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L’Ilva di Taranto, la prevenzione e la valutazione del danno sanitario

L’Ilva di Taranto, la prevenzione e la valutazione del danno sanitario
Redazione

Autore: Redazione

Categoria: Ambiente

16/05/2018

Cosa insegna l’Ilva di Taranto per migliorare l’efficacia e l’efficienza nella risoluzione delle problematiche di salute e ambiente? La valutazione del danno sanitario, le competenze professionali e le necessarie sinergie.

 

Roma, 16 Mag – Elementi come l’intersettorialità e la multiprofessionalità sono sempre più rilevanti nelle strategie di prevenzione sanitaria. E l’approccio “One Health”, secondo cui la salute delle persone, degli animali e gli ecosistemi sono interconnessi, “prevede una stretta collaborazione da parte di tutti gli attori che hanno un impatto diretto o indiretto sulla salute, sia interni che esterni al perimetro del mondo sanitario tradizionale, lavorando in maniera trasversale e ottimizzando le risorse e gli sforzi nel rispetto dell'autonomia dei vari settori”. E questo è vero “in maniera precipua all’interno dei Dipartimenti di Prevenzione, che hanno il compito di portare questa lettura dei problemi di salute e questa modalità di azione nei tavoli programmatori e nelle strategie operative dei vari settori della vita civile, contrastando le disuguaglianze e affrontando le fragilità”.


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A fare una riflessione sulle attività, potenzialità e criticità nei Dipartimenti di Prevenzione è stata la “VI Convention Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Prevenzione” che - organizzata da Società Italiana di Igiene (SItI), Società Nazionale Operatori della Prevenzione (SNOP), Società Italiana di Medicina Veterinaria Preventiva (SIMeVeP) e Fondazione Smith Kline (FSK) - si è tenuta a Roma il 20 aprile 2018.

E per affrontare il tema in un caso specifico, che ha sollevato molti problemi in tema di sanità pubblica e lavorativa, ci soffermiamo sull’intervento “Il caso ILVA a Taranto: un approccio intersettoriale”, a cura di Michele Conversano (Direttore Dipartimento di Prevenzione ASL di Taranto).

 

Le difficoltà del contenimento dell’inquinamento e degli effetti

Nell’intervento si ricorda come il contenimento dell’inquinamento e dei suoi effetti nocivi sulla salute umana rappresenti “una grande sfida per la Sanità Pubblica”. E i fattori di rischio presenti nell’ambiente “sono numerosi e sempre più spesso ci si trova affrontare problemi emergenti, non sempre conosciuti dal punto di vista tecnico-scientifico”. 

 

Certamente non ha giovato – continua la relazione - il risultato del referendum del 1993 sull’abrogazione delle norme sui controlli ambientali effettuati per legge dalle ASL, che si è risolto “in una separazione tra ambiente e salute, facendo assumere agli operatori di Sanità Pubblica un atteggiamento di allontanamento e disinteresse, quasi abdicando al proprio ruolo”.

 

E si ricorda che, con riferimento a casi come quello dell’ Ilva di Taranto, “il grado di conoscenza riguardo le problematiche poste dai fattori di rischio ambientali non è stato del tutto adeguato, con conseguente ritardo nelle corrette pianificazioni e implementazioni di misure a tutela della Salute Pubblica. È stato necessario colmare le competenze professionali necessarie per la valutazione dell’impatto che l’inquinamento ha sull’ambiente e sulla salute”.

Tuttavia la complessità delle valutazioni, strettamente correlate alla realtà del territorio, “impone la necessità di istituire tavoli interistituzionali tra gli enti preposti al fine di definire in modo integrato e condiviso modalità e criteri operati”.

Inoltre “il fatto di trovarsi di fronte ad una normativa complessa di non semplice interpretazione e in continua evoluzione, ha contribuito ad accentuare la confusione tra i ruoli e l’incertezza dei rispettivi ambiti di competenza”.

 

La valutazione del danno sanitario

Si indica che nell’analisi della Valutazione di Impatto sulla Salute (VIS), “che in alcune Regioni vede coinvolta la Sanità Pubblica, riemerge l’esigenza di essere in grado di comprendere bene tutte le fasi per poter valutare e suggerire”.

E per la Valutazione del danno sanitario (VDS) gli operatori della Sanità Pubblica “devono essere in grado di affrontare questioni epidemiologiche, igienistiche, igienico-ambientali, di medicina del lavoro e di risk assessment”.

