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La pianificazione e gestione dell’emergenza negli spazi confinati
Rimini, 15 Giu – Malgrado quanto previsto dal Decreto del Presidente della Repubblica 14 settembre 2011, n. 177 e la pubblicazione di documenti e buone prassi, come il “ Manuale illustrato per lavori in ambienti sospetti di inquinamento o confinati ai sensi dell’art. 3 comma 3 del dpr 177/2011”, gli incidenti negli spazi confinati continuano ad avvenire.
E spesso sono incidenti in cui, come nel caso dell’ incidente ad Adria (Rovigo) del 22 settembre scorso, la gestione delle emergenze negli ambienti confinati non è solo inefficace, ma porta ad un aumento del numero delle vittime.
È importante dunque intensificare l’attenzione sul tema delle emergenze nei luoghi confinati e, per farlo, ci soffermiamo su un intervento ad un seminario che si è tenuto nel 2012 ma che riporta ancora utili indicazioni per favorire un’idonea gestione delle emergenze.
Stiamo parlando del seminario “ DPR 177/2011 Ambienti Confinati: Nuovi obblighi e soluzioni tecniche per la formazione e l’addestramento dei lavoratori” che si è tenuto a Rimini il 28 giugno 2012, promosso da Assoservizi Rimini, Assoform Rimini e Confindustria Rimini.
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Nell’intervento “Aspetti, tecniche e procedure di lavoro negli ambienti confinati”, a cura di Gianfranco Tripi, del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, una parte è dedicata alla pianificazione e gestione dell’emergenza negli spazi confinati.
A questo proposito il DPR 177/2011 indica che durante tutte le fasi delle lavorazioni in ambienti sospetti di inquinamento o confinati “deve essere adottata ed efficacemente attuata una procedura di lavoro:
- diretta a eliminare o, ove impossibile, ridurre al minimo i rischi propri delle attività in ambienti confinati;
- comprensiva della eventuale fase di soccorso e di coordinamento con il sistema di emergenza del Servizio sanitario nazionale e dei Vigili del Fuoco”.
E si ricorda che il D.Lgs. 81/2008 indica (art. 43) che il datore di lavoro è tenuto ad organizzare i necessari rapporti con i servizi pubblici competenti in materia di primo soccorso, salvataggio, lotta antincendio e gestione dell’emergenza.
L’intervento, dopo aver segnalato alcuni dubbi interpretativi relativi rapporti con i servizi pubblici competenti e al coordinamento con il sistema di emergenza, indica che il piano di emergenza, presente nelle procedure di lavoro, dipende da:
- “natura dell’ambiente confinato;
- rischio identificato;
- tipo di soccorso da effettuare”.
E deve:
- “riportare le misure da attuare in caso di incidente;
- considerare tutte le eventuali imprese presenti e le attività svolte;
- essere reso disponibile;
- essere trasmesso a tutte le imprese a cui è stato affidato il lavoro;
- essere a disposizione delle eventuali squadre di soccorso esterne (Vigili del Fuoco, 118, ecc.);
- essere periodicamente aggiornato”.
Senza dimenticare che la formazione/sensibilizzazione sul potenziale pericolo di anossia o intossicazione “è fondamentale sia per gli addetti che devono accedere ad un ambiente confinato, sia per chi si potrebbe trovare a dover intervenire in soccorso di infortunati. Al fine di non diventare a loro volte vittime, i soccorritori possono tentare di salvare una possibile vittima di asfissia o intossicazione solo se dispongono delle idonee attrezzature, sono stati addestrati in merito, dispongono dell’assistenza e del supporto necessari”.
Quali possono essere i mezzi e dispositivi di salvataggio?
