione pratica molto discutibile, a mio modesto avviso.
Come ho già scritto, attendo una revisione delle norme o, almeno, un progetto in inchiesta pubblica o anche solo una bozza (che vorrebbe dire che c'è uno "stato dell'arte", consolidato).
Autore: Fausto Del Pin
29/07/2024 (12:15:21)
Caro Eugenio Roncelli, non confonda le norme tecniche con le leggi, le prime sono private e le seconde sono dello stato. Lo stato con il Dlgs.81.08 all'art 84 delega le norme tecniche a creare le linee guida per creare le tutele per EDIFICI, STRUTTURE, ATTREZZATURE ED IMPIANTI. Qui siamo al di fuori di questo contesto. Per Decreto la gente va tutelata. Un esempio sono sono state le 98 le esplosioni in ambienti di lavoro: coinvolti 119 infortunati, 114 con esito mortale e 5 con esito grave tra 2002 e 2018 .
Sono i dati raccolti da INAIL nella Scheda “Infor.MO” su “Gli infortuni mortali causati da esplosioni” desunti dalla banca dati Informo. Si tratta di 7 casi all'anno. Cosa si fa? Evitiamo di creare tutela? Io credo che lei si faccia confondere da un errore di semantica presente nelle norme dove il rischio residuo viene definito rischio tollerabile. Per legge e non per norma, non esiste il rischio tollerabile perché se un datore di lavoro avesse la possibilità di decidere quali dipendenti perdere in caso di incidente andrebbe contro ai nostri diritti costituzionali.
Rispondi Autore: ROBERTO BALBONI - likes: 0
29/07/2024 (12:15:01)
Anche a mio avviso l’articolo è interessante, in particolare per il dibattito che sta generando.
Evito commenti circa l’obbligatorietà di valutare “tutti i rischi”. Purtroppo, in questa sede ben poco possiamo fare. Concordo però che migliorare le competenze dei lavoratori possa davvero ridurre il rischio residuo. Ed anche se questa misura non raggiunge la perfezione, mi prendo sicuramente il miglioramento.
E l’impiego di dispositivi di rilevamento può essere utile, in quest’ottica, se non viene confuso con un dispositivo di protezione (individuale o collettiva non importa) o con un “dispositivo salvavita”. Può essere un utile STRUMENTO al servizio dei lavoratori e, più ancora, dei loro Preposti, chiamati a vigilare circa la sussistenza delle condizioni che permettono l’esecuzione dei lavori. Evidenzio peraltro come la stessa Norma CEI 11-27, al paragrafo 6.1.3 “Prescrizioni specifiche riguardo alle condizioni atmosferiche”, nel sottolineare la necessità di verificare (prima e durante i lavori) le condizioni atmosferiche, non prevede l’impiego di alcun dispositivo. In pratica prevede le stesse “regole di ingaggio” della nonna dell’autore.
Segnalo all’autore che la sentenza citata non tratta affatto del rischio fulminazione. Tratta invece di un caso di elettrocuzione dovuto ad all’eccessivo avvicinamento del mezzo impiegato con parti elettriche attive. Questo è classico rischio elettrico, non fulminazione. Tutt’altro che imprevedibile, o quanto meno soggetto alla variabile meteorologia.
Autore: Fausto Del Pin
29/07/2024 (19:50:12)
La ringrazio del commento. La sentenza che ho citato boccia la difesa sia per l'imperizia del lavoro a lato della linea elettrica, sia per poi aver dichiarato che trattasi di un fulmine e in quanto imprevedibile non creava colpe. Di conseguenza di fatto la sentenza ha dato un parere su entrambe le casistiche. L'arrivo della CEI EN 62793 ha creato una nuova situazione sulla valutazione dei rischi che dà uno strumento pratico su come intervenire per tempo. Se un datore di lavoro dovesse fermare i lavori sugli esterni quando le previsioni mettono temporali avremo dai 70 ai 140 (vedi Friuli Venezia Giulia) giorni in un anno di fermo cantiere, senza contare i falsi allarmi meteo. Ciò metterebbe in seria difficoltà le aziende. Non solo, la nonna che ho citato staccava la televisione in un periodo che i fulmini erano molto meno potenti con tensioni di passo quasi mai letali. Oggi notiamo una tropicalizzazione di come si sviluppano i fulmini e fenomeni che mediamente raddoppiano le potenze creando variazioni termiche molto importanti che poi creano i presupposti per grandinate con chicchi di dimensioni eccezionali a causa dei flussi ascensionali di aria calda che porta in alta quota umidità che gela. Oggi, analizzando moltissimi incidenti, sappiamo che gli infortuni avvengono prima che arrivi la pioggia o quando il temporale appare da dietro un capannone o una montagna /collina dove l'operatore non lo nota all'orizzonte. Sappiamo che cambia la percezione del rischio se visti di notte o di giorno e i superstiti dichiarano di