 

A questo proposito sono ricordati il decreto legge 3 dicembre 2012, n. 207 “Disposizioni urgenti a tutela della salute, dell'ambiente e dei livelli di occupazione, in caso di crisi di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale”, detto anche Decreto Salva Ilva, e la legge 24 dicembre 2012, n. 231 conversione in legge con modifiche del decreto legge 207/2012:

 

Normativa sulla valutazione del danno sanitario

 

Questi gli obiettivi della valutazione del danno sanitario (VDS):

  • “informare annualmente i decisori ed il pubblico sui cambiamenti, nelle comunità esposte, dello stato di salute connesso a rischi attribuibili all’attività degli stabilimenti in esame;
  • fornire ulteriori elementi di valutazione per il riesame dell’AIA ( Autorizzazione Integrata Ambientale, ndr) per indirizzarla a soluzioni tecniche più efficaci nel ridurre i potenziali esiti sanitari indesiderati;
  • valutare l’efficacia in ambito sanitario delle prescrizioni”.
  • In termini operativi, per poter perseguire tali obiettivi, la VDS deve prevedere:
  • “la preventiva identificazione degli esiti sanitari indesiderati correlabili alle attività dello stabilimento, e in particolare quelli correlabili alle emissioni di sostanze pericolose nell’ambiente;
  • il monitoraggio della loro prevalenza/incidenza e della loro verosimiglianza di verificarsi in futuro, nella comunità residente nell’area su cui impattano le attività dell’impianto in esame”.

 

Nelle slide della relazione, che vi invitiamo a leggere integralmente, sono riportate le fasi della VDS operata nell’area di Taranto:   

  • “Fase conoscitiva: finalizzata alla raccolta dei dati ambientali e sanitari disponibili;
  • Fase di valutazione di 1° livello relativa alla:
    • valutazione della qualità di dati raccolti,
    • stima del ruolo dello stabilimento nel determinare la qualità ambientale nell’area
    • ricostruzione del profilo sanitario della popolazione esposta
    • identificazione contaminanti emessi dallo stabilimento che possono costituire un rischio per la salute
  • Fase di valutazione di 2° livello nella quale:
    • Si procede a specifiche indagini epidemiologiche e/o stime quantitative dell’esposizione umana a specifici contaminanti
  • Fase di valutazione di 3° livello nella quale:
    • si procede ad una completa analisi probabilistica del rischio associata ad esposizioni critiche.
  • Fase di rapporto in cui:
    • discussione dei risultati delle valutazioni, con indicazioni sulla loro accettabilità sociale”.

 

E fondamentale è stata “l’integrazione delle competenze ambientali ed epidemiologiche in un lavoro comune al fine di disporre di un sistema di valutazione integrata degli effetti di impatto ambientali e sanitari (VIIAS) dell’inquinamento in grado di valutare la situazione esistente e i possibili scenari futuri nel contesto nazionale e locale”. Si ricorda che “l’integrazione della procedura di Valutazione di Impatto sulla Salute (VIS) con le procedure correnti di VIA ( valutazione di impatto ambientale, ndr) definisce la Valutazione Integrata di Impatto Ambientale e Sanitario (VIIAS)”. 

 

La formazione degli operatori di sanità pubblica e le sinergie necessarie

Il relatore sottolinea che c’è dunque la necessità di “formare personale altamente specializzato che abbia competenze professionali nel vasto ambito di Ambiente e di Salute”.

Tuttavia, a onor del vero, si segnala che neanche “quando il mondo della Sanità Pubblica ha cercato di far comprendere come un ambiente ‘non salubre’ può avere conseguenze sulla salute vi sono state grandi aperture in termini di ascolto e di sostegno”. 

 

In ogni caso il relatore, che si sofferma poi ampiamente sul Centro Salute-Ambiente per Taranto e sul Piano Straordinario Salute e Ambiente, riporta la necessità di utili sinergie.

 

Infatti il “ caso ILVA” di Taranto “suggerisce la necessità di costruire dei gruppi di lavoro misti tra le istituzioni sanitarie (ISS e le AA.SS.LL dei siti inquinati) e ambientali (ISPRA e ARPA) per definire linee guida sulla valutazione di impatto sanitario e ambientale”.  E nasce la necessità di un “Piano Globale che affronti il tema degli effetti sanitari legati all’ambiente”, di un “piano programmatico per dare risposta al bisogno di salute della popolazione tarantina concentrandosi sulla ‘presa in carico’ della ‘persona’”.

 

In definitiva il “caso Taranto” insegna che “l’epidemiologia e il sistema di prevenzione sanitaria (rappresentato dai Dipartimenti di Prevenzione delle ASL) ed ambientale (rappresentato dalle ARPA regionali e locali) devono lavorare in maniera integrata aumentando l’efficacia e l’efficienza nella risoluzione delle problematiche salute e ambiente correlate”.

 

 

 

RTM

 

 

Scarica il documento da cui è tratto l'articolo:

Il caso ILVA a Taranto: un approccio intersettoriale”, a cura di Michele Conversano (Direttore Dipartimento di Prevenzione ASL di Taranto), intervento alla VI Convention Nazionale dei Direttori dei Dipartimenti di Prevenzione (formato PDF, 16.1 MB).



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