Dipendono “dal tipo di emergenza cui si deve far fronte e il personale deve essere addestrato all’uso”. Sono riportati “esempi di presidi che si potrebbero rendere necessari:
- dispositivi di allarme sonoro portatili per avvisare le persone all’esterno della necessità di assistenza;
- telefoni o radio per poter diramare l’allarme;
- imbragatura di sicurezza;
- dispositivi meccanici (ad esempio treppiede o attrezzatura similare) per recuperare la vittima;
- dispositivo di ventilazione (ventilatore esterno di aspirazione con tubazioni flessibili o similari);
- sistemi di erogazione dell’aria o autorespiratori;
- dispositivi monitoraggio ossigeno per la squadra di soccorso per controllare periodicamente le condizioni all’interno dell’ambiente confinato;
- kit di rianimazione
- giubbotto immobilizzatore o immobilizzatori per arti;
- telo di scorrimento in PVC;
- barella per portare l’infortunato fuori dall’ambiente confinato o fino all’ambulanza”.
E riguardo alla gestione dell’emergenza si indica che “se una persona subisce un malessere o un collasso improvviso mentre lavora in un ambiente confinato, colui che lo rinviene deve presumere che la sua stessa vita sia in pericolo se entra nell’ambiente per soccorrerlo”.
Nella gestione dell’emergenza sono individuate tre fasi fondamentali:
- fase di allarme: “se il lavoratore all’interno di un ambiente confinato avverte un malessere, perde i sensi o subisce un trauma, colui che sovraintende deve dare immediato allarme chiamando la squadra di emergenza interna, qualora prevista. Può risultare necessario, prima di attivare il soccorso, procedere all’arresto degli impianti che possano creare pericolo per gli operatori. Il sorvegliante non deve entrare nel luogo confinato senza prima organizzare l’intervento con altri soccorritori; ove previsto e secondo la procedura aziendale, deve subito avvisare VVF e 118” (è necessario fornire almeno: nome dell’azienda; l’indirizzo del luogo di lavoro da raggiungere; il proprio nome e il numero di telefono da cui chiama; la tipologia di incidente in corso; il numero di lavoratori coinvolti);
- fase di recupero: “le persone che eseguono il salvataggio devono indossare DPI adeguati al tipo di intervento”. Sono “fondamentali respiratori indipendenti dall’aria circostante o autorespiratori d’emergenza. Nel caso risulti impossibile estrarre il lavoratore dall’ambiente confinato, è necessario fargli respirare aria pulita. Particolare attenzione ai passi d’uomo verticali per la difficoltà di estrarre persone non collaboranti: le modalità di imbragatura dovranno evitare il basculamento del corpo e garantire l’estrazione in posizione verticale dell’operatore infortunato”;
- fase di trasporto (una volta estratto l’infortunato dall’ambiente confinato): “trasporto con l’utilizzo dei mezzi di movimentazione opportuni; nell’attesa dei soccorsi, se necessario ricorrere alla rianimazione cardiorespiratoria da parte di persone addestrate e designate per il Primo Soccorso”.
Concludiamo segnalando che l’intervento riporta anche indicazioni su:
- nuclei SAF: con tecniche di derivazione Speleo Alpinistica e Fluviale che “consentono di aumentare il livello di sicurezza dei soccorritori e assicurare il soccorso nelle situazioni in cui, a causa dello specifico scenario incidentale, non sono utilizzabili i normali mezzi in dotazione, quali: siti naturali come grotte, pareti ripide, corsi d’acqua, ecc; siti artificiali come pozzi, tralicci, grattacieli, viadotti,...”;
- nuclei NBCR (nucleare, biologico, chimico, radiologico): “specifici per interventi che coinvolgono sostanze chimiche, biologiche e radiologiche. Utilizzo di mezzi e strumenti per la decontaminazione, rilevazione delle sostanze e specifici dispositivi di protezione individuale Presenza capillare in tutto il territorio nazionale”;
- Tecniche di Primo Soccorso Sanitario (TPSS) dei Vigili del Fuoco;
- Gestione emergenza cantieri alta velocità e variante di valico (GECAV).
“ Aspetti, tecniche e procedure di lavoro negli ambienti confinati”, a cura di Gianfranco Tripi - Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, intervento al seminario “DPR 177/2011 Ambienti Confinati: Nuovi obblighi e soluzioni tecniche per la formazione e l’addestramento dei lavoratori” (formato PDF, 1.22 MB).
Tiziano Menduto
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