non aver ritenuto preoccupante la distanza del fronte del temporale. Quando il fulmine più vicino tocca i 6 km dalla nostra posizione bisogna rientrare nei capannoni o in aree autoprotette. Le apparecchiature sono normate. La norma CEI EN 62793 al suo interno ha degli esempi di valutazione del rischio che se noi applichiamo sugli esterni diventano sempre zone a rischio. I TWS che non necessitano di operatore fanno una valutazione del rischio automatica. Non intervengono se le saette nube nube sono troppo poche per formare fulmini verso terra. Analizzano solo dei fulmini pilota che determinano la distanza di rischio e pre-allertano il personale in modo autonomo dando anche la fine del momento del rischio. Questi strumenti sono alla portata di ogni azienda e essendo i fulmini concomitanti quando arrivano le grandinate o le trombe d'aria creano tutela anche su questi eventi meteo. Di base il mero calcolo su quanti fulmini cadono a terra e quanto rischio ci sia in un anno in una zona è lacunoso, dato che le persone se sono presenti proprio il giorno in cui cadono i fulmini sono nell'apice del momento del rischio. Queste apparecchiature non intervengono se piove, ma solo se c'è attività elettrica troppo vicina. Si attivano solo nel momento del rischio memorizzando anche i dati a fini assicurativi. Il solo Friuli Venezia Giulia e la parte orientale confinante del Veneto , che contano solo 1200.000 + 200.000 persone (poco più di un sessantesimo della popolazione nazionale), nel giro di pochi anni ha avuto una ventina di persone colpite da fulmini. Tarvisio, Tolmezzo, Trieste, Basovizza, Gonars, Belluno, Bibione, Castions di Strada, Teor, Grado, Ovaro, Orsaria, Romans di Varmo, zona Pramosio, nel trevisano, sono solo una parte dei posti dove sono accaduti gli incidenti in quelle zone.
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
29/07/2024 (14:46:52)
Conosco bene la differenza tra leggi e norme, ma queste ultime rappresentano lo "stato dell'arte" e sono quindi il riferimento tecnico per realizzare quanto indicato dalla legge.
Il concetto di "rischio residuo" indica che devo attuare quante più protezioni possibili, applicando la tecnica cioè calcoli, verifiche, impianti e quant'altro a disposizione, secondo la migliore tecnica: oltre, si rientra nella fatalità, perché nulla è impossibile che possa accadere, in qualche modo e tempo.
Si tratta, poi, del concetto del "buon padre di famiglia", ben noto ai giudici.
Poi, non ha senso riportare il caso delle esplosioni, queste sì, molto più prevedibili e molto più facilmente controllabili: anche le cadute dall'alto ricorrono spesso, molto più spesso, ma le protezioni ci sono e accadono solo per incuria, lassismo e altre ragioni su cui è inutile disquisire qui.
Comunque, lei continua a non citare altri dati sull'evoluzione della normativa: devo supporre che non ce ne siano ?
Riferendomi agli eventi di fulminazione in montagna, i sindaci apporranno l'opportuno cartello di attenzione: saranno a posto dal punto di vista legale, ma nulla più.
Idem al mare: ma ci sono già i cartelli di divieto, in caso di brutto tempo.
Si cita il Dlgs che riguarda i luoghi di lavoro, ma poi si vuole estendere il concetto anche a tutti i luoghi e tutta la popolazione: non mi è chiaro questo salto concettuale, però, ripeto, è una mia visione personale e la prego di non darmi dell'ignorante, solo perché espongo punti di vista diversi dai suoi.
Autore: Fausto Del Pin
29/07/2024 (15:38:13)
Chiedo scusa per non aver colto dove sta' l'incomprensione di merito. Il focus è che in caso di rischio il personale deve essere avvertito del rischio, questo al di la dei calcoli. Il temporale è come un carrello sollevatore in movimento che grazie al cicalino e al lampeggiante avverte della sua presenza. Il tws ha questa caratteristica, dato che è di fatto, come dice l'acronimo, un sistema di allerta o d'allarme, temporalesco. Quando il fronte elettrico del temporale è troppo vicino da l'allarme. In Italia ci sono zone che hanno incidenti continui come in Friuli Venezia Giulia. Non è solo una questione di montagne dato che molti incidenti sono capitati in pianura e sul litorale. A mio avviso, se lei me lo permette, le do una panoramica di incidenti del nord Italia da analizzare e vedrà che sono distribuiti molto di più nel nord est. L'allarme è semplice e permette di allontanarsi dalla zona dove cadono i fulmini per il tempo necessario a evitare i rischi. in genere 20 minuti più 15 di tolleranza.

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